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Autore: Ljn    10/10/2013    1 recensioni
Legata a "Respira forte, respira lento".
Sasuke vive una vita senza vita.
"Lanciò un’occhiata distratta verso l’interno della casa, dove un tempo ad aspettarlo ci sarebbe stato una fonte sicura di rumore, e che ora invece era silenziosa come una tomba.
La sua, tomba.
Ogni volta che tornava a casa, questa gli ricordava quanto gli era costata quella libertà di cui ora godeva, ed era così doloroso doverne affrontare il silenzio che quasi si pentiva di non aver venduto o abbattuto o incendiato quella maledetta fonte di sofferenza."
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Sasuke Uchiha
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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Non ci credo... ma ce l'ho fatta. Ho davvero pubblicato quando avevo detto lo avrei fatto. Sono commossa...
Beh, che dire... con questo è finita.
Non che sia finita FINITA, ma non credo ritornerò sull'argomento, o almeno non a breve, quindi chiudo questa divagazione poco ortodossa su uno dei momenti più dolorosi della vita del mio Suke.
Non finirà di soffrire, questo no. E non smetterà di essere felice. Vivrà. E questo è già tanto.
Spero di avervi dato qualcosa con questo testo. Anche solo un sorriso e una lacrima.
Per quanto mi riguarda, mi ingegnerò a trovare altri modi per torturare i nostri amati eroi. Giusto per rifarmi del miele che sgorga a fiumi nel manga ^^
E no. Non era una minaccia...più o meno.

Jiyuu tte, setsunakunai desu ka? Dokomademo.
Isn’t freedom painful? Endlessly.

 

-3-
Deatta ikutsu mono yorokobi ya kanashimi to issho ni ikiteru – you’re living together with all the countless joy and sadness you’ve encountered

 
Una settimana dopo, Sasuke ancora si domandava come diavolo avesse potuto cedere così facilmente alle richieste, per non dire imposizioni, di Sakura.
Certo le cose che lei aveva detto erano vere, e lui aveva accettato la presenza MOMENTANEA e silenziosa dei felini per la debolezza che aveva in quel periodo dell’anno verso i ricordi di Naruto. Non capiva però come si fosse passati dall’ospitare le bestiacce a doverle avere a miagolare in salotto. Anche se il pavimento era più pratico da pulire di quello tradizionale giapponese.
La sera stessa del giorno in cui aveva discusso con Sakura, Kakashi si era presentato alla sua porta con un sorriso divertito e tutto il necessario per la cura di un animale domestico. Latte artificiale e biberon compreso. Sasuke ancora si domandava se Sakura si aspettava davvero che lui desse il latte alle palle, se la madre non lo avesse più fatto. Decise per uno svezzamento rapido.
Comunque, aveva rifiutato di partecipare all’installazione di quello che poteva essere solamente definito “campo base per missione a lungo termine completo di zona relax” e si era rifugiato in cucina con del tè, mentre il suo ex-sensei preparava la nuova … casa dei felini e poi la presentava a gatta e pargoli. Guadagnandosi con estrema soddisfazione di Sasuke diversi dolorosi graffi e rischiando di rimetterci nell’operazione il mignolo, quando aveva provato ad accarezzare detta gatta.
Il resto del tempo, a parte una breve visita di Gaara con cui aveva condiviso una sana  silenziosa sessione di allenamento e una tazza di tè, Sasuke lo aveva passato a studiare, allenarsi e in generale a prendersi cura della casa, ignorando quasi completamente i suoi ospiti pigolanti. Per quanto la riguardava, certo, la gatta non ne era rimasta certo offesa. Pareva piuttosto considerare Sasuke l’estraneo della magione. O al massimo il suo cameriere. Il suo atteggiamento non era migliorato affatto. E i graffi e i segni di denti che Sasuke si ritrovava sulle gambe ne erano la testimonianza più palese.
Le pallette invece si limitavano a mangiare, urlare, e fare i loro bisogni in giro, quindi Sasuke proprio non vedeva il punto di Sakura, nel volere a tutti i costi che se ne prendesse cura. Pensava forse che si sarebbe affezionato? E quale era lo scopo? Erano destinati a trovare presto un’altra casa, e altre persone a cui concedere il loro pelo sui vestiti.
Certo, erano morbide. E se si ignorava il fatto che aveva pulito il salotto più volte in quei sette giorni che non in un mese, potevano essere anche divertenti da far rotolare o guardare mentre rotolavano o correvano, con quelle zampette minuscole, o soffiavano alle cose più disparate.
Alla fine delle due settimane, Sasuke era in guerra aperta con la gatta, e lei gli portava un rancore che era davvero impossibile credere potesse essere contenuto in un esserino così piccolo. Ogni volta che le passava vicino, lei lo graffiava. Ogni volta che le dava del cibo gli soffiava. Ogni volta che usciva dal salotto, ringhiava.
