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Autore: WestboundSign_    01/10/2013    2 recensioni
“Non ti senti mai male, Alex?”
“In che senso?”
“Nel senso che ti svegli al mattino, ti guardi allo specchio e scopri di non essere nulla di speciale. Il mondo è vivo attorno a te, ma tu hai voglia di ascoltare le tue solite canzoni depresse perché ti riscopri masochista. E senti il bisogno di fare qualcosa di estremamente stupido e pericoloso, perché vuoi vivere anche tu. E alla fine hai solo bisogno di un abbraccio e di discorsi filosofici sulla vita con uno dei tuoi amici.”
"Tu fumi troppo."
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alex Gaskarth, Jack Barakat
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Non ti senti mai male, Alex?”
“In che senso?”
“Nel senso che ti svegli al mattino, ti guardi allo specchio e scopri di non essere nulla di speciale. Il mondo è vivo attorno a te, ma tu hai voglia di ascoltare le tue solite canzoni depresse perché ti riscopri masochista. E senti il bisogno di fare qualcosa di estremamente stupido e pericoloso, perché vuoi vivere anche tu. E alla fine hai solo bisogno di un abbraccio e di discorsi filosofici sulla vita con uno dei tuoi amici.”
Alex smise di rollare la canna e lo guardò qualche secondo, sbattendo le ciglia. “Tu fumi troppo”, rise infine, concentrandosi nuovamente sul lavoro, e Jack riprese a guardarlo.
“Quindi non ti sei mai sentito così?”, tentò di nuovo.
“È normale, Jackie, siamo degli adolescenti pieni di complessi che amano farsi pippe mentali dalla mattina alla sera. Passerà, prima o poi”, scrollò le spalle.
Per un po' l'unico rumore a riempire il silenzio fu lo sfregare della cartina sul mix di erba e tabacco economico.
Jack si perse a fissare un insetto che cercava di scalare un ramo fallire miseramente ogni volta. Al terzo tentativo spinse il rametto verso di lui per farlo salire. Gli sarebbe piaciuto avere qualcuno che avvicinasse i suoi obiettivi a lui. Forse la vita di un insetto era migliore di quella di un uomo. Cos'era destinato a diventare? Un'infanzia normale, un'adolescenza cliché e poi svegliarsi ogni giorno alle sette, mandare giù un caffè da cinque dollari in metropolitana e lavorare in un ufficio qualsiasi, incidendo la propria sconfitta con ogni lettera digitata sulla tastiera del computer, allontanando i sogni che si avevano troppi anni prima.
Niente tatuaggi, orecchini, dilatatori, piercings o capelli colorati. La chitarra nascosta in cantina, dietro a scatole piene di cd dei blink-182 o dei Green Day, cercando di abituarsi ad ascoltare Get Lucky e Gangnam Style, perché di sicuro la mente, bloccata da quei suoni depressivi e vuoti, non inizia a volare a Reading o al Warped Tour.
“Accendino.”
Scosse la testa, risvegliandosi. Inizi a farti i trip ancora prima di fumare, complimenti, Jack.
Frugò nelle tasche dei jeans e tirò fuori un accendino rosso.
“Tieni.”
Osservò Alex bruciare la carta in eccesso per poi portarsi il filtro alle labbra, un gesto che aveva fatto talmente tante volte che avrebbe potuto disegnarlo. Fece un tiro e bruciò ancora un po' la canna, per poi passargliela con un sorriso.
Jack ispirò a lungo, strizzando gli occhi per non farli lacrimare. Aveva solo bisogno di polmoni bruciati e leggerezza in testa, in quel momento.
Si sdraiò sul prato, a fissare le fronde verdi degli alberi muoversi al vento, in netto contrasto con il cielo, azzurro, come se fosse giugno o agosto, e invece le vacanze erano finite, la scuola sarebbe andata malissimo come al solito e, onestamente, non gliene sarebbe potuto fregare di meno.
Alex gli sfilò lo spinello dalle dita e seguì il suo esempio, appoggiando la testa sul suo petto. Jack iniziò a passargli distrattamente le dita fra i capelli, districando i noti causati dalla troppa lacca.
“Non voglio lavorare in un ufficio da grande, Lex.”
“Non succederà.”
“Come fai a saperlo?”
“Te lo sto promettendo, Jackie.” Alzò il mignolo della mano destra, che Jack strinse con il proprio.
“Grazie”, sussurrò, e anche se il senso di insicurezza non l'avrebbe mai abbandonato del tutto, si permise di sentirsi protetto.

“Chiamo il taxi, aspetta.”
“Non voglio, Lex. Voglio camminare.” Strinse il Kerrang! Award fra le mani, tastando ogni piccola crepa e levigatura.
“Sei ubriaco, Jack.”
Rise. “Okay.”

