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Autore: OnlyHope    04/04/2008    11 recensioni
Credi di essere la migliore, vero?
Di aver creato un’attrazione unica, eh?
Ne sei proprio convinta!
E allora te lo farò credere un po’…
Cara la mia pedina…
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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MIGRARE

 

 

 

 

 

I bassi pompano facendo vibrare ogni cosa.
Compresa la mia gabbia toracica e il gomito poggiato al bancone del bar, nell’area esclusiva V.I.P.

Sorseggio svogliatamente, portando a intervalli regolari il vetro sottile alle labbra, lasciando che sia il ghiaccio a concedermi un brivido.

L’unico in questa serata, decisamente glamour ma anche decisamente monotona.
Di una noia mortale come sono spesso le serate definite importanti.

Le mie spalle si muovono assecondando il ritmo dei bassi che continuano a bussare, così forte da sentirli dentro di me, permettendomi d’isolarmi.

Mi guardo attorno quando il bicchiere torna alle labbra.
Sentendomi accaldato, mordo un po’ di ghiaccio, che si sgretola poi gelido tra le mie mascelle.

Nella confusione poso causalmente lo sguardo su delle ragazze, che stanno ballando su un tavolo.
I vestiti corti che indossano lasciano ben poco all’immaginazione.

Ancheggiano seguendo il tempo, decisamente a tempo e ogni loro movimento è esaltato dai tacchi alti, che slanciano gambe chilometriche abbronzate e all’apparenza lisce come seta.

Una delle ragazze incrocia ora il mio sguardo ma non mi curo di distoglierlo, perché so che me lo posso permettere.

Lei allora sorride compiaciuta.
Le sue labbra lievemente incurvate sono simili al ghigno di chi sa che sta per espugnare una fortezza, ottenendo come vittoria il premio più ambito.

Ricambio così il sorriso anche se in maniera ironica.

Credi di aver attirato la mia attenzione, eh?
O forse ti sembra un miracolo?
Oppure eri cosi piena di te, da credere che saresti riuscita sicuramente a catturare il mio sguardo?

La ragazza si volta poi raccoglie i capelli castani striati di oro, alzandoli in modo da mostrare la schiena nuda, che segue il ritmo e il movimento sicuro dei fianchi.
Quando si abbassa leggermente, la curvatura del seno libero da costrizioni appare in tutta la sua femminile rotondità.

Torna così a fissarmi, fiera e orgogliosa del suo corpo.

Sorrido ancora e allora lei si esalta.

Mi piacerebbe potesse leggermi nel pensiero ora…
Non so però se le verrebbe da ridere.

Le tue tette sono grandi e si tengono su da sole.
E sì… sei certamente scopabile, non c’è che dire.

Ma sai quante ne posso avere come te?

Non sei speciale ma a buon mercato come tante altre.
Ma lo ripeto, sei decisamente scopabile e questo te lo concedo.

Ma non illuderti di essere migliore per questo… 

I miei pensieri mi fanno sorridere di nuovo e anche se non mi stavo rivolgendo a lei, mi basta un’occhiata per vederla capitolare.
Sì proprio come le altre, niente di più né di meno.

Abbandono il bicchiere vuoto sul bancone mentre la ragazza si appoggia alla spalla di un uomo, per poter scendere agevolmente dal tavolo.
Sicura di sé, attraversa la distanza che ci divide ondeggiando sui tacchi.
Mi fissa ancora passando una mano tra i capelli e sbattendo le palpebre color oro.

Come posso rimanere serio se fa così?!
Mi toglie tutto il divertimento!  
Ha già deposto le armi, convinta di aver espugnato concretamente la mia fortezza.

Povera illusa…
Si crede una regina quando è solo una semplice pedina, monotona e monocolore come le sue gemelle, schierate una accanto all’altra nella speranza di uno scacco al re
.

Sorride di nuovo, fiera della sua bellezza, quando è a un passo da me.
Una mano dalle dita laccate scivola decisa sul mio braccio.

Si morde appena le labbra, sfoderando sempre quel ghigno compiaciuto, quando avverte la muscolatura sotto la stoffa della mia camicia.
Il mio corpo fa parte della mia fama oltre a contribuire alle mie vittorie.

La mia bocca si distende in un’espressione sorniona sentendo il suo respiro sul collo e il seno premuto con decisione contro il mio torace.
Sussurra il suo nome al mio orecchio, o almeno credo, dato che la musica troppo alta non mi permette di sentire bene.
Ma in fondo non è che m’interessi sapere come si chiama una pedina.
Chiudo gli occhi mentre i bassi continuano a vibrare.
Inspiro poi il suo profumo speziato ma anche se i miei sensi cominciano ad accendersi, prevale in me la noia per queste situazioni scontate.

Credi di essere la migliore, vero?
Di aver creato un’attrazione unica, eh?

Ne sei proprio convinta!

E allora te lo farò credere un po’…
Cara la mia pedina…  

Con un braccio circondo la sua vita mentre l’altro si alza, i miei polpastrelli si posano sul suo collo.
Inclino la testa per arrivare al suo orecchio e lascio che le mie labbra si muovano sfiorando volutamente il lobo, che sorregge stoico un grappolo di ciondoli simili a monili.  

Non c’è bisogno ovviamente che ti dica il mio nome…
E tu sorridi ancora, tronfia del tuo reame fatto di tacchi e scollature.
Come se non io non ne avessi mai visti in precedenza. 

