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Autore: marguerite_murcielago    30/09/2013    4 recensioni
Olivia era Airone, quella con le gambe lunghe e gli occhi grigi come piume, ma avrebbe potuto chiamarsi come un vento, Scirocco o Libeccio o Grecale, o come il lampo. Anche nei sogni, quando è difficilissimo correre, lei la lasciava indietro: lasciava indietro tutti, a dire il vero.
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Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Autore: Tenebrae Aeterna; (marguerite_murcielago su EFP)
Titolo: lungo il filo della notte sulle pietre del giorno
Citazione: Barca
Genere: Storico, Introspettivo, Drammatico (forse)
Rating: Giallo

Coppia: (facoltativa) Het

Avvertimenti: (facoltativi) 

Note: (facoltative) Il titolo è il verso di una canzone di de André.

Introduzione: Olivia era Airone, quella con le gambe lunghe e gli occhi grigi come piume, ma avrebbe potuto chiamarsi come un vento, Scirocco o Libeccio o Grecale, o come il lampo. Anche nei sogni, quando è difficilissimo correre, lei la lasciava indietro: lasciava indietro tutti, a dire il vero.

Partecipa al “Spoon River contest” indetto da ZKaoru69 sul forum di EFP.

 

 

 

lungo il filo della notte sulle pietre del giorno

 

- Dare un senso alla vita può condurre a follia... ma una vita senza senso è la tortura 
dell'inquietudine e del vago desiderio; è una barca che anela al mare eppure lo teme. 

                                                                                   

***

 

Olivia fuggì la notte della Liberazione, con il fucile ancora caldo; si stagliò sulla linea giallo pallido dell’orizzonte come un uccello in procinto di svernare, seduta su uno steccato, il viso che era tutto un’ombra.
- Possiamo parlarne. Puoi spiegarti.
- Non c’è nulla da spiegare - disse lei, voltandosi di scatto: la chioma rossa si scaraventò nel cielo come il getto di una fontana. Nessuno la fermò più: se c’era un motivo per cui Olivia era stata soprannominata Airone, ce ne sarebbero stati altri mille per darle il nome di un vento: le gambe lunghe la portarono lontano prima ancora che potessero sollevare i fucili.

 

Lei accompagnò la sua fuga con il pensiero: il suo miraggio era così limpido che poteva udire i suoi respiri affannati, sentire i suoi piedi che calpestavano la ghiaia. Rimase seduta sulla porta di casa, desiderando una sigaretta, finché il sole non sorse e spense le poche stelle in cielo.
A conti fatti, con l’occhio freddamente rivolto al mondo delle cose razionali, Olivia era colpevole: aveva alzato il fucile, aveva sparato, aveva lasciato una compagna a morire in una pozza di sangue contorto e denso, con i capelli chiarissimi a imbrattarsi di rosso.

Possiamo parlarne. Puoi spiegarti.
Non c’è nulla da spiegare.

Cristina passò lì davanti un’ora dopo.
- Cosa ci fai lì? - le chiese, appoggiandosi al cancello.
- Aspetto - rispose, senza pensarci a lungo.
- Sei sicura di star bene?
Piegò un angolo della bocca e guardò il cielo. - Sicurissima.
Cristina si strofinò le mani come per scaldarle, scoprendo i denti: - Ascoltami, Madda, quello che ha fatto Olivia è stato... imperdonabile. Non dovresti sentirti triste per lei.
Lei si alzò, le gambe intorpidite, e raggiunse la donna con un’andatura dinoccolata.
- Sono molto stanca, credo che andrò a dormire. Buona giornata - le disse.

 

Olivia era Airone, quella con le gambe lunghe e gli occhi grigi come piume, ma avrebbe potuto chiamarsi come un vento, Scirocco o Libeccio o Grecale, o come il lampo. Anche nei sogni, quando è difficilissimo correre, lei la lasciava indietro: lasciava indietro tutti, a dire il vero.

 

Ricordava una mattinata bianca e bollente, la mano di Olivia sulla sua testa.
- Sei ferita? Mi senti, ehi? Mi senti?
- Sto bene - mentì, afferrandole il polso. Vederla agitarsi le metteva addosso un’ansia irragionevole: di solito aveva il sangue freddo per resistere ai morti, per soccorrere i feriti, e di quella calma lei si riempiva, la faceva sua.
- Adesso verrai con me - le ingiunse.
Aveva la nuca sudata, le labbra tremanti, il riflesso del sole sulla canna del fucile le entrava negli occhi come un ago, ma aveva bisogno che Olivia fosse più forte e la rassicurasse.

 

L’unica persona a cui Olivia sembrasse tenere era Edoardo.
Erano  vicini in maniera così affilata e palese, appiccicati come i lembi di un taglio...
Nelle sere di fine settembre, quando l’aria si rinfrescava e si faceva color lavanda, e dal lago nascevano i temporali notturni, lei usciva e passava fuori tutta la notte, perché i bombardieri non sfidavano i fulmini e la pioggia.
Una sera, però, si fermò sulla veranda.
- Fammi compagnia, Madda - disse.
- Edoardo?
- Stasera ha da fare. Aspettano un camion di munizioni - replicò lei con un sorriso da lupo. All’improvviso sentì il desiderio ribelle di infastidirla: - Be’, non vai con loro?
- No.
- Come mai?
Olivia si batté il pugno contro la coscia. - Smettila.
Negli occhi aveva un misto di invidia e ansia.

