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Autore: Lavandarose    07/10/2013    5 recensioni
Capelli lunghi e scarmigliati,pantaloni neri e camicia bianca a maniche lunghe sporca di sangue. Così Cesare Borgia,alla testa di un manipolo di francesi, si presentò a Caterina Sforza. L'uomo la vide e un sorriso beffardo gli si aprì sul volto.
-Contessa! - esclamò, mentre gli occhi neri gli si stringevano in due fessure trionfanti. Ci era riuscito, era penetrato in Forlì e nella rocca della Sforza.
- Valentino. Dunque quello che si racconta di voi è vero: siete una bestia vestita di broccati. Avanti, entrate da vincitore, in fondo è questo che volete essere, vero? Il vincitore, a scapito di povera gente che nulla vi ha fatto. Vi odio per quel che state facendo al mio Ducato -
Il Borgia rimase in silenzio, la spada stretta alla destra. Sempre sorridendo fece qualche passo in direzione della donna, che immobile lo guardava con fierezza. Arrivato davanti a lei si chinò leggermente in avanti parlandole piano, quasi con un sussurro.
- Vi sbagliate, Contessa -
Lei lo guardò, stupita: - Volete dire che non siete una bestia? -
- No, che posso essere anche più bestia di così -
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Rinascimento
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20 gennaio 1500, sera, stanze della Contessa.

