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Autore: TheGreedyFox    30/09/2013    7 recensioni
Un’amicizia bella e vera, che dura da quasi vent’anni. Diciotto compleanni passati insieme.
Ogni compleanno un regalo straordinario. Ogni compleanno una sorpresa. Ogni compleanno una ferita.
Essere il miglior amico di Arthur Pendragon, significa questo per Merlin.
È essere parte di qualcosa di speciale, eppure a volte sentire che quell’affetto che li lega è come una condanna.
Una condanna a vita alla quale però Merlin non si sottrarrebbe mai.
Perché Arthur è il miglior amico che si potrebbe desiderare e non è colpa sua se Merlin si è innamorato di lui.
Questo finché, poco prima del suo ventiduesimo compleanno, Merlin non trova, per caso, uno dei folli regali di Arthur, un regalo che cambierà tutto, nel bene e nel male.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'You Take My Heart By Surprise'
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Questa storia fa parte della serie "You Take My Heart by Surprise".



Questa è, in assoluto, la prima fan fiction che abbia mai scritto. Il tema del compleanno non è scelto a caso, infatti questa storia è nata come regalo per la mia cara amica Penny (anche lei totalmente persa per quei due meravigliosi personaggi che sono Merlin e Arthur!), che mi ha poi convinto a pubblicarla e vi ha messo del suo diventando la mia beta e realizzando il fantastico banner che vedete sotto. Grazie Penny, il tuo aiuto è come sempre impagabile!
Vista l’occasione per cui mi era stata richiesta, ho pensato che sarebbe stato carino raccontare una storia che parlasse di vecchi amici e regali inaspettati e questo è il risultato! 
Spero che troverete divertente leggere questa fan fiction quanto lo è stato per me scriverla, e se vorrete farmi sapere che ne pensate, mi farete solo felice!
Quindi bando alle ciance! Eccovi quello che sarà il primo di cinque capitoli. La storia è praticamente già scritta, devo solo darle qualche ritocchino qua e là, quindi dovrei riuscire ad aggiornare con discreta regolarità, almeno una volta a settimana. 
Enjoy!
Sofy

“Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà della BBC; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro”.





Regalo di Compleanno

 

Aveva trovato il biglietto aereo solo il giorno prima.
Nascosto senza neanche troppa cura in un cassetto, riposto in una semplice busta bianca, così sottile da permettergli di leggere a chiare lettere il suo nome e la data che avrebbe cambiato tutto di loro due.
Non aveva bisogno di aprirla per sapere cos’era, Merlin sapeva già che quello era il suo regalo, il regalo che aveva atteso per tutta una vita, quello su cui aveva fantasticato fin da bambino e che aveva diligentemente nominato ogni anno nelle sue lettere a Santa Claus.
Era il sogno per cui da adolescente aveva iniziato a lavorare alla tavola calda di Al ma che aveva dovuto accantonare presto e a malincuore, per risparmiare i soldi per il college.Certo, se un cliente di quando in quando gli elargiva una mancia più generosa del solito, una piccola parte di quei soldi finiva immancabilmente nel fondo per il suo sogno segreto, in una lucida scatola rossa custodita gelosamente accanto al suo letto, ma la somma che riusciva a riporvi, era sempre così irrisoria che il guardarla non serviva che a far sembrare quel sogno ancora più irrealizzabile.
Quindi, quello che Arthur gli stava per donare l’indomani, poteva ben definirsi il regalo dei regali, quello che più di tutti Merlin aveva sognato, aspettato, desiderato.
Solo che ora Merlin non lo voleva più. Non come prima.
Perché ormai da tanto tempo, il suo sogno segreto era un altro.
Ma questo Arthur non avrebbe mai dovuto saperlo.

La sua festa a sorpresa, quella che Arthur aveva organizzato per lui, bisbigliando con i loro amici alle sue spalle per tutta la settimana nel vano intento di riuscire a fargliela sotto il naso, era programmata per l’indomani sera. 
La data di partenza sul biglietto era fissata per il giorno successivo.
Merlin cercò di immaginarsi quel giorno.
La felicità che avrebbe dovuto fingere, le lacrime che non era sicuro di riuscire a trattenere, le parole che sapeva non avrebbe pronunciato.
Arthur gli stava dando l’opportunità di partire pensando con tutto il cuore di farlo felice e lui gliel’avrebbe lasciato credere.
Perché Arthur era un buon amico. Il migliore.
E se Merlin si era innamorato di lui, davvero non poteva fargliene una colpa.
Forse era il destino di Arthur quello di regalargli sia gioia che dolore nel giorno del suo compleanno.
Del resto era sempre stato così tra loro, fin dall’inizio.



