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Autore: Alex Wolf    02/10/2013    13 recensioni
Dal primo capitolo:
« Ma che cosa fai? Mettimi giù rampollo viziato!. »protestai nel mentre il mio sedere toccava il cuoio chiaro della sua sella.
« Quanto sei bisbetica. » borbottò salendo dietro di me e passando le sue mani attorno ai miei fianchi per prendere le redini.
« Togli quelle mani, guido io. » ringhiai afferrando d’impulso le redini e procurandomi una fitta alla spalla.
« Smettila. » mi riprese il principe scocciato levando le mie mani dalla giuda e riportandoci le sue. « E sta zitta. Hai già parlato troppo. » spronò il cavallo.
Risucchiai le guance e le labbra all’interno e le rilasciai andare con uno schiocco frustrato.
« Se dovrò viaggiare così, tanto vale che mi metta comoda. » borbottai appoggiando la mia schiena al suo torace e chiusi gli occhi. « Se ti metti a cantare qualche canzone in elfico ti strappo le labbra. » aggiunsi.
Non fatevi ingannare dalle apparenze, leggete e poi saprete dirmi che ne pensate ;)
Storia ispirata al film "la compagnia dell'anello"
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Legolas, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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When you let her go.   
 




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La mattina successiva svegliarsi fu un inferno. Il sole ancora non era sorto, gli uccelli ancora non cantavano i loro canti e la luna brillava nel cielo. L’alba però non era lontana. Quando scansai le coperte del morbido letto una vampata d’aria gelida mi penetrò nelle ossa facendomi rabbrividire. Mi stropicciai gli occhi con le mani, e sbadigliai assonnata. Mi lavai e vestii: i pantaloni di pelle nera strusciarono contro le mie gambe, coprendole e ricordandomi che da quel momento riprendeva la missione. Morte, dolori, perdite a causa di un unico anello. Passai una cintola, abbastanza robusta, nera e vi legai il fodero della mia spada nuova. La sera precedente Haldir, il capo delle guardie di Dama Galadriel, venne da me e me la consegnò a nome dei due regnanti. Ne approfittai per salutarlo come si deve e poi mi congedai.
 
