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Autore: HikariMoon    01/10/2013    3 recensioni
Sono passate solo poche settimane dal ritorno di Mai, Kenzo e Hideto dal futuro. Il passato di Maestri della Luce sembra ormai solo un capitolo chiuso. Ma non è così e sarà Mai a rendersene conto per prima. Il passato infatti tornerà a bussare nelle loro vite in modo improvviso e del tutto inaspettato. Ma non sarà solo quello ciò con cui dovranno confrontarsi. Mai troverà il coraggio di ricominciare a duellare a Battle Spirits? Kenzo e Hideto riusciranno ad aiutarla? Chi è la misteriosa persona che Mai troverà in coma? E riuscirà a risvegliarsi? La decisione da prendere è solo una: trovare la forza di ricominciare a vivere continuando a sperare che, un giorno, i portali di Gran RoRo tornino ad aprirsi.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hideto Suzuri, Kenzo Hyoudo, Mai Viole/Shinomiya, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti! Come promesso ecco la continuazione della mia One-Shot. ^-^ Cercherò di non dilungarmi troppo, ma ci sono alcune cose che devo necessariamente dire. Prima, e più importante, questa storia avevo già cominciato a pubblicarla su un altro sito (Battle Spirits Unofficial Forumfree)... sono sempre io: non è un plagio! E di conseguenza, chi non vuole rovinarsi la sorpresa non vada a guardare. ;) Seconda cosa riguarda come essa è nata. Alla fine di "Battle Spirits Dan il Guerriero Rosso", io e mio fratello  abbiamo sbirciato la trama di Brave (sì, lo so non si deve fare...) e siamo rimasti scioccati dalla conclusione. E così ci siamo detti: perchè non creiamo noi un altro finale? Risultato? Quello che è nato come un gioco, è diventato un progetto ambizioso: sviluppare tanti episodi quanti quelli di una serie per cambiare tutte quelle cose che ci avevano lasciato l'amaro in bocca. Questo episodio è solo il primo, dunque, di una (si spera) lunga serie. Quindi, terza e ultima premessa: a sviluppare le trame di questi episodi sono state dunque due teste (quella di mio fratello e la mia), a scriverle materialmente sono le mie mani e per quanto riguarda la creazione dei duelli (se no che Battle Spirits è?) il merito va tutto a mio fratello. Con questo concludo.  Ah, un'ultima cosa... in questo episodio non ci sarà ancora Gran RoRo, ma forse l'avevate capito: si chiama "Episodio 0" proprio perchè sistema alcune cose che saranno poi fondamentali per dare il via alla storia. Ho detto proprio tutto. Solo un'ultima cosa: buona lettura! ^-^ HikariMoon

Capitolo 1

Il cielo era terso e limpido. La volta azzurra del cielo di fine estate era velata soltanto da poche nuvole bianche e sfilacciate che pigramente la solcavano. Gli alberi, seppur ancora verdi e pieni di foglie, iniziavano a tradire il sempre più vicino arrivo dell’autunno e qualche foglia ingiallita prematuramente si staccava delicata dai rami e, fluttuando come in una danza, si posava silenziosa sui sentierini in pietra ben curati del cimitero. Esso, se non fosse stato per le lapidi marmoree perfettamente allineate e per i fiori lasciati accanto agli incensi accesi, le cui volute di fumo creavano arabeschi contro l’azzurro, non sarebbe neppure parso tale. In quella giornata quasi autunnale l’aria era fresca e pungente e un leggero venticello proveniente dal mare, che si intravedeva lontano dietro la città, portava con sé su quelle colline il suo odore salmastro e nostalgico che ben si armonizzava con il fruscio delle foglie e l’odore degli incensi. Quel giorno il cimitero era quasi deserto e un’immensa tranquillità pervadeva quel luogo. Soltanto una ragazza era inginocchiata davanti ad una lapide piuttosto recente davanti a cui erano appoggiati un bastoncino d’incenso e un mazzo di fiori formato da rose rosse e garofani rosa inframezzati dai piccoli fiori bianchi del velo di sposa e circondati dai fiori lilla e bluette della pervinca, dei non ti scordar di me e della pulmonaria avvolti infine da una corona bianca e gialla di biancospino e corniolo. L’abito bianco e rosa risaltava e, allo stesso tempo, si confondeva con i colori tenui del posto.

