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Autore: GirlOnFire    07/10/2013    3 recensioni
L'amore di Klaus per la pittura supera tutto, o quasi se non contiamo la bionda che affolla i suoi pensieri in ogni attimo della giornata, la stessa bionda che non fa altro che pensare a New Orleans e al suo artista preferito che vive in quella cittadina.
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Klaus
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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So, do you paint..?

 

Squilli di trombe, schiamazzi, aquiloni, palloncini scivolati via da mani di bambini poco attenti; suoni e colori facevano da contorno al corteo indetto da Marcel nella sua New Orleans. Mai si sarebbe immaginato che nel giro di nove mesi – giusto il tempo di aspettare un erede da mostrare alle folle, come un vero reale che annuncia la nascita del figlio che sarà il suo successore – sarebbe stata del suo migliore amico, del suo mentore, come presentava Klaus ai più.
Entrambi sapevano che dietro quei sorrisi e quelle pacche troppo forti per essere davvero amichevoli, c’erano anni di rancori e sete di vendetta bramata solo quanto il sangue di una giovane vergine; dopotutto con gente come i vampiri Originali bisognava regalare dramma, il gusto e il bello di cose antiche.
O forse semplicemente l’estetismo puro, la ricerca di qualsiasi cosa che trasudasse arte, come la pittura: un vezzo che Klaus, negli anni, aveva  sempre cercato di non abbandonare mai.
Era però da qualche mese che aveva perso l’ispirazione. New Orleans era la sua casa, aveva imparato a giocare con i pennelli e le sfumature, i chiari scuri e i giochi di luce sulle tele proprio in quel luogo e sperava che ritornandovi sarebbe riuscito a riprendere in mano gli strumenti del mestiere.
L’ultima creazione ritraeva lei, la bionda dagli occhi fulminei e dal bell’abito blu. E proprio a lei, Caroline, aveva mostrato i suoi lavori, i suoi tesori più inestimabili; quasi l’aveva convinta che il suo animo d’artista dannato nascondesse più di quella corazza dura e senza cuore che mostrava per le strade di Mystic Falls, andando in giro a minacciare la gente e strappare cuori come fosse la soluzione ad ogni problema. Ma alla fine, nulla aveva potuto contro l’amore. Amore di lei per un altro.
Eppure i pensieri dell’ibrido non riuscivano a smettere di vagare tra i ricordi che li vedeva assieme, a riportare ogni singola parola di lei: ogni occhiata, ogni gesto, per quanto malevolo fosse. Forse era per quello che, quando aveva trovato tra la folla una chioma bionda vagamente familiare, la prima sera da quando era arrivato, si era subito avvicinato sperando che fosse lei, sapendo che erano solo mere illusioni.
“La barista coraggiosa.”
L’aveva colta di sorpresa mentre osservava uno dei tanti artisti di strada e le chiedeva quale pensasse fosse la storia che si celava dietro all’uomo ricurvo sulla tela; pennellate di nero che si susseguivano l’una all’altra per tracciare linee definite e nette, rabbiosamente quasi.
“Desidera poter controllare i suoi demoni invece di lasciare che loro controllino lui. Si sente perso. Solo.”
Le aveva risposto lei, facendogli bruciare gli occhi. Non pensava che poche, mirate, sentite parole potessero trafiggergli il petto come solo un’altra bionda sapeva fare. Così era scappato: ci volle poco per ritrovarsi dall’altra parte della città, un vicolo buio dove poteva stare solo con i pensieri, dove poteva semplicemente posare la schiena al muro e chiudere gli occhi; la mente che vagava ancora una volta a lei e la mano che, senza aspettare l’impulso nervoso, era già a comporre il numero di lei.

 

 

