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Autore: vul95    09/10/2013    1 recensioni
La melodia s’interruppe bruscamente, e Takuto voltò lo sguardo verso il più piccolo, scoppiando a ridere subito dopo –Cos’è quella faccia?- domandò, e Kyousuke non potè fare a meno di biascicare qualcosa su quanto la sua faccia fosse normalissima. Poi lo guardò, tornando serio –Me lo puoi insegnare?- domandò solo, gli occhi ancora sul pianoforte, ad immaginarsi ancora le dita di Takuto che danzavano sopra alla musica che ne scaturiva.
[KyouTaku]
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Shindou Takuto, Tsurugi Kyousuke
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le dita di Kyousuke si muovevano veloci sui tasti, non così sicure come avrebbe voluto

Minuetto

 

Minuetto

 

La sala è vuota se non per un pianoforte, sistemato al centro di essa. Nero, lucido, a coda.

Le dita di Kyousuke si muovono veloci sui tasti, non così sicure come vorrebbe. Prende male una nota, ma continua a suonare. Ne prende male un’altra, socchiude gli occhi. Alla terza che sbaglia, preme le mani con forza sui tasti, ed una cacofonia di note aleggia nell’aria per qualche secondo, mentre lui rimane a fissare il piano nero lucido di fronte a lui con astio.

 

La casa di Shindou era enorme proprio come se la ricordava. Ed anche il suo padrone era rimasto tale e quale a come era da ragazzino. Nel vederlo, Kyousuke ebbe un tuffo al cuore.

Takuto sembrò sorpreso di vederlo, anche se aveva avvertito della sua visita. Gli fece cenno di entrare con un sorriso, e lui, un po’ impacciato, lo seguì dentro. Aveva vaghi ricordi dei giorni in cui aveva studiato lì assieme ai suoi compagni di squadra prima di qualche test scolastico.

Lo condusse in sala, lì dove erano stati soliti fare merenda o discutere delle imminenti partite che avrebbero dovuto affrontare. Kyousuke ricordava tutto questo come fosse avvenuto secoli prima, e invece erano passati appena dieci anni.

Il pianoforte era lì, come al solito. Nel mentre che parlavano del più e del meno, ricordando i vecchi tempi e dandosi notizie sui loro ex compagni di squadra, Kyousuke si alzò e si diresse verso lo strumento, sotto lo sguardo interdetto di Takuto. Si mise a sedere sullo sgabello –Ora insegni a suonare questo, vero?- con un dito sfiorò un tasto bianco, e si levò un piccolo suono.

-Prima di tutto, si chiama pianoforte.- affiancandosi a lui, Shindou si mise a sedere spostandolo un po’ più in là con una botta d’anca, e Kyousuke alzò gli occhi al cielo. Si sorrisero –E poi non è così difficile, una volta che hai fatto esercizio. Io aiuto gli altri a capire come fare.- spiegò, e a sua volta premette un dito sulla superficie bianca di un tasto. Ma la nota non rimase sola come quella anonima di Kyousuke, e la mano destra di Takuto prese a muoversi con leggerezza sulla tastiera, aggiungendone altre, ed altre ancora. La mano sinistra venne dopo, e le note cominciarono a concatenarsi, a seguire l’una all’altra come fosse una cosa così naturale da risultare ovvia.

Kyousuke non riusciva a distogliere lo sguardo da quelle mani così sicure, che non tremavano per nulla. Da quelle dita che si intrecciavano, saltavano da un tasto all’altro e tornavano indietro, come stessero accarezzando la tastiera. Il suo senpai era diventato ancor più bravo di quel che ricordava.

La melodia s’interruppe bruscamente, e Takuto voltò lo sguardo verso il più piccolo, scoppiando a ridere subito dopo –Cos’è quella faccia?- domandò, e Kyousuke non potè fare a meno di biascicare qualcosa su quanto la sua faccia fosse normalissima. Poi lo guardò, tornando serio –Me lo puoi insegnare?- domandò solo, gli occhi ancora sul pianoforte, ad immaginarsi ancora le dita di Takuto che danzavano sopra alla musica che ne scaturiva.

L’altro lo guardò, in silenzio, appena stupito -… E’ per questo che sei venuto qui?- gli domandò.

Kyousuke annuì impercettibilmente, distogliendo lo sguardo –Tu sei bravo. E pensavo che avresti potuto darmi una mano.- balbettò –Io…-

Shindou gli sorrise –Certo che si.- Tsurugi alzò lo sguardo –Non si rifiuta un favore ad un vecchio amico.- gli battè una pacca sulla spalla -E poi, è il mio lavoro.- gli strizzò l’occhio, ed il più piccolo sorrise appena di rimando, contento che l’altro non gli avesse chiesto il motivo della sua decisione.

-Finalmente hai deciso di fare qualcosa di costruttivo ed utile.- lo canzonò Takuto, e lui gli diede una piccola spinta –Ah, ma dai. Guarda che cambio idea, eh.- replicò. Si sorrisero di nuovo, poi scoppiarono a ridere.

 

Riprende da capo. La prima parte del brano gli viene meglio della seconda, e lo fa sentire più sicuro ripeterla. Non arriva nemmeno alla quarta battuta che un sol si trasforma in un la, e per la seconda volta interrompe l’esecuzione, spingendo indietro lo sgabello con rabbia, alzandosi in piedi dopo aver lanciato un calcio all’aria.