Erano passati quattro giorni da quella sera. Cesare e Caterina avevano continuato a cenare assieme e tutti i pasti seguivano sempre lo stesso rituale.
Lei sedeva un po' sulle sue, lui la stuzzicava e allora iniziavano a parlare. A volte lei gli lanciava strali e non gli risparmiava alcun tipo di insulto, che il Borgia non si limitava a incassare, ma a cui rispondeva con violenza. E allora lì partivano discussioni infinite che toccavano l'etica, la politica e la filosofia.
Spesso queste discussioni finivano con altri baci, altri momenti di contatto che la donna avrebbe voluto rifiutare, ma che che faticava a non accettare.
Quella sera avevano finito di cenare e stavano in silenzio, ognuno con una coppa di vino tra le mani.
- Caterina... -
Lei alzò gli occhi, era chiaro che lui voleva chiederle qualcosa. Si preparò a ribattere a qualsiasi argomento, ma non era pronta a sentire le parole che il Valentino pronunciò non appena incontrò il suo sguardo.
- Siete mai stata innamorata davvero? -
La contessa rimase in silenzio per un momento, tentata di dare una risposta sferzante. Ma aveva imparato in quei giorni che il Valentino otteneva sempre le risposte che voleva e rischiava quindi di imbarcarsi in una discussione senza fine. Optò quindi per la sincerità.
- Ho rispettato tutti e tre i miei mariti. Confesso, però, che ce ne é stato uno solo che mi era entrato davvero nel cuore. Ma ormai non ha più importanza, visto che lui, come gli altri, non è più con me -
La risposta ironica che si aspettava non arrivò, anzi Cesare sembrava riflettere sulle parole sentite. Allora decise di allargare il confine della loro conoscenza rischiando con una domanda.
- E voi, Valentino? -
Lui la guardò: - Io che cosa, Madonna? -
- Avete mai amato nella vostra vita? -
Il Borgia bevve un sorso di vino prima di rispondere.
- Mi volete mettere alla prova, Caterina? -
- No, affatto. Perché me lo chiedete? -
- Io vi ho chiesto se mai siete stata innamorata, voi se ho amato. Tipica sensibilità femminile che arriva dritta al punto -
- Se vi siete sentito offeso per le mie parole... -
- Al contrario, Madonna, risponderò anzi molto volentieri. Sì, sono stato innamorato di alcune donne e ne ho amate delle altre. Molto poche, riconosco. L'amore non è concesso a un Borgia -
- Sono parole molto dure. Dunque non ritenete che esista qualcuno degno di essere amato da un Borgia? -
- Sono io che non voglio più amare qualcuno. L'amore è stato il mio peggiore nemico. Mi ha colpito, lasciato a terra sanguinante e privato di ogni forza. Non voglio più amare se devo perdere sempre -
La donna lo guardava dubbiosa e incuriosita. Davvero il Valentino stava dicendo che aveva sofferto per amore? Davvero aveva scelto di non concedersi più quella felicità che Caterina, grazie alla Misericordia, era riuscita a provare almeno una volta nella vita?
- Avete detto che state per avere un figlio dalla donna che avete sposato in Francia -
- Sì, e con ciò? -
- Lui lo amerete di sicuro – la donna pensava ai figli lontani e sentiva i morsi della nostalgia attanagliarle le viscere.
- Sempre se lo vedrò. Ma, vedete, non sarà il mio primo, ho anche altri figli avuti con concubine. Non ho mai sentito chissà che trasporto. Forse perché dentro di me sapevo che erano bastardi. Come me -
Suo malgrado Caterina provò un moto di pena per quell'uomo che aveva conosciuto ben poca felicità nella sua vita. Lei, almeno, aveva la consolazione dei suoi figli.
- Mi dispiace – disse spontaneamente. Lui la guardò attentamente, poi posò la coppa di vino sul tavolo.
Si alzò e le andò vicino, l'afferrò per le spalle e l'attirò a sé. Caterina sentì le labbra dell'uomo sulle sue e lo lasciò fare. Ormai aveva imparato a conoscere i baci del Borgia e sapeva che nascondevano una dolcezza che a lei scaldava il cuore.
Ma quel bacio era diverso. Era possessivo e reclamava qualcosa.
Lei si staccò senza fiato e lo guardò negli occhi.
