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Autore: sic58    09/10/2013    10 recensioni
Bella ed Edward, amici da una vita, si scoprono innamorati tra i banchi di scuola, ma la fine del liceo segna anche la rottura della loro storia perché, in qualche strano modo, lui sente che l’amore finirà per tappargli le ali sui suoi progetti futuri.
È così lei parte per il college in un’altra città, mentre lui resta lì continuando a inseguire i suoi sogni.
Dopo quattro anni sono diversi e lo sono altrettanto e soprattutto i mondi ai quali adesso appartengono.
Bella è una semplice ragazza che lavora in un locale e che trascorre le giornate con gli amici e il fidanzato.
Edward, invece, ha realizzato i suoi sogni. Pilota nella classe regina del motomondiale è il nuovo talento del momento, la superbega, il marziano che a soli 20 non è solo un nastro nascente, ma un vero e proprio problema colossale per i suoi avversari.
I due si rincontrano e nel tempo di uno sguardo capiscono che l’attrazione che li ha sempre legati in passato non è mai sparita, ma tanti saranno gli ostacoli che li attendono lungo la via...perchè vivere accanto a qualcuno che non teme la morte può risultare, a volte, più difficile del previsto.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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La seguente storia è stata scritta senza alcun scopo di lucro e i personaggi citati sono di proprietà di Stephenie Meyer

 

1.

Pov Bella

Ci sono momenti nella nostra vita in cui l'amore sconfigge tutto: lo sfinimento, l’insonnia, tutto, perfino la forza di gravità. E poi ci sono quei momenti in cui sembra che l'amore non ci porti nulla se non dolore.

Di solito succede quando l’amore che provi, all’improvviso, smette di essere ricambiato o, quando, ti ritrovi ad essere tradito da quell’amore a cui hai creduto fortemente per tanto tempo. Peggio ancora, succede, quando entrambe le cose ti sbattono al muro e ti impediscono ogni movimento.

È proprio in quei momenti che inconsapevolmente mettiamo in un ripostiglio il cuore e questo avviene all’improvviso, non c’è mai un momento preciso. Non c’è ne rendiamo nemmeno conto.

In realtà ci sembra di essere come al solito, un pò più tranquilli, ma comunque gli stessi di sempre.

O almeno, è così che è capitato a me.

Avevo appuntamenti, davo baci, andavo avanti con la mia vita.

Facevo quello che tutti si aspettano: inseguivo i miei obiettivi, facevo le mie esperienze, cercavo un pò di felicità.

E intanto non mi accorgevo di essermi persa.

Ho smesso di piangere la notte.

Ho smesso di fare discorsi seri.

Ho smesso di dire alle mie amiche: “dai, vieni qui. Dimmi cosa c’è che non va” e ho iniziato a dire “tranquilla, tanto ti passa”.

Tra un pò di buon sesso e tanti giochi ho improvvisamente scelto di giocare. E lo facevo semplicemente perché ero convinta che fosse questo quello che mi andava di fare.

Poi, un giorno, mi sono svegliata e guardandomi allo specchio ho capito che era tutta una recita, che fingere di sentire ancora qualcosa non serviva a nulla.

Era tutta una messinscena la mia, una stupida farsa per non ammettere a me stessa che dentro di me c’era solo il vuoto.

Una farsa per non dire alle mie amiche che avevo un buco in testa e uno in pancia.

Una farsa per non dire agli altri che toccavo gli oggetti ma non li sentivo.

Una farsa per non ammettere che dietro ogni mio abbraccio c’era la volontà di voler essere altrove.

Una farsa per proteggermi da tutto, per evitare accuratamente qualsiasi cosa che potesse creare scompiglio o lacrime.

Era tutto una fottuta farsa.

E avrei continuato a non dirlo, a non ammetterlo a me stessa se, una sera, all’improvviso non fossi scoppiata a piangere, apparentemente senza motivo, e avessi iniziato a dire che mi mancavo.

Mi mancavo da morire e, assurdamente, mi mancava più di ogni altra cosa al mondo la me capace di soffrire.