 

-Rifalla da capo.- Takuto schioccò la lingua –Hai sbagliato.- si accostò a Kyousuke, indicando lo spartito –Ti è sfuggita la mano.-

-Non voglio rifarlo da capo.- brontolò l’altro, sospirando –Quella parte la so fare.-

Shindou gli colpì la nuca con una schicchera –La prima parte deve essere in accordo con la seconda. Non puoi limitarti a studiare a pezzi, una volta imparato il primo e poi il secondo separatamente, devi legarli tra di loro.- gli sorrise, rizzando la schiena e portandosi le mani ai fianchi –Il pezzo è uno solo.- concluse.

Kyousuke sospirò e gli lanciò un’occhiataccia. Riprese da capo come gli aveva detto. Le note erano poche e semplici, solo con la mano destra, ma lui trovava lo stesso difficoltà nell’eseguirle. Imparare a leggerle era stato relativamente facile, aveva ricordi sbiaditi delle scuole medie e delle lezioni di musica, e la chiave di violino era stata semplice. Suonare mentre leggeva però gli dava molti problemi, e Takuto non faceva altro che stressarlo con quella storia del solfeggio e di quanto fosse importante per acquisire i tempi e una lettura più veloce.

Sbagliò di nuovo.

Grugnì.

-Dannazione.- si lamentò, ma non fece in tempo a dire altro che sentì il petto di Takuto aderire alla sua schiena, e le sue dita posarsi sulle proprie.

Rabbrividì.

Il capo del più grande sfiorava il suo, e poteva sentire i suoi capelli sulla guancia –Vai troppo di corsa. Fallo più lentamente.- suggerì, e spinse piano l’indice contro quello di Kyousuke. Suonarono quella nota insieme. La mano di Tsurugi si mosse da sola nell’aggiungere la seconda nota; quella di Shindou la seguì delicatamente.

A Kyousuke il pezzo sembrò più facile, e lo eseguì fino alla fine senza sbagliare. Sotto la guida di Takuto, le dita non gli tremarono nemmeno per un secondo, ed alla fine si lasciò sfuggire un sorriso di soddisfazione.

-… Visto?- Shindou voltò il viso verso di lui –Devi cercare di fare tutto molto più lentamente. La velocità viene solo quando hai la sicurezza.- inclinò il capo –E poi tu ti innervosisci quando non ci riesci, e finisce solo che fai peggio.- ridacchiò.

-Io non mi innervosisco!- ribattè l’altro, sbuffando, dimostrando solo il contrario. Il più grande rise, così vicino a lui che poteva sentirne il fiato. Kyousuke distolse lo sguardo, socchiudendo gli occhi, e quando Takuto si alzò, scostandosi da lui, lasciò cadere la mano dalla tastiera, rabbrividendo di nuovo.

 

Si ferma. Lancia un'occhiata ai tasti bianchi e neri del pianoforte, rimirandoli in silenzio, senza muoversi. Poi si sporge a sistemare lo spartito, si mette più composto sullo sgabello, si liscia i pantaloni.

Prende un bel respiro e ricomincia a suonare lentamente.

-Oh, dio, scusami. Scusami. Mi è completamente passato di mente— Takuto si era portato la mano alle labbra, sinceramente dispiaciuto, sgranando gli occhi.
Kyousuke gli lanciò uno sguardo interdetto, inarcando un sopracciglio: il suo senpai era in vestaglia, fermo sulla porta, le ciabatte ai piedi e i capelli totalmente in disordine. Le guance erano arrossate d'imbarazzo, e Kyousuke non poteva fare a meno di guardarle. Si morse l’interno della guancia, e quasi non si rese conto che l'altro aveva ricominciato a parlare di una certa cena della sera prima, dell'orario indecente che aveva fatto -... Mi ero ripromesso di avvertirti che per oggi avremmo saltato la lezione, ma tra la confusione me ne sono dimenticato— parlava agitato, gesticolando -Mi spiace davvero, sei venuto fino a qui per nien
-Tranquillo.- lo interruppe l'altro, rivolgendogli un piccolo sorriso. Takuto ammutolì e si lisciò la vestaglia. Poi ricambiò il sorriso, con una punta di timidezza.
Il più piccolo si morse il labbro, e rimasero a guardarsi in silenzio l'uno con l'altro, continuando a sorridere fino a che lo stesso Kyousuke non decise di rompere la tensione -Allora io...- fece per voltarsi e lasciare il suo insegnante da solo, ma quello lo fermò sfiorandogli la spalla -... No!- lo richiamò, a voce forse un po' troppo alta, e quando l'altro si voltò ad incontrare i suoi occhi, arrossì ancora.

Due anni che erano maestro e allievo e Kyousuke ancora non si capacitava di come facesse a non pensare assolutamente a niente quando i loro sguardi si incrociavano.
Takuto biascicò qualcosa e si arricciò una ciocca di capelli attorno al dito -È che sei venuto fin qui...- cominciò -A questo punto, che ne dici di rimanere per pranzo?- propose, mordendosi il labbro, e all'espressione totalmente persa di Kyousuke ridacchiò -Come ai vecchi tempi.- aggiunse. Si fece da parte sulla porta, come a sottolineare l'invito.
Il più piccolo si sistemò la borsa con gli spartiti meglio sulla spalla e tirò su con il naso, grattandosi una guancia. Mosse un passo avanti -Sei gentile, senpai.- ringraziò, nell'inutile tentativo di darsi un contegno, ed entrò in casa.
Udì Takuto chiudere la porta, e quindi si voltò -Bella vestaglia, comunque.- sghignazzò.
Si beccò un calcio sullo stinco come ringraziamento.

Va meglio, decisamente. La melodia fluisce libera, lenta, e Kyousuke non sbaglia molte note.
Ma si ferma di nuovo.
A metà, interrompendo bruscamente il suono, ed il silenzio che si crea all'improvviso gli sembra stoni terribilmente.
Sospira, si tira indietro i capelli e chiude gli occhi.