- Caterina, vi desidero – le sussurrò lui all'orecchio distogliendo il contatto visivo e stringendola a sé – bramo il vostro corpo e il vostro animo. Fatemi restare stanotte. Non avete visto come mi avete ridotto? Vi sto pregando, un Borgia che sta pregando una Sforza. È quasi divertente, non trovate? -
La donna si ritrasse dall'abbraccio, guardandolo con paura.
- Non vi forzerò, state tranquilla. Voglio avervi, ma perché lo volete anche voi -
Caterina continuava a sostenere lo sguardo dell'uomo: - Mi state mettendo in una brutta situazione, Borgia -
- Perché mai, Madonna? - Cesare fece un passo avanti verso di lei – Se non mi volete non avete che da dirlo e io me ne andrò dalla vostra stanza senza chiedervi nulla. Avanti, ditemelo -
Caterina aveva smesso di indietreggiare e lo guardava negli occhi, in silenzio.
Il Borgia si avvicinò ancora di un passo e le prese una mano: - Lo avete capito benissimo quanto mi piacete, non è vero Caterina? Pensate forse che a qualcun'altra avrei lasciato il potere di insultarmi e di ribattere a ogni cosa che dicevo? -
- Io... -
- No, tacete ora. Pensate che vi avrei lasciato vivere se non avessi ammirato il vostro coraggio e la vostra determinazione? Mi ha davvero colpito il modo in cui avete cercato di difendere la vostra terra. E mi ha stupito scoprire in voi una donna intelligente e istruita. Avete preparato degli studi interessanti. È la prima volta che mi confronto con una donna bella e intelligente come voi -
- Borgia, io non credo che... -
- C'è poco da credere, dovete solo dirmi di andarmene – l'uomo le si avvicinò ancora di più, annullando la distanza tra loro – ma non me lo state dicendo, forse posso sperare di avere fatto una piccola breccia nel vostro cuore? -
La donna si mosse tra le sue braccia: - Borgia, io non posso credere che stiate parlando sul serio. Come potete pensare che io possa provare qualcosa per chi ha preso la mia terra? -
- Potrebbe essere la nostra terra, se voi lo voleste – una frase quasi ringhiata, a malincuore.
- Che cosa state dicendo? -
- Andiamo, Caterina, volete farmelo dire? Volete davvero sentirlo dire dalla mia voce? Ebbene, se è questo che volete far fare a un Borgia, questo avrete. Credo di amarvi, Sforza -
Allibita, la contessa si rese conto di non riuscire a distogliere lo sguardo da quell'uomo che, coraggiosamente, stava mettendo il suo animo a nudo davanti a lei.
- Non potete dire sul serio -
- Perché no? - la strinse ancora di più a sé mentre le parlava a voce bassa – Sempre per la solita storia che sono un Borgia e non conosco i sentimenti? Pure, mi sembrava di avervi dimostrato che non sono proprio come mi dipingono. E vi avevo detto che mi piacevate -
Caterina riuscì a divincolarsi e si sedette sul letto vicino al quale stava svolgendosi la scena.
Cesare rimase in piedi, attenendo le sue decisioni.
Lei lo guardò, ancora una volta. In lei si stavano muovendo mille emozioni. È vero, lui era l'unica persona con cui aveva avuto contatti da parecchi giorni a questa parte. Era vero pure che lui era la persona che aveva più odiato nella vita. Ma era altrettanto vero che per la prima volta dopo tanto tempo si era sentita finalmente viva. Aveva dialogato con una persona a lei similare che le aveva fatto di nuovo sentire il sangue scorrere nelle vene.
- Non posso dirvi che vi amo, Borgia. Ma non posso nemmeno affermare che mi siate indifferente, nel bene e nel male -
- Mi sta bene anche questo. Almeno so di provocare dei sentimenti in voi -
Lei ebbe una piccola risata: - Del mio odio potevate esserne certo anche prima. E questo sentimento è presente tuttora. Ma devo dire che alcune parti di voi mi hanno colpito davvero. Non ho vergogna a dire che sono stata bene a dialogare con voi -
Cesare rimaneva in silenzio, ancora in attesa. Caterina sospirò sapendo che stava per vivere una nuova sfida, principalmente con se stessa.
- Restate, Borgia. Non posso promettervi nulla per il futuro, ma solo per stasera -
