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Autore: aelfgifu    01/10/2013    6 recensioni
Come è nata la strana amicizia tra Stefan Levin e una giovane scrittrice tedesca?
Genere: Introspettivo, Slice of life, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Karl Heinz Schneider, Nuovo personaggio, Stefan Levin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Tutti i miei cari'
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Ritratto estivo di ragazzo svedese

 

1. Disgelo

 

Io sono Lazzaro, tornato dai morti,

tornato per dirvi tutto, e vi dirò tutto

 

T. S. Eliot, Canto damore di J. Alfred Prufrock

 

L’ombra di un albero, lo Schwabinger Bach a pochi passi, un’arietta leggera che passa tra i suoi capelli.

La sua bici appoggiata al tronco dell’albero.

Il suo fedele telo da scampagnata.

Il suo zaino e una bottiglia d’acqua a portata di mano; il suo cellulare, posato accanto a lui, impostato sulla modalità silenziosa.

I libri che ama.

Se non è questa la felicità, ci va molto vicino.

Con la bella stagione il parco comincia ad affollarsi di turisti e residenti, ma i turisti spesso passano solo per farsi un’idea del posto, mentre i monacensi vengono soprattutto nella pausa pranzo o dopo il lavoro, o nel fine settimana. Quando va lui non c’è mai troppa gente, le ore passano quiete. A volte qualcuno si avvicina per chiedere la direzione, o una sigaretta. A volte una ragazza di passaggio gli lancia un’occhiata, gli fa un sorriso, ma non osa molto di più.

 

***

 

Ha preso l’abitudine di frequentare una libreria nel quartiere universitario. Gli piace l’odore della carta, gli piace leggere i titoli sul dorso delle copertine, sfilare i volumi dagli scaffali, aprirli a una pagina a caso, nella speranza che qualcosa di bello e inaspettato gli venga contro e lo colpisca come un pugno in faccia, come un bacio in bocca. Capita di rado, ma è meraviglioso quando capita.

È così che ha trovato quel libro. È stato il titolo a incuriosirlo, un titolo che fa proprio al caso suo.

 

Ritratto estivo di ragazzo svedese

 

a lettere nere sulla copertina del volumetto in formato tascabile. Un sorriso gli è spuntato sulle labbra.

Come sempre, ha aperto a una pagina, casualmente, e ha letto:

 

I suoi antenati erano adoratori del sole: sulle rupi della Svezia meridionale sono stati ritrovati graffiti con simboli solari risalenti alletà del Bronzo...

 

Ha richiuso il libretto e guardato meglio la copertina.

L’immagine: una natura morta con girasoli di van Gogh, una vera esplosione di giallo e arancio.

Il titolo, centrato, nella parte superiore della copertina:

 

Ritratto estivo di ragazzo svedese

Racconti

 

E immediatamente sopra al titolo, in caratteri più piccoli:

 

Julia Gutenbrunner

 

Ha comprato il libretto. Mentre pagava, ha chiesto alla commessa:

“Sa dirmi qualcosa di questa Julia Gutenbrunner?”

La commessa gli ha sorriso:

“Non molto, a dire la verità”.

“Giovane?”

“Credo di sì. Scrive racconti, è anche una brava poetessa. Ha pubblicato parecchio sul web, se digita il suo nome sui motori di ricerca riesce a trovare un bel po’ di cose. Ha vinto anche un paio di premi prestigiosi, ma a quanto pare non è il tipo che ama la pubblicità, non lo ha mai sbandierato in giro”.

“È la prima volta che prendo qualcosa di suo”.

“Ha uno stile semplice, chiaro e raffinato. E tagliente come un bisturi. Ma la cosa più interessante sono le storie”.

“Che cos’hanno le storie?”

“Sono... sono particolari. Non saprei come dire” ha risposto la ragazza senza guardarlo, mentre digitava il prezzo sul registratore di cassa.

“Vuol dire che ne riparleremo dopo che avrò letto il libro” ha replicato lui con uno dei suoi sorrisi assassini. “Quanto devo?”

“Dieci euro. Vuole una busta?”

“No, grazie, va bene così”.

La ragazza ha infilato lo scontrino dentro al libretto.

“Buona lettura!”

“Speriamo, grazie!”

 

***

 

Julia Gutenbrunner ha uno stile molto bello. E certamente è giovane: molti dei suoi personaggi sono giovani, o addirittura adolescenti, descritti con quella tenerezza appassionata che può avere solo chi ricorda bene com’è avere vent’anni, perché i suoi, benché passati, non sono ancora tanto lontani. Nel libretto si alternano storie più lunghe a storie molto brevi, di una pagina, mezza pagina, o addirittura poche righe; alcune sono favole filosofiche in cui volpi, cani e gatti parlano tra loro e con le persone.

I racconti hanno un denominatore comune: fanno male. Sono racconti violentissimi, e sì che non avviene mai niente di cruento, non scorre sangue, nessuno picchia nessuno, non avvengono stupri, non c’è nemmeno una scena di sesso. Sono storie di vita quotidiana e di rapporti umani e familiari in cui sarebbe inutile cercare amore, amicizia, attaccamento, affetto, perché trovereste solamente solitudine, perdita, lotta per il potere, sopraffazione, emarginazione, ferocia.

Stefan si è trovato spesso a rabbrividire leggendo quelle righe, leggendole e rileggendole per timore di non aver compreso bene.

Bambini discriminati dai loro genitori e dai loro insegnanti, anche solo con un’occhiata.

Giovani donne discriminate per il loro supposto poco valore di mercato.