1° Compleanno

Merlin compie cinque anni, è la sua festa e lui non conosce nessuno.
Lui e la sua mamma si sono trasferiti a Londra da poco, in una piccola casa in periferia.
Hunith, sua madre, ha trovato lavoro in una tavola calda, deve prendere almeno tre autobus per raggiungerla ma lei dice che il posto le piace e che è contenta così.
Al, il proprietario, è una brava persona e la tratta bene. Non le affida turni troppo pesanti e la paga a sufficienza per permettere a lei e Merlin di saldare l’affitto e tirare avanti con dignità.
È stato proprio Al a contattare Hunith dopo la morte di Balinor e ad offrirle quel lavoro. Al è stato un caro amico del padre di Merlin ed ogni volta che Merlin lo incontra, non fa che ripetergli quanto lui glielo ricordi.
Per questo Merlin ce l’ha un po’ con lui.
Merlin non vuole pensare a suo padre.
Perché quando lo fa gli viene sempre voglia di piangere.
In questo sua madre è più brava di lui. Anche lei pensa sempre al papà di Merlin, eppure riesce comunque a sorridere e a ricordare i momenti felici passati insieme. Hunith non ha paura di sentirsi triste e Merlin vorrebbe essere coraggioso come la sua mamma ma non ci riesce.
Suo padre gli manca troppo, lui era il suo amico speciale.. qui a Londra Merlin non ha nessun amico.
Lo zio Gaius non c’è.
E nemmeno Will.
La nuova scuola non gli piace, gli altri bambini si tengono lontani da lui e Merlin non capisce perché.
In cuor suo sa di essere diverso da loro, che i loro vestiti sono più belli e i loro zainetti niente affatto logori ma Merlin ama il suo zainetto rosso, è l’ultima cosa che suo padre gli ha regalato, quello che gli aveva detto l’avrebbe accompagnato intorno al mondo, e quindi non importa se quegli stupidi dei suoi compagni ridono di lui, dei suoi vestiti, del suo zainetto e delle sue orecchie.
Merlin sa di essere migliore di loro, più intelligente, perché in quella scuola non accettano bambini che abitano nel suo quartiere, a meno che non siano molto, molto speciali. E suo papà glielo diceva sempre: “Merlin, tu sei un bambino molto, molto speciale”.
Ciò non toglie che sia strano per Merlin vedere tutti i suoi compagni correre per il cortile della scuola e gridare e divertirsi e mangiare la torta che la sua mamma ha preparato per lui, senza invitarlo ad unirsi a loro, come se non fosse il suo compleanno, come se lui non fosse neanche lì.
Vorrebbe tanto avere vicino Will.
Will avrebbe giocato con lui, Will avrebbe riso più forte degli altri bambini, avrebbe architettato degli scherzi fantastici, avrebbe rubato il suo pezzo di torta e gli avrebbe detto “tanti auguri” col suo sorriso sdentato, sporco di panna e cioccolato.
Merlin scrolla forte la testa, perché pensare a Will è un po’ come pensare al suo papà, gli fa venire voglia di piangere e lui sa che se lo vedessero piangere, i suoi compagni lo prenderebbero in giro più di prima.
Una lacrima traditrice però gli scappa comunque e lui abbassa il viso velocemente, in piccola parte sicuro e grato del fatto che nessuno stia facendo attenzione a lui.
Merlin però si sbaglia. Perché un bambino più alto degli altri, un bambino che Merlin non ha mai visto prima, biondo, con dei luminosi occhi azzurri, gli si è avvicinato senza che lui se ne accorgesse ed ora è fermo davanti a lui e lo guarda senza dire una parola, come se Merlin fosse uno strano insetto e lui stesse cercando di capire a che specie appartiene.
- Perché piangi? – gli chiede il bambino. Non è una domanda gentile. Nella sua voce non c’è simpatia, solo una nota curiosa, come se non riuscisse bene a spiegarsi l’intera situazione.
Merlin sente le orecchie andare in fiamme, gli succede sempre quando pensa che qualcuno stia per prenderlo in giro. Chiude la bocca ostinatamente e tiene gli occhi fissi al suolo, perché di tanto in tanto, se li ignora abbastanza a lungo, succede che gli altri bambini lo lasciano in pace, perché se lui non reagisce, prenderlo in giro non è poi così divertente.
Quel bambino però deve pensarla diversamente.
- Allora, perché piangi? – Il suo tono è spazientito, come se non fosse abituato a sentirsi ignorato.
- Non sto piangendo. – Gli risponde Merlin, cercando un modo per allontanarsi da lui.
- Sì che stai piangendo. – Ora il bambino sembra veramente offeso, come se Merlin gli avesse dato dello stupido, o peggio, del bugiardo.
- No, non è vero. –
- Sì che è vero. –
- No che non è vero e poi, anche se fosse, a te cosa importa? – Merlin glielo urla quasi contro, sbattendo un piede per terra. È la prima volta che si lascia andare così. Non è una brutta sensazione.
Il bambino biondo neanche si scompone.
- Non è il tuo compleanno oggi? Non dovresti piangere il giorno del tuo compleanno. – Lo dice come se fosse la cosa più ovvia al mondo. Un fatto noto a tutti, a parte Merlin a quanto pare.
Merlin non sa che cosa dire. All’improvviso non si sente più così speciale e intelligente, a dirla tutta si sente un po’ ridicolo ed alza lo sguardo sul viso dell’altro, l’atteggiamento battagliero scomparso, riscoprendosi improvvisamente timido.
- Quanti anni compi? – Gli chiede imperterrito il bambino.
- Cinque – Gli dice piano Merlin, non sapendo bene come comportarsi né dove l’altro voglia andare a parare.
- Anch’io ho cinque anni. Li ho compiuti il mese scorso, quindi sono più vecchio di te. – Gli risponde l’altro con un gran sorriso furbo, tutto orgoglioso. - Ti va di andare sulle altalene? – E senza aspettare risposta, afferra il polso di Merlin e inizia a correre portandoselo dietro.
Merlin si lascia guidare, è così strano correre di nuovo con qualcuno, così strano sentire di nuovo qualcuno che ride con lui. È anche bello però.
- Vediamo chi arriva più in alto – lo sfida il ragazzino biondo e così dicendo lascia andare la sua mano e si getta sull’altalena, iniziando a dondolarsi come se per lui quella fosse l’unica cosa importante al mondo, l’unica che conti davvero.
Merlin non è mai andato su un’altalena ma non lo ammetterebbe neanche sotto tortura, neanche se quel bambino conoscesse la “tecnica segreta del solletico di Will”, che in quegli anni è riuscita ad estorcergli ogni suo segreto e più di un gelato.
Non vuole che quello strano bambino lo giudichi un moccioso, non vuole che lo pensi un codardo incapace, perché lui sembra essere così coraggioso, e si lancia contro il cielo come se non ci fosse nulla di cui aver paura e non ci fosse sensazione più bella al mondo.
Quindi Merlin prova a mimare le sue mosse, a darsi più spinta di quanta sia saggio osare ed ecco che la sua altalena vola più in alto della sua gemella, per un attimo gli sembra davvero di toccare le nuvole e si lascia scappare un verso stupito e felice... poi qualcosa va storto, una spinta troppo potente gli fa perdere la presa sulle catene dell’altalena ed ecco che Merlin si ritrova a volare davvero, per un lungo meraviglioso attimo, prima di franare rovinosamente a terra.
Il dolore al polso è lancinante, e gli sembra impossibile che sia lo stesso polso che poco prima il ragazzino stringeva con tanta sicurezza.
Intorno a lui scoppia il pandemonio. Le maestre e gli altri bambini iniziano a strillare, chi di preoccupazione chi di divertimento. Gli sembra di sentire l’altro bambino scendere dall’altalena, strusciando con i piedi sul terreno, ed una vocetta stridula e determinata che grida: - Arthur, che hai combinato? –
Intanto Merlin avverte un paio di braccia che lo girano delicatamente e lui capisce che si tratta di una delle sue maestre, quella che ha quel buon odore di sapone che gli ricorda tanto la sua mamma. In mezzo alla confusione, Merlin vede una bambina bellissima, con lunghi capelli neri e grandi occhi verdi, con indosso un vestito bianco ed un nastro tra i capelli. Sembra uno di quelle fate di cui gli raccontava sempre il suo papà. La fata sta agitando un dito verso il bambino di poco prima, che però la ascolta solo a metà, mentre tiene lo sguardo fisso su di lui.
Merlin si morde un labbro. La mano gli fa un male cane e ora vorrebbe davvero mettersi a piangere, sbattere i piedi a terra e chiamare la mamma, però il bambino continua a guardarlo, come se fosse orgoglioso di lui, come se lo considerasse una specie di eroe, e quindi Merlin si sforza di non piangere, di essere coraggioso, perché vuole che lui continui a guardarlo così.
La maestra lo prende in braccio gentilmente e comincia a portarlo via, quando l’altro bambino corre verso di lui e gli grida: - Ehi tu, come ti chiami? –
E lui, sorridendogli nonostante il dolore, il primo vero sorriso della giornata, gli grida di rimando: - Merlin, mi chiamo Merlin! –
- Cerca di guarire in fretta Merlin! Io sono Arthur! Quando torni voglio la rivincita! – E così dicendo, rimane a guardarlo accanto alla bambina, un braccio alzato in segno di saluto.
Merlin nasconde il viso nell’incavo del collo della maestra e sorride.