Mentre attorno a noi la foresta aveva preso vita, il sole era sorto portando con se il risveglio della natura, Dama Galadriel ci salutava mentre salivamo sulle barche. Aveva donato a ognuno di noi qualcosa: a Legolas un arco, a Frodo la luce della loro stella, a me poche parole in privato: « Veglierò su di te, Isil. Sto perdendo i poteri ma questo non vuol dire che non possa aiutarti. Quando scoprirò pericoli sulla vostra strada, ti apparirò in sogno. » « Mia signora, il vostro gesto mi infonde felicità » avevo risposto. « Che il mio gesto non sia vano, guerriera. Che la missione venga a termine. »  Io l’avevo salutata con un inchino, ma lei aveva poggiato le sue mani sulle mie spalle e mi aveva sterro a se, accarezzando la mia treccia. Poi mi aveva lasciata andare.
Il corso del fiume scorreva tranquillo, l’acqua era limpida e tutto aveva un non so che di rilassante. Persino il rumore delle sponde contro le nostre imbarcazione era rilassante. Mi ero imbarcata da sola, visto che le altre canoe erano tutte piene, ma questo mi dava velocità. Sfrecciavo in mezzo a tutti, con il sorriso sulle labbra e il divertimento negli occhi. Mi ero abituata velocemente a quell’ambiente. « Vai piano, ragazzina! » mi gridò dietro Gimli. « Ti perderemo di vista, o ti farai del male! » Feci le corna rovesciate e bloccai l’imbarcazione. Aspettai che mi raggiungessero per riprendere a remare. « Che ti ha detto la dama? » s’incuriosì il nano. Lo guardai e mi accarezzai il mento. « Nulla che ti riguardi. E poi perché dovrei dirlo a te? Poco fa mi hai mandato il malocchio addosso! » « Certo che siete strane voi donne » borbottò quello incrociando le braccia al petto. La lunga barba si muoveva a tempo con le labbra ed era buffa. Non potei fare a meno di sorridere. « Cosa? Cosa c’è adesso? » si preoccupò lui. Scossi il capo e feci un cenno d’ammonimento con la mano. « Ora me lo dici! » sborbottò spazientito, e curioso allungandosi verso la  mia canoa. Legolas lo fissò con le sopracciglia alzate. « No! Fermooo! Così mi fai perdere l’equilibrio! » lo avvertì, anche se il mio tono dovette suonargli divertito visto che ridevo ancora. Il nano allungò allora il braccio e arrivò a prendere il bordo della mia barca. L’avvicinò alla sua in malo modo e questa prese a dondolare. Mi alzai in piedi, tentando di trovare l’equilibrio per saltare sulla sua, ma sembravo un pesce fuor d’acqua e ormai il bagno era alle porte. Contro ogni logica, però, la barca si ribaltò e io finii nella acque gelide del letto fiume. Una valanga bagnata mi sormontò e mi spinse in basso, sul fondo. Trattenni il respiro più che potei, sebbene non fossi mai stata un asso nel nuoto, anzi, e mi spinsi verso la superfice. La corrente rendeva la mia traversata difficile, quasi impossibile per un altro essere umano, ma io avevo il mio anello. E in quel momento brillava sotto il guanto di pelle e mi dava forza. Quando riemersi le barche mi circondavano. Gli occhi di tutti erano su di me, curiosi e ansiosi di sentire come stavo. Qualcosa mdi squamoso mi sfiorò la gamba, facendomi rabbrividire. « Bhe? Allora? NESSUNO di voi “valorosi” e “galanti” signori mi da una mano? » chiesi ironicamente. Gli altri si scambiarono un’occhiata e parvero rinsavire. Una mano si portò davanti al mio viso, e io la presi senza guardare di chi fosse. Bormir mi issò sulla sua barca e mi coprì con il suo mantello di pelliccia. Lo strinsi a me subito dopo una folata d’aria fredda e mi rannicchiai fra i due piccoli hobbit, che mi abbracciarono e posarono le loro teste sulle mie spalle. « Tanto, dovevo fare un bagno comunque » sussurrai alzando le spalle, scatenando le piccole risate di Merry e Pipino. Il resto del viaggio fu tranquillo: percorremmo il fiume in silenzio. A un tratto, dopo che il fiume ebbe svoltato un’ultima volta ci apparvero davanti agli occhi due enormi figure di pietra: erano alte quanto un palazzo e indossavano entrambe delle tuniche. Le braccia stese avanti al volto che intimavano di non entrare (ma noi c’è ne fregavamo delle regole, perché eravamo trasgressivi. O più probabilmente perché erano gli antenati di Aragorn, ma è uguale). Mi voltai verso i miei compagni per curiosità e trovai Gimli con la bocca aperta. « Ehy Gimli! Non è che sono tuoi parenti? L’altezza è quella! » indicai le statue. Il nano serrò le labbra e mi scoccò un’occhiataccia, mentre qualcuno degli altri sogghignava. Dopo averle passate un altro tratto di fiume, stavolta più largo, ci accompagnò in prossimità di una attracco, poco lontano da una cascata. L’acqua che precipitava in fondo a essa faceva un suono tale che si sentiva anche a molti metri di distanza. Il fragore delle maree leggere e bianche di schiuma mi calmavano. Scesi immediatamente dall’imbarcazione, con un salto fui sulla riva, e mi sedetti sopra il mantello di Bormir. Lui mi sorrise, sebbene sapessi che odiasse quella visione ma non disse nulla. « A-iuta… ci » si sforzò di dire Gimli mentre arrancava con la sua imbarcazione ( e quella dell’elfo) verso riva. Scossi il capo e dissi: « Io. Non. Tornerò. Mai. Più. In. Quell’acqua. » « Sei proprio una » il nano si morse la lingua. « Porta rispetto alle donne » lo fermò Legolas. Per la prima volta da quella mattina aveva parlato. Lo esaminai con lo sguardo, curiosa e sospetta ma quando lui s’accorse di me io mi voltai. L’orgoglio