Ragazzine vittime di un bullismo che non ha bisogno di pugni e schiaffi, perché le parole arrivano prima e fanno più danno. Come la piccola sedicenne Sophie:

 

Hanno incominciato durante la seconda, ridendo del mio modo di vestire. Poi hanno sparso la voce che puzzavo. Ci hanno creduto anche i professori; la coordinatrice, durante l'incontro alunni-genitori, ha chiesto a mia madre se avevo qualche problema di salute, se per caso soffrivo di incontinenza. Lanno scorso ho passato i sei mesi più faticosi della mia vita: odissea che tra le sue tappe ha avuto la visita dall'urologo (per stabilire se mai soffrissi di incontinenza, come ha sentenziato mia mamma, con unaria un po schifata mentre pronunciava la parola “incontinenza”), poi dal dermatologo (per stabilire se mai il mio cattivo odore derivasse da funghi, batteri e simili), poi dalla ginecologa (per stabilire se mai questo cattivo odore preludesse a qualche infezione degli organi genitali), poi dallendocrinologa (per stabilire se i miei ormoni funzionano). Esami del sangue, esami delle urine, un migliaio di euro di spesa per capire lorigine della mia puzza. E già che cera, mio fratello ha preso a chiamarmi “stinking Sophie”, che fa pure figo, così allinglese. Risultati: tutto negativo, non puzzo per niente, non ho niente. Però ormai a scuola tutti stanno ad almeno un metro di distanza; pure i prof quando vengo interrogata s’inventano qualunque scusa per tenermi lontana, o mi fanno le domande dal posto o mi mandano a scrivere gli esercizi alla lavagna.

 

Il racconto che dà il titolo alla raccolta, Ritratto estivo di ragazzo svedese, è la storia di Lennart, uno studente di Malmö, che a Monaco prepara la sua tesi di master.

Lennart studia scienze internazionali diplomatiche, ha capelli di un biondo quasi bianco tagliati cortissimi, porta – quando vuole lui – occhiali dalle lenti rettangolari, mangia per lo più sandwich con salmone e insalata, non beve birra, a volte eccede con lo Schnaps. Ha una bella voce e gli piace cantare. Legge racconti di scrittori underground. Si sposta quasi esclusivamente in bici.

Lennart è di aspetto attraente e di modi cortesi.

Lennart ha una vita estremamente promettente davanti a sé.

Lennart ama passare le belle giornate all’Englischer Garten.

Lennart è ancora pieno di rabbia per un abbandono che ha subito.

Lennart non sa come sfuggire alla solitudine.

 

***

 

È notte fonda, una notte di aprile, ma ancora fredda.

Stefan è steso nel suo bel letto, nel suo bell’appartamento, in una bella zona residenziale della città. Si è tirato il piumino fin sopra le orecchie per non prendere freddo e cerca di dormire, ma non riesce. Si gira a destra, si gira a sinistra, si mette a pancia in giù, si mette supino, toglie il guanciale da sotto la testa, poi ce lo rimette. Prova a contare le pecore, poi prova a contare le ombre che attraversano il soffitto della stanza. Niente riesce a procurargli il benedetto sonno, e domani dovrà alzarsi presto per prendere un aereo.

Steso nel suo letto, a gambe e braccia larghe come un uomo crocifisso, non riesce a prendere sonno.

Quel dolore lancinante che per anni ha portato con sé, prima sotto forma di furia distruttiva, poi come vuoto, quel dolore di cui non è mai riuscito a parlare veramente con nessuno, che nessuno umanamente è riuscito a soccorrere ed è sbiadito solo per la misericordia del tempo. Tutto sommato, pensa, non è stata tanto la sofferenza a fargli male per tutti questi anni, è stata la solitudine che ne derivava, la sensazione di non poterla condividere, per troppa educazione – “le nostre sofferenze interessano solo a noi”, diceva nonna Malin – o per paura di non essere capito. Ora ha scoperto che anche qualcun altro sa e conosce quello che ha provato lui – qualcuno che riesce anche a parlarne, riesce anche a scriverne.

Che io non riesca a dormire è il minimo, sussurra tra sé e sé.

Qualcosa ha echeggiato dentro di lui come un rumore che conosce bene, quello del ghiaccio che si crepa quando inizia il disgelo. Qualcosa nella sua testa ha fatto crac. Che cosa ne sta uscendo fuori? Sangue? Pus? Materia necrotizzata? Sente che qualcosa a lungo imprigionato dentro di lui inizia a defluire, lentamente ma inesorabilmente.

Non potrebbe dormire comunque, con questo formicolio nelle braccia.

 

***

 

Note al testo. 1) Lo Schwabinger Bach è uno dei ruscelli che attraversano l’Englischer Garten, il bellissimo e grandissimo parco di Monaco. 2) Il mio Stefan Levin è un ragazzo colto e sensibile. Non è comune trovare soggetti del genere tra i calciatori, ma... diciamo che ho prestato a Levin molti tratti di Jürgen Klinsmann, grande idolo della mia infanzia. Per chi volesse saperne di più su questo grande calciatore tedesco, il web è ricco di informazioni: anche l’Enciclopedia Treccani online ha una voce dedicata al mitico Klinsi. Non penso comunque che per questo il mio Levin debba essere considerato OOC: la sua sensibilità esasperata è un tratto che fin dall'inizio gli ha attribuito il maestro Takahashi... 3) Il Levin che compare qui è un po’ più maturo rispetto a quello delle ultime serie di Captain Tsubasa: ha intorno ai ventotto anni, gioca sempre a Monaco di Baviera ed è diventato un buon amico di Karl-Heinz Schneider.

Disclaimer. I diritti sulla storia di Captain Tsubasa appartengono al suo creatore Yoichi Takahashi e alle case editrici che la pubblicano nei rispettivi paesi. La piccola "stinking Sophie", Lennart Grönkvist Björnsson e la loro creatrice Julia Gutenbrunner, invece, sono miei.

 
  
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