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Autore: Alex Wolf    04/10/2013    13 recensioni
Dal primo capitolo:
« Eleonora » mormorò una voce fievole. Un fremito scosse il mio corpo e io mi voltai. Legolas mi fissò con i suoi occhi azzurri e le labbra socchiuse. Era bellissimo, ed era li in piedi di fronte a me… ma doveva essere tutto un sogno. Perché lui mi odiava, io l’avevo tradito e lui me l’aveva ricordato, gridandomi contro. « Legolas » mi uscì dalla bocca. « C’è n’hai messo di tempo a trovarmi. »
Consigliato per chi ha letto "When you let her go".
Storia ispirata al film: "Il signore degli anelli: le due torri".
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Legolas, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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When you let her go. ( Oops ho sbagliato, scusate l’abitudine. )
 
Just can’t let her go.   
 
 
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Quando Titano atterrò bruscamente sul suolo verde, Gring alzò il capo. Una nube di terra lo investì talmente forte che finì con i piedi a terra, imprecando. Quando riaprì gli occhi, sbattendo furiosamente le palpebre, il cielo azzurro sopra la sua testa era stato rimpiazzato dal muso gigante del dragone. Gridò, colto alla sprovvista, e poi allontanò l’essere con le mani, dandogli una spinta forzata. « Che diavolo fai, essere? Che vuoi? » strillò. Il possente Titano alzò il collo, e la sua ombra coprì l’uomo e un abbondante pezzo di prato. Non ti ho mai chiesto nulla, allevatore. Ringhiò ferocemente nei suoi pensieri il lucertolone. Ma ora è arrivato il momento di farlo: salvala. « Salvare chi? » s’incuriosì Gring. Allora il possente guardiano sbuffò una nube di fumo, densa e nera che si dissolse pian piano nell’aria e si voltò. Dal suo ventre salivano varie scie di sangue, rosso vivo come lo smalto e una mano pendeva, parendo morta. Quell’arto apparteneva a un corpo coperto da un mantello verde foglia. Capelli castani, come noci sfioravano le spalle esili di una ragazza che respirava a fatica. Gring accorse vicino all’essere, che intanto si era abbassato e prese tra le braccia la giovane. Non appena i capelli le scivolarono dal volto, l’uomo impietrì. La sua bocca si socchiuse in una muta domanda, mentre camminava velocemente verso il suo cavallo nero. Da quanto è così? Domandò con impeto Gring. Tre giorni. Non ho potuto volare più veloce, mormorò Titano. L’uomo montò in sella, e lei con lui. Poi spronò al galoppo l’animale. Una volta imboccata la strada, aver galoppato più velocemente possibile contro la pioggia che aveva cominciato a cadere fitta, e aver salito i gradini del palazzo con il fiatone Grim giunse davanti al re. Il corpo di Eleonora fra le braccia, stretto come quello di una figlia. « Mio signore! » gridò quasi, e la nipote Eowyn, dall’altro capo della sala sobbalzò. Il fratello Eomer, con ancora indosso l’armatura per la battaglia, si avvicinò frettolosamente all’allevatore e gli levò la ragazza dalle spalle, per non farlo stancare. « Aiutate questa giovane, ve ne prego » implorò, cadendo in ginocchio. Il vecchio re, reso fragile e corrotto dalla magia di Saruman lo fissò, pigramente. La barba gli adornava il viso, bianca e scomposta come le ragnatele, e gli occhi si erano talmente incavati sotto la vecchia pelle, di un bianco malaticcio, che ormai non erano altro che due fessure. « Perché dovrei? » disse questo infine. L’allevatore si torturò le mani in cerca di una scusa e poi mormorò, tentando di essere credibile: « E’ la figlia di mia sorella Frida. Vi prego, è mia nipote. Aiutatela. E’ così da tre giorni, nessun’altro guaritore è riuscito a fare nulla. » « Non vedo come il nostro re potrebbe aiutarla, allevatore. Lui non è un guaritore » s’intromise nel discorso un viscido essere. Aveva anch’esso la pelle bianca, di un bianco malaticcio che faceva impressione, e i capelli neri come l’inchiostro, e unti. Gli occhi azzurri sorridevano maligni. Era un uomo spregevole, antipatico e corrotto. Era Grimar.  « Tu non hai parola, traditore della corona » sibilò fra i denti Gring. Allora l’uomo dai capelli neri si avviò verso di lui, con una smorfia in viso e alzò la mano pronto a colpirlo in faccia. Ma Eomer lo bloccò frapponendosi frai i sue corpi. Il volto del giovane capitano della guardia, non che nipote del re, lo guardò truce. Gli occhi severi e inflessibili fecero rimpicciolire di colpo quell’uomo scettico e corrosivo per la società, e lo fecero allontanare. Quando fu lontano, Eomer invitò l’allevatore ad alzarsi e lo rassicurò sul fatto che avrebbe salvato la ragazza lui stesso. Avrebbe vegliato su di lei finché non si sarebbe risvegliata.
Quando Gring fu uscito dalla corte imperiale Eowyn e il fratello portarono la ragazza in infermeria. La guaritrice tagliò i vestiti con un coltellaccio e sbatté le palpebre sorpresa. Le ferite erano molto profonde: trapassavano la pelle da un lembo all’altro, ma non usciva più sangue. Portò una mano al polso della ragazza e aspettò: il cuore batteva regolare. « Gli dei hanno graziato questa giovane » annunciò ai due regnanti quando uscì dalla camera di Isil. « Ferite gravi, nulla da ribattere, ma messe talmente bene che ci vorranno pochi giorni perché guarisca. Ha solo bisogno di riposo. » « Grazie » avevano detto all’unisono I due fratelli, prima che la donna si congedasse.  « Dimmi, come credi di mantenere fede alla promessa data all’allevatore, se nostro zio ti ha cacciato da Rohan? » s’incuriosì Eowyn sbirciando nella sala. La voce triste per la cruda verità uscita dalle sue labbra. Eomer se ne doveva andare, e lei non poteva seguirlo. Era rinchiusa in quell’inferno. Sola. « Non lo so, sorella. Ho promesso che sarei rimasto finché non si sarebbe risvegliata ma non posso disubbidire al sovrano. Questa sarà la prima promessa che non manterrò. » gli occhi azzurri della ragazza si offuscarono: erano bastate quelle poche parole a farla piangere. « Mi mancherai » singhiozzò abbracciandolo. « Tornerò a prenderti, Eowyn. E’ una promessa » la tranquillizzò lui accarezzandole i lunghi capelli biondi.
 