Quella sera, nel suo letto, Merlin non riesce a dormire. Il gesso che gli tiene fermo il braccio gli impedisce di girarsi a pancia in giù. Costretto a guardare il soffitto, Merlin ripercorre la giornata appena vissuta, pensando di non aver mai avuto un compleanno più strano.
La giornata è iniziata in modo orribile ed è finita peggio.
Però forse ha trovato un amico.
A quel pensiero Merlin si addormenta nel buio, contento.

 

8° Compleanno

Merlin compie dodici anni e lui ed Arthur sono stipati nella sua limousine. Arthur è venuto a prelevarlo quella mattina, dicendogli di preparare l’occorrente per star via per due interi giorni, e che la sua mamma è già stata informata di tutto, e che lei e suo padre sono d’accordo. Quindi Merlin non deve far altro che seguire le istruzioni di Arthur e prepararsi ad una bella sorpresa.
Ad Arthur piacciono davvero molto le sorprese.
In realtà Merlin sa benissimo dove stanno andando.
Lo sa da più di un mese, da poco dopo che Arthur ha nominato per la prima volta la grande casa sul lago che la sua famiglia possiede e Merlin a quell’accenno si è acceso come un albero di Natale, facendogli mille domande e ripetendogli quanto fosse fortunato a possedere una casa in un posto così bello e a poterci andare quando ne aveva voglia: a parte il suo paese natale, di cui ricorda molto poco, Merlin non è mai stato neanche fuori Londra...
Quello era stato anche il giorno in cui Merlin aveva confidato ad Arthur il suo desiderio più grande.
Merlin da grande vorrebbe tanto viaggiare. Vedere il mondo. Perché quello era ciò che faceva il suo papà, viaggiava e poi scriveva libri su quei viaggi e Merlin da grande vuole diventare come lui.
Da allora Arthur aveva voluto sapere sempre di più su quel suo sogno, forse perché lui non ce l’aveva un sogno così, chiedendogli dove gli sarebbe piaciuto andare e quando credeva di poter partire. Merlin gli aveva confidato di star mettendo da parte i soldi necessari per un viaggio intorno al mondo, e che tutti i regali dei suoi compleanni finivano in quel suo piccolo fondo, e questo era un segreto che non aveva condiviso con nessuno, nemmeno con Will. Però sapeva che gli sarebbe occorso molto tempo prima di racimolare la somma necessaria. Non gli aveva detto però delle lettere a Santa Claus. Non ne aveva visto il motivo. Ormai erano storia antica e comunque erano un dettaglio troppo imbarazzante da confidare ad un amico, persino ad un amico come Arthur.
Poi un pomeriggio, mentre stavano tornando insieme da scuola, Arthur si era messo a parlare dell’approssimarsi del compleanno di Merlin. Tra i due, Arthur era decisamente il più eccitato quando si trattava dei festeggiamenti per l’amico, mentre Merlin cercava sempre di ridimensionare l’evento, perché aveva imparato a temere l’entusiasmo di Arthur... perché Arthur aveva la fastidiosa abitudine di voler fare sempre di testa sua, coinvolgendolo nelle imprese più assurde e soprattutto di non accettare mai un no come risposta... Quindi Merlin, più per autodifesa che altro, cercava sempre di sviare il discorso o di richiamare la sua attenzione su qualcos’altro...
Quel giorno aveva scelto di chiedergli nuovamente di parlargli della casa sul lago. Non sapeva bene perché ma Merlin non si stancava mai di sentir parlare di quel luogo.
Era stato allora che Arthur si era fermato di botto, battendosi con veemenza una mano sulla fronte, come se avesse trovato la risposta ad un enigma incredibilmente complicato, e negli occhi gli era nata quella particolare scintilla che Merlin aveva imparato a riconoscere, e che di solito significava guai.
Da quel momento, Arthur non aveva smesso di sorridere.
E non aveva più chiesto a Merlin cosa volesse per regalo, come se l’argomento fosse archiviato e non avesse più bisogno di esser sollevato.
Per Merlin, che lo conosceva bene, era stato praticamente come vedere l’idea nascergli in testa.
Nel mese successivo Arthur era stato quasi insopportabile.
Ogni volta che vedeva Merlin iniziava a ridere sotto i baffi, sentendosi particolarmente furbo, come se fosse depositario di un segreto che potesse cambiare le sorti del mondo. Non faceva altro che tormentare Merlin contando i giorni che mancavano al suo compleanno, dicendogli che quell’anno avrebbe dovuto aspettarsi grandi cose e vantandosi che mai, neanche in mille anni, Merlin sarebbe riuscito a scoprire cosa aveva ideato per lui.
Merlin aveva avuto la conferma dei suoi sospetti quando Arthur aveva iniziato a complottare con sua madre.
Più di una volta li aveva sentiti borbottare divertiti in cucina, ignari che il loro segreto era stato da tempo scoperto. Però sembravano così felici... e Merlin li amava entrambi talmente tanto... non voleva rovinar loro il divertimento.
Era rimasto zitto fingendo ignoranza.
Inoltre quello di Arthur era davvero un bel regalo. Forse non era il suo agognato viaggio intorno al mondo... ma Merlin non vedeva comunque l’ora che arrivasse il gran giorno!