 

Il Blue Moon non era un posto come gli altri. Il Blue Moon era il luogo che, quattro anni prima, mi aveva accolta dandomi un lavoro per riuscire a vivere dignitosamente e, soprattutto, per riuscire a pagare la retta del college senza gravare sulle spalle dei miei genitori. Era uno tra i locali più belli dell’intera Seattle, la città dove adesso abitavo.

La mia città natale era Portland, nell’Oregon, ed era lì che ero nata a cresciuta fino a quando, dopo il liceo avevo deciso di trasferirmi a Seattle per frequentare lì il college ed era proprio tra i muri del college che avevo conosciuto i miei attuali amici ed era lì che avevo conosciuto Jake, il mio ragazzo con il quale stavamo insieme da due anni.

All’inizio lo consideravo solo un amico, ma poi, con il tempo, i sentimenti verso di lui si erano fatti più forti e alla fine avevo ceduto alla sua corte spietata e ci eravamo messi insieme. Stavamo bene, eravamo più o meno felici nonostante alcuni alti e bassi, ma dentro di me sapevo che mancava ancora qualcosa, o forse mancava qualcosa in me in quanto sapevo di non amare Jake al massimo delle mie possibilità, per lo meno non come avevo amato un tempo.

Mi dicevo, però, che era normale che fosse così. Succedeva quando un vecchio amore lasciava brutte cicatrici dentro e allora poi veniva difficile aprirsi nuovamente del tutto ad un’altra persona.

Seduta comodamente sulla poltrona di fronte alla cassa del locale approfittai di quel momento di tregua per immergermi nel mondo dei libri. La lettura era sempre stata la mia passione fin da bambina e, crescendo, le cose non erano affatto cambiate. Adoravo i classici, i gialli, le storie sovrannaturali, qualunque cosa purchè riuscisse a trasportarmi in un mondo nuovo che niente aveva a che fare con la realtà che vivevo tutti i giorni.

“Ancora quel libro?” disse una voce che avrei riconosciuto fra mille “possibile che non ti abbia ancora stufato dopo tutte le centinaia di volte che l’hai letto?” continuò.

Quando sentii queste parole avevo gli occhi bassi e una mano in bocca a stuzzicare le mie labbra con le dite, come ero solita fare quando leggevo qualcosa che attirava particolarmente la mia attenzione, e subito alzai lo sguardo verso la direzione in cui avevo sentito parlare e un mezzo sorrisino buffo mi increspò le labbra.

“Cime Tempestose è un classico” mi lasciai scappare in risposta “i classici non possono stufare mai e poi mai” conclusi sicura di me.

Lui mi guardò e mi sorrise scrollando le spalle consapevole che su quell’argomento non l’avrebbe mai avuta vinta, poi si avvicinò e subito affondò le sue labbra sulle mie in un bacio veloce, ma amorevole.

“Oggi sei più bella del solito, lo sai?” mi domandò retorico.

Se c’era una cosa che lui non mi faceva mai mancare erano proprio i complimenti e questo non faceva altro che farmi spuntare sempre un sorriso ebete sulle labbra. La verità era che io non ero mai stata abituata ai complimenti. Nessuno che mi diceva “sei bellissima” o “il tuo sorriso è incantevole”. No, niente di tutto questo. Forse perché l’ultima e unica volta in cui mi ero innamorata davvero era stato tra i banchi di scuola e a quell’età i ragazzi pensano ad altro che a fare i romantici con le proprie donne.

“Jake, smettila” gli risposi abbassando lo sguardo.

“Credi che prima o poi riuscirò a farti un complimento senza che tu arrossisca?” mi chiese sorridendomi.

Il problema era proprio quello: non essendo abituata a riceverli, i complimenti mi imbarazzavano sempre.

“Un giorno, forse” gli risposi colmando di nuovo le distanze e baciandolo in modo da distrarlo e cambiare così argomento.

Quando ci staccammo lo osservai per bene e mi accorsi subito che era raggiante come poche volte l’avevo visto.

“Sprizzi felicità da tutti i pori” gli feci notare consapevole già di conoscere il motivo di quel buon’umore.