I capelli viola lunghi fino alle sue spalle, trattenuti soltanto da un fermaglio rosa sulla sinistra, venivano mossi dal vento e alcune ciocche le passavano davanti agli occhi. La ragazza, che aveva poco più che sedici anni, però, non sembrava dare loro attenzione e, inginocchiata, fissava con uno sguardo malinconico e triste dei suoi occhi ametista la foto incastonata nella lapide. Essa immortalava il volto di un ragazzo probabilmente della sua età con i capelli rossi e gli occhi marroni che sorrideva con la mano alzata e delle carte in mano. La ragazza sollevò lentamente la mano e dolcemente sfiorò, appena con la punta delle dita, la foto. Un colpo di vento più forte scosse i suoi capelli e una lacrima rigò la sua guancia e scivolò fino ad infrangersi su un’altra foto posta davanti ai fiori, raffigurante la stessa ragazza a braccetto con due ragazzi, di cui uno era il ragazzo con i capelli rossi.

Mai sorrise e con una mano si asciugò la lacrima che scorreva sulla sua guancia. Poi si alzò e il suo sguardo vagò sull’orizzonte del mare lontano fino a quando non tornò a fissare la foto del ragazzo.

“Ci sarebbe tanto bisogno del tuo aiuto Dan.”

La ragazza sorrise perché era convinta che in qualche modo Dan la potesse sentire. Un colpo di vento fece sollevare da terra alcune foglie rosse e arancioni che iniziarono a danzare in aria. Mai le seguì con lo sguardo ed ebbe l’impressione che a pochi passi da lei, dove quelle foglie iniziarono a danzare a spirale per qualche istante, ci fosse Dan. La stava guardando con il suo solito sguardo deciso che quella volta aveva, come altre volte, una sfumatura che lo addolciva. Mai sorrise e tornò a voltarsi verso la lapide, mentre le foglie riiniziarono a correre nel vento e la figura di Dan si dissolse. La ragazza iniziò a giocherellare con una ciocca di capelli.

“Sai, da quando siamo tornati qui nel nostro tempo io, Hideto e Kenzo ci siamo impegnati di nuovo per far sapere la verità a tutti. Lo dobbiamo a tutti gli abitanti di Gran RoRo, del futuro, a Kajitsu, a Yuuki e a te, Dan. Sono certa che un giorno ci riusciremo. Passo dopo passo, riusciremo a far cambiare questo mondo e così allora Magisa riaprirà i portali. Basterà farlo pian piano. Sono fiduciosa. Però sarebbe bello farlo con te al mio fianco…”

La mano di Mai cercò il ciondolo che portava al collo, un ciondolo dorato con al centro un’ametista.

“Vedrai, sarò all’altezza di tutto quello che tu hai sempre fatto per il bene di tutti. Ora che è arrivato il mio turno, non mi arrenderò. Combatterò anche per te, Dan.”

Mai alzò la testa a guardare il cielo azzurro mentre con la mano sinistra spostava i capelli di lato. Era proprio una bellissima giornata. Mai si voltò e iniziò a camminare lungo i vialetti deserti. Era piacevole tutta quella calma e tranquillità. Quante poche volte aveva potuto godere di quella calma in tutti quegli anni. Mai fece vagare lo sguardo tra le lapidi e le aiuole soffermandosi su un vecchietto che molti metri più in là stava posando un mazzo di fiori davanti ad una di esse. Mai chiuse gli occhi e fece un ampio respiro riempiendosi i polmoni dell’aria fresca. Pensò per un attimo che l’estate stava per finire, presto sarebbe arrivato l’autunno e poi l’inverno. Tutto poteva cambiare, ma le stagioni si sarebbero continuate a susseguire. Mai si fermò e si voltò verso la tomba ormai lontana di Dan. Il vento le scosse i capelli e i vestiti. Con profonda malinconia pensò a quante stagioni sarebbero passate, una dopo l’altra, anche ora che Dan non c’era più. Il tempo continuava a scorrere, le piante a fiorire, il vento a soffiare. Mai sorrise. Il futuro glielo aveva insegnato, anche i periodi più brutti passavano. Sentì una volta di più che un giorno, prima o poi, sarebbero riusciti a far cambiare il mondo.