* * *

Merlin scende dalla macchina con gli occhi bendati.
Arthur sa diventare molto melodrammatico quando cerca di fare le cose in grande.
Quando finalmente gli permette di togliersi la benda dagli occhi (in realtà è la cravatta dell’uniforme della scuola) il sorriso raggiante di Arthur è forse il regalo più bello che Merlin possa desiderare.
Alla fine, la loro amicizia è l’unica cosa che conti davvero per lui.
- Arthur, è stupendo! Non me lo sarei mai aspettato! – esclama di fronte ad un panorama da togliere il fiato.
Arthur lo guarda felice.
- Ormai dovresti saperlo Merlin, nessuno riesce a sorprenderti meglio di me! –
- Lo so Arthur, lo so... –

È sera e i due ragazzi sono stesi in una piccola radura poco distante dalla casa sul lago, a guardare le stelle.
Sono stati due giorni fantastici, hanno nuotato, pescato, riso e rincorso fino a non poterne più, fino a non sentire più le gambe e le braccia, ed ora vogliono solo godersi gli ultimi momenti di libertà prima di tornare a casa l’indomani.
Arthur ha portato Merlin nel suo posto speciale, lì dove andava sempre con sua madre.
È quello il suo vero regalo.
Nessun altro conosce l’importanza di quel luogo, neanche suo padre o sua sorella Morgana.
La mamma di Arthur non c’è più, proprio come il papà di Merlin, e questa è una cosa che li ha uniti fin dall’inizio.
Arthur mostra meno di Merlin di sentire la mancanza di ciò che ha perduto ma Merlin sa che non per questo sta meno male. Arthur é solo molto geloso dei suoi ricordi.
Per questo Merlin è davvero commosso dal suo gesto.
E pensa per la prima volta al dolore di Arthur un po’ come se fosse anche il suo. È una sensazione strana... come se ora dovesse preoccuparsi per tutti e due.
Come se loro due fossero una cosa sola.
- Grazie di avermi portato qui Arthur – Glielo dice a mezza voce, perché lì in quel momento, il silenzio è così assoluto che altrimenti gli sembrerebbe di gridare.
- Se vuoi possiamo tornare anche l’anno prossimo. Potrebbe diventare una specie di tradizione. Come un nostro patto segreto. – gli dice Arthur, e Merlin capisce dal suo sguardo che è già convinto di aver avuto l’idea del secolo.
- Sei proprio fissato con i segreti tu!... – Gli da un piccolo buffetto sul braccio. - Comunque sì, mi piacerebbe. Torniamo anche l’anno prossimo. Io e te. –
Arthur gli sorride in risposta, arricciando il naso.
- Io e te. Andata. –

 

