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Autore: DanielaRegnard    03/10/2013    2 recensioni
«Questa fedeltà potrà diventare la lama che un giorno ti ucciderà.»
«Non m’importa di morire, se è per proteggerlo.»
«Cadrai sotto la tua stessa spada.» disse fermamente l’altro.
«Se devo cadere, cadrò lontano da lui, affinché non debba soffrire a causa mia.» Raguel non arretrò, non abbassò il tono di voce, e continuò a guardarlo sicuro di se stesso.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gilles de Rais, Kevin Cecil / Uriel, Raguel
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Due uomini erano in piedi, poco distanti dalla chiesa del territorio scolastico.
Due uomini erano in piedi, si fissavano seri, convinti.
Uno era un ragazzo, un giovane, ambizioso e desideroso di diventare forte il più presto possibile.
L’altro era un demone con centinaia di anni alle spalle, che inseguiva un unico desiderio, per il quale aveva abbandonato tutto, rivedere Lei.
Il primo, Raguel, stava per andar via, dopo la fine del combattimento che si era svolto poco prima, e che li aveva visti entrambi sconfitti.
Il secondo, Gilles de Rais, lo scrutava e lo studiava con occhi interessati e curiosi, quasi come se avesse visto qualcosa di interessante nello sguardo di quel giovane.  Quel qualcosa, in realtà, l’avevano notato entrambi.
«Combatti per lui?» gli chiese, interrompendo il silenzio, chiaramente riferendosi all’angelo dai capelli scuri che precedentemente lo aveva salvato da morte certa.
«Non ho nient’altro. Per chi dovrei combattere, al di fuori di lui?» rispose il moro.  Normalmente, avrebbe liquidato la domanda dicendo “non ti riguarda”, freddamente, come gli era stato insegnato, ma sentiva che l’albino di fronte a lui aveva qualcosa di particolare, non riusciva a capire cosa. Gilles, invece, l’aveva già capito.

«Tutta questa fedeltà non ti porterà a nulla di buono.» continuò il demone, quasi rimproverandolo, sfoggiando un mezzo sorriso quasi compiaciuto che tradiva le sue intenzioni, incrociando le braccia. Si somigliavano, si. O meglio, i loro intenti erano gli stessi. Gilles avrebbe fatto tutto, tutto per Jeanne. Allo stesso modo, Raguel era disposto a sacrificare la propria vita per Uriel. Entrambi non avevano altro, non avevano mai avuto nessun’altro accanto.
«Perché non dovrebbe?» domandò l’esorcista, confuso dall’affermazione dell’altro.
«Perché non riesci a vedere altro.» rispose istantaneamente quello, quasi come se avesse già in mente cosa dire, come se lo conoscesse, come se lo avesse studiato in precedenza.
«Cosa c’è di male nel volere solo il bene per la persona che si ama?» chiese ancora Raguel.
«Semplicissimo: sei accecato dalla luce che emana.» disse con lo stesso modo di prima il demone.
«Che significa?» quelle parole non avevano fatto altro che confondere ancora di più l’esorcista, al quale l’albino non aveva dato nessuna spiegazione, gli aveva solo fatto domande, e aveva solo sputato fuori sentenze.
«Significa che nella tua vita non c’è nient’altro, e che quella luce è la tua vita stessa.»  spiegò ancora Gilles. Non gli piaceva comportarsi da so-tutto-io, ma sapeva di cosa stava parlando, e sapeva che genere di persona aveva di fronte, e che genere di persona sarebbe potuto diventare.
«Non c’è niente di sbagliato in questo.» rispose allora l’esorcista, convinto di ciò che diceva, consapevole dei suoi valori.
«Invece si.»
«Come fai a dirlo?» gli domandò Raguel, stringendo i pugni e alzando il tono di voce; si sentiva preso in giro.
«Lo dico perché lo so molto meglio di te, esorcista.» ne aveva di anni alle spalle, Gilles, e sapeva cosa significava sacrificare la propria esistenza per il bene di una persona. Era, comunque, un tipo che stava sulle sue, e sicuramente non avrebbe raccontato all’altro la storia della sua vita, per dimostrargli di aver ragione.