Dopo un attimo, Mai tornò a voltarsi e i suoi occhi furono attirati da un’altra persona che ora si trovava nel cimitero. Lontano il vecchietto se ne stava andando. C’erano probabilmente solo loro due. Mai guardò con  più attenzione e vide che era una ragazza forse di uno o due anni più grande di lei. Era voltata di schiena, inginocchiata vicino ad una lapide di marmo chiaro. Indossava un bolerino arancione a maniche lunghe sopra un vestito di colore giallo oro. I capelli castano chiaro erano sciolti e le arrivavano un po’ più giù delle spalle. Quando il vento gli muoveva si vedeva un cerchietto arancione che li teneva fermi sulla fronte.

Mai rimase immobile ad osservare la ragazza chiedendosi se la persona, che era venuta a trovare, era una persona importante per lei come per lei era stato Dan. Scorsero alcuni attimi e un soffio di vento scosse i suoi capelli e la sua gonna facendola rabbrividire per un istante. La ragazza alzò una mano per trattenere i capelli che il vento muoveva davanti al suo viso. All’improvviso la ragazza si alzò e Mai si riscosse. Ebbe l’impressione che dicesse qualcosa ma a causa della distanza Mai non sentì le sue parole. Poi la ragazza iniziò ad allontanarsi con passi frettolosi dopo essersi guardata di lato come per vedere che nessuno l’avesse vista. Dopo che la ragazza si era allontanata di una ventina di metri, Mai non riuscì a reprimere la curiosità di vedere quella tomba e si avvicinò lentamente. Si fermò davanti alla lapide e il suo sguardo cercò di nuovo la ragazza, che ormai era diversi vialetti più in là. Poi i suoi occhi si abbassarono e per prima cosa videro il mazzo di fiori posato davanti alla lapide. Era un mazzo di rose bianche avvolto in una leggera carta verde chiaro. Mai provò una strana sensazione di ansia mentre i suoi occhi lentamente salivano a guardare la lapide e per un attimo provò quasi paura di vedere cosa c’era scritto. Su un lato della lapide era cresciuta una piantina di roselline selvatiche di color rosa, i cui fiori iniziavano ad appassire. Al centro c’era la foto di una ragazzina di circa quattordici anni, il cui volto dalla carnagione chiara era circondato da lunghi capelli verde chiaro. Gli occhi rosa chiaro sembravano scrutare chi la guardava come per leggere dentro di lui e un sorriso enigmatico illuminava il suo volto. La voce di Mai, a causa dello stupore, uscì dalla sua bocca in un sussurro.

“Kajitsu… Momose…”

Di scatto si voltò nella direzione in cui la ragazza si era allontanata. Era ancora più lontana di prima. Mai tornò a voltarsi ancora una volta verso la lapide, prima di mettersi a correre verso di lei. Voleva capire. Chi era quella ragazza? Come conosceva Kajitsu? Perché le aveva portato un mazzo di fiori? Doveva sapere. Sentendo i suoi passi di corsa sul selciato, la ragazza, senza voltarsi, aveva affrettato il suo passo. Mai si chiese se avesse qualcosa da nascondere. Se era così, lo avrebbe scoperto. Accelerò e di conseguenza anche la ragazza iniziò a correre. Mai però fu più veloce e riuscì ad afferrarla per un braccio costringendola a fermarsi. La ragazza si voltò quasi spaventata cercando di liberarsi da Mai.

“Lasciami andare! Non ho fatto niente di male! Lasciami o chiamo qualcuno!”

Mai si sorprese a quella reazione e i suoi sospetti aumentarono. Cercando di tranquillizzarla sorrise, ma la ragazza continuava a cercare di sciogliersi dalla mano di Mai per correre verso l’uscita.

“Lasciami andare! Non so chi tu sia, ma lasciami andare!”