che avevo dentro era troppo per ammettere, che in fondo, aveva ragione. Gli avevo mentito e mi sentivo in colpa. «  Attraversiamo il lago al calar del sole. Nascondiamo le barche e andiamo avanti a piedi. Raggiungiamo Mordor da Nord » svelò il proprio piano Aragorn. « Ah si? Un modo semplicissimo di farci strada tra gli Emyn Muil! » rispose Gimli. « Un labirinto impossibile di rocce affilate come lame. Dopo di che, va ancora meglio! Un suppurato, puzzolente terreno paludoso fin dove occhio può vedere! » borbottò il nano, contrastando il volere del re. Sebbene a causa sua io ero caduta in acqua, ero stata costretta ad accettare aiuto da Boromir, e ora me ne stavo praticamente sdraiata sul piccolo fuoco da campeggio che avevamo, dovevo dargli ragione. « Gimli non ha tutti i torti, Aragorn » intervenni. « Se finissimo in un’imboscata, o ci perdemmo nella palude sarebbe la fine » dissi, esponendo le mie idee. Il re ci pensò un poco poi, con convinzione ripete’: « Questa è la nostra strada. » Prima che potessi ribattere, mi ritrovai a spalancare gli occhi e essere pervasa dal freddo. Una sensazione stranissima mi abbracciò, tenendomi stretta e una voce cominciò a mormorarmi, con eco: « Arrivano. Attenta guerriera. Arrivano. Proteggi il portatore dell’anello. Proteggi il male stesso » ogni parola amplificata e ripetuta più e più volte.  Poi tutto tacque e io ripresi a vedere normalmente. Legolas e Aragorn fissavano un punto alle mie spalle, ma non era quello che mi preoccupava. Erano le parole pronunciate da Dama Galadriel a scuotermi e impormi di alzare le gambe per cominciare a correre, più veloce che potevo. « Frodo! Frodo è in pericolo! » urlai a un tratto, scattando sull’attenti. Recuperai la spada, che era a terra e presi a correre nella foresta. Dietro di me le urla degli altri, davanti la strada da percorrere. Le foglie sotto i miei piedi scricchiolavano, ma io non ci facevo più caso. Ero troppo impegnata a schivare rami e evitare cadute per pensare ad altro. Sentivo le urla di Boromir. Chiamava il nome di Frodo. O mio Dio! Strillai dentro di me, ho fallito! Fallito! L’ha ucciso! Devo trovare Frodo! Io devo… prima che riuscissi a finire il pensiero una figura arrivò ai miei occhi. Mi ci gettai contro e lo tenni a terra, la lama puntata alla gola. « Dov’è? » urlai. « Dov’è Frodo? Che gli hai fatto? » dovevo sembrare una madre isterica. « E’ fuggito » mi rivelò l’uomo alzando le mani sopra la testa, per mostrarmi che era disarmato. Lasciai che un sospiro di sollievo, smorzato dal rumore metallico dell’acciaio. Alzai in fretta il capo e mi scostai dal corpo di Bormir, che ci mise meno di due secondi al alzarsi. Feci lo stesso e ci guardammo attorno, disorientati.  Urla e strepiti arrivavano da lontano. « Merry e Pipino! » ululò l’uomo indicandomi un piccolo ponte non molto lontano. I due erano bloccati, un gruppo di orchi li circondava. Senza pensarci due volte, sebbene la paura fosse molte, presi a correre assieme al guerriero e in poco tempo ci ritrovammo in battaglia. Ne abbattevamo uno, ne spuntavano altri due. Ormai  non avevo più forze. Il sangue che colava sulla lama m’imbrattava le maniche della camicia, fino al gomito. I capelli sfuggivano dalla treccia e ormai le braccia cedevano. Mi avvicinai agli hobbit, e Boromir che aveva iniziato a suonare il suo corno. Uccisi un altro nemico ma ormai eravamo circondati.  « Fuggite! Fuggite! » ordinò lui, e i due piccoli hobbit corsero via, mentre io rimasi. « Cosa fai? Vattene! » mi gridò. Parai un affondo e dissi, col fiatone: « Non ti lascio. Di certo non voglio che tu ti prenda tutta la gloria per quest’impresa! » Lui sorrise, mentre uccideva un altro orco. Poi l’apocalisse, per me. Sentii il sibilo della freccia nelle mie orecchie, e prima che capissi dove fosse diretta questa si conficcò nel petto del guerriero. Tutto mi parve fermarsi e persino io, che credevo non mi sarei più stupita di quello che faceva Boromir, mi sentii cedere. Eravamo rimasti tutti fermi, sotto shock. « Boromir » sussurrai quando si rialzò e continuò a lottare. Mi sentivo d’un tratto impotente. Inutile. Tutta la mia sicurezza, l’ironia, la voglia di vincere se n’era andata. Mi voltai e vidi l’orco più grosso di tutti sferrare un'altra freccia. Gridai e mi scaraventai sul mio compagno, spostandolo in tempo. La freccia si conficcò nel mio ventre, passando da parte a parte, ma io rimasi in piedi e parai anche una seconda, che colpì il cuore. Lo sentii bloccarsi all’improvviso e sentii il respiro fermarsi in gola. « Perché l’hai fatto? » urlò lui. « Non ti… lascerò il merito di… tutta questa impresa, Bor…omir » dissi fra un respiro affannoso e l’altro. E prima che lui mi rispondesse chiusi gli occhi, cadendo a terra. Il buio mi circondò e il nulla mi strinse, ormai come una vecchia amica, fra le sue braccia. Non pensavo di andarmene così. Non credevo che me ne sarei andata per salvare un amico, un amico come Boromir. Non credevo me ne sarei andata senza risolvere la storia con l’elfo. Non credevo me ne sarei andata, a dire il vero. Non ancora, almeno. Ma le cose non vanno sempre come si spera, e io avrei dovuto saperlo. Io che ero la persona più avventata, irascibile e irritabile. Io avrei dovuto saperlo. Tutta via non mi vergognavo di essermene andata così. Io non me ne vergognavo affatto, ne andavo fiera.
 
