The Capitol Games.

Prologo.

 

Mi sveglio di soprassalto. L’ho sognata di nuovo. Ho sognato la mia morte.
E’ un incubo continuo, ormai. Ci ho quasi fatto l’abitudine, sai? Dico quasi perché –avanti, chi ci passerebbe sopra come se niente fosse?–  è una difficile da assimilare. 
Mi alzo svogliatamente dal letto, fissando la sveglia poggiata sul comodino che mi è accanto.
Segna le 6.30. E’ un po’ presto, ma so già che non riuscirei più a riaddormentarmi, così poggio i piedi nudi sul pavimento freddo e mi dirigo verso la finestra.
Sbadiglio, poi apro lentamente le tende.  Il sole non è del tutto sorto, ma la città brulica già di persone.
Tutti si preparano. Tutti danno gli ultimi abbracci ai figli che probabilmente non vedranno più.
E’ arrivato il momento. E’ arrivato il giorno della Mietitura.
Stento ancora a credere che siano già passati i due anni di tregua concessosi dai distretti, ma più che altro, stento a credere che i Giochi vengano ‘governati’ da altri non appartenenti a Capitol City e che probabilmente potrei farne parte.

«Fra due anni, in questo stesso giorno, si terranno i Capitol Games. Verranno sorteggiati venti ragazzi appartenenti alla Capitale che hanno dai 15 ai 22 anni. Quest’edizione servirà non solo a far comprendere il dolore degli Hunger Games a coloro che non  li hanno vissuti, ma anche per onorare tutti i ragazzi morti che  –costretti a  partecipare a tali– hanno dovuto affrontare orrori che nessuno riuscirebbe a sopportare.»  disse allora una ragazza chiamata Katniss Everdeen.

Quindi eccomi qui a narrarvi di ciò.
…Chi sono io?
Una semplice ragazza nata a Capitol City ben sedici anni fa.
Una ragazza che ha sempre odiato quella stupida moda sfarzosa della Capitale e che si era stufata di sentir parlare di rivolte, guerre e tormenti.
Una ragazza che come tanti altri ha assistito in prima persona alla Seconda Guerra fra i Distretti e Capitol.
Una ragazza che probabilmente stava andando a morire in un arena.

Sono Rose, e questi sono i Capital Games.