Il Valentino sorrise e allungò una mano verso di lei. La donna la prese e lasciò che lui la stringesse in un abbraccio che sapeva di passione e di possessione.
- Vi avrei voluto prendere subito, sapete? - le diceva all'orecchio – Subito, quel giorno in cui sono entrato nelle vostre stanze con il vestito di ricambio. Ma ho capito che voi eravate diversa, eravate come me. E allora ho aspettato, ho aspettato che anche voi mi desideraste. Non sarebbe stato possibile prendervi con la forza e nemmeno avrei potuto fare leva sul fatto di essere vincitore offrendovi protezione. Perché voi non avete certo bisogno di protezione, Caterina, voi siete mia pari e per questo io credo di provare qualcosa per voi -
- Basta, Cesare. Non sapete in che condizione mi state mettendo -
- E quale sarebbe questa condizione? Ditemelo, avanti!-
- Non avrei dovuto baciarvi neppure la prima volta. Non dovrei essere nemmeno tra le vostre braccia, ora. È che dopo tanto tempo avevo voglia di sentirmi... -
- Ditelo, Caterina -
- Di sentirmi donna. Va bene, Borgia? Donna, solamente una donna. Non una contessa, non una Sforza, non la Signora di Forlì. Caterina e basta -
- Lo capisco, davvero lo capisco – la strinse ancora di più a sé – e secondo voi io non ho provato la stessa cosa? Con voi sono stato Cesare, non il Valentino e nemmeno il figlio di un Papa. Non sono stato il dominatore venuto a reclamare i suoi possedimenti. Vi prego, Caterina, siate mia. Amatemi, almeno stanotte -
La donna passò una mano sulla guancia dell'uomo.
- Siete così giovane, Cesare -
- Ma sto vivendo mille vite e ogni volta mi avvicino di più alla morte -
- Non parlate così -
- Io lo so. Lo sento, come sento che noi ci apparteniamo. Siamo uguali -
Era vero. Fondamentalmente Caterina riconosceva in sé alcune caratteristiche che erano del Borgia, segno di un passato di dolore e di rivendicazioni di ciò che spettava loro, anche se erano illegittimi.
- Avete ragione, Cesare. Siamo uguali -
E fu allora che Caterina Sforza decise di vivere il momento in prima persona, come aveva sempre fatto in tutta la sua vita.
Alzò il viso e incontrò le labbra dell'uomo che la stavano già cercando. Si abbracciarono e lei si sentì spingere verso il letto.
Non fece resistenza, no, si lasciò andare cercando di non ascoltare tutte le voci interiori che la rimproveravano.
In quel momento era solo lei, Caterina, tra le braccia di un uomo, Cesare.
L'uomo la poggiò sul letto cercando di non essere troppo rude, ma l'urgenza dei suoi gesti tradiva la sua necessità di possederla.
Le slacciò il corpetto, non incontrando alcuna resistenza.
- Caterina – le sussurrò stendendosi su di lei e poggiando il mento nell'incavo della sua spalla.
- Cesare – rispose lei senza aggiungere altro. Si volevano nelle loro entità più profonde, senza pensare alle conseguenze. Si erano riconosciuti. Si erano chiamati per nome.
Veloce, l'uomo si liberò dei vestiti e delle calzature, per poi dedicarsi completamente alla sua compagna. Lei sospirò mentre sentiva le mani e la bocca di Cesare sciogliere i nodi che le tenevano fermo il vestito. Quando le dita dell'uomo arrivarono finalmente alla pelle lei sospirò e lasciò che anche i suoi sensi si ottenebrassero.
Lo abbracciò, passando lentamente le mani sulla sua schiena, lo accolse su di sé e dentro di sé, ascoltando i suoi respiri e le mezze parole che le sussurrava nelle orecchie.
Non ci fu gentilezza nel loro primo amplesso, solo la voglia di riunire due anime ferite che erano solitarie da troppo tempo.
La loro unione fu qualcosa di catartico, che li fece sospirare e gemere uno nelle braccia dell'altra.
Dopo ci fu solo il tempo dei respiri affannosi, testimoni silenziosi di una passione che aveva iniziato ad ardere in entrambi.
E fu così che la mattina li trovò: ancora abbracciati sul letto di lei, mentre respiravano assieme e dormivano un sonno finalmente ristoratore.