Trio

La voce di Takuto lo raggiunse ovattata, quasi che ormai la melodia che aveva suonato avesse sostituito qualsiasi altro suono. Aveva imparato ad immergersi nei pezzi che suonava come un sub nuota verso il fondo del mare, in quegli anni, e tutto grazie al suo insegnante.
Aveva imparato anche a leggere la chiave di violino e quella di basso, e da qualche mese Takuto gli lasciava esercizi sulle chiavi rimanenti, che riusciva bene o male a comprendere; suonava con entrambe le mani, lentamente, e non perdeva più la pazienza.
Aveva anche comprato un pianoforte, e poteva esercitarsi a casa. Ogni tanto Takuto era andato da lui per fare lezione, anche se ormai vedersi nella villa del più grande era l'abitudine.
-Bravo.- ripetè il suo senpai, poggiandogli una mano sulla spalla -Stai facendo progressi molto velocemente, Kyous'ke.- gli sorrise, avvicinandosi a lui e facendogli cenno di spostarsi un poco sullo sgabello per permettere anche a lui di sedersi. Kyousuke obbedì, trattenendo il respiro quando il braccio dell'altro sfiorò il suo e le loro gambe si toccarono. Era da qualche mese che lui e Takuto erano entrati abbastanza in confidenza da chiamarsi per nome. In realtà era successo e basta, e nessuno dei due si era lamentato. D'altronde, si vedevano solo una volta a settimana, per due ore, anche se da quattro anni. Non c'era nessuna implicazione di sorta. E Kyousuke intimamente amava quell'impercettibile brivido che gli correva giù per la schiena quando il più grande pronunciava il suo nome.
-Avevi dubbi?- sorrise, non senza un certo orgoglio. Takuto rise e sfiorò con l'indice un tasto, distrattamente -In soli quattro anni sei andato molto avanti.- commentò.
-Non è certo merito del maestro.- ribattè l'altro, sghignazzando. Gli lanciò un'occhiatina divertita.
-Oh, è solo merito del maestro.- lo corresse quello.
Risero si nuovo.
Poi Takuto riprese la parola -Mi sono sempre chiesto come mai tu abbia deciso di cominciare a studiare il pianoforte.- mormorò -Non me l’hai mai detto.- continuava a pigiare distrattamente i tasti dello strumento.
Kyousuke sussultò -Ah.- disse solo, stringendo e rilasciando i pugni sulle cosce -Non me l'hai mai chiesto.- concluse, come a giustificarsi.
-Ah, ma se non vuoi dirmelo non impo
-Mi andava.- disse vago. Andò a premere il tasto del pianoforte di fianco a quello che Takuto aveva appena sfiorato. Le loro spalle strusciarono l'una contro l'altra. Rabbrividirono entrambi.
-Ho... Sentito parlare di te, in realtà.- aggiunse dopo poco. Il più grande si voltò verso di lui, sbattendo le palpebre -Si. Per caso. Un ragazzino ti ha nominato, al circolo dove lavoravo, e ha detto di studiare pianoforte con te. Non credo esistano così tanti Shindou Takuto che suonano il piano. Così ho pensato di passare a salutarti.- rimase in silenzio, come a ponderare cosa altro aggiungere -... E mentre camminavo per raggiungere casa tua, ho pensato che sarebbe stato interessante provare a suonare. Tutto qui.- concluse, prendendo fiato.
L'atmosfera si era fatta tesa all'improvviso. Kyousuke si sentiva a disagio -Niente di particolare.-
Sperò che il discorso fosse finito lì. Ma Takuto non sembrava essere dello stesso avviso -Sono stato sorpreso di vederti.- ammise, abbassando il capo e sorridendo appena -Insomma, non ci vedevamo da dieci anni.- lo guardò di nuovo.
Capitava spesso. Che si guardassero in silenzio per secondi che sembravano interminabili. In quei momenti Kyousuke rimaneva del tutto a corto di parole.
-Takuto.- lo chiamò, a bassa voce, non sentendolo andare avanti.
Quello parve riscuotersi un attimo -Ah. Sono contento comunque.- disse solo. Il più piccolo si sentì arrossire. Era la prima volta che gli diceva qualcosa di simile.
-... Che tu abbia scelto me come insegnante, intendo.- aggiunse dopo poco, come a correggersi, a disagio. Si alzò subito dopo.
Kyousuke odiò la sensazione del suo corpo che si allontanava. Si limitò a rimanere seduto.
-Un’altra volta.- mormorò
il suo insegnante, ammiccando allo spartito.
Il più piccolo annuì e riprese da capo.

Il pezzo non è ancora come dovrebbe essere. Ci sono troppi errori, e Kyousuke non ammetterà nulla di meno della perfezione.