13° Compleanno

Merlin compie diciassette anni e si sente irrimediabilmente triste.
E’ la prima volta da quando avevano dodici anni che lui e Arthur non sono andati a festeggiare alla casa sul lago. Il primo anno da quando si sono conosciuti in cui Arthur non ha organizzato nulla per il suo compleanno, non gli ha comprato un regalo e non l’ha nemmeno chiamato per fargli gli auguri.
Negli ultimi giorni Merlin aveva sentito che qualcosa non andava, che Arthur era pensieroso, distratto, quasi lontano. Merlin aveva letto i segni ma non era riuscito a decifrarli.
Quando Arthur aveva annullato il loro viaggio, Merlin aveva semplicemente pensato che l’amico avesse architettato per lui qualcosa di nuovo, di tenero e di geniale.
Di veramente geniale.
Merlin si era detto disposto persino ad ammetterlo, visto che per una volta quell’imbranato era riuscito chissà come a non farsi scoprire.
Ora invece sa di essersi sbagliato e si ritrova più vecchio di un anno, solo, in una casa vuota, perché ha convinto sua madre ad uscire con le sue amiche, sicuro che alla fine Arthur si sarebbe presentato alla sua porta, con quel suo stupido, tronfio sorriso stampato in viso, per trascinarlo chissà dove a fare solo Dio sa cosa.
Non ha neanche nessuno da poter chiamare. Ha già parlato con lo zio Gaius per un’ora buona nel pomeriggio e quel matto di Will gli ha telefonato alle sei del mattino solo per il gusto di essere il primo a fargli gli auguri.
- Quel tuo Arthur sarà anche l’uomo delle grandi sorprese ma si sveglierebbe mai a quest’ora solo per dirti “Buon Compleanno”? No! Quindi chi è il tuo migliore amico? Dimmi, chi è il tuo migliore amico? Io! Non dimenticarlo! Ora torno a dormire. Auguri. – E aveva messo giù il telefono, senza lasciargli il tempo di dire una sola parola.
William è fatto così.
Lui e Arthur non si sopportano e Will è incredibilmente competitivo nei suoi confronti.
Non che si sbagli su Arthur.
Arthur non é un tipo mattiniero.
Morgana, la sorella di Arthur, é passata a fargli gli auguri prima di cena, portandogli la camicia più bella che Merlin abbia mai potuto desiderare. Morgana ha un gusto impeccabile e si diverte ad agghindare Merlin come se fosse il suo bambolotto.
- Indossala quando vuoi fare colpo su una ragazza – gli aveva detto facendogli l’occhiolino e poi lo aveva baciato su una guancia, avvolgendolo nel suo buon profumo.
Non aveva detto una parola su Arthur e Merlin non gli aveva chiesto niente. Era ancora convinto che Arthur stesse preparando la sua grande sorpresa e non voleva costringere Morgana a rovinargli il suo primo, vero successo.
Ora si sentiva molto stupido per quell’occasione sprecata.
Morgana sapeva sempre dov’era Arthur.
Se c’era qualcuno che potesse essere al corrente di cosa quel somaro stesse combinando, quella era lei.
Quindi, non avendo che se stesso da biasimare, Merlin ora è solo, triste ed anche un po’ preoccupato.
Non è proprio da Arthur scordarsi di lui.
Proprio no.
Merlin passa gli ultimi minuti del suo compleanno in salotto, seduto nella poltrona di velluto verde accanto alla finestra, intento ad osservare l’orologio sulla mensola del camino che compie gli ultimi giri di quella lunga giornata.
All’improvviso, sente provenire da fuori un gran fracasso: il rumore di un clacson combinato con una brusca frenata. Il tempo di guardare fuori dalla finestra e vede Arthur scendere con un salto dalla sua bella auto sportiva.
Merlin ha una vera passione per quell’auto.
Arthur l’ha ricevuta come regalo di compleanno solo il mese precedente ma lui e Merlin hanno girato insieme quasi tutte le concessionarie dei dintorni per trovarla.
L’auto perfetta.
Arthur aveva mosso mari e monti per convincere suo padre a regalargliela e non era stato facile, perché il padre di Arthur era sì molto ricco ma anche molto severo. Però Arthur non gli aveva dato tregua, perché come diceva sempre: “Diciassette anni si compiono solo una volta”.
Merlin gli aveva fatto notare come un’affermazione del genere fosse valida per ogni età, perché nessun compleanno torna mai due volte, ma Arthur non era il tipo da lasciarsi turbare dai dettagli.
Lui sapeva di essere nel giusto e tanto bastava.
Quell’auto era stata una novità per Merlin, l’unica cosa che avesse mai veramente invidiato ad Arthur.
Se n’era innamorato in un momento, con i suoi interni bianchi e quella lucida carrozzeria azzurro cielo. Proprio come gli occhi di Arthur.
- Arthur, è lei – gli aveva detto con un gran sorriso.
Arthur aveva osservato prima la macchina, poi lui, e solo guardandolo in viso, Merlin aveva capito che la scelta era fatta.