2 febbraio 1500, mattina presto, stanze della contessa.


 

Il Borgia era alla finestra e guardava il sole che stava sorgendo proprio in quel momento. Il silenzio riempiva la vallata ed erano questi i momenti che lui aveva sempre prediletto: attimi senza rumore per dare spazio solo ai propri pensieri.
Ma quella mattina Cesare aveva uno sguardo preoccupato. Una tensione interiore si agitava dentro di lui e non sapeva come mascherarla.
Si strinse nel mantello nero, unico indumento che indossava, e si voltò verso il letto dove Caterina stava ancora riposando.
La raggiunse e si sedette vicino a lei, guardandola. I lunghi capelli biondi erano scomposti sul guanciale e la donna aveva avvolto il corpo nudo con una pesante coperta. Poi lo sguardo gli cadde su quelle labbra che quella notte, ancora una volta, lo avevano fatto supplicare e sperare che non finisse mai.
Da quella prima notte nella quale avevano unito le loro anime lui aveva sempre dormito con lei.
E ogni volta scoprivano reciprocamente parti della loro anima, lasciando che ognuno entrasse nell'altro.
Quante cose erano cambiate dalla sua entrata in Forlì. Ora era lui il Signore della città, ma era la Signora di Forlì che teneva il suo cuore. Sospirò.
All'inizio si era sorpreso del coraggio di questa donna, l'aveva ammirata per questo. Poi aveva scoperto quanto fosse anche intelligente, colta e combattiva.
Una gran donna.
Una donna degna di un Borgia.
Perché non l'aveva incontrata prima, maledizione!
Con un moto di stizza diede un colpo al materasso, senza pensarci, e fu così che la svegliò.
- Cesare... - la donna lo guardò confusa, come mai si era già alzato? Solitamente era abituale per lei, in questi ultimi giorni, trovarlo accanto a lei al mattino.
- Scusami, ti ho svegliato – il voi dell'inizio era scomparso, lasciando il passo al tu di due amanti.
- Non importa, mi stavo svegliando – rispose la donna, improvvisamente guardinga. Il tono del Borgia non le piaceva, forse le stava nascondendo qualcosa?
Lui la guardò con tenerezza, mentre le accarezzava una guancia.
- Cosa mi devi dire, Cesare?-
- Dritta al punto come sempre, vero? - sorrise ancora mentre si godeva quegli ultimi istanti di pace con lei – Ho ricevuto un messaggio dal Papa. Ci reclama a Roma, tutti e due. Mi spiace, Caterina, ma devi venire via con me -
La donna si strinse le coperte addosso al corpo. Sapeva che questo momento doveva arrivare, ma si era illusa di non lasciare mai la sua Forlì.
Poi guardò l'uomo, ebbe un moto di tenerezza e allungò una mano per toccargli una spalla. Voleva avere un contatto fisico con lui, ancora una volta.
- Quando dovremmo partire? -
- Tra pochi giorni. Prenditi tutto il tempo che ti è necessario, decidi qualsiasi cosa tu voglia portare con te e non lesinare nemmeno sulla servitù. A Roma avrai tutto quello di cui hai bisogno, ma voglio che tu senta a tuo agio da subito, dunque circondati di quel che vuoi, di quello che ti è più familiare -
- Sarò una prigioniera politica? Verrò rinchiusa a Castel Sant'Angelo? -
Suo malgrado rabbrividì ricordando le storie che le erano giunte alle orecchie sulle terribili prigioni papali.
Il Borgia l'abbracciò: - Sarai prigioniera, ma non lascerò che tu venga rinchiusa. Anzi, se tutto va come spero forse saremo anche vicini -
Lei si alzò, di scatto, senza chiedergli spiegazioni su quell'ultima frase. Prese un mantello di pelliccia che la sera prima aveva fatto cadere su una sedia e se lo avvolse attorno al corpo.
- Sarò pronta quanto prima, Cesare, fai pure rispondere al Papa che siamo in arrivo -
Lui si alzò e le andò vicino. Avrebbe voluto abbracciarla, dirle che sarebbe andato tutto bene, ma sapeva che lei non lo avrebbe gradito. Per una persona abituata a lottare tutta la vita non serviva la pena, ma l'incoraggiamento, questo lo sapeva di persona. D'altra parte era una prigioniera di guerra e ora Forlì apparteneva a lui, non poteva permettersi di mostrarsi troppo debole davanti agli occhi di nessuno.
Cesare Borgia poteva essere preso da una donna, ma certo non dimenticava i suoi doveri di guerriero. E questa terra gli apparteneva, questo lei comunque non avrebbe dovuto dimenticarlo mai.
Ciò nonostante, cercò di tranquillizzarla al meglio che poteva. Sapeva quanto duri potevano essere i distacchi.
- Andrà tutto bene, Caterina, credimi. Sarò con te. Sempre, se vorrai -
- Lo so, Cesare, lo so – un sorriso forzato e un abbraccio suggellò una promessa sottintesa che veniva dal cuore dell'uomo.
Caterina fu grata al Cielo che Cesare non vedesse, però, il dolore nei suoi occhi, vista la decisione che in cuor suo aveva già preso.
Poi lui si staccò, cercando i vestiti che giacevano scomposti sul pavimento e infilandoli velocemente: - Vado a organizzare la partenza. Tornerò da te stasera, ora ti mando la servitù – e con un ultimo bacio prese congedo.
Lei andò verso la finestra per bearsi gli occhi della sua terra.
Ancora una volta stava per perdere tutto. E stavolta avrebbe perso anche qualcosa in più.
Con un sospiro si girò verso la porta e attese che la servitù entrasse per organizzare quel viaggio che non avrebbe mai voluto fare.


