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Autore: Star_    08/10/2013    1 recensioni
[Storia inventata ispirata al mondo degli anime/manga]
"Lasciate ogni speranza o voi che entrate."
Questo racconto non narra storielle per bambini, in questo racconto vi faremo conoscere cosa sia la vera paura... perché lei, la "Regina del Male" sta progettando il modo per farvi inchinare al suo cospetto. Occhi di ghiaccio smeraldo vi faranno capire che non tutto è come sembra! Ma questo è solo un sogno, almeno per adesso, ovviamente. La giovane Ayame, una ragazza giapponese di 17 anni che ama il basket alla follia, non si lascerà abbattere così facilmente! Il suo sogno è diventare la "Regina del Male" ma degli imprevisti stanno per ostacolare la sua ascesa al potere. Uno di questi è un nuovo studente, il bello, snob e presuntuoso americano di nome Ryan, che le sconvolgerà la vita. Che succederà alla nostra Ayame? Con l'aiuto del suo migliore e unico amico di sempre Jin, l'unico di cui lei si fidi, riuscirà a sconfiggere l'americano? O forse anche lei cederà ai sentimenti umani?
Scopritelo seguendo il loro intreccio di destini tra comicità, parole non dette e sentimenti nascosti!
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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I don't speak American.

 

 

Capitolo 1 ~ Scintilla







Uno, due, tre, passo, tiro e canestro! Yes, siamo pari! Mancano solo quindici secondi alla fine della partita. Posso farcela, anzi, possiamo farcela! Ci siamo impegnate tanto per arrivare fin qui, dobbiamo vincere. Ho messo tutta me stessa in questa partita. Bene, Eri è riuscita a prendere la palla, adesso il contrattacco!

«Passa quella palla Eri!» Le grido io. Anche se sono marcata posso prendere la palla, sono molto più veloce del mio difensore. Eri lancia una palla molto lunga. Salto per prenderla. Mancano solo cinque secondi. Non posso tirare sotto canestro, non c’è tempo. L’unica soluzione è fare un tiro da tre punti. Mal che vada non ci sarà tempo per un rimbalzo. Io tento lo stesso.

«Non tirare da tre Aya!» Ma perché hanno sempre da ridire su ogni cosa che faccio?!

Non mi interessano le loro opinioni, io tiro lo stesso. La palla che ho tirato fa un percorso molto veloce. Le nostre avversarie cercano di deviare la palla ma non ci riescono. Chiudo gli occhi, non posso guardare.

Sento solamente le urla delle persone. Apro gli occhi e guardo il tabellone: 68-70 per lo Shoyo! Abbiamo vintooooo! Ce l’ho fatta! Sono riuscita a portare la mia squadra alla vittoria! Oddio, non ci credo!

«Ayaaaaaaaaaaa! Sei una grande!» Myo è corsa subito ad abbracciarmi. Non riesco a rendermi conto di quello che sta succedendo. Le mie compagne di squadra mi abbracciano ma io… beh, ho sempre odiato gli abbracci così.

Distolgo lo sguardo da loro e guardo la panchina. Papà è lì. Gli sorrido, mentre corro verso di lui.

«Hai visto papà? Ho portato la nostra squadra alla vittoria!» Lo abbraccio forte.

«Sì, tesoro mio… sei stata eccezionale! Sono fiero di te!» Le sue parole mi fanno commuovere. Io… io ho dato la vita per questa partita.

«Anch’io sono fiero di te, Aya!» Mi giro dall’altra parte e vedo Jin.

«Jin! Sei venuto a vedermi! Che bello!» Lo stingo forte. Anche lui lo fa, facendomi alzare di qualche centimetro dal suolo.

«E come potevo perdermi una tua partita?»

Jin è il mio migliore amico. Siamo stati migliori amici per tutta l’infanzia, le medie, fino ad arrivare alle superiori. Lui è l’unico amico che ho. Con lui ho passato la maggior parte delle mie giornate. Sa tutto di me e io so tutto di lui.

A proposito, non mi sono ancora presentata. Il mio nome è Ayame Kazawa, ho diciassette anni e frequento il quarto anno al liceo Shoyo. Come ho già detto, ho solo un amico. Non sono una ragazza tanto socievole, anzi, faccio fatica a trovarmi degli amici. Infatti, non parlo molto con i miei compagni di classe e di squadra. Per la maggior parte conosco ragazzi perché, sì, lo ammetto, sono un maschiaccio. E molto anche. Odio portare le gonne, le porto solo a scuola perché le divise sono fatte così. Odio truccarmi e sistemarmi i capelli. I miei capelli sono sempre legati alla buona o sciolti.

L’unica cosa che amo è il basket! Sì, questo sport è la cosa a cui tengo di più dopo i miei genitori e Jin. Ho iniziato a giocare a basket quando avevo sei anni. Papà ha voluto che seguissi le sue orme, visto che lui era l’allenatore della nazionale. Non per vantarmi, ma sono amica dei giocatori della nazionale, ho assistito a molti loro allenamenti. Mio papà, però, ora non allena più la nazionale. Quindi gli hanno domandato se sarebbe stato disposto ad allenare la squadra femminile del nostro liceo e lui ha accettato. Adesso siamo entrate in finale. Sìììì!

«Aya, vieni a festeggiare con noi!» Mi invita Kyoko.

«Prima vado a chiamare la mamma per dirle che abbiamo vinto.»

Mia mamma abita a Kyoto, si è trasferita lì dopo aver divorziato da mio papà. Io avevo dieci anni quando lo decisero. Lei ha sempre sostenuto che papà mettesse al primo posto il basket e non la famiglia. Secondo me ha ragione, anche se non gliel’ho mai detto. Adesso lei insegna matematica in un liceo di Kyoto.