°  °
 


Legolas galoppava da giorni. Galoppava accanto a Aragorn, Gimli e Gandalf il bianco. Galoppava sotto il sole cocente, nelle radure brune delle terre dei signori dei cavalli. L’aria gli sferzava il viso, e i capelli schioccavano nel vento come fruste. Il povero Gimli imprecava lievemente, sputando i fili d’oro dalla bocca mentre saltava malamente sulla groppa del destriero. « I cavalli sono stanchi! » ululò il nano. « Questa sera dovremmo fare una sosta, Gandalf! » Il mago bianco fermò Ombromanto e li guardò tutti e tre. Il re rimase muto, in attesa di una risposta, mentre l’elfo sembrava assente. Gandalf li esaminò, a uno a uno e trovò la stanchezza nei loro lineamenti, e la tristezza celata negli occhi blu del principe di Bosco Atro. Lo stregone sapeva cosa il giovane stava attraversando: quanto la perdita di una persona amata lo distruggesse a tal punto da corroderlo dentro, ma non dimostrare nulla fuori. Legolas aveva il portamento fiero di un nobile: le spalle larghe in su, la schiena diritta, braccia e gambe forti. Cuore valoroso, e distrutto. « Hai ragione, mastro nano. Per questa sera sarebbe meglio fermarsi » e lanciò un’occhiata al principe. Quando fece buio, e ebbero trovato un riparo adeguato sistemarono i cavalli e accesero un fuoco. Il nano crollò pochi minuti dopo aver cenato mentre il giovane elfo si sedette in disparte.
Poggiò la schiena contro una roccia e cominciò a raccogliere dei sassolini, per poi lanciarli lontano. Nella sua mente si susseguivano le vicende accadute giorni prima: dalla partenza a Gran Burrone, al modo in cui lei si era rannicchiata contro di lui quando l’aveva salvata sulla montagna, al loro unico bacio e alle loro litigate frequenti.
 
« Ma sei pazzo? » le gridò lei contro. Lui socchiuse le labbra ma Eleonora riprese: Come ti viene in mente di giocare  con queste cose » e gli mise la freccia sotto il naso. Sebbene Legolas non fosse sorpreso dal suo comportamento lo trovò alquanto intimidatorio. Gli occhi scuri di lei ancora lo fissavano, e lui ne era come catturato. Era splendidi: sebbene a detta di qualcun altro potessero sembrare semplici occhi. Ma i suoi non erano semplici: erano castani chiari e avevano dei riflessi verdi, visibili solo da una breve distanza come quella. Ed erano ricchi di ricordi, speranze e… dolori. Si, dolori. Gli parve di poter scorgere l’anima della ragazza muoversi dentro essi come un serpente, e danzare. Ma non sola: assieme ne intravide un’altra. Li per li sbatté le palpebre sorpreso, poi si convinse che fosse tutto frutto della sua immaginazione. « Qui a Gran Burrone?! Potresti ferire qualcuno, c’è mancato poco che ferissi me, stupido essere! » e comunque ci pensò lei a distrarlo.
 