Arthur corre trafelato verso l’ingresso della casa di Merlin. Ha indosso una maglietta rossa e una camicia bianca sbottonata, che nella fretta gli svolazza da tutte le parti. Ha i capelli orrendamente scompigliati e un po’ bagnati di sudore, e seguendolo con gli occhi Merlin scorda la sua irritazione e si mette a ridere.
Un Arthur stralunato è sempre uno spettacolo molto divertente da guardare.
Arthur entra in casa senza neanche bussare e si precipita verso Merlin quasi gridando:
- Sono in tempo? Sono in tempo? –
- Hai appena trenta secondi per farmi gli auguri e farti perdonare, somaro! – e l’ondata di sollievo che Merlin prova nel vederlo lì è quasi troppo intensa da sopportare.
Arthur corre verso di lui e lo avvolge in uno dei suoi abbracci da orso che riescono quasi sempre a sollevarlo da terra.
Arthur è di poco più basso di Merlin ma molto, molto più forte.
Lo lascia andare dopo neanche un secondo e gli afferra svelto un polso tirandoselo dietro.
È un’abitudine che Arthur non ha mai perso, fin da quando erano ragazzini.
Arthur trascina Merlin in strada e fermandosi vicino alla sua auto allarga entrambe le braccia e urla:
- Ta Dan! – E lo fa con tanta enfasi che a Merlin sembra quasi di doversi aspettare da un momento all’altro squilli di trombe e fuochi artificiali.
Non succede nulla però.
Davanti a lui c’è solo Arthur, con le braccia ancora alzate ed un sorriso enorme.
Merlin non capisce.
- Beh, non dici nulla? Cos’è? Ti ho lasciato senza parole? –
- Arthur, non ti seguo... –
- Ma la macchina, sciocco! Che mi dici della macchina? – È eccitato come un bambino.
Merlin lo guarda capendo sempre meno, poi d’improvviso si lascia scappare un piccolo verso strozzato.
Non può essere...
- Questo è il mio regalo... – Non è una domanda la sua, è un affermazione. Anche se il suo tono è incredulo e quasi timoroso, perché sarebbe davvero troppo... persino per Arthur...
- Certo! Ti piace? È usata. Proprio come volevi tu! Sapevo bene che non avresti mai accettato un’auto nuova di zecca e quindi... –
Merlin lo guarda come se fosse uscito di senno. O lo stesse prendendo in giro.
Arthur ignora quello sguardo e continua imperterrito:
- Scusami se ho fatto così tardi ma te la stavo per portare questa mattina quando mio padre mi ha intercettato: stava aspettando non so quali clienti e ha voluto assolutamente che andassi con lui a riceverli, e sai, ormai non posso più dirgli di no... perché vedi, mi sono impegnato a fare come dice lui... –
Merlin lo interrompe senza tante cerimonie.
- Arthur, è stata usata... da te!–
- Sì, infatti. –
- Per un mese! –
- Precisamente. – Ed è così serio mentre lo dice, che Merlin sente qualcosa che gli preme sul cuore, come una stretta sconosciuta, che gli fa quasi male.
- Arthur, non scherzare. Sai che non posso accettarla... –
A quel punto Arthur gli mette le mani sulle spalle, stringendole in una morsa amichevole, costringendolo a guardarlo in viso.
- Merlin, amico, tu DEVI accettarla. Non capisci? L’ho scelta per te! Anzi, sei stato proprio tu a sceglierla per te stesso a voler essere precisi, anche se allora non lo sapevi. Avessi visto la faccia che avevi quando l’hai vista per la prima volta! Ho capito in un secondo che avevi perso la testa! È sempre stata tua, credimi, l’ho sempre pensata per te, fin dall’inizio... E poi lo sai, l’azzurro non è il mio colore. –
E così dicendo Arthur si gratta il naso, quasi infastidito, come se quello fosse un dettaglio che Merlin avrebbe dovuto ricordare.
Poi gli sorride di nuovo e continua con un tono più delicato, quasi di scusa:
- Certo, non sarà questa che ti porterà nel tuo giro intorno al mondo... però almeno non dovrò vederti perdere l’autobus tutte le mattine! – E la voce di Arthur è così dolce e trionfante ed il suo sguardo così sicuro, felice, che Merlin capisce di non poter far altro che accettare.
Perché rovinare la felicità di Arthur per lui equivale a distruggere le vetrate di una cattedrale.
Un gesto imperdonabile.
- E tu come farai? – Si azzarda a chiedere.
- Ho convinto mio padre che questa non la volevo più e ha acconsentito a lasciarmene comprare un’altra. Una stupenda Porche rossa... Arriva lunedì. All’inizio lui mi ha dato dell’irresponsabile superficiale, lo sai com’è fatto, ma alla fine ha ceduto... a patto che lavori per lui tutte le estati da qui fino alla laurea, naturalmente. –
Merlin non crede alle sue orecchie. Sa quanto Arthur odi avvicinarsi allo studio di suo padre.
- Ma Arthur... sai cosa succede quando tu e tuo padre passate troppo tempo nella stessa stanza... non ti darà tregua, non ti lascerà neanche respirare! Tu adori passare l’estate a poltrire... e quel viaggio al Nord che dicevi di voler fare? –
Merlin si allontana da lui allargando le braccia, cominciando a camminare su e giù, come quando ha per le mani un problema che non riesce a risolvere, la generosità di Arthur che gli brucia la gola come un liquore troppo forte.
- Sciocchezze! – Gli risponde lui con una scrollata di spalle, come se il piegarsi alla volontà di suo padre non fosse ciò che ha evitato di fare da tutta una vita. - Sopravvivrò. Questo è molto più importante. Tu sei molto più importante. –

