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Autore: Meromissi    30/09/2013    4 recensioni
[Apollo x Giacinto]
« Mio Sole, mia divinità, non siate mesto per me, vivrò nella vostra mente e nel vostro cuore...», pronunziò quelle parole con un filo leggero d'aria, forse il suo ultimo respiro.
Gli occhi azzurri del dio si allagarono, bagnando d'acqua di mare il volto pallido del compagno.
Genere: Malinconico, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Apollo

« Perché l'amor mio mi fu strappato dalle mani in maniera spietata? »

Apollo, ricci capelli dorati mossi da un lieve vento primaverile, stringeva fra le forti braccia l'esile corpo di un umano morente.

« Mio Sole, mia divinità, non siate mesto per me, vivrò nella vostra mente e nel vostro cuore...», pronunziò quelle parole con un filo leggero d'aria, forse il suo ultimo respiro.

Gli occhi azzurri del dio si allagarono, bagnando d'acqua di mare il volto pallido del compagno.

« Giacinto, farò in modo che tutti ricorderanno il tuo nome, tramutandoti nel fiore più bello che la Terra abbia mai visto. Vivrai nutrendoti d'aria e terra ed io, il Sole, ti farò crescere, giorno dopo giorno, accarezzando i tuoi petali con i miei raggi, dissetandoti con le mie lacrime...».


Il ragazzo sorrise, prima di chiudere gli occhi nocciola e lasciare da solo l'amato. Lo strinse un'ultima volta, Apollo, prima di compiere il suo piccolo miracolo.
Adagiò quel delicato corpo sul terriccio umido e, accarezzandolo, lo tramutò nel rosso fiore che tutt'oggi porta il suo nome. Due lacrime bagnarono quei petali meravigliosi, segnandoli col suo dolore.

Si rialzò pieno d'ira e desolazione, cercando di trovare in qualcuno il colpevole. Solo il nome di Tamiri gli bombardava la testa, primo amante di Giacinto, ma anche colui che si vantava di superare la grandezza delle Muse, allieve della stessa divinità.

Risalì afflitto all'Olimpo, non dando peso ai rimproveri dei fratelli preoccupati per la sua mente.

Solo Poseidone gli andò incontro, colpendolo violentemente al plesso solare.

« Dio dei mari, perché intralci il mio cammino? »

L'uomo irrigidì i muscoli ed inarcò un sopraciglio, sbuffando spazientito, guardando negli occhi l'interlocutore.

« Apollo, sono a conoscienza del tuo immenso dolore, ma non puoi punire un innocente per una colpa non commessa! »

La divinità appoggiò una mano sulla parte lesa, senza proferir parola.

« Torna sul tuo carro, anche oggi il Sole deve tramontare... »

Fu allora che la perfidia di Apollo uscì allo scoperto.

« Nessun Sole tramonterà fino a quando io non parlerò alle mie Muse e l'acqua evaporerà, prosciugando mari e fiumi, la vegetazione esiccherà e gli animali moriranno, è questo che desideri Poseidone? Perché sacrificare tutti quando mi basterebbe punirne uno? »

Fu solo allora che il Dio dei mari si spostò, lasciando passare l'altro.

Varcò una massiccia porta in legno ed entrò in un'aula dorata. L'odore della creta e della pittura lo investì, placando per un attimo la sua collera. Le Muse erano tutte dedite all'opera: cantavano, pitturavano, scolpivano e suonavano, ma non appena il dio fece la sua comparsa si zittirono e si composero, pronte a seguire le parole del loro maestro.

« Mie Muse, mie adorate, c'è un vile umano che vi deride e si crede migliore di tutte voi. Quindi mie care, vi ordino di strappargli gli occhi, le corde vocali e la memoria, così che lui non possa ne vedere ne parlare ne ricordare. Il suo peccato è la presunzione e per questo io ho deciso che dev'essere punito! »

Le donne obbedirono al volere della divinità ed andarono da Tamiri per realizzare la vendetta di Apollo.

Il dio terminò,come sempre, il suo lavoro, lasciando spazio alla dolce e preziosa Luna.

Si rinchiuse poi nella sua stanza immergendosi in un dolore atroce, ferendosi ulteriormente con il vivido ricordo del suo amato.

Decise così che il Sole doveva morire e nascere in orari diversi durante l'anno, così che Giacinto avesse sole ed ombra a sufficienza per sopravvivere.



                                                                 ************************************


Una fragorosa risata improvvisa squarciò il silenzio solenne che regnava nell'immenso salone. Solo tre figure, sedute composte attorno ad una lunga tavolata, davano vita a quel sacro panorama.

« Zefiro, non appena Apollo capirà il tuo inganno ti tramuterà in pietra e non potrai più librarti nel cielo a portar catastrofi! »

Afrodite osservava inviperita la veste umana del vento di Ponente che si era spinto ben oltre il suo credo. Accanto a lei Ares sorseggiava del vino da un bicchiere dorato, incastonato di rubini.

« Mia cara, l'amore non sempre porta gioia, molto spesso è sinonimo di gelosia e tradimento! » esclamò fissando con malizia il Dio della Guerra che, sentendosi parte del discorso, sputò il  nettare rosso picchiettandosi velocemente sul petto.

La dea alzò gli occhi al cielo, mentre l'uomo riprendeva un po' di fiato e d'orgoglio.

« Ciò non ti permette di uccidere un umano solo per gelosia! Per di più il principe spartano! Ares insomma, dì qualcosa! »

Quest'ultimo si alzò in piedi, sbattendo il pugno sul massiccio tavolo.

« Io non voglio entrare in questa discussione, ho ben altro da fare che star dietro ai pettegolezzi dell'ultimo minuto! », detto questo abbandonò i compagni per scendere sulla Terra.

« Afrodite, io amavo Giacinto e tu non hai voluto aiutarmi, lasciando che il Fato prendesse una brutta direzione, ora Apollo pagherà le conseguenze che anche tu hai causato! »

Scomparve lanciando altro veleno addosso alla divinità dell'Amore che, sospirando, andò a consolare il Sole come meglio poteva...












   
 
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