“Non voglio farti niente. Voglio solo che tu risponda ad una domanda, poi ti lascio andare. Cosa ci facevi a quella tomba?”

La ragazza non sembrò ascoltarla e la guardò con un misto di rabbia e di paura.

“Quello che fanno tutti! E adesso lasciami andare!”

La ragazza riuscì a liberare il braccio dalla mano di Mai e iniziò a correre. Non riuscì a fare pochi passi che la voce di Mai la fermò.

“Come conoscevi Kajitsu Momose? Avevi conosciuto lei e suo fratello Yuuki? Rispondimi, ti prego!”

La ragazza si voltò con sorpresa e guardò Mai con più attenzione. Mai ne approfittò per avvicinarsi.

“Li conoscevi? Conoscevi i fratelli Momose?”

La ragazza però non rispose e la guardò con vago sguardo indagatore.

“E tu come facevi a conoscerli?”

Mai decise di stare al suo gioco nella speranza di scoprire qualcosa. Voltò lo sguardo di lato e iniziò a giocherellare con una ciocca di capelli.

“Ero una loro amica…”

A quel punto la ragazza la scrutò con ancora più attenzione avvicinando il volto a Mai che la guardò a sua volta un po’ sorpresa.

“Tu sei… tu sei… Mai Viole?”

Una marea di ricordi le passò per la mente sentendo quel nome e si chiese come mai quella ragazza avesse usato proprio quello. Ma non le sembrava una persona pericolosa. Decise di arrischiarsi a confermare.

“Sì, sono io. Ma non mi faccio chiamare così da un sacco di tempo. Ormai ho ripreso il mio vero cognome. Shinomiya.”

La ragazza indietreggiò e, sorridendo felice, congiunse le mani soddisfatta. Sembrava entusiasta.

“Allora sei un Maestro della Luce. Sono così contenta di averti incontrato! O sperato per tanto tempo di poter incontrare uno di voi! Avrei voluto venirvi a cercare, ma non ho mai trovato il coraggio perché temevo sarebbe stato troppo rischioso!”

Mai rimase un po’ interdetta dal fiume di parola della ragazza e da quel repentino cambio di atteggiamento. Senza contare il fatto che era decisamente raro incontrare qualcuno che sognava di incontrare uno dei Maestri della Luce in quel periodo. Non sapeva più se essere sospettosa o incuriosita.

“E come mai volevi incontrare uno di noi? E si può sapere chi sei?”

La ragazza sorrise quasi a volersi scusare e si colpì delicatamente la testa con un pugno quasi a punirsi della mancanza di cortesia.

“Scusami se non mi sono presentata. Mi chiamo Elisabeth. E riguardo a tutto il resto, risponderò ad ogni tua domanda ma non qui.”

Il viso di Elisabeth assunse un’ espressione seria e i suoi occhi azzurri si mossero velocemente a guardarsi attorno, come per essere sicura che non ci fosse nessuno.

“Devi capire, qualcuno qui potrebbe sentirci. Vieni con me. A casa mia staremo più tranquille.”

Elisabeth a quel punto si voltò e iniziò a camminare verso l’uscita mentre Mai era sempre più sorpresa dagli atteggiamenti di quella ragazza. Mai si guardò attorno e non vide nessuno. Cosa c’era di così segreto da non poter parlare in quel posto? Mai venne riscossa dalla voce di Elisabeth che si trovava ormai vicino al cancello e le faceva gesto di sbrigarsi.

“Mai, vieni. Che cosa stai aspettando?”

“Niente, arrivo.”

Mai si affrettò e raggiunse Elisabeth. Aveva deciso di fidarsi di lei. Prima di attraversare il cancello si voltò indietro. La tomba di Dan era lì tra tutte quelle altre. Sorrise e strinse il ciondolo. “A presto Dan.”

Poi Mai attraversò il cancello e vide Elisabeth in attesa sul bordo del marciapiede. Dopo un attimo sorrise e alzò un braccio muovendolo in segno di saluto. Mai guardò nella sua stessa direzione e vide avvicinarsi verso di loro una limosine grigio metallizzato che si fermò davanti a Elisabeth. Dal posto di guida scese un uomo sulla quarantina in divisa che fece un leggero inchino verso Elisabeth.

