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Autore: EvBlaze    06/10/2013    1 recensioni
Mi ritrovo sulla ringhiera di un ponte, di sotto ci sono solo macchine in corsa che sfrecciano per chissà dove. Apro le braccia, sto per lasciarmi andare..
Genere: Drammatico, Horror, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate
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Ho 14 anni, piccolo e biondo, non ho particolarità fighe, non sono particolarmente bello. Sono solo, non ho tanti amici, pochi. Vado sempre a scuola, sembro depresso, infondo un pò lo sono, ma non ne ho motivo di esserlo. Forse sono di natura così. Mi sento diverso. 

Tutto questo si ripete nella mia mente ogni volta che mi sveglio, ed ogni volta mi rannicchio nel mio piumone bianco. Profuma di lavanda, buono, pulito, così puro. Nascondo la testa sotto le coperte, voglio stare al buio, non voglio che il sole dimostri come sono fatto realmente, non voglio che legga la mia storia, ciò che accade qui, su queste coperte che, ora sono pulite. 

Risuona la sveglia che mi segnala che sto facendo tardi per la scuola. Mi alzo di scatto e appoggio la mano sul pulsante 'off' della sveglia. Silenzio. Cammino a piedi nudi sul pavimento di terracotta apparentemente caldo, ma dal tatto totalmente il contrario. Indosso la mia divisa scolastica: pantaloncino nero fino al ginocchio, camicia bianca e giacca nera.

Prendo lo zaino e scendo le scale che portano al piano di sotto, dove c'è la cucina, il salotto ed un altro bagno. Non c'è nessuno, poco interesso. Mio padre sempre ubriaco, con qualche puttanella nel suo letto. Mia madre, morta. Mi manca, tantissimo.

Esco di casa per avviarmi a scuola, subito sento l'umidità sulla mia pelle e mi viene la pelle d'oca. Immagino che se mi metterò in movimento, passerà. Cammino per la strada con la testa china verso il basso, guardo la strada e i miei piedi che si alternano uno dopo l'altro. 

Inizia a piovere e non ho un ombrello, 'che sfiga' penso. Non pensavo stamattina che il tempo sarebbe stato così buio. Affretto il paso, fino a correre. La scuola non è poi così lontana da casa mia, infatti mi trovo già sotto al suo porticato. Entro e mi avvio in classe per la prima lezione.

L'ultimo banco, nascosto da tutto e da tutti, il mio preferito. Per cinque ore non seguo affatto le lezioni, osservo la finestra per tutto il tempo: la pioggia che picchietta sopra le sue vetrate mi fa venir voglia di starmene a letto, a caldo, stretto in qualche braccia che mi diano sicurezza. 

La campanella suona, finalmente. Rimetto i libri inutilizzati che, in ora in ora si sono accumulati sul banco, nello zaino. Scivolano dalle miei mani a causa della loro pesantezza. Mi sento totalmente goffo.

-Cazzo!-. Mi scappa da bocca di scatto.

Mi chino per raccoglierli, fin quando non sento qualcosa che mi sfiora i capelli. Alzo lo sguardo, e lo vedo. Lì vicino a me. Poco distante. Si china pure lui, mi raccoglie i libri e li mette nel mio zaino.

-G..grazie..Alex-. Gli dico con imbarazzo. Sento già il calore sulla mia pelle, devo fuggire.

-Prego, Josh-. Mi risponde di rimando, con la sua sicurezza che lo caratterizza. Lo riguardo, è felice e mi sorride.

Gli do' poca importanza, afferro il mio zaino, lo schivo e mi affretto con passo veloce alla porta.

-Hey-. Sento in lontananza. -E' così che si saluta?!-. 

Mi giro e lo riguardo, sembra deluso dal mio comportamento. 'Scusa' è l'unica cosa che mi viene in mente, ed è l'unica cosa che riesco a dire. 

Ora sto fuggendo via, quasi le lacrime agli occhi. Perché allontano così le persone?! Perché le tratto come se fossero indifferenti? Ma tutt'altro. So' solo che io non merito la loro amicizia, non merito che loro mi stiano vicino, io non merito nessuno.

Arrivo a casa di corsa, il freddo ha asciugato le mie lacrime sul viso, sono affannato e risalgo le scale. Sento mio padre sbraitare, sembra ubriaco. Ma perché mi meraviglio?! Non voglio vederlo, eppure mi sto avvicinando alla sua porta, la apro. Ha una bottiglia di Whisky in mano, la canottiera bianca sporca. Chissà da quanto tempo non si lava. É rivoltante che lui si sia degradato così.

Mi vede, mi urla contro, le peggio cose. Sto per piangere, e lui mi da della 'checca'. Si alza, e mi spavento. 

Mi ritrovo a terra sul pavimento, un dolore lancinante sulla guancia. Un pugno?! Uno schiaffo?! Cosa ho ricevuto?! Non lo so, so solo che sono disteso a terra…nudo. Mio padre su di me, ancora ubriaco, è devastante. Piango, urlo, ho quasi perso la voce.

-Basta! Smettila!-. Gli urlo.

Lui ride di più, è quasi isterico. Anche lui è nudo, è eccitato. Cosa tenta di fare?! Ho paura, e l'ansia mi divora. Tento di muovermi, ma sono bloccato, non so più che fare. Mi afferra i fianchi con le sue tozze mani. Piango di più, le lacrime calde scendono sul mio viso e toccano il pavimento. Mi tiene stretto, tento di dargli un pugno, ma di scatto lui, dai fianchi, passa ai polsi e li pianta a terra, in una morsa, come manette. 

Vuole entrarmi dentro, ho paura.  Urlo, strillo, ormai ho perso la voce, è tutto invano. Lui è ubriaco, ha perso il senno della ragione, mi fissa e non smette di ridere. Trova divertente tutto questo.

Non passa molto, che il dolore mi attraversa il corpo, è acuto, brucia, mi devasta, ho un terremoto dentro. Spinge di più, da colpi violenti, apro la bocca, nella speranza che esca un urlo, che non arriva. Penso ormai che la mia vita sia finita, sono impuro. 

Sono in trappola, finché si ferma, lo guardo, si addormenta, mi rivesto e scappo via….via da tutto.

 

Mi ritrovo sulla ringhiera di un ponte, di sotto ci sono solo macchine in corsa che sfrecciano per chissà dove. Apro le braccia, sto per lasciarmi andare..

-Fermo!- Sento una voce, familiare.

Mi giro, lui è lì, Alex, di nuovo per aiutarmi. Si avvicina, è strano, sembra 'scuro'. Cosa fa?! mi afferra, no, non mi trattiene. Mi lancia giù dal ponte e mi ritrovo a terra, morto.

  
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