Le luci si spensero. Kyousuke, da dietro il sipario, cercò di trattenere un sorriso, mentre la sala si levava in un’ovazione e il suono degli applausi riempiva l’aria fragoroso.
Quando Takuto comparve dalla quinta, si scambiarono uno sguardo, senza parlare. Il suo senpai era in smoking. Stava bene. Si lisciò la giacca, serio, e si scostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, senza sapere esattamente cosa dire.
-… E’ andata bene?- ruppe il silenzio, nervoso.
Era già da qualche tempo che Takuto aveva cominciato ad organizzare qualche concerto. In realtà, la sua bravura non era passata inosservata, ed aveva ricevuto molte proposte di esibizione. Lui non aveva fatto altro che accettarle. Kyousuke era davvero contento per lui. Erano sei anni che studiava sotto la sua supervisione, e sapeva quanto fosse bravo. Lo avrebbe saputo comunque.
Erano solo concerti di quartiere, inizialmente, nei quali il suo maestro si esibiva assieme ad altri esordienti. In ogni caso, la sua abilità superava di gran lunga quella degli altri.
Il più piccolo non riuscì a trattenere una risata –Senpai, sei stato bravissimo.- ammise, cacciandosi le mani in tasca. Shindou arrossì e chinò il capo –Grazie.- biascicò.
-E di cosa.- Kyousuke si voltò, facendo per andare via.
-Di essere venuto stasera.- lo richiamò Takuto, facendolo fermare –Kyousuke.- mosse un passo in avanti. L’altro si girò e i loro occhi s’incontrarono –Davvero. Se non ci fossi stato tu sarei andato nel panico.- mormorò il più grande, socchiudendo gli occhi amaranto, provocando il rossore sulle guance di Tsurugi, che si portò una mano alla nuca –L’ho fatto volentieri. Dovrei essere io a ringraziarti per averpensato a me.- Shindou gli aveva richiesto di accompagnarlo, e di rimanere dietro le quinte. Era stato il suo senpai a volerlo lì, e oltre a rendere Kyousuke felice, la richiesta lo aveva anche terribilmente confuso.
Erano davvero tanti, sei anni. Ed era il tempo che avevano passato assieme come insegnante ed allievo. Nulla di più che quello. Anche se Kyousuke aveva da sempre sperato in qualcosa di più.
Non aveva avuto il coraggio di provarci, comunque, quindi non se ne lamentava.
-Ti va di accompagnarmi a casa, dopo?- rispose direttamente Takuto. Si accorse forse dopo della richiesta che aveva fatto, e cercò di rimediare –Cioè, se vuoi. Mi farebbe piacere e non mi va di tornare da solo.- abbassò il tono della voce.
Kyousuke strinse il pugno in tasca. Non avrebbe voluto accettare, perché si sarebbe inevitabilmente fatto del male da solo. Ma non potè farne a meno –Devo aspettare che tutta la sala si congratuli con te e che le ragazze in fibrillazione ti regalino i fiori.- sottolineò, inarcando un sopracciglio, ovvio.
-Ma sono il tuo caro senpai.- tentò il più grande con un sorriso.
-E poi ti inviteranno a bere, e io dovrò aspettare come se fossi il tuo maggiordomo.-
-Declinerò.-
-E ti chiederanno almeno di raccontare loro come hai cominciato a suonare il pianoforte. E se non lo facessi faresti davvero brutta figura. E io dovrei rimanere lì a guardarti discutere con persone che non mi calcolerebbero.-
-Dirò loro che non posso.-
-Nah. Mi interesserebbe saperlo.- sorrise sghembo Kyousuke, e Takuto scosse la testa, dandogli una piccola spintarella.
Si accostò a lui –Allora un giorno magari te lo racconto.- propose con un piccolo sorriso.
-Che ne dici di adesso, mentre aspettiamo che il concerto finisca?-

Dei passi lo distraggono nel bel mezzo dell’esecuzione. Non si ferma, anche quando la porta della stanza dove sta suonando si apre, ed esegue il pezzo fino alla fine senza tentennamenti. Sbaglia solo una singola nota. Storce le labbra.
Gli annunciano che tocca a lui.