“Scusi il ritardo, Lady Elisabeth. La signorina accanto a lei è…”

Elisabeth sorrise e prese Mai a braccetto. “È un’amica. È una dei Maestri della Luce, Mai Viole il Guerriero Viola.”

L’uomo sorrise e annuì. “Capisco. Presumo che la signorina Mai verrà alla villa con noi.”

Elisabeth aprì la portiera sorridendogli di rimando, prima di tornare a voltarsi verso di lei.

“Esattamente. Mai sali, arriveremo in pochi minuti a casa mia.”

Mai annuì meccanicamente e salì sulla limosine, imitata subito dopo da Elisabeth. L’uomo, prima di salire sulla macchina, guardò attorno come per controllare che non ci fosse nulla di sospetto. Soddisfatto dal controllo, salì e mise in moto.

La limosine cominciò a seguire la strada che si snodava tra le colline. Il cimitero e la città rimasero dietro ancora di più. Nelle conche si riusciva a vedere il mare azzurro che lontano scintillava. Mai, seduta sul sedile, guardava fuori dal finestrino mentre davanti le passavano i muri delle case, i giardini e i prati. Si continuava a chiedere chi fosse quella ragazza, che cosa avesse a che fare con loro Maestri della Luce e con Yuuki e Kajitsu Momose. Elisabeth era seduta davanti di lei e la guardò per un attimo, indovinando in parte i pensieri di Mai.

“Intanto scusa per la mia reazione di prima. So che ti sembro strana, con tutte queste preoccupazioni o paranoie sul fatto di essere sentita e seguita, ma quando arriveremo a casa mia capirai tutto.”

Mai la guardò. “Immagino che neppure qui puoi rispondermi.”

“Sì, sarebbe meglio. Scusa se faccio tanto la misteriosa, ma non si sa mai chi potrebbe star ad ascoltare. Non è per Kosuke, di lui mi fido ciecamente e poi sa tutto anche lui. Il fatto è che voi Maestri della Luce avete ancora così tante persone che vi odiano e non aspettano altro che voi cerchiate di far sentire più forte la vostra voce per mettervi a tacere. Questo però immagino che tu lo sappia, vero?”

Mai annuì tristemente. Eccome se lo sapeva. Era anche per quello che era andata nel futuro. Per ritrovare in un certo senso se stessa. Prima aveva perso la fiducia in sé, aveva smesso di lottare perché non ce la faceva più di essere derisa, indicata con disprezzo, odiata. Solo per voler dire la verità… e sapeva anche bene che bastava che loro alzassero un po’ la testa per rivedersi ripiombare tutto addosso. Dopotutto era quello che era successo a Yuuki e sarebbe potuto succedere anche a Dan. Era per quello che ora, che aveva ritrovato la forza per riprendere a lottare, aveva deciso insieme agli altri di farlo passo dopo passo. Elisabeth la fissava e vedendo la sua espressione triste si pentì di quello che aveva detto.

“Scusa, se ho tirato fuori un argomento triste. Non volevo, credimi!”

Mai sorrise e scosse la testa. “Non dovevi scusarti, sono io che mi sono persa nei miei ricordi.”

Elisabeth sembrò sollevata e guardò fuori dal finestrino. Alla fine della salita di quella collina, c’era un cancello di ferro battuto molto elaborato che chiudeva una cinta di mura. Oltre si vedeva una villa di colore bianco-giallo circondata da un grande giardino. Mai imitò Elisabeth e osservò la villa sempre più vicina.

“Ecco, ormai siamo arrivati. Quella è casa mia.”

Mai continuò a guardare, mentre il cancello si apriva e loro entravano nel parco lungo una stradina sterrata e segnata da mattoni perfettamente allineati. Davanti alla casa le attendevano un maggiordomo. L’uomo si avvicinò e aprì la portiera aiutando a scendere Elisabeth. Poi accortosi dell’ospite, aiutò anche Mai a scendere. A Mai tornarono in mente Serge e Gaspard. Quei due uomini assomigliavano loro.