Si avvicina di più ora, in modo che possa avvertire meglio la pressione del suo seno sul mio petto.
I capezzoli turgidi si strofinano provocanti contro la mia camicia di seta, facendomi ribadire quanto sia altamente scopabile questa ragazza.

Ma anche le sue tette sanno di un film già visto, di scene già provate.

La noia e la monotonia hanno ancora il sopravvento.

Si volta leggermente ora, per tornare a guardare verso il suo tavolo.
Forse vuole assicurarsi che la sua conquista non passi inosservata.
La lascio fare senza prestarle la minima attenzione e allungando un braccio verso il barman, ordino un altro drink.
La mia mente si estranea di nuovo nella musica quando riprendo a sorseggiare l’alcol, il collo e la testa si muovono in maniera ritmica seguendo il tempo battuto negli amplificatori.

La ragazza intano si slaccia da me, quel tanto che le basta per raggiungere la borsa minuscola poggiata sul suo fianco.
Quel tanto che basta per far sì che io intraveda quel suo seno terribilmente alto e sodo, attraverso la vertiginosa scollatura.
Sogghignando mi chiedo quanto le sia costato…

Con il rossetto rosso vivo scarabocchia poi qualcosa sul retro di un biglietto da visita, non posso fare a meno di alzare gli occhi al cielo.

Vuoi fare la regina con queste banalità da film erotico di terz’ordine?
Pedina, decisamente pedina.

Mi passa il cartoncino.
Leggo il suo nome costatando di non aver capito nulla prima, quando l’ha pronunciato al mio orecchio.

E la professione: modella.
Che elettrizzante novità…

Inclino il polso per leggere il suo messaggio privato sul retro.
Si tratta con mio enorme, sarcastico stupore di un invito a trascorrere la notte insieme.
Sorridendo divertito, ripongo il biglietto nella tasca posteriore del pantalone, lasciando che la ragazza scambi la mia ironia per entusiasmo, dovuto alle sue audaci provocazioni.
Quando annuisco, lei diventa radiosa e la mia vittoria è schiacciante.
Come ovvio che fosse.
È divertente però costatare che lei sia ancora convinta di aver condotto il gioco e dominato per tutto il tempo.
Raggiungo così le sue labbra morbide, che si schiudono con una facilità un po’ deludente, ancora deludente.

Faccio pressione sul suo bacino mentre gioco con la sua lingua.
È eccitante baciarla, infatti non ho mai detto che non sarebbe stata una gran bella scopata ma per quanto stringa la sua vita, sentendo aderire il suo corpo contro il mio… prevale la noia.
Sempre e comunque la noia.

La ragazza si separa da me traendo poi un grosso respiro, visibilmente accaldata.

Le sue mani scorrono sul mio petto fino all’addome mentre si allontana di un passo.

Sorride di nuovo, sempre sicura del suo effimero potere.

Quel potere comune a molte ma comincia a che perdere il suo fascino.

Con un movimento circolare del dito indice inclinato mi ricorda che dopo abbiamo un appuntamento.
La sua voce mi suggerisce all’orecchio di chiamarla, per rendere effettivo quel dopo in un dove.

Annuisco ancora, arcuando un lato della bocca…


Il rumore del motore romba possente curva dopo curva.
Alzo il volume dello stereo.
Di nuovo quella canzone, lascio che vibri insieme ai cavalli della mia auto sportiva.

Con una mano cerco nella tasca il mio promemoria per una serata memorabile.

Distogliendo per un attimo lo sguardo dalla strada, fisso così le lettere scarlatte un po’ sbaffate sul retro del cartoncino rigido color crema.

Un ultimo ghigno divertito, prima che il vento mi scompigli violento i capelli mentre abbasso il finestrino.

Appallottolo il pezzo di carta tra le mie dita e con un gesto sicuro, un po’ come quando in campo rimetto in gioco la palla, lo getto fuori nella notte.

Una risata mi esce dal petto, quando lo vedo per una fazione di secondo attraverso lo specchietto retrovisore, prima che la velocità lo disperda per sempre nell’aria.

Rido divertito, dimenticando per un attimo la noia.

Quella noia dalla quale fuggo, accelerando ancora.

Alzo ancora di più il volume e la mia testa si muove seguendo i bassi.

Mi lascio il nulla alle spalle.

È tempo di migrare.

 

 

 

Stanotte stavo ascoltando una canzone, all’improvviso ho sentito il bisogno di scrivere, abbandonandomi alle note, ai bassi e così è nata questa fantasia particolare.
È la primissima volta che immagino e scrivo qualcosa su Genzo, spero di averlo reso al meglio nonostante possa sembrare un po’ stronzetto in questa one shot.
Ho immaginato che un ragazzo famoso e avvenente potesse trovarsi facilmente in una situazione come quella descritta nella FF.
Situazione che col passare del tempo perde fascino, perché sopraggiunge una maturità diversa e arriva il tempo di migrare, di guardare altrove e ad altro.
Ringrazio Sara per la pazienza nell’assecondare le mie follie tipo questa, che necessariamente le dedico.

Non posso poi non spendere un pensiero speciale nei confronti di Elena e la sua passione per il bel portiere, sperando che questa mia versione le piaccia… se fosse altrimenti, sa dove trovarmi per le lamentele!^^
In ultimo ringrazio anticipatamente chi leggerà questa one shot, visto che non ci sarà un secondo capitolo per farlo!^^
OnlyHope

 

 

   
 
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