Quella lezione stava andando in modo diverso dal solito.
Eppure Kyousuke non riusciva a spiegarsi il motivo. Takuto era stranamente silenzioso, e si limitava ad ascoltare i suoi esercizi senza commentare. Fissava lo sguardo su un punto indistinto di fronte a sé e rimaneva a guardare quello, come fosse turbato da qualcosa.
Kyousuke lo richiamò, dopo che non si era accorto che aveva smesso di suonare, e quello si voltò verso di lui, sbattendo le palpebre –Si. Passiamo al prossimo.- balbettò. Ma Kyousuke lo interruppe –Cosa succede?- chiese, forse un po’ brusco, cercando il suo sguardo.
Shindou lo stava evitando –Niente. Non volevo darti questa impressione, scusa.- sorrise mesto –Andiamo avanti.-
-Takuto.- lo richiamò.
Si guardarono. Non come al solito. Takuto sosteneva il suo sguardo a fatica, e spostava gli occhi su qualsiasi cosa non fosse lui. Kyousuke lo trovava irritante. E più che irritante si sentiva infantilmente ferito. Era un sentimento del tutto puerile, ma odiava non sapere cosa ci fosse che non andasse. Quando Shindou pareva stare male e lui era tagliato fuori. Sapeva fosse stupido, ma con il più grande gli veniva quasi naturale provare un sentimento simile.
-… Se vuoi possiamo finire qui, per oggi.- tentò, facendo per chiudere lo spartito.
La mano dell’altro fu sulla sua in un attimo, ed i loro sguardi si incontrarono un’altra volta. Stavolta Shindou lo stava guardando dritto negli occhi. Gli strinse la mano quasi fino a fargli male, e rimasero immobili per interminabili secondi, Kyousuke ancora a mezz’aria e Takuto in piedi ad intrappolarlo tra il suo corpo e lo sgabello.
-Parto.- disse poi il più grande rompendo il silenzio.
Lo ruppe in modo violento ed inaspettato, con quella singola parola.
Kyousuke non comprese subito e non disse nulla. Sgranò gli occhi anche se inizialmente non trovò niente di sorprendente in quella dichiarazione –In che senso?- aggiunse poi.
La stretta sulla sua mano si strinse ancora un poco. Tsurugi serrò le labbra.
-Dopo il prossimo concerto.- sussurrò
l’altro –Dopo il prossimo concerto… Parto. Vado via per qualche tempo.- spiegò, e la presa si allentò pian piano, e le loro mani ancora unite scivolarono fino alla tastiera –Mi hanno proposto di suonare all’estero. E il concerto che terrò qui la prossima settimana sarà il mio primo vero debutto. Se andrà bene, partirò.- era sottointeso, che sarebbe andato bene. I concerti di Takuto andavano sempre bene.
Kyousuke schiuse la bocca -… E’…- abbassò il capo –E’ una bella notizia, giusto?- tentò, e stavolta fu lui ad evitare di guardarlo. Non riusciva davvero a crederci. In effetti, a pensarci, era scontato. La strada di Takuto era quella, lo era sempre stata.
Ancora non aveva del tutto compreso le parole dell’altro. Partire per quanto tempo? Per dove? E lui?
-… Lo è?- il tono di Shindou si incrinò appena. Tsurugi continuò a non guardarlo, senza notare quella sfumatura di domanda che aveva utilizzato.
-Perchè non me l’hai detto?- sussurrò solo.
L’altro parve preso in contropiede, e sgranò gli occhi -Non lo so.- ammise, di getto –Kyousuke…-
-E le lezioni?- sciolse la presa con le mani di Takuto. Poi si corresse –E’ una grandissima opportunità.- balbettò, ora davvero incredulo. Erano davvero passati sette anni da quando aveva cominciato a studiare pianoforte con il suo senpai. Per lui era impensabile immaginare di vivere senza quelle lezioni settimanali. Senza Takuto che lo riprendeva, e gli consigliava come muovere le mani sulla tastiera. Senza Takuto e basta –Quanto tempo?- chiese subito dopo, ancora confuso.
Shindou scosse la testa: non lo sapeva.
Nessuno dei due in quel momento riusciva a comprendere per quale motivo quella notizia che doveva essere meravigliosa sembrasse così stonata. Una nota del tutto stonata all’interno dell’intera esecuzione, di un’esecuzione così bella e curata che era un peccato quella nota fosse stata suonata.
-Quando dovresti…- continuò Kyousuke, tornando a guardare il più grande.
-Il giorno dopo il concerto.-
-Il concerto è solo tra due settimane.-
-E la prossima dovrà essere la nostra ultima lezione.- lo interruppe Takuto, tremendamente serio- Kyousuke sentì l’aria mancargli totalmente.
Al di là delle lezioni, di quelle due ore settimanali in cui erano loro due e la musica soli in quella stanza, non avrebbero avuto pretesti per vedersi. Non riusciva a trovarne nemmeno uno.
Non riuscì a dire altro se non un –Di già?- totalmente perso.
L’espressione di Shindou si incrinò per un secondo. Poi il più grande annuì. Kyousuke si rese conto che non era pronto per affrontare qualcosa del genere. Non poteva esserlo.
Istintivamente si allungò appena verso di lui, cercando qualcosa da dire. Doveva congratularsi. Mostrare di essere felice per lui. Qualcosa.
Ma le parole non uscivano.
Fu Shindou a piegarsi ancora di più su di lui, chiedendogli scusa. Le loro fronti si sfiorarono quasi casualmente, mentre lo ripeteva di nuovo: -Scusa.-
Tsurugi socchiuse gli occhi e lasciò che i loro nasi si toccassero piano. Che le mani del più grande gli sfiorassero appena le guance con i polpastrelli gelati. Lo sentiva, il suo respiro sulla pelle, vicino come mai lo era stato.
Gli strinse delicatamente i polsi, schiudendo le labbra per dirgli che non capiva per quale motivo si stesse scusando, e perché d’un tratto sembrasse così raggiungibile.
Ma fu proprio quel pensiero a farlo fermare.
Shindou non era mai stato raggiungibile. Non lo sarebbe mai stato, non per lui.
Si allontanò piano da lui, e le loro fronti si staccarono. Non notò lo sguardo assente e confuso che Takuto gli lanciò, troppo occupato a biasimarsi per aver solo creduto possibile di potersi avvicinare a lui a quel modo.
-Grazie di tutto, senpai.- disse solo, contemplando la sua figura per qualche secondo ancora. Poi si voltò verso la tastiera, senza guardarlo.

Annuisce, e rimane seduto qualche altro secondo.
Poi si alza, chiudendo gli spartiti e poggiandoli sul pianoforte, perché vuole eseguire il pezzo a memoria. Lui farebbe così.
Si dirige verso la porta.
Prende un respiro.
E va.