“Ovvio” mi rispose subito come se non vedesse l’ora di tirare fuori quell’argomento “questa settimana andremo a vedere dal vivo quei pazzi piloti correre” mi spiegò “ma tu ci pensi? Non ti senti raggiante solo per questo?” continuò.

Quella stessa settimana si sarebbe corsa a Monterey una gara del motomondiale sul circuito di Laguna Seca e Jake, grande tifoso delle due ruote, aveva convinto me e altri amici ad andare a vedere la corsa dal vivo.

La cosa, sinceramente, non mi faceva impazzire più di tanto, ma avevo cercato di non darlo a vedere perché lui sembrava davvero così felice che non mi sentivo di fare da guastafeste.

Andare a vedere quella corsa mi avrebbe sicuramente condotto faccia a faccia con il mio peggiore incubo, ma Jake non lo avrebbe mai saputo, lui quella parte della mia vita la conosceva solo di sfuggita.

“Si Jake, certo che sono felice” gli risposi “non vedo l’ora” mentii.

Non che le corse non mi piacessero, anzi, io le adoravo. Ero stata quasi costretta a seguire quelle competizioni sulle due ruote da quando ero davvero piccola e alla fine mi ero appassionata tantissimo anche io a quello sport, solo che avrei preferito continuare a guardarlo da casa davanti ad una televisione.

“Sai qual è l’unica pecca in tutto questo?” mi domandò smorzando leggermente il suo stesso entusiasmo.

“Quale?” gli domandai curiosa.

“Che non abbiamo i pass per riuscire ad avvicinarci ai piloti per autografi e foto” mi spiegò.

Abbassai lo sguardo colpita da quelle sue parole, ma tornai a guardarlo quasi subito in modo da non fargli capire il mio cambio d’umore.

“Lo so” riuscii solamente a dire.

“Tu non puoi capire cosa darei per averli” tornò a dirmi “arrivare lì, guardarli correre così da vicino e restare comunque a bocca asciutta non potendo nemmeno scambiare una parola con loro” mi spiegò.

Ci fu un attimo di silenzio, poi mi decisi a porgere quella dannata domanda di cui avevo una disperata paura di ricevere la risposta.

“Ci tieni così tanto ad averli?”

“Cosa?” mi chiese non capendo.

“I pass”.

“Ovvio, ma è praticamente impossibile riuscire ad averli. Non conosciamo nessuno e anche ammesso che vogliamo comprarli è troppo tardi per riuscire a trovarne qualcuno” mi rivelò.

In effetti avevamo deciso all’ultimo di prendere i biglietti per la corsa, motivo per cui ci erano costati anche parecchio, ma per i pass era davvero difficile trovarne qualcuno ad una settimana dalla gara.

“Mi dispiace” gli dissi solamente.

Lui mi guardò e mi sorrise.

“Fa nulla” provò a sdrammatizzare “magari in un’altra occasione” aggiunse avvicinandosi e dandomi un bacio sulla fronte.

Lo guardai e non mi fu difficile capire che cercava di non dare a vedere il fatto che gli dispiacesse per quella storia e mi bastò guardare quell’espressione per decidere di mandare a puttane gli ultimi quattro anni della mia vita.

“Vado fuori a fare una telefonata” gli dissi “ti dispiace restare qui nel frattempo e rispondere al telefono nel caso suonasse?” gli domandai poi.

“Tranquilla, amore. Ci penso io”.

Anche Jake, da circa tre anni a questa parte aveva trovato lavoro lì al Blue Moon e così, oltre che vederci fuori ci vedevamo anche nel posto di lavoro e dovevo ammettere che era bello averlo lì perché riuscivo a sentirmi a casa anche in quel locale.

Gli sorrisi e afferrai il cellulare dirigendomi verso l’uscita del locale e quando arrivai fuori cercai un numero in rubrica. Non appena lo trovai feci partire la chiamata mettendolo ad un orecchio. Mentre il numero prese a squillare io mi guardai attorno, senza nemmeno riuscire a capire il motivo per cui lo stessi facendo.

