Storie originali > Commedia
Ricorda la storia  |      
Autore: Marge    03/10/2013    4 recensioni
Ambientata qualche decennio fa in un paesino marino italiano qualsiasi, racconta dell’iniziazione sessuale di un figlio di pescatori. Una storia come tante che ne accadono, con poco romanticismo e molti dubbi.
Scritta per lo "Spoon River Contest".
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Sapore di sale




I kissed her. The taste of her lips was like salt.
La baciai. Le sue labbra sapevano di sale.
- Elijah Browning (da L’antologia di Spoon River)




L’iniziazione sessuale di Turi “Grillo” Cimmino avvenne una sera qualsiasi, mentre il vento soffiava incessantemente dal mare carico di sale. E di certo non si può parlare propriamente di amore, ma di sicuro, da quella sera in poi, Grillo poteva senza alcun dubbio interpretare più correttamente certi gemiti che udiva uscire di tanto in tanto dalla camera dei suoi vecchi: aveva sempre immaginato che fosse il solito disturbo di acido del padre, o il mal di schiena della madre, che passava la vita china sulle reti a separare i pesci. Una volta Grillo aveva chiesto alla sorella grande perché mai non chiedessero una cura al dottor Masciulli, e lei aveva brontolato che ce ne sarebbe stato davvero bisogno, visto che in quella casa dormivano in dieci, in tutto, tra i vecchi, la zia zitella e i sette fratelli, e di certo il prossimo neonato lo avrebbero appeso al lampadario, ché a terra non c’era più posto, ma Grillo non aveva capito il collegamento.

Tornando a casa, quella sera, Grillo era piuttosto scosso, attraversato da pensieri sconnessi, ma una serie di tasselli si andavano ricomponendo nella sua mente. Per esempio, durante l’estate Grillo aveva avuto una fidanzata: per ben tre giorni si era accompagnato a Veronica, la figlia del giornalaio. Mario, detto Panza nonché suo migliore amico, gli aveva chiesto se gliel’aveva toccata. Grillo non aveva capito cosa, Panza aveva riso per giorni e poi aveva sentenziato: “Sei proprio cretino”.
Ora Grillo sapeva cosa toccare, ma non riusciva ad interpretare i sentimenti contrastanti dentro di sé. E non riusciva a capire cosa fosse successo, e come. Tutto troppo in fretta, si era detto. Non ci capisco un cazzo, aveva ripetuto mentre saltava i fossi, tagliando la strada verso casa. Però, al tempo stesso, se Francy fosse ricomparsa di nuovo davanti a lui ed avesse sussurrato nuovamente di non avere le mutande, Grillo era sicuro di come sarebbe andata a finire.

Questa volta, si diceva galvanizzato, agirò. Non starò lì ad aspettare senza capirci un cazzo – si sentiva già un esperto, un dio del sesso, pronto a trasformare quell’evento alquanto sporco di cui ricordava a malapena i dettagli in qualcosa di più interessante.
Innanzitutto, ci voleva luce. Francy aveva insistito per infilarsi in uno sgabuzzino delle scope nello stabilimento in fondo alla spiaggia, e lì non filtrava neanche un raggio di sole. Grillo, invece, voleva vederci bene: così avrebbe potuto raccontare a Panza tutti i dettagli, e finalmente non gli avrebbe più dato del cretino. Del resto, un ciccione come lui non poteva certo credere di fare lo stesso molto presto! Grillo già si pregustava i giorni di gloria futuri.
Non avrebbe certo raccontato che lei l’aveva ingannato: l’aveva rimorchiato mentre lui se ne stava a ricucire le reti del padre, lavoro che ogni giorno, quando il vecchio tornava dal mare, gli toccava. A seconda di quanti strappi ci fossero, Grillo passava pochi minuti o diverse ore seduto su un tronco in riva al mare, canticchiando fra sé e sé. Lei era giunta in quel momento, si era seduta accanto a lui ed aveva pronunciato quella semplice frase: “Non ho le mutande.”

“Embè?” avrebbe voluto dire lui; sospettava volesse chiedergli un pezzo delle sue reti. Era rimasto però intimidito da quella ragazza che sicuramente era più grande di lui, parlava di mutande con tanta facilità – Grillo non le aveva mai neanche viste, un paio di mutande da donna, nonostante vivessero in dieci nella casupola in riva al mare - e lo guardava come se volesse mangiarselo. Era una ragazza strana, senza alcun dubbio.

Francy era figlia di Marina la sarta. Marina la sarta aveva dato parecchio scandalo, diciannove anni prima, quando a soli sedici anni aveva partorito quel bocciolo di bimba senza essere sposata, e con una gravidanza passata completamente ignorata da tutto il paese. Forse a causa della sua rotondità, forse perché era sempre chiusa a casa a cucire, anche a quell’età, nessuno si era accorto di nulla, forse neanche lei stessa, finché in preda alle doglie non si era presentata in Chiesa: credendo di morire, aveva deciso di trascinarsi laggiù per chiedere perdono.
Di chi fosse figlia, quella Francesca tanto bella, nessuno sapeva dirlo, anche perché era l’esatto contrario della madre: alta, bruna, slanciata come un giunco, e coi capelli al vento come se venisse dal mare e vivesse di ogni refolo. Durante gli anni tutti erano stati incolpati, dal prete al lattaio ad un vecchio zio di Marina la sarta. Ma nessuno lo seppe mai, neanche Francesca che aveva cominciato a farsi chiamare Francy, ed amava scorrazzare per il litorale.