L’incidente era avvenuto la mattina del giorno dell’ultima lezione. La macchina era scivolata sull’asfalto bagnato dalla pioggia ed aveva colpito Takuto, che camminava per tornare a casa in tempo per l’ultima lezione con Kyousuke, in pieno. Proprio sul marciapiede di fronte la sua villa.
La settimana successiva avrebbe dovuto tenere il suo concerto di debutto.
Kyousuke era arrivato quando l’ambulanza se ne era già andata, ed aveva creduto che Takuto si fosse dimenticato del loro ultimo appuntamento. Che non avesse voluto incontrarlo.
Tsurugi aveva semplicemente deciso che, durante quelle ultime due ore assieme, sarebbe andato tutto come al solito. Non avrebbe fatto nulla di diverso. Non avrebbe detto a Shindou cose che avrebbero potuto compromettere il loro rapporto. Un semplice addio sarebbe bastato, si era detto, perché preferiva che le cose rimanessero com’erano, piuttosto che rischiare. Un “in bocca al lupo”, magari un abbraccio. Le cose che si fanno di solito quando si dice addio ad una persona.
Perché Kyousuke era convinto fosse un addio.
Poi, aveva immaginato come sarebbe stata la sua vita da quel momento in poi. Uguale a prima, semplicemente. Solo senza Takuto. Senza quei sette anni. Come non fosse successo nulla.
Ma, d’altronde, la decisione di tacere su ciò che realmente provava nei suoi confronti, Kyousuke l’aveva presa nel momento stesso in cui aveva pensato di chiedere al suo senpai di dargli lezioni, quindi non c’era nulla di imprevisto in tutto quello.
Anche se avrebbe preferito avere Shindou al suo fianco comunque.
Ma alla fine il più grande non si era ricordato del loro addio, aveva pensato, e forse era meglio così. Almeno fino a che non aveva saputo dell’incidente.
L’ospedale l’aveva chiamato perché il suo numero era il primo nella lista delle telefonate del cellulare di Takuto.
Da quel punto in poi, Tsurugi non aveva capito molto di quanto era accaduto attorno a lui.
Ricordava di essere corso all’ospedale, il rumore delle ambulanze fuori dalla struttura, le persone che parlavano, l’odore di disinfettante, le pareti bianche, i dottori, i familiari di Shindou, ah! eccoli tutti lì riuniti, Kirino, le sedie nella sala d’aspetto, la luce rossa dell’operazione in corso, i sette caffè, il sudore freddo, la paura, il terrore, l’ansia, l’incredulità, il biasimo, le pareti bianche, i lettini, le pareti bianche, la luce ancora rossa, la borsa con gli spartiti abbandonata sulla sedia della sala d’aspetto con le pareti bianche, e l’orologio, e la luce rossa così brillante e fastidiosa come le pareti bianche.
Quando il primo dottore con informazioni concrete si era fatto vedere, Kyousuke aveva avuto paura di avvicinarsi ed ascoltare, ma lo aveva fatto comunque.
Takuto era vivo, era salvo, stava bene.
Aveva capito solo questo, di tutto un discorso articolato. Takuto era vivo.
Andava
bene, non gli importava del resto. Si aggrappò a quel pensiero per le prime ore. Poi aveva realizzato che poteva essere vivo in molti modi diversi. Vivo in rianimazione. Vivo con il corpo spezzato. Vivo in coma. Vivo attaccato ad una macchina. Vivo ma apparentemente morto.
L’ansia riprese il sopravvento,, e per i tre giorni successivi Kyousuke visse in ospedale.
Quando fu possibile vedere Takuto, entrò per ultimo, quando la famiglia aveva già finito.
Non era sveglio.
Steso su un lettino, il suo braccio e la sua gamba destri erano totalmente ingessati. Portava il respiratore alla bocca e la flebo al braccio sinistro. Era come se dormisse, ma a quanto avevano detto i medici, si trattava di coma. Non si sapeva quanto sarebbe durato, ma “ha preso una bella botta”, quindi poteva essere qualsiasi tempo.
Il primo istinto di Kyousuke fu quello di controllare se le sue dita stessero bene. Quando si sarebbe svegliato, Shindou avrebbe di sicuro continuato a suonare il pianoforte, quindi dovevano assolutamente essere integre. E infatti lo erano. E mentre controllava, Kyousuke si rese conto che in quello stato Takuto non avrebbe potuto utilizzarle per chissà quanto tempo, che magari si sarebbe dimenticato come si faceva a suonare, per quando si sarebbe svegliato. Pensò fosse impossibile.
Non riuscì a toccarlo subito. Allungò una mano ma la ritrasse immediatamente, come scottato. Come se a sfiorarlo si sarebbe potuto rompere, così, inerme su quel lettino, in mezzo a quella stanza di un bianco abbacinante che faceva male agli occhi.
Si mise a sedere, nervoso, come se Takuto in quel momento lo stesse guardando, e rimase composto ad osservarlo respirare lentamente.
Non parlò.
Non disse nulla.
Non pianse.
In quel momento realizzò quanto tempo avesse sprecato in quei sette anni. Quanti momenti, quante occasioni non aveva colto. Si era ridotto a doverlo guardare lì, quando non poteva ridere o scherzare o dirgli come posizionare meglio le dita sulla tastiera, senza poter fare assolutamente niente.
Era così egoista da parte sua pensarla a quel modo. Biasimò stesso.
Si alzò e si avvicinò al lettino. Si chinò a poggiare un invisibile bacio sulla fronte di Takuto.
-Lo sai
. E’ solo per te che ho cominciato a suonare il pianoforte.- gli mormorò, le labbra ancora a contatto con la sua pelle. Chiuse gli occhi e strinse le labbra –Non te ne andare.-
Poi lasciò la stanza.

Il sipario. Le luci. Il pianoforte.

-Signor Tsurugi Kyousuke?- bussavano.
Aprì. Ah, doveva essere in condizioni davvero pietose, perché l’uomo ben vestito di fronte alla porta sussultò nel vederlo -… Signor Tsurugi Kyousuke?-

Il silenzio. Lo sgabello. I tasti.

-Mi rifiuto.-
-Ma
signore, il signor Shindou ha espressamente richiesto che in caso di inconveniente che gli impedissero di suonare, lei si esibisse al posto suo e…- il signore gesticolava nervoso.
-No.-
-Ma signore, ormai abbiamo venduto i biglietti, se fosse possibile rimediare…. Il concerto…-
-Non voglio sentire parlare di concerti. Mi lasci in pace.

La tensione. Le note ripetute in testa.

-La prego. E’ stata una sua esplicita richiesta. Suoni al suo posto.- la voce dell’uomo si fece più bassa, supplicante –Ha detto che conosce lo spartito, può farlo, lei…-
-Lo spartito?- domandò Kyousuke, interdetto –Non capisco di cosa stia parlando.-
-Se almeno mi permettesse di farle vedere…-

Il respiro lento.
E ancora il silenzio poco prima dell’esecuzione.
Kyousuke prende aria, e chiude gli occhi. Poggia le dita sui tasti come Takuto gli ha insegnato.

