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Autore: Judy Kill Em All    30/09/2013    1 recensioni
Non credevo vero di essere ancora viva
avevo aperto la porta del corridoio
e c’era odore di estate,
quello bellissimo che ti fa sorridere.
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Poisoned sea
 
Iniziavano già a tormentarmi
particolareggiate scenografie
viste con infinite
sfaccettature differenti.
Come guardare
attraverso un caleidoscopio
riempito di figure in vetro
di chiese gotiche
con ricchissimi cleristori.
 
Ed intanto i tuoi occhi
si confondevano
in quei colori,
ma li riconoscevo,
li riconoscevo sempre
ed era divertente giocarci
mentre dormivo.
 
Avevo però smesso da tempo
di fantasticare
e di immaginare
come sarebbe stato
se fosse andato tutto
per il verso giusto.
Mi ripetevi
che se fossi riuscita a costruirti
un castello di carte abbastanza alto,
mi avresti amata,
perché fino a quel momento,
non ero mai stata alla tua altezza.
 
Ti conoscevo da una vita
Ti avevo ascoltata
E liberato i polmoni,
Costretta a respirare.
Mi avevi dedicato una canzone
E scavato con le unghie
Un ringraziamento scontato
Sul mio petto, all’altezza del cuore.
 
Ero troppo impegnata
a rincorrere un ragazzo
più veloce di me,
che non mi aveva mai detto
nemmeno che fossi carina,
ma non sapeva
che mi ero fatta una doccia
con l’acido
e mi ero rimodellata la faccia
per piacergli.
 
E tu stridevi,
dall’altra sponda del fiume
che meritavo di meglio
e che avevo fatto un grosso sbaglio
ad attraversare tutta quell’acqua
per niente.
 
Sorridevo,
annuivo,
non ti sentivo
e avevo le allucinazioni.
 
Sventolavi le tue mani
da pianista
per scacciare le farfalle
e ricordo,
suonavi melodie nell’aria.
Lo sapevo perché
vedevo il fiume diventare un mare
e le onde incresparsi.
 
Mi veniva la nostalgia
ed il mio passato sembrava così lontano.
“Una volta ero un oceano,
dico sul serio” ripetevo
insistentemente,
per convincermi
di aver vissuto.
Dovevo aver pianto troppo
perché di me, ormai,
non era rimasto più niente.
 
Amavo la musica
e quando le tue mani
si muovevano veloci sui tasti del piano,
le note
mi scivolavano addosso
e risuonavano
nel mio stomaco, risvegliando le farfalle.
 
Giorni,
settimane,
mesi,
anni.
Una scusa.
 
Avevamo pianto all’unisono
e avevo capito
che sarebbe stata meglio finirla
con tutte quelle menzogne.
 
Perché lo sapevo,
avrei continuato a stare male.
E lo sapevi,
che avresti continuato a curarmi col veleno;
ne ero a conoscenza,
ma mi fidavo e continuavo a sfiorire.
 
Il mio cuore palpitava
con eccessiva lentezza,
ma non importava:
presto mi sarei riunita al mare.
  
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