Elisabeth si voltò verso il maggiordomo “Kojiro, in mia assenza è successo qualcosa?”

“No, Lady Elisabeth. Tutto tranquillo.”

Elisabeth sorrise soddisfatta anche se, sotto sotto, sembrò essere anche un po’ delusa. Mai nel frattempo si guardava attorno. Quel posto era veramente rilassante e molto bello. Il suo sguardo passò poi sulla casa dove molte finestre erano aperte e le tende all’interno venivano mosse dal vento.

“E per quanto riguarda le sue condizioni, è cambiato qualcosa?”

Mai a quelle parole si voltò chiedendosi di chi stessero parlando. Qualche parente malato di Elisabeth?

“No, Milady. Sono rimaste stabili, come ieri. Più tardi verrà l’infermiera per i soliti controlli, mentre il giardiniere ha già preparato i fiori. Sono posati sul tavolino all’entrata.”

Elisabeth sospirò guardando verso una delle finestre del secondo piano. Poi guardò con un sorriso di riconoscenza il maggiordomo.

“Grazie. Allora vado subito a trovarlo.”

Il maggiordomo annuì prima di spostare la sua attenzione su Mai.

“E la signorina che è venuta con voi?”

Mai, chiamata in causa, fece un inchino. “Buongiorno. Sono Mai Shinomiya, molto piacere.”

Elisabeth guardò sorridendo il maggiordomo.

“È il Guerriero Viola, una dei Maestri della Luce.”

Mai si accorse che anche il maggiordomo a quelle parole annuì, come se sapesse benissimo che cosa stava succedendo. Sarebbe voluta essere al suo posto. Non sapere che cosa stesse succedendo la infastidiva.

“Capisco, molto bene. Vado a dire di preparare il tè. Se mi volete scusare.”

L’uomo si allontanò mentre anche la limosine si allontanava verso la rimessa accompagnata dal rumore della ghiaia. Mai guardò dentro il portone e vide la sala d’entrata con due grandi scalinate al centro. Elisabeth iniziò a salire i pochi gradini d’accesso facendolo cenno si seguirla.

“Mai non restare lì, entra. Non voglio sembrare scortese lasciandoti qua fuori. Vieni.”

Mai la seguì ed entrò nel fresco della sala atrio. I loro passi rimbombavano sul marmo del pavimento. Sulle pareti c’erano alcuni quadri che raffiguravano certamente la famiglia di Elisabeth. Ai lati si aprivano due corridoi e altre porte c’erano oltre le due scalinate. Accanto alle pareti c’erano alcune credenze di legno antiche. Nello spazio al centro, dove si incontravano le due scalinate, c’erano un divanetto con accanto un tavolino. Su di esso Mai vide un altro mazzo di rose bianche, tenute legate da un filo di ferro. Un altro mazzo di rose bianche. Elisabeth si avvicinò al divanetto e posò la sua borsa facendo gesto a Mai di fare lo stesso. Mai posò la borsa bianca accanto a quella di Elisabeth, mentre la ragazza prendeva in mano il mazzo di rose.

“Prima di rispondere alle tue domande, vorrei mostrarti una cosa. Ti avverto che forse potrebbe essere un po’ scioccante per te. Vieni.”

Elisabeth iniziò a salire la scalinata. Mai prima si seguirla la guardò incuriosita, chiedendosi il perché di quell’avvertimento. Capendo che, solo seguendola, lo avrebbe scoperto, Mai la raggiunse. Salirono fino al secondo piano. Elisabeth prese il corridoio sulla sinistra. Da un lato si aprivano porte, dall’altro c’erano le finestre che davano sulla parte dietro del giardino. Mai capì che stavano andando nella stanza le cui finestre, Elisabeth aveva osservato dall’entrata. Le tornarono in mente le sue parole: vado subito a trovarlo, le sue condizioni… Mai si chiese di chi stessero parlando. Ormai non credeva più che fosse un suo parente; dopotutto che motivo c’era di farglielo incontrare altrimenti? Se voleva che lui avesse delle visite, non avrebbe certo portato una sconosciuta incontrata mezz’ora prima. Mai si chiese un’altra volta chi era quella persona misteriosa. In quel momento Elisabeth si fermò davanti ad una delle porte e mise la mano sulla maniglia, senza però aprirla. Mai si fermò accanto a lei.

