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Autore: _Gufetta_    09/10/2013    0 recensioni
"Perché adesso gli tornava in mente, vivido e perfetto, come se fosse successo solo poche ore prima, il sorriso di quel cucciolo d’umano senza nome?
Il suono della sua voce tornava a tormentargli il cervello.
“Master Knives, Master Knives”
Legato sembrava vivere per potersi far scivolare il suo nome sulle labbra."
[Post manga. Knives/Legato]
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Ogni tanto torno a pubblicare! Detto questo, qualche avviso prima che cominciate a leggere:
Questa fanfiction è ambientata nel mangaverse, dopo la fine della serie. Knives è caratterizzato (insieme a quella che è la sua relazione con Legato) seguendo il manga e non l'anime, per cui alcune cose potrebbero suonare OOC per chi lo conosce solo dalla serie animata. Comunque è molto probabile che sia finito OOC per la troppa... 'dolcezza'? Si, possibile. 
Si tratta di una what if perchè la fine del manga non è chiara su cosa effettivamente succeda a Knives, io seguo il mio headcanon su quanto segue, giusto per avere un po' di speranza xD
L'incest è segnalato tra gli avvertimenti perchè la relazione tra Vash e Knives è trattata un po' in bilico tra l'affetto e l'ossessione in termini amorosi, quindi per sicurezza avverto, anche se la cosa rimarrà incentrata su Legato e Knives.
Buona lettura!


GOLDEN EYES

Si calcò il cappuccio ancora un po’ sopra i suoi corti capelli neri.
Attraversare quell’infinita distesa di deserto gli era sembrato facile, in tutti quegli anni, delle volte addirittura noioso.
Mentre adesso, ogni passo gli pareva immensamente più pesante e faticoso del precedente.
Voleva dire questo abbandonare quasi del tutto il potere, avvicinarsi ad essere dei semplici umani?
Questa era la fatica di tutti i giorni? Gli facevano male i muscoli delle cosce, la schiena, e poteva sentire il sapore del sangue dalle spaccature sulle labbra, quando tentava di inumidirle con la lingua.

Anni erano passati senza che il tempo significasse nulla, senza che le distanze importassero qualcosa.
Non aveva alzato la testa alle stelle, di notte, se non poche volte, insieme a Vash, quando erano giovani.
Quando erano stati felici.

Il ricordo del fratello era doloroso, più profondo dei tagli nei piedi, più reale della morsa della fame allo stomaco. Gli umani lo avevano fatto sorridere, quella era la cosa che più di tutte gli faceva male.
Lui solo, lui, prima che qualsiasi ferita segnasse il corpo di Vash, era stato quello che gli aveva fatto del male.

Non era stata solo la morte di Rem, o la Caduta ma solo… Egoismo. Puro e semplice. Voleva che Vash restasse con lui, voleva che guardasse solo lui e voleva essere il suo mondo. Quello che Vash era per Knives, Knives desiderava esserlo per Vash.
Ma non era mai stato così.

Knives non aveva mai conosciuto il dolore tanto quanto Vash, e non aveva mai imparato a conviverci.
Ogni passo adesso era una punizione, era un insegnamento.
Vash aveva solo quel modo per fargli capire perché avesse vissuto così a lungo tra gli umani. Ognuna delle ferite che segnavano il corpo di Vash non erano solo dolore, nascondevano anche ricordi belli. Sorrisi, vite salvate, riconoscenza.

Knives decise di fermarsi, acquattandosi vicino ad una roccia per ripararsi dal vento.
La sera faceva molto freddo, e capiva che tutte le cose di cui lui si stava rendendo conto adesso, per Vash erano routine.
Nascose il viso nelle ginocchia raccolte al petto, nel tentativo di non disperdere troppo il calore corporeo.

Non aveva avuto nemmeno il coraggio di chiedere a Vash di poter rimanere con lui, e forse era l’unica cosa buona che aveva fatto nella sua vita.
Il fratello non aveva avuto il coraggio di ucciderlo e l’aveva salvato. Si erano salvati.
Ma risparmiargli la vita era stato un gesto crudele, dato che l’unica cosa che Vash non gli avrebbe dato era la possibilità di tornare ad essere una famiglia. Ed era l’unica cosa che a Knives importava.

In silenzio, continuando a sorridere, Vash, freddamente, aveva calato un muro invalicabile tra di loro.

Ti ho salvato, ora vattene” dicevano i suoi occhi mentre il suo viso sorrideva. Knives serrò gli occhi finchè macchie di colore non presero il posto di quell’orribile immagine.

Sarebbe davvero stato meglio per lui essere morto, o semplicemente poteva stendersi adesso su un fianco e lasciarsi sommergere dalla sabbia. Scomparire per sempre, dimenticato.
Non sarebbe tornato a cercarlo nemmeno Vash, che senso aveva la sua vita?

Era quella la tanto temuta solitudine?
Sentire nelle orecchie solo il suono del proprio cuore, e non avere nessuno a cui pensare? Tutti quegli anni si era aggrappato a Vash, all’idea di poter costruire assieme il loro paradiso e adesso… Non riusciva a non pensare a Vash senza vedere sul suo viso tutto il dolore che gli aveva causato.
Perché in quel momento quella solitudine pesava così tanto? Era stato solo così tanti anni e…

No, non era stato solo.
Si era creduto solo, perché nessun lurido umano era una compagnia degna della sua grandezza, ma intorno a lui c’erano sempre stati.
Da quasi vent’anni a questa parte poi… c’era stato Legato.