“Lex mi viene da vomitare. Fallo fermare, te l'avevo detto che avremmo dovuto andare a piedi. Leeex”
“Resisti, ora lo faccio accostare.”
Alex si sporse un po' sul sedile, attento a non spostare la testa di Jack appoggiata sulle sue gambe.
Mormorò qualcosa che Jack non capì e due minuti fuori si trovò fuori dalla macchina, mentre Alex allungava una banconota spiegazzata da venti nel finestrino, prima di voltarsi e guardarlo preoccupato. “Ce la fai, Jack?”
Jack annuì, imbambolato a fissare il taxi che si allontanava sgommando sotto le luci dei lampioni.
“Facciamo un giro.” Alex gli passò un braccio attorno alle spalle e iniziò a camminare, ma Jack lo tirò indietro bruscamente.
“Parco”, ordinò, e si girò, trascinandolo di fronte al cancello dietro di loro.
Alex rabbrividì, e Jack si sfilò la giacca e rimase in maglietta, passandogliela poi senza dire una parola. Jack non aveva mai freddo, Jack era una palla di energia, avrebbe potuto rimanere sotto la pioggia o la neve tutto il pomeriggio senza lamentarsi una sola volta.
Camminarono per qualche minuto nel buio più assoluto. “I lampioni costano troppo, vero Londra?”, disse Alex a metà fra l'ironico e l'incazzato. Non riusciva quasi a riconoscere la sagoma di Jack fra tutta quell'oscurità.
“Oh, Lex, sta zitto per favore”, rise Jack, prendendogli la mano. “Non dirmi che hai paura del buio!”
Alex fece una smorfia, stringendosi nella giacca tiepida. “Non è vero”, sussurrò.
“Oh mio dio! Alex Gaskarth ha paura del buio!”, urlò Jack, esplodendo in una risata fragorosa.
Alex si coprì il volto con la mano libera. “Sei un cretino, ti odio”, mormorò lasciandogli la mano, per pentirsene dopo due secondi. Camminò avanti per far vedere che non era vero, lui non aveva paura del buio, anche se quegli scricchiolii alla sua destra erano davvero inquietanti. Ma non aveva paura. No.
“Bu!” Jack gli saltò addosso da dietro, facendogli perdere almeno quindici anni di vita.
“Merda, sei uno stronzo! Levati! Ti odio!”, urlò, ma Jack scoppiò a ridere, contagiandolo.
“Sì, ma sono il tuo stronzo”, ammiccò nell'oscurità, e in quel momento si sentì molto un personaggio cliché di un qualsiasi film per donne troppo poco cresciute.
Alex gli tirò un pugno, ma gli riprese la mano.
“Panchine!”, fece Jack dopo qualche minuto, e iniziò a correre, tirandoselo dietro.
“Merda”, ansimarono contemporaneamente quando raggiunsero la panchina.
“Meno male che eri ubriaco, Barakat!”
“Oh, sta zitto Gaskarth, non capisci che era tutta una scusa per stare un po' con te?”, rise. “Piuttosto apprezza il fatto che io abbia scelto una panchina illuminata, guarda, là c'è un lampione.”
“Quale onore”, mormorò Alex, sarcastico. “Sicuramente c'è qualcosa sotto, mmh?”
“Okay, okay, lo ammetto”, alzò le braccia sedendosi. “Volevo solo poter guardare il colore dei tuoi occhi.”
“Oh mio dio!”, urlò Alex. “Bassam è romantico!”, rise, sdraiandosi con la testa sulle gambe di Jack.
“Non sei l'unico a poter scrivere 'Wendy run away with me' o 'Me and you living under a paper moon', eh, William!”
Alex chiuse gli occhi e rise, e quando li riaprì Jack lo stava fissando. “Cosa?”
“Pensavo”, disse, vago, e Alex capì che stava avendo un altro dei suoi momenti, e che sarebbe stato inutile chiedergli spiegazioni, perché tanto non avrebbe risposto. Aspettò invece pazientemente, guardandogli gli occhi vagare sulle sagome degli alberi.
“Ti ricordi quel giorno?”
Alex sorrise. Quando Jack diceva “quel giorno” poteva riferirsi anche a settimane o anni interi, non importava la durata del periodo di tempo, per lui sarebbe rimasto “quel giorno”.
“Quale giorno, Jackie?”, gli chiese, accarezzandogli la mano che l'altro gli aveva appoggiato sul collo, per giocare con il colletto della camicia.
“Quando mi hai promesso che non avrei mai lavorato in un ufficio.”
Il sorriso di Alex si fece ancora più grande. Certo che lo ricordava, lo ricordava perfettamente, nonostante la fattanza e i trip assurdi di quel pomeriggio. “Non l'ho mai dimenticato.”
“Neanch'io. E alla fine siamo qui, no?”, abbassò lo sguardo su Alex, e quando i loro occhi si incontrarono una piccola fiamma li riscaldò dall'interno. “Voglio dire, è pazzesco, se ci pensi. Ieri eravamo a fumare erba scadente a Baltimore cercando di non farci beccare dalla polizia e oggi siamo qui, ubriachi, a giocare a nascondino con i fan e a ubriacarci nel backstage del Warped. A volte non ci credo ancora, suonavo la chitarra così di merda...”, confessò arrossendo leggermente.
