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Autore: GirlOnFire    05/10/2013    4 recensioni
Dal testo: “Stavo pensando che ad ammazzare le relazioni, di qualsiasi tipo esse siano, ci pensano le parole o i silenzi. Un po' un controsenso, vero?”
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Allison Argent, Lydia Martin, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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II capitolo.

Il cadavere nei boschi fu solo il primo trovato grazie alle urla di Lydia. Corpo dopo corpo, sembrava che qualcuno, qualcosa, stesse cercando determinate vittime che ad occhi ingenui non avrebbero mai potuto trovare un collegamento. Occhi come quelli dello sceriffo, non di quelli dei quattro che ormai perdevano troppe ore di sonno la notte e che cercavano di recuperare a lezione, magari con la testa sull’ultimo banco, magari nascosti dal libro o dalle spalle del compagno seduto davanti.
Andava avanti da un mese quella storia ormai ma si erano abituati presto; cercavano piste in casa Argent perché Allison sapeva che il padre – come lei – nascondeva qualcosa tra quelle mura. Dovevo esserci uno schema già fatto, una spiegazione, qualsiasi cosa per giustificare tutte quelle vittime. E più tempo passava a rovistare nei momenti in cui il genitore non era in casa, più riusciva a sfiorare le mani della rossa.
Le prime volte che le sfiorava i mignoli o le braccia o semplicemente si ritrovavano troppo vicine, sembrava sempre molto casuale, a seguirle c’erano gli occhi innamorati di Stiles e quelli sconsolati di Scott e la mora non voleva dare nell’occhio. Sentiva i brividi però a quel contatto furtivo, a quei sorrisi gentili scambiati dopo ore di ricerche in quella casa che ormai tutti e quattro conoscevano a  menadito; quando si ritrovava gli occhi verdi e grandi di Lydia su di sé.
Avrebbe voluto andare oltre. Si sarebbe accontentata di pacche sulle spalle, di abbracci; era chiedere troppo che le braccia della rossa le avvolgessero la vita da dietro, che le scostasse i capelli con il naso, che le sue labbra si posassero sul suo collo esposto. Sapeva che le sue erano mere illusioni, sogni infranti di una povera ragazza che si era accorta di essersi innamorata della persona sbagliata ma che trovava dannatamente giusta.

 

 

A lezione avevano iniziato un libro di quelli che porta un sacco di spunti filosofici, su cosa comporta una determinata scelta, sul perché la si fa. Su cosa e giusto è sbagliato e stranamente, Allison, era attenta stavolta, seppur con gli occhi rossi e stanchi, era attiva, troppo impegnata a capire come ogni minimo bivio potesse cambiare il protagonista. Ma fu altro a svegliarla completamente, la domanda del professore; la risposta di Lydia.
“Secondo voi c’è un Dio che ci muove come pedine? Una persona talmente onnisciente da sapere cosa sia giusto e sbagliato nelle loro definizioni pure?”
“No, non esiste. Né la persona, né le loro definizioni. E’ una cosa innata, punto. Per quanto i genitori, gli insegnanti, i religiosi persino, vogliano inculcarci determinate regole, alla fine siamo sempre noi con il nostro libero arbitrio a scegliere cosa lo sia, no? Da piccoli ci dicono che un sacco di cose sono sbagliate e da grandi ci accorgiamo che alla fine erano tutte squallide bugie. ‘È sbagliato stare svegli fino a tardi’ e poi ci lasciano uscire fino a notte fonda da adolescenti, scoprendo che le cose migliori accadono proprio durante quelle notti; ‘è sbagliato stare sotto la pioggia senza ombrello’ e poi invece l’acqua che dal cielo scivola via lungo il tuo corpo, certi giorni, è l’unico modo per lavare via ogni cosa, per sanare ogni ferita;  ‘se fai questo ti fai male’ e poi ci mettono il sale nelle ferite: ‘per rimarginarsi prima’, ti dicono ma nessuno ti avverte prima del dolore che farà, quasi quanto un taglio; quasi più del dolore stesso.
Quindi no, nessuno può dirci cosa sia giusto o sbagliato. Lo dobbiamo imparare da soli, fare le nostre esperienze, apprendere ogni più piccolo dettaglio da come ci fa sentire una determinata cosa. Bisogna vivere senza rimpianti, senza rimorsi. I latini dicevano ‘carpe diem’, cogli l’attimo, ma in realtà quanti di noi vivono davvero. Quanti di noi possono affermare di essere vivi. Vivi, non esistenti. Esistenti è respirare, camminare, svegliarsi ogni giorno, pensare persino. Vivere.. vivere è un’altra cosa. Vivere è gioire per il vento che ti sferza la faccia quanto sei in moto, è ridere a crepapelle a notte fonda fregandotene della gente che puoi svegliare, vivere è gridare dal centro del mondo e sentirti pieno. Ecco, pieni. Ci sentiamo pieni?”
Tutti adesso guardavano la rossa che aveva continuato a parlare, quasi annoiata all’inizio perché per lei tutto il suo discorso era logico, non c’entrava nulla la scienza, la religione, l’insegnamento; era pura e semplice logica, il problema è che per trovarla bisognava riflettere e sapeva che molti dei suoi coetanei non si fermavano a farlo. Che spreco.
Il professore probabilmente le avrebbe fatto cambiare idea, ci avrebbe provato al meno, ma la campanella era suonata e lei era uscita dalla classe con una luce diversa negli occhi. Allison non riuscì a non seguirla velocemente perché quelle parole l’avevano toccata.
Era come quando ci si chiedeva ‘e se..’ il mondo finisse tra un’ora, quanti cellulari squillerebbero tra chiamate, messaggi, qualsiasi cosa pur di tirare fuori parole mai dette senza la benché minima possibilità di riuscire a vedere lo svolgimento in caso di risposte affermative a tante dichiarazioni che per vergogna, per paura, rimanevano sospese nelle menti di persone che preferivano esistere piuttosto che vivere. Piuttosto che sentirsi pieni.
La mora voleva sentirsi piena, non voleva aspettare la fine del mondo, la fine di una qualsiasi cosa prima di riuscire a parlare con Lydia. Liquidò così Scott e Stiles per quel pomeriggio e invitò invece proprio la rossa da lei. Per studiare, aveva detto; ‘non ho capito un passaggio di matematica’ si era giustificata. Eppure con l’amica non aveva mai bisogno di spiegazioni, si capivano al volo anche solo con le virgole o con quei maledetti puntini e le orride faccine.