La verità era che non avrei mai creduto di arrivare a fare una chiamata del genere, ma mi sentivo quasi in dovere di farlo. Forse, ero l’unica che avrebbe potuto realizzare il sogno di Jake e io glielo dovevo in nome a tutte le cose che lui aveva fatto per me da quando ci eravamo conosciuti fino ad ora.

Al quarto squillo sentii qualcuno rispondere dall’altro lato.

“Ciao bellissima” mi disse una voce “sono felice di sentirti” continuò.

“Ciao orso, è un piacere anche per me” gli risposi sincera “come te la passi?” gli domandai poi.

Emmett faceva parte di quella schiera di amici che mi ero lasciata a Portland dopo la mia partenza per il college, ma con il quale avevo mantenuto, nel corso degli anni, un ottimo rapporto. Ero andata a trovarli qualche volta e spesso e volentieri venivano loro a trovare me, loro che erano inclini più di me a mettersi in aereo e partire. Non che io non lo facessi per paura o roba simile, ma l’idea di tornare con frequenza nella mia vecchia città non mi allettava per nulla.

“Tutto alla grande. Te, invece?” mi chiese.

“Anche io” gli risposi “comunque ti ho chiamato per chiederti un favore” gli dissi consapevole che prima sarei arrivata al dunque meglio sarebbe stato per tutti.

“Spara. Che ti serve?”

“I pass per la gara di Laguna Seca” sganciai la bomba senza girarci attorno.

“Che?” mi domandò sconvolto.

“Dai Emmett, non farmelo ripetere. Hai capito”.

Ci fu un attimo di silenzio, quel che bastò perché Emmett diventasse improvvisamente serio.

“Mi stai dicendo che hai intenzione di andare a vedere la gara?” mi domandò.

“Esattamente. Io e altri amici abbiamo già preso i biglietti”.

“Bella?” mi chiamò.

“Che c’è?”

“Non è che c’è sotto qualcosa?” mi chiese.

“No Emmett, non c’è sotto niente. Ho chiamato te e non Alice proprio perché non volevo che lei si facesse strani film mentali in testa” gli spiegai “non credevo che per te fosse lo stesso” continuai.

“Quindi vuoi vedere la gara e basta?”

“Esattamente”.

“Non vai lì per lui?”
“Ovvio che no”.

“E allora perché ti servono i pass?” mi chiese curioso.
“Perché voglio regalarli a Jake” gli spiegai sincera.

A quel punto Emmett scoppiò a ridere e io alzai gli occhi al cielo come se lui potesse vedermi.

“Trovi tutto questo divertente?” gli domandai.

“No scusa” iniziò a dire “è solo che tu mi stai dicendo che vuoi dei pass per far conoscere il tuo ex fidanzato con quello attuale. Fidati, ma suona un po’ ridicolo” continuai.

“Si dia il caso che il mio ex fidanzato è diventato un personaggio pubblico, quindi nulla di tutto questo è ridicolo” provai a fargli notare.

Ci fu un attimo di silenzio come se Emmett stesse riflettendo sulle mie parole e poco dopo riprese a parlare.

“Ok, ok, hai ragione” mi rispose “comunque sia Laguna Seca è in programma la prossima settimana giusto?” mi domandò.

“No, la prossima settimana si gira a Brno. Laguna Seca è questo week-end” gli spiegai.

“Beh allora abbiamo un piccolissimo problema” mi rivelò.

“E quale sarebbe?”

“Io, Rose, Jasper ed Alice siamo in vacanza in Spagna fino agli inizi della prossima settimana”.

“Il che significa che non puoi farmi avere questi pass?”

“Potrei, ma non ti arriverebbero mai in tempo”.

“Cazzo” mi lasciai scappare.

“Però, puoi sempre chiamare Vic e chiedere a lei di farteli avere tramite James. Lui non avrà problemi” mi spiegò “se non vuoi chiamarla lo faccio io” aggiunse.

“No, tranquillo. Ci penso io. Ti ringrazio”.

“Di nulla. Mi dispiace non esserti stato utile io personalmente”.

“Ma va, tu sei sempre utile” gli rivelai “non per nulla ti adoro” continuai.

“Ti adoro anche io”.

