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Autore: Sarah Carry Herondale    02/10/2013    2 recensioni
Achille e Patrcolo. Il loro è un amore profondo che li lega e nemmeno la morte può separarli.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Achille, Patroclo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Achille sentiva la polvere del campo di battaglia entrargli in gola.
Aveva sete, tanta sete.
Il sole produceva accecanti bagliori sulle armature di bronzo delle armi lavorate dei soldati; quei giochi di luce sul metallo lo accecavano.
Aveva abbassato l’elmo sul suo capo, se ne stava ritto e immobile con la lancia in pugno, ben piantata per terra, mentre studiava lo schieramento nemico.
Achille piede veloce.
Così lo chiamavano i cantori.
Ma lui era molto di più; non era solo veloce, era forte. Il più forte.
Achille era quello che più di tutti aveva spedito anime di uomini nell’Ade, il regno dei morti.
Lui lo sapeva che in molti avevano paura di lui, lo temevano, gli parlavano con rispetto usando misurate parole per non attirarsi la sua ira.
Ma non Patroclo.
Patroclo era da subito stato audace e spregiudicato, sin dalla prima volta che si erano conosciuti nella terra dei Mirmidoni.
Erano passati sei anni da allora, da quando quei due ragazzi di diciassette anni avevano per la prima volta incrociato i loro sguardi.
Da subito c’era stato un senso di riconoscimento, qualcosa era nato all’interno del petto e con il passare del tempo era cresciuto senza di più.
Ora che avevano ventitré anni sapevano che si trattava di amore.
Inizialmente era nata una solida amicizia, ma ben presto quel sentimento era diventato troppo intenso.
Achille amava Patroclo più di ogni altra cosa al mondo e sapeva che anche lui lo ricambiava.
Se l’erano confessati una mattina, il giorno prima di partire per Ilio.
Erano passati tre anni da allora ma Achille ricordava quel giorno come se fosse stato ieri.
 
Insieme erano andati in riva al mare per godere un’ ultima volta di quella meravigliosa vista.
Avevano osservato il sole giocare con l’acqua azzurra del mare, i gabbiani i lanciare i loro acuti gridi che venivano trasportati lontano dal vento.
Si erano seduti sulle rocce che davano a strapiombo sul mare, immobili, ad osservare.
Quello che aveva parlato per primo era stato Patroclo.  Aveva lasciato che le parole gli uscissero senza pensare troppo a quello che dire, se lo avrebbe fatto probabilmente non avrebbe più detto niente.
Achille semplicemente lo aveva ascoltato; era rimasto incantato dalle parole che uscivano dalla bocca del ragazzo e non lo aveva mai interrotto.
Per tutto il tempo aveva fissato quegli occhi color del mare senza quasi respirare.
Un piccolo sorriso che gli increspava il volto.
Solo la notte sapeva quante volte aveva immaginato quel momento, e nessuna di quelle era come la realtà, nessuna era così perfetta.
Quando Patroclo aveva finito di parlare aveva subito abbassato lo sguardo, imbarazzato, cercando di non incontrare lo sguardo ambrato di Achille.
Sapeva che Patroclo si aspettava una risposta ma la verità era che non c’era da aggiungere nient’altro, tutto era stato detto, così, semplicemente, lo aveva baciato.
Achille aveva posato le sue labbra su quelle morbide e carnose del ragazzo che inizialmente non aveva reagito per la sorpresa, si era limitato a spalancare gli occhi stupito.
Ci aveva messo poco per riprendersi dallo stupore; aveva stretto le braccia intorno al corpo muscoloso di Achille e aveva chiuso gli occhi lasciandosi trasportare dalla magia di quel bacio.
 
Il principe di Ftia sapeva che una volta finita quella guerra sarebbero tornati nella sua terra e avrebbero potuto pensare solo a loro due.
Niente più nemici da uccidere, niente più sangue da versare.
Solo Achille e Patroclo.
Ora invece, dovevano combattere sotto le mura di quella città che sembrava indistruttibile, tutto perché Menelao non era stato in grado di tenersi stretto la sua donna.
Lui lo aveva fatto semplicemente per la gloria.
Voleva che il suo nome diventasse immortale, che fosse ricordato per sempre dalle generazioni future.
Già, una volta tutto quello che faceva era per la gloria.
Una giorno lontano gli dei gli avevano chiesto se avesse voluto una vita breve ma gloriosa o lunga e pacifica, in tranquillità.
Non aveva esitato, allora, a scegliere la gloria.
Era ancora troppo giovane e avventato, era stato molto tempo prima di Patroclo.
Una volta gliel’aveva detto.
 
Era una notte d’estate; entrambi erano stesi sul letto di Achille, avvolti dalle coperte.
Lui aveva osservato l ombre che la luna aveva proiettato sul corpo dell’amato e facendosi coraggio aveva parlato.
Patroclo aveva capito, lo aveva stretto forte a sé e gli aveva asciugato le lacrime quando era scoppiato a piangere.
Achille non lo avrebbe visto invecchiare. Non avrebbe visto il tempo che tracciava sul suo corpo i segni del suo implacabile scorrere.
Patroclo aveva detto che quando sarebbe morto Achille anche lui lo avrebbe raggiunto. No avrebbe accettato di vivere una vita senza Achille, lo avrebbe seguito dovunque e comunque.
Erano un'unica anima in due corpi, inseparabili, legati da qualcosa di inscindibile e non sarebbe stata certo la morte a separarli.
 
A distogliere Achille da quei ricordi era stata una mano familiare sulla sua spalla.
Patroclo.
Aveva stretto con forza come a dire “io sono qui, per te”.
Si era calato anche lui l’elmo sul volto e aveva impugnato la sua lancia.
Al segnale sarebbero partiti insieme e avrebbero combattuto fianco a fianco, come un sol’uomo.
Avrebbero affrontato anche quella battaglia insieme come un essere inscindibile e se si sarebbe presentata la morte l’avrebbero affrontata insieme.

  
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