 

Quella stessa mattina, più tardi, uscì in giardino per raccogliere i fiori e le foglie cadute.
Nel resto del mondo, lo sentiva, le campane suonavano a distesa e si sparava a salve, la guerra è finita, mentre lei agiva come una piccola giardiniera, inginocchiata al sole.
Era una crudeltà, pensò ad un certo punto, lasciando cadere il secchio che aveva tra le mani e stringendo le palpebre per sputar fuori le lacrime. Edoardo non poteva sentire il suono delle campane, perché lo avevano preso e portato al Nord, in un campo di lavoro.
Olivia lo sapeva, così come lui doveva aver saputo che lei avrebbe ucciso una loro amica.
La sera prima, l’aveva trovata sotto il melo, a passare le mani tra i suoi fiorellini bianchi.

 

- Olivia.
- Voglio che tu lo sappia - disse lei, in tono tranquillo, senza voltarsi - stanotte ucciderò Nives.
Lei sussultò. - Cosa? Perché? - forse aveva perso il senno, era orribile da pensare, ma forse la lontananza da Edoardo le stava giocando brutti scherzi. Fece un passo sull’erba, mentre un ronzio lontano riempiva l’aria dolce.
- Stamattina ho chiamato dal bar di Cristina - continuò Olivia - per parlare con Edoardo. Mi hanno detto che è stato catturato: una retata, a quanto pare. Ha dato un nome falso ed è stato portato via, in un campo di lavoro.
Si coprì la bocca con una mano, sconcertata.
- Mi dispiace... - mormorò; Olivia allungò la mano, strappò un ramo e lo torse tra le mani, finché non gli ebbe strappato tutti i petali. Lo gettò a terra, passandosi le dita fra i capelli.
- Non dire che ti dispiace! - gridò, piegando la testa in avanti - Non ce n’è bisogno - aggiunse in tono più controllato - lo so. Mi dispiace... anche a me... tantissimo.
Edoardo! Come potrebbe non...
Abbassò la testa. Un bagliore rossastro scivolò sul suo profilo, sui suoi occhi limpidi.
- Olivia, ti prego, ti supplico, ti scongiuro: non fare niente di avventato! Perché a me non pensi mai? - disse, le labbra e i piedi gelati, come se il sangue le fosse fuggito dalle vene. In quella luce strana, si sentì abbracciare; Olivia le premette le labbra sui capelli.
- Capiscimi, Madda! Lo sai perché hanno preso Edoardo?
Non lo sapeva. La stretta sulle sue spalle si acuì.
- È stata Nives; per un posto da soprano ha tradito tutti noi, Arturo, Edoardo...

 

Si rialzò con stanchezza, per gettare il tutto oltre il suo giardino.
La capiva, davvero: non faceva finta, sapeva che Olivia non sarebbe potuta rimanere con lei, la sera prima; lo sapevano tutti, che la guerra le era entrata dentro: non che fosse impazzita, ma quella donnina bianca e rossa, esangue come una statuina di porcellana, sembrava nata per sparare, correre e non avere mai paura. Airone.

Airone in fuga, avevano detto, ma lei rimaneva indietro, per Edoardo.
Ora che Edoardo non c’era più, come se fosse stato spazzato via da un vortice di vento, e la guerra stava per finire, Olivia si sarebbe trovata sola: riusciva a immaginarsela con le mani tese nel nulla, ad annaspare senza speranza.
Aveva solo dovuto recidere l’ultima corda, per non lasciarsi dietro una persona che odiava. Bang, e Nives era crollata nel suo stesso sangue. Dov’è la tua arroganza?
Ricordava cosa le avesse detto, poi, nel baciarle la fronte: - Devo farlo.
Le aveva chiesto perché, con il cuore che si spezzava, si sgretolava nella sua mano, si disperdeva nel vento. Era un suo diritto, pensava con le lacrime che le premevano agli angoli degli occhi, doveva saperlo.
- Dare un senso alla vita può condurre a follia... ma una vita senza senso è la tortura 
dell'inquietudine e del vago desiderio; è una barca che anela al mare eppure lo teme. 
Non voglio passare il resto della mia vita ad aspettare che Edoardo apra la porta, o a nascondere questo stupido fucile sempre più a fondo, per non doverlo vedere. Sono una persona orribile, credo, se non riesco a vivere senza... senza guerra, ecco.

 

Olivia era Airone, ma lei sapeva che era il vento: non uno solo, ma tutti.
Mentre rientrava in casa, strofinandosi le mani, sorrise: aveva la netta impressione che il vento sarebbe soffiato verso Nord, quella volta.

   
 
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