“Divertitevi in Spagna e salutami gli altri” gli dissi “ma evita di dire loro del motivo di questa conversazione soprattutto ad Alice” conclusi.

“Tranquilla. Sarò muto come un pesce”.

“Ti voglio bene, Emmett”.

“Te ne voglio anche io” mi rispose prima che io chiudessi la chiamata.

Con il cellulare ancora in mano valutai la possibilità di chiamare davvero Vic. Di certo lei avrebbe potuto aiutarmi. In fondo James era pur sempre il migliore amico di lui e avere dei pass era pane quotidiano per il biondo. Eppure qualcosa dentro di me mi frenava, era come se il fatto che Emmett non avesse potuto aiutarmi era una sorta di segnale a fermarmi, a non andare oltre perché non ci sarebbe stato nulla di buono in quello che volevo fare.

Stavo quasi per lasciar stare quando alla mente mi tornò la faccia sorridente di Jake quando era venuto a dirmi della possibilità di andare a Monterey a vedere la corsa e nel ricordare quell’espressione compresi che dovevo fare qualcosa.

Dovevo chiamare Vic.

Dovevo fare questo regalo a Jake anche se farlo avrebbe comportato rivedere lui.

 

 

 

 

Spoiler:

“C’è Cullen, oddio” urlò Jake euforico come lo avevo visto poche volte.

Su una cosa non c’erano dubbi: il mio ragazzo era un tifoso sfegatato di Edward. L’aveva iniziato a seguire fin dalla Moto3 e non lo aveva mai abbandonato. Diciamo che negli ultimi quattro anni Jake era stato sempre dietro a quel pilota esordiente di cui non conosceva nulla se non la passione per le moto e io, ironia del destino, mi ero ritrovata quotidianamente a dover parlare dell’unica persona di cui avrei fatto volentieri a meno di nominare.

“Dio quanto è bello” commentò Jessica ammaliata.

“Ha una tuta che lo fascia per intero e un casco in testa” le feci notare quasi infastidita per farle capire che conciato in quel modo era difficile notare la sua bellezza.

“Lo so” mi rispose lei “ma quello lì è bello sempre. E poi non vedi come gli dona bene la veste di pilota?” mi domandò.

Scossi la testa decidendo di non risponderle, del resto serviva a poco. Per quanto fastidio mi desse ero ormai abituata agli apprezzamenti che le ragazze in generale facevano su di lui: in fondo era pur sempre un personaggio pubblico.

 

 

 

…Sic58…

 

 

Per chi volesse seguirla ho in corso un’altra storia sempre con protagonisti Edward e Bella. Si intitola “This crazy love” e la trama è la seguente:

Isabella Swan è una ragazza di Seattle che conduce una vita normale finchè qualcosa non irrompe nella sua normalità sconvolgendo ogni cosa. È per questo che, insieme al fratello, decide di trasferirsi a New York dal padre per iniziare una nuova vita cercando di buttarsi alle spalle il suo passato. Qui conosce degli amici e sembra ritrovare un’apparente stabilità. 
È nella Grande Mela che incontra Edward Cullen, un ragazzo difficile dal passato oscuro. Lui è sexy, miliardario, irresponsabile, ribelle, irrispettoso delle regole e, a volte, perfino autodistruttivo. Un ragazzo cresciuto tra i motori, le donne e il sesso e che vive la sua vita in continua lotta con il mondo, sempre accompagnato dagli amici di una vita.
Bella ed Edward non potrebbero essere più diversi, eppure sullo scenario di una New York magica e caotica i due si incontrano, si scontrano e imparano a conoscersi, ma tanti ostacoli li attendono dietro l’angolo.
Lei lotta con le questioni irrisolte che ha lasciato a Seattle, mentre lui combatte ogni giorno con le scelte passate, tra tutte quelle di essersi allontanato inesorabilmente dalla sua famiglia.
Saranno in grado di scacciare via i fantasmi passati e aprirsi nuovamente, o per la prima volta, all’amore?

Vi lascio anche il mio contatto facebook nel caso qualcuno voglia contattarmi: https://www.facebook.com/sic.efp

  
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