 

 

I libri aperti sulla scrivania erano solo scena, avrebbero dovuto davvero studiare eppure nessuna delle due aveva voglia soprattutto dopo che Lydia aveva capito che Allison non aveva bisogno di alcun ripasso o spiegazione.
“E’ da qualche tempo che sei strana, si può sapere che hai? Non parli più neanche di Scott o di nessun’altra persona! Eppure..”
“Eppure cosa..? Lydia dai, il mondo non gira sempre intorno agli altri, no? Ti ho sempre detto che mi piace essere indipendente; non voglio essere un’altra di quelle stupide ragazzine che fanno del loro mondo una persona che alla fine le farà soffrire.”
Aveva parlato troppo però perché Lydia era stata una di quelle stupide ragazzine, come le aveva chiamate lei.
“Io.. non volevo.. Ly non intendevo, lo sai che non mi riferi-“
“A me? A me che ho passato l’estate a non pensare a Jackson? O a me che ho preferito colmare il dolore, la perdita con altri occhi e altre labbra quando sapevo che nessuno sarebbe stato al pari di chi davvero avrei voluto. E tutto lo sai a che gira: giusto o sbagliato. Divertente, vero?”
“Che vuoi dire?”
“Che sono io la prima a non vivere pienamente. Non ne voglio parlare. Usciamo dai, ho bisogno di scarpe. Magari anche un rossetto, il mio sta finendo.”
Non le dava quasi nulla sui nervi quando si trattava della ragazza con la carnagione color avorio, ma in quel momento non riusciva più a contenere la frustrazione e la rabbia nel sentirsi dire cos’era giusto o sbagliato.
“Basta! Niente rossetto, scarpe, negozi o.. niente Lydia. Stop. Viviamo pienamente, perché neanche io lo faccio e.. adesso potrai anche allontanarmi o non lo so, ma l’hai detto, non si vive di rimpianti o rimorsi, quindi…”
Prese il volto dell’amica tra le mani e premette le sue labbra contro quelle dell’altra, non con violenza come avrebbe potuto fare visto  il suo stato d’animo, ma con dolcezza. Amore.
Non si aspettava niente, neanche che la rossa ricambiasse il bacio, neanche che a quel primo contatto ne seguisse un altro e un altro ancora, sul collo; che le mani iniziassero a vagare, che i vestiti iniziassero a cadere, che le gambe si intrecciassero nel suo letto mentre piccoli sospiri e gemiti uscivano da quelle labbra che poco prima erano incatenate.
Ma come si era detto, i libri erano sulla scrivania solo per fare scena, da contorno.

 

 

 

GirlOnFire’s Notes. 

Rileggendo il primo capitolo, capisco perché non ha avuto molto successo, ma spero che il secondo sia valsa la pena di spendere qualche minuto a leggere; la pena di aver aspettato per la fine.
E’ una coppia insolita questa, almeno per me che sono Scallison convinta e shippo Stydia [seconda alla Sterek!], ma spero comunque abbia qualche sostenitore nel fandom perché hanno del potenziale queste due.

Giuro che la prossima, di questo fandom, sarà una Stydia a 3 capitoli; se voleste rimanere aggiornati potete seguirmi qui. Magari fatemi sapere che ne pensate di questa con una piccola recensione e potete mandarmi messaggi o suggerimenti in pagina.

Alla prossima, V. 

 

 

 

   
 
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