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Autore: Ita rb    01/10/2013    1 recensioni
"Mandiamo giù a gran sorsi la menzogna che ci lusinga. Ma beviamo a goccia a goccia la verità che ci riesce amara." (D. DIderot)
Dal testo: Un bacio, per quanto sensuale fosse potuto essere, restava pur sempre un mero atto fisico: un incontro di cellule scomposte tra loro che, coordinate, si focalizzavano nel guizzare di emozioni sinistre alla base della nuca; una vampata calda che avvolgeva la testa, sezionandola in tante, piccole, secrezioni luminescenti che, oltre le palpebre, sapevano solo sbadigliare all’arrivo della sera; una fibrillazione emotiva, candida e controproducente che illudeva ambedue le parti fino a renderle schiave di un solo, unico, momento per il quale avrebbero gettato all’aria un’intera esistenza.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: Questa sera ho iniziato a scrivere, senza sapere bene dove mi portassero queste righe, poi ho scoperto che non esisteva bene un inizio e una fine, come tutto ciò che mi riguarda nel profondo; allora ho lasciato che le parole scorressero per conto proprio, smettendo di cancellare ogni cosa che il mio cervello partoriva, e nelle prime luci del mattino, proprio mentre sopraggiunge il sonno per la sottoscritta, ho deciso che una citazione, provvidenzialmente giunta sulla mia homepage di Facebook , cadesse a pennello per il senso ultimo che desideravo dare alla storia.
Non ci sono protagonisti ben definiti e credo che ognuno possa decidere per sé chi far interagire nelle mie parole, perciò spero davvero che vi piaccia e che possa trasmettervi qualcosa tanto quanto è riuscita a fare con me, mentre la scrivevo.
Xoxo
 

Quella promessa aveva assunto le tonalità carezzevoli di una condanna e, mentre dava le spalle alla via che avevano percorso all’andata, gettandosi dietro ogni qualsivoglia dubbio in merito alla propria attinenza, comprendeva quanto subdolamente concentrate fossero le parole dell’altro: Mandiamo giù a gran sorsi la menzogna che ci lusinga. Ma beviamo a goccia a goccia la verità che ci riesce amara.1
Per qualche istante vi aveva riflettuto, districandosi nei tasselli di tempo alla ricerca di una spiegazione più che logica, ma non trovandola nel proprio bagaglio aveva deciso di tirare le somme quanto prima, giusto per non sentire nuovamente su di sé il peso della sorte nefasta che pareva essersi quasi affezionata a lui.
Un bacio, per quanto sensuale fosse potuto essere, restava pur sempre un mero atto fisico: un incontro di cellule scomposte tra loro che, coordinate, si focalizzavano nel guizzare di emozioni sinistre alla base della nuca; una vampata calda che avvolgeva la testa, sezionandola in tante, piccole, secrezioni luminescenti che, oltre le palpebre, sapevano solo sbadigliare all’arrivo della sera; una fibrillazione emotiva, candida e controproducente che illudeva ambedue le parti fino a renderle schiave di un solo, unico, momento per il quale avrebbero gettato all’aria un’intera esistenza.
Se solo si fosse fermato un po’ a osservare chi aveva dinanzi, se solo avesse saputo agire più impulsivamente, probabilmente a quel punto la situazione avrebbe preso una piega nettamente diversa e l’incontro dei loro corpi, uniti tra loro nel capitolare meschino della carnalità, lo avrebbe solo sottolineato con maggiore evidenza; eppure lui era uno strano individuo dall’emotività instabile e la razionalità eccessivamente sviluppata, per questo non aveva neppure atteso un secondo dinanzi all’obbiettività.
C’era qualcosa di magico anche nei piccoli gesti, quell’ignoto angolo di paradiso che scorgeva oltre le sue palpebre abbassate e la curvatura delle ciglia corvine che figurava esattamente anche in quel momento, seppur distante dalla fonte d’angoscia; ma allo stesso tempo era diabolico anche solo pensare di essere vicino a una realtà differente da quella che aveva sempre conosciuto come tale e altresì la carezzevole presenza delle sue dita tese sul petto pareva ai suoi occhi come la minaccia più inusuale che insisteva fino a fenderlo nel profondo.
Aveva l’amara convinzione che, prima o poi, sarebbe stato da lui attaccato alla gola – di soppiatto, senza alcuna possibilità di fermarlo, poiché troppo concentrato nelle sue idee idilliache e distorte; non a caso aveva battuto la suola delle scarpe al suolo, velocemente, fuggendo quasi, mentre questa guizzava sulla superficie umida della sera autunnale, tra una foglia e l’altra che galleggiava sulla sommità d’una pozzanghera isolata.
Il coraggio che gli mancava nel petto sapeva solo essere più predominante in quelle situazioni di stallo, ove il sospiro dell’estate pareva rincorrerlo solo per renderlo indeciso – come se già non lo fosse sufficientemente; eppure, se solo si concentrava in un punto fisso dinanzi a sé, se solo lasciava che la mente vagasse libera oltre il recinto che le era stato imposto, poteva vederlo distintamente.  Le sopracciglia nette, taglienti quanto il mento algido e superbo; il naso dritto, quasi aguzzo come la punta di un coltello affilato; le labbra fine e maliziose, perennemente dipinte con una vena di sarcasmo acidulo che le spronava in una posa più superficiale; in fine, i suoi occhi: due punti oscuri che scandivano il labile confine del volere subalterno.
Era proprio lì, dinanzi a lui, se solo si concentrava quel tanto che bastava a osservarlo nel nulla, a disegnarlo in silenzio sulla carta tela immaginaria cui la coscienza avrebbe preso il sopravvento.
Per questo non faceva che correre a perdifiato, fuggendo da lui e da tutte le sensazioni discordati che scaturiva a sua insaputa – e pur restando fermo, questo tentava di scappare tenendo il volto basso e sentendosi libero, sospinto oltre le coltri di nubi che coprivano il cielo, mentre il suo tocco leggero gli carezzava il viso, costringendolo a sollevarsi appena, a stento, al seguito dell’incalzare del cuore nel centro del petto.
Se quello fosse stato l’inizio o la fine, dopo tutto importava ben poco, purché esistesse, al di là del vuoto che aveva di fronte e di quel vetro gelido che lo teneva chiuso in una stanza buia. Le sue labbra, forse, non si erano mai avvicinate alle sue, eppure era sicuro che fosse accaduto.

 

1 Citazione di D. Diderot.
   
 
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