Era una rancorosa, vendicativa, bastarda, manesca – se si poteva dire di una gatta -, possessiva, brutale … piccola Uchiha.
 
- Non è necessario che venga anche tu.
La fissò come se fosse stupida.
- Ok, non ne avevi intenzione dall’inizio.
Sasuke riprese a fissare il monumento davanti a sé, senza dire nulla. Le dita di Sakura si intrufolarono tra le sue inerti. Kakashi stava parlando con Gai, poco lontano da loro.
Lo aveva lasciato in pace, in quelle due settimane.
- Come va con la gatta?
Non la degnò di una risposta. Lei non commentò, limitandosi a guardarsi intorno.
La cerimonia silenziosa che ogni anno gli amici del dobe tenevano il giorno della sua morte, era finita qualche minuto prima e la stessa Tsunade se ne era già andata. Probabilmente a bere, come ogni anno.
Che poi Sasuke proprio non riusciva a capire perché l’avessero stabilita per quel giorno, e perché si riunissero davanti al memoriale dei caduti.
Naruto non era certo là, e non era neppure morto quel giorno.
Naruto era morto due settimane prima. Un tardo pomeriggio. A casa. Dopo aver scherzato con lui. Dopo aver fatto l’amore con lui. Dopo che lui gli aveva dato per la prima volta la soddisfazione e la gioia di sapere che i propri sentimenti erano ricambiati. Una volta. Solo una volta, in tutto il tempo che avevano passato insieme.
- Stai bene? – gli chiese Sakura quasi sussurrando, mentre gli altri partecipanti alla commemorazione sciamavano attorno a loro salutandoli con cenni silenziosi, diretti al ristorante della famiglia Akimichi. Sapevano che non era il caso di avvicinarsi a loro in quel momento. I pochi arditi che ci avevano provato, erano stati quasi annichiliti sul posto dalle occhiate intimidatorie di Sakura e dal vuoto che Sasuke emanava di suo.
Non le rispose. Non riteneva fosse necessario.
In quella stanza di ospedale, con un andirivieni di persone che fissavano costernate, addolorate, sollevate, la figura distesa al suo centro, Sasuke aveva avuto modo di capire di quello che significava essere in presenza della morte.
Fino a quel momento, non aveva “capito” la morte. L’aveva conosciuta, l’aveva sopportata, l’aveva osservata.
Gli ci erano volute quasi tutte e due le settimane  che aveva chiesto a Tsunade prima di staccare le macchine, ma alla fine l’aveva CAPITA.
Il corpo circondato da macchinari, che mantenevano attivo il suo cuore, che riempivano i suoi polmoni, era tale. Un corpo.
All’inizio aveva frainteso questo semplice fatto. Pensava che Naruto stesse morendo. Ma che una parte di lui fosse ancora là. Pensava che avrebbe avuto il tempo di abituarsi gradatamente alla separazione.
Poi aveva  realizzato.
Naruto se ne era andato quella sera.
Disteso inerte su un letto di ospedale dalle lenzuola arancioni, non c’era “Naruto”. C’era solo la carne, le ossa e gli organi di Naruto.
C’era il vuoto lasciato dall’anima che se ne era andata, che stava scavando dentro la sua la consapevolezza della perdita della ragione della sua inaspettata e ritrovata felicità. E niente altro.
La decisione di Naruto di tenerlo all’oscuro della situazione, era diventata improvvisamente più chiara. Non meno dolorosa, ma più chiara.
Aveva capito allora quale fosse la differenza tra uccidere, vedere morire e guardarla  lavorare.
La morte era il nulla. E osservare il nulla marcire il corpo pieno di energia che lo aveva tirato fuori dall’abisso, era …
All’improvviso, un grande flusso di chakra lo distrasse dal torpore che stava provando da quando era arrivato là, e Sakura gli aveva sorriso, sorpresa di vederlo. Non sapeva che Sasuke lo aveva fatto per sfuggire a delle palle di pelo che si erano affezionate ai suoi piedi, e alla loro madre che non ne era per nulla felice. E che se ne era pentito nell’attimo stesso in cui aveva visto tutta quella folla che lo aveva fissato come fosse un fenomeno da baraccone, con espressioni che andavano dalla sorpresa, alla costernazione, alla pietà.
Estrasse un’arma prima ancora di aver pensato di avere necessità di farlo.
Gli altri ninja attorno a lui fecero lo stesso, facendo scudo a coloro che erano disarmati e ai bambini.
Poi tutti fissarono basiti davanti a loro.