Merlin si ferma paralizzato sul posto, perché per un momento le parole di Arthur gli hanno risucchiato l’aria dai polmoni. Come se Arthur gli avesse tirato un pugno nello stomaco, proprio come quando erano ragazzini e giocavano alla lotta per scherzo, e Arthur non riusciva a calibrare la sua forza e poi passava il resto della giornata cercando di farsi perdonare da un Merlin contuso e dolorante.
Solo che questo colpo Merlin sa già che non potrà perdonarglielo.
Mai.
Perché all’improvviso sente di doverlo abbracciare, di doverlo abbracciare davvero.
Un abbraccio autentico e non una di quelle strette goffe e mortali in cui Arthur è solito avvolgerlo.
Merlin sente di averne bisogno, perché davanti a lui c’è il suo Arthur, ed è meraviglioso, e lui in quel momento gli vuole così bene che non sa proprio come altro fare per farglielo capire.
E quindi ecco che Merlin si muove davvero, si avvicina ad Arthur intrecciandogli le braccia al collo, i corti capelli biondi della sua nuca tra le mani.
È qualcosa che Merlin non ha mai fatto prima, perché a dirla tutta è sempre stato Arthur quello affettuoso, quello delle pacche sulle spalle, i baci a schiocco sulle guance e le strette di mano. Però ora Arthur è lì tra le sue braccia ed è stato Merlin a far sì che fosse così, ed è una sensazione troppo bella e troppo giusta, e Merlin pensa di essere impazzito, perché una sensazione così non la si lascia durare, non le si permette di mettere radici ma ci se ne allontana correndo, senza voltarsi indietro, finché se ne ha la forza e si è ancora in tempo.
Ma Merlin non lo fa. Merlin stringe il tessuto della camicia di Arthur e poggia il mento sulla sua spalla e gli dice solo: - Grazie – e rimane lì, a respirare con lui, chiudendo gli occhi, senza sapere bene perché.
Arthur non si ritrae.
A Merlin sembra di sentirlo sorridere e gli viene voglia di stringerlo più forte.
Osa farlo sul serio, solo per un momento, poi però lo lascia andare, perché sente il cellulare di Arthur vibrargli in tasca e a Merlin basta quella piccola vibrazione per perdere coraggio.
- Chi ti chiama a quest’ora? – Gli chiede allontanandosi, ancora scosso, un po’ sovrappensiero.
- Oh, è Gwen – Gli dice Arthur, arrossendo un po’.
- Gwen? – E quel nome così piccolo riesce chissà come a strozzarglisi in gola.
- Sì, Gwen, l’amica di Morgana. Ti ricordi? Ti avevo parlato di lei... –
Sì, Merlin ricorda.
Ed ecco che Arthur gli sorride, allontanandosi, e accenna col capo verso il cellulare, con un gesto di scusa.
Merlin lo guarda rispondere e Arthur ormai si è allontanato tanto che lui non riesce più a distinguere le sue parole.
Merlin lo sente solo ridere, e lo vede gettare indietro la testa e alzare un sopracciglio sorpreso e poi passarsi una mano sul collo, come quando qualcosa lo imbarazza un po’.
Merlin vorrebbe davvero riuscire a voltarsi.
O poterlo guardare senza sentirsi improvvisamente solo.
Vorrebbe non desiderare di strappargli quel cellulare dalle mani e poter tornare a pochi minuti prima, quando Arthur era il suo miglior amico ed era solo suo, e non qualcuno che una Gwen qualunque potesse portargli via.
I passi di Arthur lo distolgono dai suoi pensieri. Merlin lo vede tornargli accanto con quel suo fare canzonatorio dipinto in volto.
- Allora che aspetti? – Merlin lo guarda assente. Vorrebbe sorridergli ma non ce la fa.
- Merlin, mi senti? Ma che hai? Ti ho scioccato così tanto? Forza, salta su. Portami a fare un giro. –
Ma Merlin non ha voglia di fare nessun giro. Vuole solo rintanarsi nel suo letto, con il lenzuolo tirato sulla testa.
Forse allora respirare gli farebbe meno male.
- Arthur, sai che non potremmo senza un adulto... – è la sua debole protesta.
- Paura? –
Arthur sa essere davvero sleale quando vuole... sa bene che dicendo così lo mette con le spalle al muro.
- Certo che no! – Gli risponde Merlin alzando il mento.
- E allora che aspetti? –
E così dicendo Arthur lo prende per un braccio e lo accompagna accanto al posto di guida. Gli apre la portiera e gli da una piccola spinta col ginocchio, per fargli perdere l’equilibrio e farlo cadere sul sedile. Poi gira intorno alla decappottabile quasi correndo, ridendo ad alta voce, tamburellando le mani sul cofano, vergognosamente felice, ed ora Merlin non è più sicuro che sia solo la perfetta riuscita di quella sorpresa ad accendere il suo umore così.
Ora Arthur potrebbe avere altri motivi per sorridere.
Ed è davvero un peccato che Merlin non riesca a sorriderne a sua volta.

Siedono in macchina l’uno accanto all’altro e Merlin per un po’ dimentica tutti i suoi guai.
La notte scorre davanti a loro veloce, i capelli di Arthur fanno a botte col vento e Merlin li vede svolazzare impazziti intorno al suo viso mentre lui, euforico, alza il volume della radio e inizia a cantare a squarciagola, facendo cenno a Merlin di unirsi a lui.
E allora Merlin canta, e non importa se non è intonato, se non conosce la canzone e sbaglia tutte le parole.
Perché Arthur è accanto a lui e lo guarda come allora, come il giorno dell’altalena, il giorno in cui per la prima volta Arthur l’ha sfidato e Merlin non si è tirato indietro.
E allora per un secondo Merlin riesce a non pensare a Gwen, riesce a non avere paura, e a non impazzire davanti alla scoperta di un sentimento che forse sarebbe stato meglio lasciare sotto la sabbia per sempre.
Perché quando Arthur lo guarda così, Merlin crede di essere capace di tutto.
Anche di volare.

- Sai Merlin, credo che lei mi piaccia. –
La musica è cessata da un po’, però il loro piccolo viaggio continua ancora.
Merlin pensava che Arthur si fosse addormentato, il bel profilo gettato all’indietro sul poggiatesta del sedile. Invece é sveglio. E a quanto pare sta pensando a Gwen.
Merlin stringe più forte le mani sul volante.
- Beh Arthur, non sarebbe la prima volta... – E già si pente di quel suo tono amaro.
Arthur sembra non prendersela a male. L’idea che Merlin possa volerlo ferire non gli sfiora la mente neanche per un secondo.
- No... Intendo... che mi piaccia sul serio... – La sua voce stranamente bassa, niente più che un mormorio.
Eppure Merlin la sente così forte che continua a rimbombargli dentro a lungo, invadente, inopportuna.
Arthur non aggiunge altro, non ce n’è bisogno e Merlin non se lo aspetta.
Vede l’amico girare il volto verso il paesaggio buio, forse un po’ imbarazzato, in ansia, indifeso.
Merlin sa che sta aspettando che lui dica qualcosa.
E quindi Merlin lo accontenta. Stacca una mano dal volante e la poggia affettuosa sulla sua spalla, stringendogliela dolcemente.
- Arthur, amico, sono felice per te. –
E quando Arthur si illumina a quella specie di benedizione, Merlin sa di non aver mentito.
Perché una parte di lui, quella che ha giocato con Arthur all’asilo, quella che si è arrampicata con lui sugli alberi, che ha fatto l’alba in sua compagnia e ha diviso con lui la sua prima sbornia, è veramente felice per lui. Lo è davvero.
E se gli occhi ora gli bruciano così è solo perché la capote dell’auto è abbassata e Merlin sta correndo un po’ troppo forte ed il vento gli sferza il viso, facendolo lacrimare.
E per quanto riguarda quel dolore sordo che gli urla nel cuore...
Beh, per quello Merlin non ha scuse.
Però non importa, perché Arthur non può sentirlo, e quindi va bene così.