Sorrise a quel ricordo e sferrò l’ultimo sasso talmente lontano che si perse nel buio della notte. Gettò la testa all’indietro e chiuse gli occhi: aveva uno strano sentimento dentro, adesso. Un sentimento contrastante: la voleva trovare, ma per qualche strana ragione sapeva che quando l’avrebbe ritrovata lei non sarebbe stata sola, e questa cosa lo allarmava. Dov’era lei, ora? Dove l’aveva portata il suo drago? Stava bene, e se si: con chi era?  Queste domande non lo lasciarono dormire per tutta la notte.
 

 
°  °
 


Attorno a me vedevo nero. Tirava un vento gelido, quando finalmente riuscii a scorgere qualcosa. Una figura si stava avvicinando talmente velocemente che non potevo scorgere nulla se non l’aura bianca che la circondava. Quando mi fu davanti socchiusi la bocca. Lunghi capelli biondi le scendevano sulle spalle, la mascella dai tratti gentili era rilassata e le labbra rosse come una rosa piegate all’insù. La pelle più abbronzata della mia risaltava sotto la camicia bianca, e i pantaloni di pelle scura che portava.      Ma la cosa più spiazzante che vidi furono i suoi occhi. Uno era scuro, come il cioccolato, mentre l’altro era chiaro come il ghiaccio. E lei era simile a me. « Chi sei? » riuscii a dire. « Io sono Isil » m’informò fieramente quella. I capelli d’argento volarono con l’aria alle sue spalle. « No, aspetta. Io sono Isil! » ribattei confusamente. « Esatto. Ma io sono te, quella parte di te che racchiude la guerriera, e sono qui perché è arrivato il momento che io viva» sorrise. « Che cavolo vuoi dire? » sputai aggressivamente. « Se tu sei me, vivi. » « Mi spigo meglio, Eleonora: è ora che io prenda in mano le redini di questa situazione » e si avvicinò ancora prendendomi la mano nella sua. Strinse, e da quel contatto scaturì una scintilla bianca, poi una nera che brillò nell’oscurità. « Ti indebolisci ogni minuto che passa. Sei in questo stato da tre giorni e tre notti. Quando arriverà il momento, finalmente, tornerò in vita. » Un fiume di scintille fuoriuscì dalle nostre mani e ci avvolse come nebbia, poi tutto scomparve. Quando mi svegliai un forte conato di vomito mi attanagliò il ventre. Alzai il busto e vomitai sulle coperte: sangue. Sbattei le palpebre ma prima che potessi pensare ad altro rivomitai rosso. Un senso di malessere mi circondò il collo, come se mi stessero strozzando ma lo ignorai e mi alzai più velocemente che potevo. Indossavo dei pantaloni e una blusa bella larga. Prima di domandarmi dove fossi, pensai: dove sono gli altri? Come sta Boromir? Che mi è capitato? Corsi freneticamente per lunghi corridoio: vuoti come il deserto e macabri come cimiteri. Vari arazzi e stemmi pendevano sui muri: alcuni ritraevano guerrieri ma la maggior parte dei cavalli che correvano. Avevo già visto quei disegni, non ricordavo dove però. Rohna, dimora dei signori dei cavalli. Non so come lo capii, ma mi venne naturale pensarlo. Quando svoltai in un corridoio più largo, una porta mi si aprì davanti. Corsi in quella direzione e la spalancai con tanto impeto che le sentii le fasciature sul mio torace scricchiolare per protesta. Un forte dolore mi lasciò senza fiato, ma mai come quello che mi ritrovai davanti agli occhi. Una grande sala si apriva davanti a me: pilastri intarsiati di splendide decorazioni si issavano ai lati di essa, creando un corridoio nel mezzo. Un braciere spento era al centro di questo, e attorno a esso, rivolti verso il trono stavano varie guardie e persone. Il re prese la propria spada e l’osservò. Accanto a lui una giovane ragazza dai capelli biondi sorrise. Poi, d’un tratto tutti uscirono inseguendo un uomo. Ne approfittai per esaminare il luogo. Era luminoso, e meno macabro delle altre sale del castello ed era caldo. « Eleonora » mormorò una voce fievole. Un fremito scosse il mio corpo e io mi voltai. Legolas mi fissò con i suoi occhi azzurri e le labbra socchiuse. Era bellissimo, ed era li in piedi di fronte a me… ma doveva essere tutto un sogno. Perché lui mi odiava, io l’avevo tradito e lui me l’aveva ricordato, gridandomi contro. « Legolas » mi uscì dalla bocca. « C’è n’hai messo di tempo a trovarmi. »  




EHYY :3
Isil is back, bitchesss XD. 
Siamo ripartiti subito con un capitoluzzo un pò... strano, no? 
Spero che vi sia piaciuto almeno :3
Xoxo
Likeapanda (Isil)

 
  
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