L’aveva visto crescere.
Era stato quasi magico veder cambiare il suo corpo e le fattezze del suo volto così lentamente ma inesorabilmente, due anni erano bastati a farlo diventare un adulto, e poi le sue braccia si erano fatte più forti, il suo profilo più pronunciato.
Anni che per Knives non significavano nulla, avevano preso ad avere una loro funzione, nello scorrere del tempo, lo vedeva trasformarsi, irrobustirsi. Cambiare ma mai del tutto.
Era con lui quando aveva rimesso in funzione l’Arca.
Al suo fianco quando la disperazione e la rabbia l’avevano sopraffatto, scoprendo di non essere onnipotente come credeva.
La sua era una lealtà che sfiorava la dedizione più totale, l’adorazione. Tutto quello che faceva era in funzione di Knives.
Tutto.
Ogni respiro, era per lui.

E adesso che era stanco, che non aveva più niente per cui combattere, adesso gli mancava.
Quel ragazzino magro e spaventato che aveva raccolto in mezzo al niente.
Quel giovane in lacrime che aveva raccolto le sue interiora tra le macerie di July.
Per la prima volta si rese conto che se non fosse stato per lui, non sarebbe sopravvissuto.

Quell’inutile, gracile essere umano gli aveva salvato la vita.

E lui, cieco come lo era stato per Vash, se non di più, l’aveva schiacciato, umiliato, denigrato.
Chiunque lo avrebbe lasciato solo.

Lo aveva fatto anche Vash alla fine, no?

Eppure Legato no. Legato era tornato a cercarlo, Legato aveva fatto tutto quello che un misero essere umano poteva fare, per servirlo.
Compreso perdere la sua umanità.

Legato che non aveva mai fatto una smorfia, versato una lacrima, quando gli rompeva le ossa.
Legato, dal profondo di quegli occhi dorati cosi diversi e caldi, aveva capito senza mai chiedere, qual era da sempre, la sua più grande paura.
Knives aveva paura di essere lasciato solo.
E Legato era sempre rimasto.

Perché gli bruciavano gli occhi?
Colpa del deserto, del sole del giorno che ora se ne stava andando, certo.
Non stava piangendo. Era.. era qualche reazione del suo corpo agli sbalzi di temperatura, ora che calava la notte.
Perché adesso gli tornava in mente, vivido e perfetto, come se fosse successo solo poche ore prima, il sorriso di quel cucciolo d’umano senza nome?
Il suono della sua voce tornava a tormentargli il cervello.

“Master Knives, Master Knives”

Il suo nome tornava, vellutato e servile, urlato, soffiato tra i denti stretti dal dolore, sussurrato nell’estasi di un piacere sporco che Knives non riusciva a capire.
Legato sembrava vivere per potersi far scivolare il suo nome sulle labbra.

Cos’era che aveva scatenato tanta furia e tanto dolore in Vash alla morte del reverendo?
Questo?
Knives non capiva.
Non si era mai fermato a riflettere su cosa fossero i sentimenti, o quando o verso chi andassero provati.

Il suo mondo finiva ed iniziava con Vash, gli era sempre servito sapere solo quello.

Si era preservato dal vivere tutta una serie di esperienze che Vash invece non si era risparmiato, vivendo tra gli umani.
Non solo il dolore, ma anche il piacere, il costruire una relazione con qualcuno al di fuori di se.
Imparare da qualcun altro ad amare.
Rem lo aveva insegnato ad entrambi, si era data corpo e anima per loro.
Vash lo aveva capito subito e si era distrutto, anima e corpo, amando gli uomini come loro non sarebbero mai stati in grado di amare a loro volta.

Lui no.

Improvvisamente gli sembrò di aver sprecato tutta la vita. Ogni singolo giorno, da quando erano caduti su quel pianeta. Non aveva mai imparato nulla, si era sempre conservato al riparo dall’esterno.
Forse, più di qualsiasi punizione che Vash volesse infliggergli per espiare le sue colpe, quello che suo fratello voleva era che vedesse le cose dal suo punto di vista.

E Legato gli mancava terribilmente.

Una piccola, folle parte del suo essere, avrebbe voluto tornare indietro e affondare le dita nei suoi capelli blu senza dovergli per forza fare del male.
Avrebbe voluto baciargli la fronte e guardarlo negli occhi senza disgusto.
Avrebbe voluto permettergli di dormire al suo fianco. Forse, in tutti quegli anni, avrebbe smesso di sentire tutto quel freddo.

Ma in tutti quei ‘se’ c’era la crudeltà del ricordo.
E adesso che era davvero solo, gli rimaneva solo il dolore.

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Spero che vogliate recensire, ci ritroveremo a breve con i prossimi capitoli! (sembrava finita, vero? e invece no!)

Vi lascio qui il link del breve comic da cui è cominciata l'idea di questa fanfiction.
[http://gufyresthere.tumblr.com/post/52332537196
]
Mi era sembrato più immediato da disegnare, e invece poi mi sono ritrovata a voler approfondire anche a parole le riflessioni di Knives :3
A presto!

 
  
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