«Pronto mamma…?» Dopo cinque minuti che il cellulare suona, si è degnata di rispondermi.

«Ciao cara, allora, com’è andata?»

«Beh, sì, ecco… abbiamo vinto, mamma! Io ho dato il canestro della vittoria, ahahah!» Devo sempre vantarmi con lei.

«Non ne avevo dubbi, tesoro! Sono molto contenta e fiera di te, ma tu questo lo sai già.» Il suo tono è così dolce. Vorrei poterla abbracciare.

«Mi manchi, mamma.» Le sussurro queste parole come se avessi paura che qualcuno mi sentisse.

«Oh, anche tu tesoro mio. Adesso però devo andare perché sono alla riunione degli insegnanti. Ti chiamerò stasera. Ti voglio bene, tesoro. Ascolta papà, mi raccomando.»

«Sì, certo! Contaci.»

 

°~°~°~°~°~°~°~°~°


«Svegliaaaaaa! Che fai tardi a scuolaaa!» Odio, la odio! Odio la voce di papà quando mi sveglia alla mattina. Non la sopporto quella voce.

«Papàààààààà! Posso saltare la scuola? Ti prego sono stancaaaa!» Urlo io dalla mia camera. Tanto so già la risposta, ma tentar non nuoce.

«Ma certo che no! Su, dai, vestiti!» Esco dal letto, mi vesto… questa gonna! Prima o poi la brucio. Odio, anche lei odio. Credo che oggi io sia in vena di odiare qualcosa o qualcuno.

Scendo velocissima le scale. Per fortuna c’è il sole fuori.

«Vado, papà.» Prendo la colazione e mi dirigo verso la porta.

«Non dimenticare di venire agli allenamenti, tesoro. Io sarò già in palestra.»

«Certo, non ti preoccupare. Quando mai ho saltato gli allenamenti, io?» Gli sorrido e chiudo la porta. Oggi Jin non è venuto a prendermi. Sarà in ritardo.

Mentre cammino per la strada, incontro alcune mie compagne di classe. Si stanno truccando specchiandosi nelle vetrine dei negozi. Che stupide!

«Ehi, Ayame! Vieni un po’ qua!» Urla Sayuri.

«Che c’è?»

«Vuoi metterti un po’ di matita? Sai, hai proprio una brutta faccia, sei stanca?» Odio pure lei e i suoi trucchi del cavolo. Come se fossero così indispensabili per la vita.

«No, grazie… io non metto quelle cose sugli occhi. E comunque, sì, sono stanca. Ieri ho giocato una partita di basket… ma tu non puoi capire…» Lei infatti non capisce. Oltre che alla moda lei non sa nient’altro. Non capisco perché si ostini a fare la carina con me quando sa che non la sopporto.

«Io ho cose più importanti da fare che andare a giocare a basket! E poi oggi dovrebbe arrivare un nuovo alunno nella nostra scuola. Me l’ha detto mia zia, è la preside. Sai, Ayame, ti conviene sistemarti perché sennò il nuovo ragazzo avrà una brutta impressione di te.»

«E a me cosa importa? Non mi va di conoscerlo. Tanto meno non mi interessa cosa pensa di me.» Con queste parole mi giro e me ne vado. Già sono in ritardo.

Io queste ragazze non le capisco, pensano solo ai maschi e ai trucchi. I maschi non sono nulla di speciale, ve lo posso assicurare, ho passato molto tempo con loro.

Davanti alla scuola si sono radunate un mucchio di ragazze. Ma che cavolo sta succedendo?

«Permesso, fatemi passare… scusateee! Yaoooo!» Una ragazza mi ha appena dato una gomitata in testa.

«Aya, anche tu vuoi vedere il nuovo arrivato? Mamma mia, non sai quant’è carino! Si chiama Ryan, è di origine americana.» Me l’ha chiesto Eri.

«No, Eri! Non m’interessa quel ragazzo… non capisco perché fate tutto questo casino solo per vederlo. Non è mica un VIP.» Capisco se fosse un giocatore dell’NBE, allora anch’io avrei strillato, ma è solamente un ragazzo come tutti gli altri.

«Ehm… scusa, posso passare?» Distolgo lo sguardo da Eri, girandomi verso la persona che mi ha rivolto la parola. È un ragazzo con capelli biondo chiaro e occhi blu cobalto. Sarà il nuovo ragazzo, perché non l’ho mai visto.

«Stai dicendo a me?» Indico me stessa col mio indice.

«Sì, mi stai sbarrando la strada, devo entrare.»

«Che cosa? Ma passa da un’altra parte! Chi ti credi di essere?» Solo perché tutte le ragazze strillano e dicono che sei carino non occorre che tu ti dia tante arie. Odio pure lui! L’ho detto che oggi sono in vena di odiare!

«Che lingua! Non ho mai visto una ragazza antipatica come te.» Il suo tono arrogante mi irrita! Non lo sopporto, sarà uno di quei perfettini figli di papà. Mi ha spinta per passare.

«Comunque, piacere, io sono Ryan.»

Giro la testa dall’altra parte. Non voglio avere niente a che fare con un presuntuoso come lui. L’ho detto che lo odio? Sì, bene, lo ridico, lo odio!





 



NDA: Salve a tutti e grazie per aver letto fin qui! ^^
Vi prego di dare una possibilità a questa storia continuandola, perché vi assicuro che il bello deve ancora venire!
E se vi è piaciuto, perché non lasciare un commentino? ^^
A presto!
   
 
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