-Lo conosce, si?- domandò l’uomo.
-… Il pezzo che ha suonato la prima volta.- voleva piangere. Che senpai stupido. Come poteva lui suonare qualcosa di simile?

Minuetto


La prima nota. Poi la seconda, e la terza, e la quarta. Si susseguono l’una all’altra. Come se fosse ovvio che sia così. Come se non potesse essere altrimenti. Kyousuke ricorda davvero tutto a memoria. I colori, gli alti e i bassi. Ed accarezza la tastiera con tutta la grazia che ha acquisito in quegli anni.
La melodia si leva leggera, ovattata, e Kyousuke sente solo quella. Vi si immerge con tutto sé stesso, e non esiste più sipario, più luci, più silenzio o pubblico o errori.
Takuto ha lasciato quel pezzo a lui. Per un attimo scompare anche la sua immagine sul lettino d’ospedale. Rimangono solo la musica e Kyousuke, fino alla fine.
Quando termina, il pubblico non applaude fino a che non stacca le dita dai tasti.
E’ in quell’attimo di silenzio che i ricordi dei sette anni passati a studiare il piano forte lo colpiscono, mozzandogli il respiro. Tutti insieme, uno ad uno. E quasi si commuove, quando le persone del pubblico si alzano in piedi ed applaudono, applaudono talmente forte da fargli male alle orecchie.
E’ distrutto perché Takuto non è lì, per suonare al posto suo e per sentirlo, per essere fiero di lui e di quello che ha fatto; non potrebbe sentirsi più orgoglioso di quanto ha fatto. E’ come aver concluso qualcosa di importante.
Aveva iniziato dopo aver sentito Takuto suonare quel pezzo. Ora conclude con lo stesso pezzo, con il pezzo più bello che potesse eseguire.
Si alza.
Si inchina.
E poi scappa via subito dopo esser tornato dietro le quinte. Non ascolta i complimenti degli organizzatori, non aspetta le ragazze con i fiori né che gli venga offerto un caffè. Pensa solo a correre verso l’ospedale per dire a Takuto quanto ha realizzato in quei tre infiniti minuti di melodia.
Si slaccia la cravatta, si apre la giacca, e quando arriva in ospedale sale le scale per la camera di Shindou come un pazzo, ed apre la porta di slancio, facendo spaventare l’infermiera in corridoio.
Ansima, ed ora tiene la giacca in mano.
La lascia cadere a terra quando Takuto, seduto sul lettino bianco nella stanza bianca, si volta verso di lui e sorride.
Il sole che arriva dalla finestra gli incornicia il viso, pensa per prima cosa.
Poi si rende conto che è sveglio.
-Ciao.- saluta lui con voce forse un po’ stanca.
Kyousuke non parla, è senza parole.
-… Puoi entrare, non ti mangio mica.- invita il più grande, ridendo di gusto ed ammiccando con il capo.
Si avvicina, e lo guarda stralunato –Quando.- dice solo. Si siede su uno sgabello. Poi si rialza. Si siede ancora –Quando.-
L’espressione di Takuto si addolcisce –Ieri sera.-
-Perché non mi hanno detto niente.-
-Dovevi pensare a suonare.-
Le parole di Shindou lo fanno ammutolire ancora. Apre la bocca per parlare –Io…-
-Ti ho visto in televisione.- comincia il castano, socchiudendo gli occhi, e allo stupore di Kyousuke ride ancora –Scommetto che nemmeno lo sapevi, che l’avrebbero trasmesso in tv.- lo guarda –Sei stato bravissimo.- socchiude gli occhi e sorride ancora.
-Sei sveglio.- sussurra Tsurugi.
-Hai fatto tutto alla perfezione. Meglio di quanto avrei potuto fare io. Davvero, Kyous’ke, io non so cosa dire.-
-Sei davvero sveglio.-
-Ed il pubblico. Lo hai visto? Si sono alzati tutti per te e—
-Pensavo non avrei più potuto parlarti.- è il turno di Takuto di rimanere senza parole. Dopo più di una settimana, si scambiano uno sguardo di quelli che a Kyousuke piacciono tanto, che durano interminabili secondi –Ho avuto paura di non poterlo più fare.- si alza di nuovo dalla sedia. Si sporge verso di lui. Shindou non si muove, nemmeno quando il più piccolo gli poggia le mani sulle guance, incredulo, come ad aver bisogno di toccarlo per avere la conferma che sia lì davvero. Ha un senso di deja , quando Takuto spinge la fronte contro la sua e socchiude gli occhi. Quelle delle dita sulle sue guance divengono lievi carezze –Non ti ritrarrai stavolta, vero?- domanda Takuto, gli occhi nei suoi. Kyousuke sgrana gli occhi per un secondo, confuso. Poi chiude le palpebre, comprendendo solo in quel momento –Che stupido.- si dice, scuotendo piano la testa –Sono proprio uno stupido.- mormora, e l’altro annuisce contro di lui.
-Sette anni.- sorride.
-… Quando
l’hai capito?- Kyousuke si sente arrossire. La mano sinistra del più grande gli sfiora il naso –Non l’ho mai capito davvero.- c’è una piccola pausa –Non mi hai mai dato modo di farlo.- ammette.
-Io non…- non sa cosa rispondere –Credevo…-
-Non mi hai chiesto di rimanere qui, quando ti ho detto del viaggio. E’ stato un brutto colpo.- continua Takuto, ridacchiando –Avevo sperato lo facessi.- le sue guance si imporporano appena.
-Voglio che tu rimanga.- cerca di rimediare Kyousuke –Ma è vero che si tratta di un’opportunità magnifica, Takuto.-
Scuote la testa –Io voglio rimanere. Sono un insegnate di pianoforte, mi basta questo.- gli dà un buffetto con il naso –Se rimani anche tu.- mormora, ormai paonazzo, stringendo con la mano sana la camicia del più piccolo.
-Ti basta?-
-Mi basta.-
Ancora silenzio.
Poi Shindou ride –Sette anni.- ripete, scuotendo ancora il capo –Ce n’è voluto di tempo.- ride ancora più forte, per poi tossire e calmarsi, gemendo piano per il dolore al braccio destro.
-E’ davvero tanto tempo.- Kyousuke sospira, cercando di evitare il suo sguardo, davvero in imbarazzo. Fa per scostarsi per evitare di farlo stare in una posizione scomoda, ma quello lo tiene stretto -… Puoi rimediare?- gli domanda, senza smettere di sorridere.
Tsurugi non sa cosa fare. O meglio, lo sa, ma sembra così strano.
Porta una mano tra i suoi capelli e si sporge verso Takuto, un po’ impacciato, come fosse tornato all’età di dodici anni. Sente il sorriso sulle labbra dell’altro quando le loro bocche si sfiorano piano, e chiude gli occhi perché sa che un bel bacio si dà così.
In realtà si fanno un po’ male, e non riescono a darsene un perfetto, forse troppo agitati. Ma va bene uguale, e si sorridono ancora quando si dividono.
Rimangono in silenzio a non guardarsi per qualche momento. Kyousuke si risiede. Takuto si rimette giù.
Entrambi lo sanno che c’è voluto tanto tempo perché alla fine riuscissero a guardarsi negli occhi veramente. Perché riuscissero a capirsi, a dirsi che volevano stare l’uno con l’altro.
-Il pezzo…- comincia poi il più piccolo –Il pezzo che ho suonato… Lo hai scritto tu?- chiede solo.
Il castano annuisce –L’avevo finito da poco. Quando lo hai sentito la prima volta, era incompleto.- ammette.
Sono passati sette anni da quando si sono rincontrati e conosciuti da capo. Sette anni sono così lunghi. E per loro sono stati intensi. Fatti di occhiate nascoste, sorrisi sfuggenti, contatti casuali.
I loro sguardi si incontrano.
Sono andati a piccoli passi. Il loro sentimento è cresciuto pian piano, di giorno in giorno, di lezione in lezione, di nota in nota, e forse in fondo va bene  così, anche se ci hanno messo tanto.
-Non aveva un titolo.- mormora Kyousuke.
-Ce l’ha adesso.-  Takuto sorride ancora.
-Ossia?-
A piccoli passi.
-Minuetto.-