Nel bel mezzo del piazzale era infatti apparsa da una nuvola di fumo una volpe, enorme, rossa, fornita di nove code che si muovevano al vento come serpenti nervosi, e che si guardava intorno cercando evidentemente qualcuno.
- Ooohi! Uchiha-teme! Dove cazzo sei quando ho bisogno di te? Ch’! Uno viene a vedere se sei ancora vivo o se stai facendo il cibo per vermi, e tu non ti fai neanche trovare a casa? Ah. – gli occhi di fuoco si puntarono su Sasuke, che aveva fatto un passo avanti, incredulo quanto gli altri. – Eccoti. Finalmente! Ho deciso di restare un po’ qua e tu mi ospiterai. Ora portami a casa, fammi vedere la mia stanza e dammi da mangiare. Beh? Che aspetti?
- … Kurama? Che ci fai … qui?
Il demone sbuffò e sbatté una zampa a terra facendo tremare il terreno sotto i piedi di tutti i ninja che lo fissavano, preoccupati. – Mi annoiavo, ok? Tutto quel silenzio! Il moccioso mi stordiva di chiacchiere! Chi avrebbe pensato che mi ci fossi abituato così tanto? E gli altri! Tutti a giocare a “vogliamoci tutti bene” e a dire “diventiamo un tutt’uno”. Ma siamo pazzi? Io non intendo diventare “un tutt’uno” con degli idioti senza cervello! Ho la mia dignità, io!
Kurama strinse gli occhi  e si abbassò, avvicinando il muso al giovane moro. – Hai un aspetto orrendo. Che c’è. Ti fa male la pancia? – scoppiò a ridere, facendo sobbalzare tutti gli astanti, che fecero un passo indietro. – Il “grande” Uchiha-teme che ha fatto indigestione! Questa è bella. Il moccioso si sarebbe rotolato dalle risate! Oh! Aspetta! – gli puntò contro un artiglio, sedendosi pesantemente – Non dirmi che non hai dormito questa notte perché ti si è spezzata un’unghia! È così? O magari un gatto ti ha rotto la tua piantina di pomodori preferita? Ah? È questo che è successo?
Sakura boccheggiò shockata alla evidente mancanza di empatia di quel demone spelacchiato, e stava per intervenire, quando sentì sul braccio la presa ferma di Kakashi, che quando lei si girò per fulminarlo e intimargli di lasciarla andare immediatamente, si limitò ad accennare alla figura irrigidita di Sasuke davanti a loro. Aveva abbassato gli occhi a terra.
- Kurama.
- Che hai? C’ho visto giusto, eh? – riprese a ridere sguaiatamente, le code dietro di sé che si agitavano festose spazzando l’aria e la terra attorno a loro. – Non occorre che ti metta a piangere, su! Anche ai bastardi è permesso di avere un cuoricino delicato ogni tanto!
Sasuke alzò gli occhi. Kurama smise di ridere. – E dai. Stavo scherzando! Hai lo spirito umoristico di una rapa. Il moccioso aveva ragione.
Kurama lo vide aprire la bocca per dire qualcosa, ma non riuscì a sentirlo. – Che hai detto? Smettila di mormorare e parla come un idiota umano!
Gli occhi rossi di sharingan si strinsero. – Sei seduto sulla lapide di mio fratello e di Naruto.
Parve sorpreso, e si guardò alle spalle. Un grosso blocco di marmo con un pennone che il suo peso aveva inclinato pericolosamente verso il basso spuntava tra le sue code. – Ah. Ecco perché era così scomodo.
Una grande armatura, alta quanto lui e fatta di chakra, fece la sua apparizione, costringendolo a riportare l’attenzione sul moccioso permaloso che era venuto a cercare. – Suvvia … non credo proprio che si offenderanno, sai? Mica sono davvero sotto le mie chiappe.
- Kurama.
Ignorò il basso ringhio del moccioso. - Beh? Mi spieghi che ci fate tutti qua invece di andare a giocare ai salvatori del mondo?
- Aah … se permetti … - Kakashi decise di intervenire prima che le cose precipitassero – Forse non lo hai realizzato, Kurama, ma oggi è l’anniversario della morte di Naruto.
- Ohi! Ichi tsuné*! È tanto che non ci si vede. – Kurama si abbassò al livello del ninja, e aggrottò le sopracciglia – L’anniversario? Che cazzo dici? L’anniversario della morte del moccioso era due settimane fa. Vi siete bevuti il cervello?
Sasuke ascoltò le parole seccate uscire dalla bocca del demone, ed improvvisamente perse la voglia di fare di lui un tappeto per  il salotto. Rinfoderò la katana e fece scomparire Susanoo.
Kurama aveva avuto ragione, in parte e in modo contorto, sulla notte passata, e pure sul fatto che quel pezzo di marmo non potesse davvero rappresentare una tomba per i suoi cari. Di fatto, non esisteva neppure un corpo da seppellire. Né per Naruto, né tantomeno per Itachi.