Grillo non aveva mai pensato a lei come a una ragazza. Era troppo grande, per lui, usciva la sera, beveva, aveva lasciato la scuola e tentava di dare una mano alla madre con la macchina da cucire, ma era troppo sveglia per starsene chiusa tutto il giorno in casa a faticare. Francy cercava la sua strada, e nel frattempo battezzava i ragazzini del paese. La chiamavano acquasantiera, quando lei non poteva sentire, ma questo Grillo neanche lo sapeva.

L’aveva portato nello sgabuzzino.
“Allora, non sai che farci, eh?” aveva detto, ed aveva riso. Con cosa? avrebbe voluto chiedere lui, ma se ne era stato zitto. Un momento dopo Francy era spiaccicata su di lui e gli stava succhiando le labbra. “Il mio primo bacio!” pensava Grillo tutto contento. Sapeva di sale, e lui aveva cominciato a muoversi come aveva visto fare al cinema: a destra e a sinistra, ed aveva tentato di abbracciarla. Aveva ritratto le mani inorridito incontrando i seni di lei, nudi.
“Oh, sta’ fermo e tira fuori la lingua, dio mio!” aveva esclamato lei con tono esasperato.
“Mica siamo dal dottore” avrebbe voluto dire lui. Tuttavia aveva obbedito.
Un momento dopo, Francy gli aveva fatto capire cosa fare con la lingua. Se l’avessero chiesto a Grillo solo un giorno prima, si sarebbe ritratto inorridito: invece era quasi piacevole, quel movimento bagnato della lingua di lei nella sua bocca, quel sapore di sale, sembrava quasi di mangiare una patella appena staccata dallo scoglio, ma era più calda e gli provocava un formicolio strano ovunque.
E poi, Grillo non ci aveva capito davvero più nulla: erano scivolati in terra, Francy dominava su di lui, stagliata nella poca luce che filtrava, con le punte dei seni sparate in alto, una a destra e una a sinistra. Frugava nelle sue mutande e lui era talmente attonito che non riusciva a dir nulla, né a far nulla. Tutto s’era fatto improvvisamente caldo e umido e strano, Francy mugolava e si muoveva e i capelli le cadevano intorno come una medusa, e Grillo non ci capiva nulla, finché non sentì anche se stesso ansimare e muoversi ed allora capì.

La mattina dopo Grillo saltò giù dal letto, divorò in un attimo la colazione e stava per fiondarsi fuori casa come un razzo, quando pensò che forse era meglio sistemarsi un po’. Sua madre imprecò quando lo vide con la testa sotto il getto dell’acqua, intento a rovistare tra orecchie e collo.
“Ti senti male?” gli chiese invece la zia zitella dal suo angolo.
Lui non rispose, continuando a strofinare: se voleva ripetere l’esperienza con Francy alla luce, se non altro non poteva rischiare che tra un ansimo e l’altro lei vedesse la linea nera di sporco dietro la nuca.
Di nascosto, mentre la zia rovistava nel suo cestino da lavoro, rubò una mentina dalla sua borsetta e si fiondò in strada.
Il sole brillava alto in cielo e la mentina gli pizzicava la lingua. Grillo provò a soffiare verso le narici, per sentire se l’alito profumasse come lui voleva. Non era così semplice come lo facevano sembrare nei film. Arrivò quindi al bar in piazza come uno strano animale, con le mani intorno al volto a coppa e soffiante come un mantice. Smise improvvisamente quando vide lei seduta ad un tavolino, in mezzo ad altri.
Grillo non vide quasi nulla, se non lei che sorrideva, lei che parlava, lei che con un gesto nervoso si sistemava i capelli dietro le orecchie.
“Francy!” gridò. Lei non lo udì.
Grillo coprì in pochi secondi la distanza.
“Eccomi!” esclamò non appena le fu davanti. Lei alzò lo sguardo vacuo, stringendo tra le labbra una sigaretta.
“Sono tornato!” disse ancora lui, baldanzoso, ma dentro di sé sentì una punta.
Come quando aveva mal di pancia e continuava a mangiare: un brivido di consapevolezza, che non sarebbe terminato in nulla di buono, ma non poteva certo smettere di ingozzarsi davanti al piatto pieno.
“Francy… Sono io, Grillo” balbettò. “Ieri noi…”
Solo allora notò i ragazzi attorno a lei: tanti, e sicuramente molto più grandi di lui.
“Ma levati” disse Francy. Sottolineò il gesto con uno scatto della mano, come a scacciare il fumo.

Passarono diversi anni prima che Grillo riprendesse la sua attività sessuale. Ma a quel tempo si faceva chiamare ormai Turi, ed è un’altra storia.




***
Scritta per lo "Spoon River Contest" di ZKaoru69 con il prompt che trovate in cima. Non so neanche come mi sia uscita: la parola sale nel prompt mi ha trasportata in questo universo. Non so se un giorno scriverò ancora di questo personaggio... Vedremo! Nel frattempo, qualsiasi commento sarà veramente molto gradito.
See ya!
  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Commedia / Vai alla pagina dell'autore: Marge