“Caroline, ho appena visto un uomo dipingere. Ho visto i suoi demoni su quella tela, ho visto le sue paure più recondite senza soggiogarlo per farglielo ammettere e vivere ancora più ricurvo di quel che era. La gente con tanti demoni cammina sempre un po’ curvata, se li porta addosso, se li trascina senza accorgersene spesso; li tiene lì, appollaiati come rapaci pronti a morderli con i becchi aguzzi.” La risata di lui, quasi a schernire quell’immagine, le risuonò nelle orecchie. Poteva vedere il sorriso appena accennato, le labbra contorcersi solo da un lato e mostrare giusto un paio di denti bianchi. “C’è tanta arte qui, tante cose da vedere, da scoprire, da dipingere ma niente riuscirebbe mai a reggere il tuo confronto. Sono ancora convinto che un giorno capirai dov’è il tuo posto e allora, dimmi solo dove sei e ti verrò a prendere. Buonanotte.”
Sembrava la chiamata di un ubriaco la sua, di uno che aveva bevuto troppo e che voleva solo guardare la vita da una prospettiva diversa, peccato che lei sapesse già che il suo posto non sarebbe mai stato dove avrebbe voluto lui e neanche dov’era adesso.
Spinta proprio dalle due chiamate di Klaus che non facevano altro che parlare di dipinti e artisti, aveva trascinato Elena ad una mostra di pitture ad olio. Vecchi ritratti e dipinti di natura morta o semplicemente paesaggi erano nulla in confronto al talento dell’ibrido che riusciva sempre ad intrufolarsi nella sua mente, anche quando avrebbe dovuto ricercare Tyler, sempre troppo impegnato ad aiutare gli altri licantropi che salvare la loro relazione.
Aveva girato tra le stanze, lasciando l’amica dietro che era stata chiamata da Damon. Caroline odiava ammetterlo ma era invidiosa del rapporto dei suoi amici perché una volta c’era lei al loro posto. Sapeva che avrebbe potuto averlo con lui, ma non voleva; non poteva.
Non si era neanche accorta di trovarsi davanti al quadro che ritraeva due amanti in abiti seicenteschi. Sfortunati amanti che si davano le spalle, che erano distanti fra loro eppure erano uniti da due mani intrecciate. Un legame che non avrebbero spezzato, che sarebbe potuto andare contro ogni avversità. Era quello che cercava la vampira bionda; quello che lui soltanto avrebbe potuto darle.
Si risvegliò da quello stato di trance solo quando una vecchietta si avvicinò a lei, con le spalle ricurve eppure ancora un fuoco particolare negli occhi. Doveva essere un’artista, si riconoscevano da quei due segni le persone che usavano ogni possibile ragionamento creativo eppure dannatamente malato, non era questo che voleva dire Klaus?
“Bello, vero?”
“Moltissimo..”
La lingua quasi le si contorse mentre sentivo il suono della sua stessa voce spezzato, mentre la donna al suo fianco le indicava il quadro accanto. Stessa mano, stessi amanti sfortunati, fin troppo: le due mani ancora intrecciate mentre lei si accasciava piangente sul corpo esanime di lui.
“Ha mai perso qualcuno di speciale, signorina?”
Caroline avrebbe potuto rispondere secca, senza giri di parole, ma non sarebbe stato da lei. No, lei era quella logorroica, quella che aveva sempre la risposta pronta, la soluzione ad ogni evenienza; quella preparata ad ogni eventualità e catastrofe. Solo che stavolta, la voragine le si sarebbe formata dentro se non avesse smesso di pensare.
“La politica è: se un qualcuno fosse così tanto speciale non se ne andrebbe, no? Una persona che si ritiene 'speciale' solitamente ci si aspetta che resti, no? Dopotutto è il motto di tutti dire ‘io resto, ci sarò’ e tu gli credi, pensi sarà davvero per sempre, per tutta la vita e poi, un giorno... è tutto finito.” Fece una pausa prima di riflettere ancora e rispondere poi in maniera più sentita all’anziana signora.
“Però, sì... dopo tutto l'odio e il rancore provati, sì, qualcuno di speciale l'ho perso.”
Ma la donna non era più lì quando la ragazza si voltò a chiedere chi invece avesse perso lei. Si avvicinò quindi al nome inciso sul cartellino che riportava il titolo del dipinto ma la cosa che più di tutte la colpì fu dove era stato realizzato: New Orleans.
“Care, scusami! Ci sono adesso e… è tutto ok?”
“Oh, Elena, sì, sì. Stavo solo… lascia stare, è una noia qui, andiamo dai.”
E prese a braccetto la mora, allontanandosi il più possibile – ancora una volta – da tutto ciò che aveva a che fare con lui.

 

 

 