 

5 febbraio 1500, mattina, per le strade fuori da Forlì.

Il corteo procedeva lentamente.
I cavalli e i carri caracollavano lungo la strada sterrata che portava verso Roma.
La Signora di Forlì aveva cercato di portar via quante più cose possibili per non lasciare nulla in mani estranee. Si era persino preoccupata di stipare un carro con tutti i vestiti dei suoi figli: era certa di rivederli, prima o poi. E questa era l'unica speranza che le confortava il cuore. Si voltò a osservare l'uomo vicino a lei.
Caterina e Cesare cavalcavano assieme, fianco a fianco, in silenzio.
Lui aveva notato che la donna non si era voltata neppure una volta da quando erano partiti. Sapeva che stava soffrendo il distacco dalla sua terra e avrebbe voluto fare qualcosa, renderle il momento meno disperato.
- Ascolta, Caterina -
Lei alzò gli occhi e lo guardò senza parlare, aspettando solo che lui dicesse quel che aveva in animo di dirle.
- So che sarai sistemata nel Palazzo del Belvedere a Roma. Non è troppo lontano da dove vivo io, avremo la possibilità di vederci spesso -
La donna lo guardava in silenzio, con occhi tristi.
- Tutto quello che hai con te verrà sistemato lì e poi sarà mia cura farti avere tutto ciò che desideri. Certo, dovrò assentarmi di tanto in tanto per andare in Francia da mia moglie e per affari politici, ma cercherò di restare a Roma più tempo possibile. Magari tra qualche settimana potrei anche vedere di sistemarti nei miei appartamenti romani -
- Parli come se io e te dovessimo vivere assieme – un timido sorriso accompagnò le parole della donna.
- Confesso che questo è quello che ho in mente. Andiamo, abbiamo vissuto momenti particolari, assieme siamo riusciti ad andare al di là di ogni apparenza e ci siamo avvicinati. Non ti piacerebbe restare con me? Senza contare che in questo modo potresti ancora avere il possesso di Forlì. Certo, attraverso me, ma almeno non la perderesti del tutto -
Caterina chiuse gli occhi, disperata. Quel che stava per dire le costava moltissimo, soprattutto per tutte le ragione che Cesare le aveva appena citato, non ultimo il riferimento alla sua amata Forlì.
Ricacciò indietro le lacrime e parlò: - Non credo che questa sia una buona idea, Cesare -
Lui tirò le briglie al cavallo, sorpreso: - Che vuoi dire? -
- Che quando saremo a Roma tutto tornerà come prima -
Il Borgia la fissò con occhi cattivi. Gli stessi occhi che aveva la prima sera che lei lo aveva visto, quando era penetrato nella rocca con la forza.
L'uomo allungò una mano e afferrò una briglia del cavallo della donna.
La tirò verso di sé e poi parlò molto lentamente:- Caterina, cosa stai dicendo? Devo supporre che mi hai mentito? Che stavi mentendo anche quando gridavi il mio nome tra le mie braccia? Rispondi molto sinceramente perché ora non ammetterò altre bugie. Ricordati che ora mi appartieni -
Perché, perché doveva essere così difficile?
- Non ti ho mentito, Cesare, e men che mai in quei momenti che porterò nel cuore. Ma non credo che una nostra relazione sarebbe una buona idea. Tieniti pure la mia terra, ti ringrazio per quello che hai fatto per me in questi ultimi giorni, ma penso che sia meglio che tornassimo a essere quel che realmente siamo: un Borgia e una Sforza. Né più né meno. E non appartengo proprio a nessuno, questo ricordalo tu -
Non era preparata allo sguardo carico d'odio che Cesare le lanciò. E quel silenzio tra loro che seguì era denso della rabbia dell'uomo e della rassegnazione della donna.
- Molto bene, Sforza, pare che io vi debba ringraziare – il ritorno al voi e la voce impersonale furono le ultime gocce che mandarono in pezzi il cuore di Caterina che, pure, cercava di mantenere un contegno esteriore – Grazie per avermi dimostrato che l'amore è sempre il peggior nemico di Cesare Borgia. Vi sono grato di avermi confermato ancora una volta che mi sono fidato della persona sbagliata. Spero almeno che le nostre scopate siano state di vostro gradimento -
Detto ciò, spronò il cavallo per andare dall'altra parte del corteo, lontano da lei.
Caterina chinò il capo sconsolata, guardandolo uscire dalla sua vita esattamente come vi era entrato: con rabbia.
Era una fortuna che il Borgia non si fosse accorto che aveva mentito. Certo che avrebbe voluto proseguire la sua relazione con il Borgia, anche lei si era ritrovata coinvolta in un sentimento che mai avrebbe pensato di provare, soprattutto con lui.
Ma come l'avrebbe presa il Papa? Entrare come prigioniera di Cesare era una cosa, ma come amata del Valentino era tutt'altra.
Alessandro VI avrebbe potuto anche scegliere di punire questo figlio che si era innamorato del nemico. Inoltre, essendo già sposato con una nobile francese, non avrebbero potuto neppure celebrare un matrimonio politico. No, Cesare non poteva divorziare da quella donna e lei non poteva essere la sua concubina, perché a quel punto l'uomo avrebbe rischiato di perdere tutto: i possedimenti stranieri e quelli italiani. Ne andava del suo futuro, perciò non poteva rischiare una vendetta papale. Forse un giorno l'avrebbe capito.
E lei, comunque, aveva paura dell'amore di quell'uomo, così accentratore, così possessivo. L'avrebbe annientata e lei non poteva permetterselo. Per non parlare del fatto che, restando con lui, avrebbe rischiato di perdere i suoi figli, reclamati dalla famiglia Riario.
E allora lei aveva scelto di rinunciare all'amore.
Aveva scelto di farsi odiare.
Perché, lo sapeva, Cesare l'avrebbe odiata per tutta la vita, ma mai dimenticata.
Perché lei era la sua Caterina Sforza e lo sarebbe stata fino alla fine dei suoi giorni.


 


 

   
 
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