Proprio come un minuetto.

 

Fine

 

*

BUON KYOUTAKU DAY A TUTTI!
Ok, questa fanfiction è stata un parto, davvero. No, serio. E’ stato bellissimo scriverla, ma… è… lunga. Dieci pagine di word e io- omg non ho mai scritto niente di così lungo. Forse Illiterate è undici, non ricordo- comunque ecco, è stata un parto-
Prima cosa. La dedico alla mia senpai Eternal_Blizzard, che mi ha fatto scoprire, ormai un anno e tre mesi fa questa ship, che è stata la mia prima OTP del GO. Senpai, mio dolce Shindou, questa è per te, spero ti piaccia (?) <3 La dedico anche alla mia dolce spwrw, la mia asina, la mia dolce metà, carissima husbanda che non posso chiamare cha sennò mi lincia, flaine, che mi ha dato una mano mentre scrivevo, ed ovviamente anche alla mia gemeh shinkocchi_ uke tsundere della mia vita che mi ha sostenuta con tanto amore <3 vi voglio bene <3
Seguo dicendo che c’è un motivo se la fic è tripartita. Comincio dicendo che il Minuetto era inizialmente un ballo che si danzava “a piccoli passi” (“pas menu” dal francese “piccolo passo”) e che di solito musicalmente è diviso in tre movimenti (minuetto-trio-minuetto) inframmezzati da ritornello. Ho preso queste informazioni su Wikipedia, se volete informarmi ulteriormente, potete andare lì (?) <3
In questa fic diciamo che ho voluto sottolineare un lato di Kyousuke e Takuto che, a mio parere, è distintivo della pair. Li ho sempre visti come due persone ovviamente innamorate l’una dell’altra, che però non agiscono, poiché non sicuri della reazione dell’altro. Nel senso. Ci vanno con i piedi di piombo. Ed oltre tutto sono convintissimi che non potranno mai essere ricambiati. E così si trascinano, come in questa fic per esempio, per anni senza concludere nulla.
E’ un po’ questo il riassunto, diciamo. La fic scorre, temporalmente parlando, molto veloce. In tutti Kyousuke studia sotto Takuto (eheh-- *la linciano*) per sette anni. Io ho descritto il loro rapporto in modo episodico, riportando qualche situazione. Ognuno può cogliere gli indizi che vuole in ogni spezzone. Io personalmente ho voluto inserire il fatto di cui ho parlato sopra, oltre a voler descrivere qualche momento di semplice vita quotidiana tra loro due <3
Scusate se non mi trattengo oltre (?) ma devo scappare ahah o mia sorella mi lincia. Giordana ti voglio bene <3
Grazie per aver letto, spero che la fic vi sia piaciuta *u*
Ancora, auguro un buon KyouTaku day a tutti (anche se è quasi finit--) AI LOV IU SO MACCH
Alla prossima

Greta.

  
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