«Essere fedeli ad una persona è sinonimo di fiducia. E’ una cosa di cui andare fieri, demone.» disse con disprezzo Raguel, al quale non piaceva essere giudicato dai demoni, proprio per niente.
«Te l’ha detto lui, questo?» ridacchiò Gilles, chiaramente riferendosi ancora una volta ad Uriel.
«Lo dico perché lo penso.» rispose l’esorcista mantenendo il tono serio.
«Lo pensi perché non è ancora successo niente di irreparabile, perché non hai ancora compiuto nessun peccato per il bene di quella persona.»  avrebbe sbagliato, prima o poi, proprio come aveva sbagliato lui: Gilles ne era sicuro.
«Non ho intenzione di andare contro la retta via. Lo seguirò lungo il sentiero della luce.»
«E se l’unico modo per salvarlo fosse uccidere degli innocenti, o altri angeli? Lo faresti?» a quelle parole, Raguel si bloccò, trattenendo il respiro e sgranando gli occhi, per poi parlare con voce strozzata e bassa.
«Cercherei un’altra soluzione.»
«Se non ci fosse?» gli chiese subito dopo Gilles, che sembrava aver preparato un copione, una lista di domande da porgli per farlo andare in confusione, per fargli perdere la calma. Ma, in fondo, aveva ragione. Erano domande che, prima o poi, sarebbero venute a galla. 
«…..» Raguel abbassò la testa e strinse i pugni, colpevole. L’avrebbe fatto, probabilmente; era l’unica risposta. E si vergognava, l’esorcista, di quella risposta. Si vergognava perché andava contro i principi religiosi che gli erano stati insegnati.  
«Ho capito.» sbottò Gilles, come se, leggendogli la mente, avesse compreso i suoi pensieri, deducendo quindi la risposta alla domanda.

«Questa fedeltà potrà diventare la lama che un giorno ti ucciderà.» continuò a parlare il demone, con un tono che sembrava un ultimo avvertimento, evidentemente non aveva intenzione di continuare a fare la predica ad un ragazzino immaturo ancora a lungo.  
«Non m’importa di morire, se è per proteggerlo.»  rispose ancora una volta Raguel, con tono sicuro.
«Cadrai sotto la tua stessa spada.» disse fermamente l’altro, come a tentare di smontare ogni sua teoria, come per dimostrargli la validità delle sue parole.
«Se devo cadere, cadrò lontano da lui, affinché non debba soffrire a causa mia.» Raguel non arretrò, non abbassò il tono di voce, e continuò a guardarlo sicuro di se stesso. Quello sguardo determinato infastidiva enormemente il francese, che lo scrutava tentando di apparire superiore ed emotivamente distaccato da quella discussione, quando in realtà non lo era.
«Sempre che lui non cada prima di te.» specificò Gilles, ricominciando a ridere. Quella discussione sembrava più una predica, una paternale, ma il demone non aveva la minima intenzione di essere gentile, solo, rivedeva nell’esorcista che stava di fronte a lui il giovane se stesso, e desiderava, in qualche modo, schernirlo e rimproverarlo contemporaneamente.
«Non permetterò che accada! Io…»
«Al mondo ci sono cose che succedono e che gli uomini non possono evitare!!» Gilles lo interruppe, urlandogli contro, irritato dal comportamento testardo del giovane.
«Io solo voglio proteggerlo…» abbassò la testa Raguel, come se fosse spaventato dal tono aggressivo che l’uomo di fronte a lui aveva assunto.
«E’ un desiderio nobile, ma non hai pensato che potrai essere tu stesso a ferirlo?»  disse allora Gilles, abbassando il tono di voce e sospirando, tentando di riacquistare l’indifferenza.
«Non…» si bloccò, ripensando a quando disse ad Uriel che sarebbe stato lui ad uccidere William Twining, se solo gliel’avesse chiesto, in modo da risparmiargli quella sofferenza. Non aveva pensato, però, che quelle sue parole avrebbero potuto far star male l’angelo, ma il ragionamento aveva senso, il demone di fronte a lui non sbagliava. Non aveva detto cose false.

«Io non…» balbettò Raguel, senza però riuscire a continuare, a mettere una frase insieme, senza essere capace di controbattere, di proteggersi da quelle accuse, vere almeno in parte. Non voleva ferire Kevin, voleva aiutarlo, voleva stargli vicino, proteggerlo, tentare di renderlo felice, di alleggerire il peso che gravava sulla sua schiena; ma, realmente, cosa stava facendo? Non lo sapeva più neanche lui.
Calò nuovamente il silenzio tra i due; il demone guardava il moro superficialmente, sembrava irritato, mentre l’esorcista teneva la testa bassa, stringendo i pugni.
«Mi sono stancato. Sai che ti dico? Fa quello che ti pare, tanto io non ci guadagno niente.» sbuffò Gilles, interrompendo il silenzio, voltandosi e facendo per andarsene con espressione annoiata e seccata. Non sapeva neanche perché avesse detto quelle cose, poteva benissimo stare zitto, tentando di sottomettere la razionalità e di combattere e basta solo per il gusto di farlo, ma non c’era riuscito. Davvero, quel ragazzo dai capelli castani gli ricordava molto se stesso alla sua età, pieno di speranze e fede, rivolto sempre verso la strada indicatogli dalla sua luce.


Sbaglia con la tua testa, come ho sbagliato io. I miei errori li ho fatti, e il prezzo più grande che sto pagando è non poterla rivedere.
  
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