 


Eccoci arrivati alla fine di questo lungo, primo capitolo.
Il nostro caro Merlin ha appena scoperto qualcosa di importante, mentre quel somaro di Arthur sembra del tutto intenzionato a sguazzare nella sua comoda, beata inconsapevolezza, e non ha di meglio da fare che andare ad innamorarsi di una certa ragazza dai riccioli scuri proprio quando il suo migliore amico inizia a guardarlo con occhi diversi. Insomma Arthur! Non si fa! Non sta bene!
Comunque non preoccupatevi!
Personalmente non amo le storie in cui Gwen diventa una presenza troppo ingombrante tra i nostri due beniamini, probabilmente perché mi è sempre piaciuta e non voglio essere costretta ad odiarla per essere diventata il terzo incomodo... quindi se siete fan dei triangoli amorosi travagliati e pieni di incomprensioni... non aspettatevene uno in questa fan fiction!
Questa è principalmente una storia su Merlin e Arthur, sulla loro amicizia, su quello che significano l’uno per l’altro, e su come a volte l’amore ci metta un po’ a trovare la sua strada.
Qualche piccola nota prima di chiudere:
- Non conosco bene il sistema scolastico inglese, ho cercato di documentarmi e ciò che leggete nella fan fiction è il risultato delle mie ricerche. Se doveste notare qualche madornale discrepanza con la realtà fatemelo sapere!
- Stessa storia per quanto riguarda la patente di guida. Da quello che ho capito i ragazzi prendono la patente a diciassette anni ma nei tre mesi precedenti in cui sono provvisti di licenza provvisoria, possono guidare solo se accompagnati da qualcuno che abbia più di 21 anni e che abbia la patente da almeno tre anni. Ecco spiegata la preoccupazione di Merlin riguardo all’andarsene in giro loro due da soli senza la presenza di un adulto: perché nonostante Arthur avesse già la patente, avendo solo diciassette anni non poteva essere il “secondo” di Merlin.
Ahi ahi ahi Merlin! Non lasciarti coinvolgere da quel ribelle di Arthur! Le regole sono regole, non importa quanto brillino i suoi occhi quando ti propone di infrangerle!
Ma che parlo a fare... è una partita persa in partenza!
- Ultima nota: questa è una AU e mi sono presa la libertà di cambiare un po’ il rapporto tra i due ragazzi rispetto a quello che siamo soliti vedere nel telefilm. In fondo qui sono amici praticamente da sempre, si conoscono da bambini e sono stati l’uno il sostegno dell’altro per tanto tempo. Ecco perché ho voluto che Arthur fosse un po’ più “aperto” nel manifestare il suo affetto per Merlin e non abbia bisogno di abbaiargli costantemente contro per fargli capire che tiene a lui. Forse questo atteggiamento potrà risultare leggermente “out of character” ma non troppo secondo me, perché l’Arthur originale, nonostante il caratteraccio, è sempre stato in grado di esprimere i suoi sentimenti quando contava davvero. Anche la sua fissazione per i compleanni e le sorprese è una mia interpretazione delle volte in cui abbiamo visto il principe cercare di sorprendere qualcuno a cui tiene (vedi la cena a casa di Gwen nella seconda stagione, i vari picnic nel bosco e la proposta di matrimonio alla futura regina). Insomma, giocherà anche a fare il duro, ma in fondo il nostro Arthur è un tenerone! Spero che non abbiate trovato il suo comportamento troppo distante dall’idea che avete di lui.
A questo punto credo di aver detto tutto e... o mio Dio! Le note sono quasi più lunghe della fan fiction! Fermatemi!
Non sapevo che si potesse diventare così logorroici quando si pubblica qualcosa scritto di propria mano!
Assoluta ammirazione per chi riesce a chiudere un capitolo solo con un “Alla prossima!”.
Chiunque voi siate, vi stimo tantissimo!
Per chiudere, (veramente stavolta, promesso!) grazie a tutti coloro che sono arrivati a leggere fin qui, spero di essere riuscita a regalarvi qualche emozione e qualche risata!

See you soon!

 

Ed ora qualche piccola anticipazione!

Merlin riprende a correggere il suo lavoro e stavolta è talmente concentrato che nulla riesce a distoglierlo dallo schermo del computer.
Neanche i passi che si fermano davanti alla sua porta e di certo non il cigolio della maniglia che si abbassa.
Non sente neanche la bassa risata che vibra alle sue spalle.
- Quando Gwaine me l’ha detto, non ci volevo credere... –
Le parole però gli arrivano forti e chiare e Merlin stavolta non può non udirle.
In un secondo salta letteralmente sulla sedia e si gira di scatto, in direzione della voce.
Non ha certo bisogno di voltarsi per sapere chi è, ciononostante si volta comunque, un riflesso incondizionato.
La voce di Arthur ha sempre quell’effetto su di lui.
Il suo amico è lì, appoggiato allo stipite della porta, con le braccia intrecciate sul petto ed un sorriso divertito sul volto...

* * *

Merlin avanza di un passo verso di lui, cercando di farlo ragionare ma Arthur svelto gli poggia le dita sulle labbra, zittendo ogni suo tentativo di replicare.
- Senti Merlin – ed il suo tono è quasi stanco mentre gli parla...

* * *

Merlin guarda Arthur negli occhi.
Quegli occhi così azzurri che a volte osservarli gli fa quasi male.
Si chiede se Arthur abbia la minima idea di cosa gli stia chiedendo.
Se sappia con quanta forza Merlin abbia cercato di combattere quel sentimento.
La risposta naturalmente è no.
Perché se Arthur sapesse lo lascerebbe andare.
Perché Arthur non lo condannerebbe mai volontariamente ad un dolore costante, ingiusto e senza cura.
Merlin si chiede se non dovrebbe dirglielo, allora, quello che prova...

  
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