 
 
Quando Legolas arrivò nel punto in cui aveva sentito il corno suonare, assieme a Gimli e Aragorn, non trovò solo i corpi dei nemici a terra. Trovò quello di Boromir, ma non trovò lei. Il cuore batté furioso nel petto, e per la prima volta dopo sessant’anni gli occhi si offuscarono e piansero in silenzio. Sentì un’unica lacrima scendergli sulla guancia, seguita da un’altra e un’altra ancora. Si odiava per quello, lui era un principe non avrebbe dovuto piangere per una ragazza come lei, che l’aveva imbrogliato e tradito. Ma l’amava, lui lo sapeva che sebbene le cose non andassero bene fra loro lui l’amava e l’avrebbe fatto sempre. E ora lei non c’era più, era scomparsa, come durante la battaglia dei cinque eserciti ero sparita. Strinse i pugni e guardò in alto. La luce del sole tagliava le fronde degli alberi, potente e calda sul suo viso marmoreo. Sospirò e riabbassò il mento. In lontananza un ruggito li fece voltare tutti, distraendoli. Un piccolo puntino nero, nel cielo azzurro e bianco sbatteva furiosamente le ali. E si allontanava a gran velocità. Il drago ringhiò nuovamente, e per la prima volta dopo molto, un ruggito come quello gli riportò in vita l’animo. Se il drago era li, lei era con lui. Probabilmente ferita, ma questo non voleva dire che non fosse viva. La speranza si riaccese in lui, sebbene la tristezza per la scomparsa dell’amico lo abbracciasse. Ma lei era viva, e lui l’avrebbe ritrovata, a tutti i costi. L’avrebbe ritrovata e gli avrebbe detto che gli dispiaceva per le loro litigate. Per averle gridato quelle cose contro. Per averle mentito sul fatto che non l’amava più. Lui l’amava e lei doveva saperlo. L’avrebbe ritrovata per quello. L’avrebbe ritrovata sempre, per sempre. Oppure lei avrebbe ritrovato lui. Erano troppo uniti per stare lontano. Erano troppo diversi per stare vicini. Ma si completavano, e non c’era nulla di più bello.

 
 
 
 *       *


Ehy bella genteeee! Siamo arrivati alla fine… ç.ç Tante lacrime. Ma ( c’è sempre un ma ) ho già pronto il seguito, che si chiamerò “Just can’t let her go”. Perciò non disperate. Sabato/ Domenica lo pubblicherò. Grazie per aver seguito questa FF, siete splendidi. Grazie per le recensioni, per i consigli e i complimenti.

XOXO
Likeapanda ( Isil )
  
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