Storie originali > Storico
Ricorda la storia  |      
Autore: AthenaSkorpion    05/10/2013    0 recensioni
Non riusciva a capacitarsi del folle ambire alla violenza, dell'empio eccidio che l'uomo era spesso in grado di perpetrare contro la libertà personale.
Una volta si era perfino trovato a faccia a faccia con un soldato zarista, sul far della sera, armato e pronto a ferirlo o a ucciderlo. Non appena aveva sollevato la canna dell'arma da fuoco, Yuri, certo che non avrebbe ucciso neppure per difendersi e rassegnato a morire a testa alta, aveva notato un terzo uomo, prima invisibile, apparire all'improvviso, accoltellare alle spalle il soldato e poi sparire dopo aver detto al viaggiatore di tenere gli occhi aperti. Era la guerra. Contadini contro zaristi, la morale (poteva definirsi così, ora?) della umile condivisione contro l'autoritario egoismo della legge monarchica.
Genere: Drammatico, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Zarista, Il Novecento
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
http://www.youtube.com/watch?v=uQmFX0rlN4M&noredirect=1

Con questa bella canzone di Ivano Fossati come tema principale, il mio prof. di Lettere ci ha sottoposto una traccia riguardante un conflitto qualunque in cui il protagonista scrivesse questa lettera a un suo compagno o amico o parente. Vietato l'uso del passato remoto.
Dato che le manifestazioni stanno diventando sempre più qualcosa di pochi coraggiosi, volevo rinfrescare un po' la memoria
.


 

"Yuri Kreshnov, 18 giugno 1874 - 23 gennaio 1905, padre amato, fratello esemplare e martire della Rivoluzione".

Sergej aveva posato un mazzo di gerani rossi ai piedi della lapide, aveva emesso un lieve sospiro e si era seduto su una delle panchine sparse nel cimitero.

- Vecchio furfante... dovresti essere tu a regalarmi i fiori.

Si ricordava perfettamente come erano andate le cose. A volte desiderava poter semplicemente dimenticare. Dopotutto era ancora sotto shock e quei sedicenti psicologi che dall'altra parte del mondo sedevano sulle loro poltrone vellutate ad analizzar cervelli con la pipa in bocca avevano sempre detto che lo stato di shock spesso portava all'amnesia. E se nel 1955 questa affermazione era legge quasi quanto i precetti di Newton, perché Sergej ricordava ogni singolo capello del fratellone, ogni singola goccia di sangue?

La Manifestazione. All'epoca, sotto lo zar Nicola II (il ricordo dello zarismo sembrava così lontano da apparire come un sogno passato), Sergej era un filatore di lana di Mosca. Era un lavoratore piuttosto efficiente ma sottopagato e non era mai riuscito a scrollarsi di dosso quello strano istinto di ribellione che la gioventù gli aveva lasciato nello stomaco. Era stanco di lavorare quindici ore al giorno per pochi spiccioli, rischiando quotidianamente il licenziamento in favore dei poveracci che ormai alloggiavano davanti alla porta della bottega in attesa di un posto libero.

La tradizione di andare in chiesa, mai apprezzata ma sempre rispettata, lo aveva avvicinato ad un prete che aveva delle chiare idee su come dovessero essere giocate le carte in tavola. Padre Gapon era la sua identità e il suo obiettivo era di portare il degno gregge di Dio alle porte del Palazzo d'Inverno per "manifestare". Sergej non poteva sperare in un progetto più coraggioso per consumare gli ardori rimastigli in corpo.

Si era precipitato a casa e aveva scritto una lettera al fratello Yuri, quel fratello maggiore che, per permettergli di vivere in città, alla morte dei genitori e con famiglia a carico, aveva deciso di rimanere in campagna a zappare la terra. Avrebbe sicuramente accettato di partecipare con lui alla Rivoluzione. Dopotutto, Yuri non aveva mai smesso di desiderare per la figlia Anna un minimo di istruzione e un futuro dignitoso.

La risposta era stata ambigua. I movimenti di rivolta si erano già sparsi anche nelle campagne e Yuri sembrava disperare di un reale cambiamento di mentalità, per quanto si dicesse favorevole ad aiutare ad attuarlo, sperando che la sua famiglia non soffrisse per gli scontri e i conflitti cui l'avrebbe lasciata in balia nel tempo della manifestazione in città. Confidava nel grande disegno di Dio e tanto gli bastava.

Sergej non poteva aiutarlo a venire a Mosca perché non aveva soldi per pagargli il viaggio. Yuri non si era perso d'animo, si era messo gli stivali buoni, il giaccone di pelliccia e i guanti di cuoio e aveva iniziato a camminare. Tra il villaggio e Mosca si frapponevano quattro giorni di gelida, pericolosa e faticosa camminata.