Rosso, arancione, giallo, rosa, indaco; l’alba non era mai stata rappresentata meglio dietro una veranda aperta pennellata di nero e delle candide tende bianche che sembravano muoversi sinuose nel dipinto. La firma, la data e due semplici iniziali ad indicare la città, completavano la prima opera che Klaus aveva prodotto dopo tanto tempo e che non comprendeva nessuno dei tratti distintivi della bionda che lo tormentava, completamente diversa da quella a cui ormai faceva visita da abbastanza sere per poter iniziare a chiamarla Camille. Era solito fermarsi anche dopo la chiusura con lei, accompagnarla a casa perché sapendola al sicuro avrebbe passato meglio la notte. Sapeva perfettamente che lui era un pericolo costante per lei, la sua vicinanza lo era, rendendola facile preda agli occhi di Marcel ma al momento non se ne curava; troppo preso a conoscere ogni minimo tratto distintivo della mente della psicologa che riusciva a farlo riflettere come pochi vi erano mai riusciti.
“Nessuno è completamente solo al mondo invece. Neanche tu che cerchi di fare il duro e il forte; il tenebroso.”
Klaus rise a quella descrizione, facendo una delle sue solite facce divertite, prima di chiedere spiegazioni.
“Vedi, tutti credono che per non rimanere soli bisogni cercare l’anima gemella. Sbagliano, tutti. Sbagliano nel concetto stesso credendo che quella persona sia l’amore della loro vita, non capendo che invece hanno bisogno di qualcosa di più che l’amore. Hanno bisogno di un porto sicuro, un’ancora, un paradiso. Ecco, io la chiamo persona paradiso, colei che non ti renderà mai più solo.”
“Dolcezza, mi spiace deluderti ma non credo né al paradiso, né all’inferno.”
“Klaus, ormai so cosa sei ed è normale che tu non ci creda. Ma io non parlo di religione, di persone mistiche; sto parlando di gente reale. La persona paradiso è quella che ti completa, di cui hai così paura di perdere che finisci per rivelargli ogni tuo minimo difetto o oscuro segreto per far sì che non si ingigantisca con il passare del tempo, pur sapendo che questa persona non scapperà. Puoi metterti completamente a nudo mentalmente e sentirti ugualmente al sicuro nei tuoi pensieri.  Nessun giudizio, nessun pregiudizio. Qualcuno di talmente complementare a te ma che riesca comunque a darti un punto di vista esterno e razionale. Qualcuno che ti dia amore incondizionatamente.”
Klaus rise sguaiatamente, come se Camille fosse impazzita completamente nel credere che qualcuno di così puro esistesse, anche se alla fine dovette smetterla quando pensò a lei.
“..non ridi più adesso? Vuol dire che sei uno dei pochi che l’ha trovata. E io mi fermo qui, anche stasera ti ringrazio per la chiacchierata. A domani Niklaus.”

 

 

 

Stupida, stupida, stupida. Le era bastato ricevere un dipinto firmato da lui per rincartarlo e prendere il primo volo per New Orleans. Non poteva semplicemente rimandarlo al mittente? In cuor suo sapeva la risposta, semplicemente era troppo  testarda per ammetterla. Ed ora eccola lì, all’aeroporto, con la valigia tenuta salda in una mano e la tela accuratamente incartata sotto il braccio. I capelli a ricaderle davanti, riportati indietro solo dal suo sbuffare.
Aveva percorso così la strada fino al centro  e non le ci era voluto molto per farsi notare da lui; gli occhi puntati ovunque in una città che teneva ancora a conquistare al momento giusto.
“Sei venuta per restare, tesoro?”
La sua voce le era arrivata dritta al centro dell’orecchio, passando per i brividi che le aveva procurato lungo la schiena, facendola sussultare; mostrandosi inerme a lui, per lui.
“Assolutamente no. Sono venuta per riportarti questo! Che diavolo significa?”
“E’ un regalo, non sarebbe il primo, mia cara. Potrei però mostrartelo dal vivo adesso.”
“Non sono qui per restare.”
Borbottò lei, ribadendo che se ne sarebbe andata in fretta, che non era lì per lui, perché non poteva fare a meno di averlo attorno.
“La valigia dice il contrario.”
Ed eccola la sua risata, il suo smascherarla in poco tempo che l’aveva convinta a seguirlo nella sua casa dove aveva trovato Hayley ed Elaijah, Rebekah e un qualche umano che sarebbe stato ben presto il suo pasto;  nella sua stanza al piano superiore dove l’aveva costretta a cambiarsi per una cena e poi una passeggiata e poi per un drink per conoscere Camille che, prima di chiudere, l’aveva avvicinata.
“Non fartelo scappare, non ha mai guardato nessuna come guarda te. E io me ne accorgo..”
Un sorriso amaro sulle labbra della barista, le fece capire che altre donne si sarebbero potute innamorare di quell’enigma di un Mikaelson e la sensazione che adesso le prendeva allo stomaco le consigliava di fare qualcosa a riguardo, al più presto.
Aveva così accondisceso a tutte le richieste dell’ibrido prima di tornare a casa e guardare quell’alba nella versione più naturalistica. E proprio lì, mentre lui era fermo ad ammirare lei, lo colse di sorpresa spingendolo verso il letto e baciandolo come non aveva mai fatto con nessuno. Rialzandosi l’attimo dopo con uno scatto felino e aggiustando i capelli, prese a spogliarsi di ogni indumento e andò a sedere sulla poltrona accanto al balcone.
“Penso che manchi qualcosa al tuo dipinto, quindi… dipingi?”

 

 

GirlOnFire’s Notes. 

 

Secondo tentativo, secondo approccio sulla coppia che mi ispira di più, in questo fandom. Spero di non aver reso i personaggi troppo OOC perché, davvero, sono un’estimatrice di Caroline e Klaus e ci tengo sempre a non spingerli troppo fuori dal personaggio.

E… niente, sto parlando troppo vero? Quindi vi chiedo solo di farmi sapere se vi è piaciuto, magari con una recensione, pretty please? (:
E vi ricordo che potete trovarmi
qui per qualsiasi cosa.

Alla prossima, V. 

 

 

   
 
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