Alex si tirò su e si sedette sulle sue ginocchia, accarezzandogli una guancia. “La suonavi così di merda che la gente ci chiede ancora di suonare Jasey Rae e Coffee Shop Soundtrack”, sorrise. “La suonavi così di merda che ora hai un iPhone, una casa in cui sarai entrato massimo dieci volte in tre anni e un tour bus della madonna, e non hai fatto un solo giorno in ufficio.” Jack allungò gli angoli della bocca in un sorriso simile a quello di Alex. “La suonavi così di merda che ho dovuto mantenere le mie promesse e ora siamo amici da quasi quindici anni.”
“Potrei piangere, Lex”, sussurrò senza smettere di guardarlo negli occhi. “Sai, a volte la sogno ancora, la cosa dell'ufficio. Quando abbiamo girato il video di Somewhere in Neverland ero terrorizzato”, rise. “Però poi c'eri tu di fianco a me, e tutto è andato benissimo. Non mi abbandonare mai, sarei perso senza di te.”
Alex sorrise. “Non lo farò, Jackie.”
“Prometti?”
“Prometto.”
Jack alzò il mignolo della mano destra, ma Alex gliela abbassò. “Non siamo un po' cresciuti per fare queste cose?”, ridacchiò.
“Che intendi?”, gli chiese, nascondendo la delusione. Sarebbe stato meglio rimanere piccoli per sempre se tutte le cose più belle dovevano essere abbandonate lungo il cammino per poter mostrare maturità, che alla fine era solo apparente, visto che dentro non erano mai cambiati.
“Intendo che adesso le promesse si sigillano con un bacio, scemo”, rise Alex, e prima che Jack potesse protestare appoggiò le labbra sulle sue, premendo forte la mano contro il suo viso. Due secondi dopo, era andato.
“Mi piace questo nuovo modo di fare promesse”, si illuminò Jack, riprendendosi velocemente dal mini shock. Gli piaceva baciare Alex, gli piaceva tantissimo. “Mi prometti un'altra cosa?”, gli chiese con un'occhiata da cucciolo alla quale era impossibile dire di no.
Alex roteò gli occhi, cercando di nascondere malamente un sorriso che sarebbe sempre stato la sua risposta ad ogni domanda del suo migliore amico. “Cosa?”
“Scriverai una canzone su di me?” Si sentì molto stupido, ma certe cose semplicemente non puoi tenertele dentro.
“Oh, ma l'ho già fatto”, rise Alex, e Jack lo guardò confuso. “Non dirmi che non l'hai ancora capito!”
“Veramente no, sai, non credo che tu abbia mai messo la parafrasi dei tuoi testi nei libretti dei cd.”
“The city comes alive when we're together, why can't Thursday last forever?”, cantò, osservando l'espressione di Jack mutare in una frazione di secondo.
“Shut up and kiss me now”, lo raggiunse Jack, appoggiando la mano su quella di Alex.
Si guardarono, e in quel momento capirono un po' di più il significato del fuoco di Jasey Rae.
Alex si sporse in avanti e appoggiò la fronte su quella di Jack, cingendogli il viso anche con l'altra mano.
“Se la promessa è stata mantenuta è valido lo stesso baciarti o devo desiderare un'altra cosa?”
Alex sorrise, e attaccò di nuovo le labbra a quelle di Jack, lasciando che lo facesse suo e che i loro sapori si mischiassero, perché non esisteva sensazione più bella al mondo, lo sapevano entrambi, e pensarono che era veramente “so much for keeping this just friends”, e non avrebbero resistito un solo secondo se li avessero separati.
Quando si staccarono Alex aveva le labbra rosse, e Jack un sorriso enorme stampato sul viso. Si abbracciarono, e rimasero immobili per quella che poteva sembrare un'eternità, godendo del rumore dei loro respiri e del battito dei loro cuori, troppo forti nelle loro casse toraciche.
“Adesso fammela tu una promessa, però.”
“Dimmi.”
“Non mi lasciare mai, Jackie.”
Jack gli prese il viso fra le mani e lo baciò. “Mai.”

 

Una settimana fa sono entrata in fissa con Teenage Wonderland dei Kids in glass houses e quindi un giorno, mentre ero a scuola e pensavo a come poter completare i capitoli delle mie altre fanfiction, mi è venuta in mente questa idea, e Jack e Alex erano le persone più adatte sulle quali modellare la storia and so sjffkgbdf
Okay, uhh, doveva venire meglio but you know non so scrivere☺☺☺☺
Big up to MelodramaticFool_ per avermi fatto da beta <3
Le recensioni mi fanno felice☺☺☺

   
 
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