Dalle capannucce le donne dagli occhi spenti guardavano i loro mariti tornare a casa con le tasche vuote e qualche pugnalata in petto; nel nulla della notte glaciale, talvolta Yuri poteva sentire gli scoppi raminghi degli spari e allora si infagottava meglio nel cappotto e accelerava il passo, incurvandosi come un topo che desiderasse rifugiarsi tra le sterpaglie incolte. Non riusciva a capacitarsi del folle ambire alla violenza, dell'empio eccidio che l'uomo era spesso in grado di perpetrare contro la libertà personale.

Una volta si era perfino trovato a faccia a faccia con un soldato zarista, sul far della sera, armato e pronto a ferirlo o a ucciderlo. Non appena aveva sollevato la canna dell'arma da fuoco, Yuri, certo che non avrebbe ucciso neppure per difendersi e rassegnato a morire a testa alta, aveva notato un terzo uomo, prima invisibile, apparire all'improvviso, accoltellare alle spalle il soldato e poi sparire dopo aver detto al viaggiatore di tenere gli occhi aperti. Era la guerra. Contadini contro zaristi, la morale (poteva definirsi così, ora?) della umile condivisione contro l'autoritario egoismo della legge monarchica.

Il continuo sussultare del cuore di Yuri riusciva quasi a scandire il tempo e, in ritardo sulla tabella di marcia di un giorno e mezzo, il contadino finalmente era arrivato a Mosca dopo il calar del Sole. La manifestazione era già iniziata, i canti popolari e le frasi convinte del barbuto prete alla testa del corteo riecheggiavano nelle strade della Capitale in un coro di 20.000 voci che facevano parte di uno stesso organismo vivente e senziente.

Yuri continuava a guardarsi intorno alla ricerca di Sergej, che pensava non sarebbe mai riuscito a riconoscere in quel mare fluttuante di cappelli di pelo.

E mentre stava ancora cercando, era successo l'inevitabile. Uno sparo, due spari, mille grida, corpi in fuga, un fiume di divise militari. Sulle pietre della strada in pendenza il sangue nero scivolava lento e lambiva zoccoli e scarponi con la flemma della morte.

- Yuri!

Il contadino aveva cercato sempre più spaventato l'origine di quel suono, sperando che il caro fratello non fosse ferito. Non osava neanche pensare a una condizione più definitiva delle sole ferite.

- Sergej! - continuava a gridare tremando e correndo. E alla fine il cappello rosso era sbucato da dietro l'angolo ed era corso ad abbracciarlo.

- Yuri, mi dispiace, non pensavo che sarebbe degenerato tutto in questo modo, non avrei dovuto farti venire... - aveva detto Sergej in preda alla disperazione. Era stato in prima fila e aveva visto fin troppo bene i primi caduti.

- Non importa fratello, mettiamoci al sicuro. Dio protegga la mia famiglia ora che non posso farlo io - aveva mormorato Yuri. E appena aveva finito la frase, una pallottola gli era entrata nel torace all'altezza del fegato. Yuri per un attimo era rimasto allibito, poi aveva emesso un piccolo gemito e si era aggrappato al fratello Sergej. Lui lo aveva trascinato via tentando di scacciare il torpore che gli aveva immobilizzato il corpo quando il panico lo aveva destabilizzato.

Yuri si era tenuto stretto al fratellino per tutto il tragitto verso la sua casa. L'appartamento piccolo e spartano di Sergej era già pregno di sangue quando il filatore di lana era tornato da Yuri e, piangendo, gli aveva detto che tutti i medici erano già occupati tra le centinaia di feriti che avevano invaso le strade. E la peggior consapevolezza era sapere che la pallottola non aveva colpito un punto vitale e che quindi Yuri sarebbe morto dissanguando lentamente tra atroci dolori. Il fratello maggiore non voleva scoraggiare Sergej, perciò aveva iniziato pacatamente a raccontargli il suo viaggio fino a Mosca, sperando di distrarlo e donandogli così le memorie che voleva giungessero alla moglie e alla figlioletta. Lentamente le forze lo avevano abbandonato e il racconto si era affievolito fino a spegnersi del tutto poco dopo la mezzanotte.

- Canaglia! Da quando in qua i fratelli maggiori danno retta a quelli minori? In campagna, dovevi rimanere in campagna, brutto caprone... - borbottava ora Sergej senza convinzione davanti alla lapide nera.

- Se vedessi quello che siamo riusciti a fare... vecchio furfante, abbiamo combattuto due guerre, sono stato in prima linea, abbiamo ridato un po' di splendore a queste terre martoriate...

Sei stato la scintilla della Rivoluzione e ora tua figlia narra la tua storia nelle scuole che hai contribuito a creare. Ma dannazione, darei indietro la mia libertà anche ora, pur di riaverti qui.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: AthenaSkorpion