“Vorrei chiederti di non gridare o reagire in modo troppo esagerato… in realtà dubito che ti potrà sentire, ma cerca di non farlo comunque? Ok.”

Mai annuì mentre la tensione dentro di lei cresceva. Senza contare lo sguardo malinconico con cui Elisabeth aveva parlato. Chi c’era oltre la porta e che cosa aveva? Come a volerle rispondere, Elisabeth aprì la porta ed entrò fermandosi subito con le rose in mano. Mai entrò.

La stanza era fresca e leggermente soleggiata. Le leggere tende bianche volavano fino in mezzo alla stanza a causa del vento. Le pareti erano bianche e c’erano appesi alcuni quadri che raffiguravano paesaggi. Accanto alla porta c’era un mobile con alcuni soprammobili e dei libri. Nell’angolo opposto c’era un divanetto con due poltroncine con al centro un tavolino decorato da un centrino di pizzo. Un soffice tappeto troneggiava al centro della stanza. Sulla parete c’era un orologio. Davanti di loro c’era un letto con accanto un comodino con un vaso di rose ormai un po’ appassite, una foto girata verso il cuscino e quello che Mai riconobbe come un mazzo di carte di Battle Spirits. Dall’altro lato del letto c’erano alcuni apparecchi medici che emanavano un lento e continuo bip. Alcuni cavi li collegavano alla persona distesa nel letto. Era un ragazzo di alcuni anni più grande di Mai che sembrava star dormendo. Due cuscini lo sorreggevano, coperto da un lenzuolo bianco. Sulla bocca aveva un respiratore e il braccio destro disteso sul materasso aveva alcune flebo attaccate ad esso. I capelli azzurro pallido erano delicatamente mossi dal vento e gli occhi erano chiusi. Il suo respiro era regolare e tutto avrebbe fatto credere che stesse dormendo, se non fosse stato per i valori indicati su quelle apparecchiature. Valori troppo bassi per uno che dormiva.

Mai arretrò di un passo, gli occhi sbarrati dallo stupore. Erano passati così tanti mesi dall’ultima volta che lo aveva visto e, sebbene sapesse che era impossibile, sapeva anche che non poteva essere che lui. Non poteva crederci, non ci riusciva. Lui non poteva essere lì. Nella mente si affastellarono immagini del passato: da quando lo aveva incontrato per la prima volta, a quando l’aveva visto per l’ultima volta… quando era andata a dire a Dan e agli altri che lei non ce la faceva più, che si arrendeva. L’ultima volta prima di quel giorno. Elisabeth la guardava in attesa che lei dicesse qualcosa o magari temeva che lei si mettesse a gridare. Ma Mai non aveva la forza neppure per parlare, figurarsi per gridare. Mai scosse la testa posandosi al muro della stanza e afferrando istintivamente il ciondolo che pendeva al suo collo. Non - poteva - essere. Quelle parole continuavano ad essere scandite nella sua mente. Poi alla fine, dopo aver deglutito, riuscì a tirare fuori abbastanza voce per sussurrare.

“Yuuki… Momose… non è possibile…”

Elisabeth a quel punto si avvicinò al comodino e con gesti lenti cambiò le rose nel vaso con quelle che aveva. Appoggiò quelle appassite su una sedia e cercò di ravvivare un po’ le altre nel vaso. Mentre lo faceva, parlò a Mai senza voltarsi.

“Te l’avevo detto che sarebbe potuto essere un po’ scioccante.”

Scioccante… Mai pensò che era dir poco. Come puoi reagire se uno ti mostra ancora vivo qualcuno che in teoria tu consideravi morto? Mai cercò di riprendere il controllo di se stessa. Sarebbe dovuta essere contenta di vedere un suo amico ancora vivo, ma la sorpresa era ancora troppo forte per realizzarlo. Mai si avvicinò lentamente verso il letto tenendo lo sguardo fisso su Yuuki. Nel frattempo Elisabeth aveva terminato di sistemare le rose e si era voltata verso Yuuki. Con delicatezza aveva sistemato il lenzuolo che il vento aveva leggermente spostato. Poi aveva incrociato le mani e aveva sorriso.

“Buongiorno, Yuuki. Hai visto chi è venuta oggi a trovarti? Una delle tue amiche, ti ricordi? Il Guerriero Viola. Sai, l’ho incontrata al cimitero dove ho portato i fiori da parte tua per tua sorella. Come è piccolo il mondo, vero?”

Mai la guardò. Elisabeth non sembrava per niente infastidita dal fatto che il ragazzo non le rispondesse, anzi, sembrava invece che per lei fosse normale e ne fosse abituata. Ad un certo punto si mise a ridere.

“Sì, lo so. Avrei dovuto cercare lei e gli altri prima, ma devi capirmi. Avrei rischiato di metterti in pericolo e tu hai bisogno di tranquillità e riposo per riprenderti. Sono certa che un giorno capirai.”

A quel punto Elisabeth si voltò sorridendo verso Mai e facendole cenno verso Yuuki.

“Dai, prova a dirgli qualcosa. Il dottore ha detto che gli fa bene sentire parlare. E poi sono certa che sentire una voce conosciuta gli farà ancora più bene. Dopotutto ha sempre solo sentito la mia. Si chiederà chi cavolo sono. Ma io mi sono presentata fin dal primo giorno, te lo assicuro: è una cosa che si deve fare ogni volta che si conosce qualcuno di nuovo. Dai, parlagli.”

Mai affiancò Elisabeth e solo in quel momento si rese conto pienamente dello stato di Yuuki: era in coma. Sapeva bene che cosa significava. E se esso risaliva a quel giorno, dopo tutto quel tempo, capì che non c’erano neanche più molte speranze che lui si risvegliasse. Gli occhi le si inumidirono e non riuscì a trovare nulla da dire. Alla fine riuscì a sussurrare le prime parole venutele in mente.

“Ciao, Yuuki. È un po’ che non ci vediamo…”

Prima che Mai potesse trovare qualcos’altro da dire, lei e Elisabeth sentirono bussare. Un attimo dopo apparve sulla porta aperta il maggiordomo.

“Perdoni l’intrusione, Milady. Volevo solo avvertirla che il tè è pronto e che è appena arrivata l’infermiera. Le ho detto che voi eravate qui e che aspettasse un attimo.”

Elisabeth annuì. “Ti ringrazio Kojiro, dille che scendiamo subito. Credo che anche Mai debba un attimo riprendersi.” Poi si voltò verso Mai e le posò una mano sulla spalla. “Dai, vieni. Dopo se vuoi puoi tornare ancora, ma ora l’infermiera deve fare i controlli.”

Mai annuì e la seguì fuori dalla stanza come un’ automa. Prima di uscire, però, si voltò un’altra volta a guardare Yuuki disteso su quel letto.

Rieccomi qua. Cosa ne pensate? ^-^ Penso che per essere la prima parte dell'episodio (ho dovuto dividerlo in più parti perchè se no era troppo lungo) ci siano abbastanza colpi di scena, vero? Yuuki è ritornato (quasi...): non potevamo far morire il nostro Guerriero Bianco, vero? E poi neppure in Brave erano molto chiari... e la prossima volta perciò scopriremo quello che secondo me (e mio fratello) gli è successo. Povera Mai, non se lo aspettava proprio!  Ok, non vi trattengo ancora molto... solo un ringraziamento a chi ha recensito e inserito nelle preferite o nelle seguite "Waiting For You", ovvero: Lacus Clyne, ShawnSpenster e chicca12lovestory. Mi raccomando, se vi va e avete tempo lasciatemi una recensione, anche piccolina. Ma vi ringrazio anche se solo leggerete. A presto, Hikari

P.S. purtroppo non posso ancora segnare i personaggi perchè non ancora presenti nella sezione. Man mano che scriverò farò richiesta che vengano aggiunti e per questo vi chiedo, se sarete d'accordo e vi andranno bene, di votarli. Grazie mille.

  
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