- Trovati un parco in cui dormire. Non voglio altri animali in casa. – disse prima di voltare le spalle a tutti e incamminarsi verso casa.
Kurama spostò la sua attenzione da Kakashi al moro, e lo seguì. – Mica sono un animale! Io sono il più potente di tutti i demoni! Che credi, che possa  dormire in un parco? Mi si rovinerebbe il pelo!
- Non sono fatti che concernano me.
- Uchiha!
Lui lo ignorò continuando a camminare. Indifferente al fatto di essere seguito da un demone alto una decina di metri e da una dozzina di curiosi spettatori che, ormai convinti non sarebbe successo nulla di grave, volevano vedere chi tra il temuto anbu e il demone avrebbe avuto la meglio nella discussione.
- Uchiha! Eddai! Che rompicoglioni bastardo.  – rimase incastrato tra i muri di due case, e dovette arretrare - Dannazione a queste strade strette! Come cazzo fate ad avere questi budelli e chiamarle strade senza arrossire di vergogna?
- Non per dire, ma sei tu che sei piuttosto fuori scala, Kurama. – stavano attraendo ancora più attenzione, da quando erano entrati in città. Quelli che incontravano, si dividevano tra coloro che vedendo la grande volpe scappavano spaventati e quelli che vedendo i ninja che la seguivano pacificamente avevano preso a chiedere spiegazioni e a seguirla con loro. Sasuke e Kurama erano gli unici che non sembravano afflitti né tantomeno toccati dalla curiosità crescente della gente.
Il demone voltò la testa verso Kakashi, e sbuffando borbottò: - Qua è tutto così piccino. Me lo ero dimenticato. Mi pareva che questa taglia potesse essere sufficiente. Ah. – una delle sue code colpì la tenda di un negozio.
- Procura un altro danno a questa città e ti trasformo in un tappeto.
Kurama batté le palpebre, offeso, e si sedette di schianto, provocando un leggero allarme tra gli astanti.
- Sei proprio uno stronzo bastardo! Naruto non ti ha forse ordinato di avere cura di me? Hai intenzione di deluderlo? ANCORA?
Sasuke si fermò. E così fecero i curiosi che li stavano seguendo, sconvolti dall’idiozia del demone e preoccupati di vedere Konoha ridotta in cenere dall’Uchiha.
Poi Sasuke si girò, con un movimento lento e calcolato. Come se si stesse trattenendo dal fare gesti di cui NON si sarebbe pentito in seguito.
- Parla quello che non è stato capace di far scomparire uno stupido veleno. Chi sarebbe il demone più potente? L’amico più fedele? – il suo tono grondava sarcasmo.
Sakura boccheggiò sentendosi svenire, e con lei lo fece pure Kurama.
- Oi, Teme! Per chi mi hai preso? Per un armadietto di antidoti contro veleni umani? Se tu non fossi stato il coglione che sei, avresti potuto essere col moccioso e assisterlo in quello scontro. Almeno quegli occhi maledetti sarebbero serviti a qualcosa a parte uccidere tuo fratello. Ah, no. Che dico? Il tuo fratellone si è praticamente suicidato.
Sakura chiuse gli occhi. Non avrebbe mai visto crescere il suo bambino, mai più assaporato le labbra di suo marito, visto Sasuke sereno, fatto capire a Sai che le cose che gli passavano per la testa dovevano rimanere là dentro. Non sarebbe mai più stata lodata da shisho. Sentì distintamente il rumore del fuggi fuggi che dimezzò gli spettatori dell’ultima discussione che si sarebbe tenuta in città prima del suo annichilimento. Sciocchi. Era inutile scappare. Era inutile nascondersi. Era finita. Konoha sarebbe stata bruciata da Amaterasu.
- Non più grande di un cane di grossa taglia, dormirai in giardino e se ti vedo sul divano considerati carne in scatola.
Sakura sbarrò gli occhi, incredula. Aveva appena avuto un’allucinazione?
- Non se ne parla! In giardino? Ma sei scemo? – Kurama continuò a protestare, ricominciando a seguire il moro che aveva ripreso a camminare . Indifferente al fatto di aver appena avuto la meglio in uno scontro di volontà con uno degli esseri più cocciuti del pianeta, dopo averlo provocato oltre ogni dire toccando i due argomenti più tabù tra gli argomenti da non sollevare MAI in sua presenza.
- E vedi di chiedere il permesso di rimanere alla vecchia prima di farlo. – terminò l’altro, ignorandolo.
- Non ho bisogno di permessi per fare quel cazzo che voglio! Io sono uno spirito libero! Non ho intenzione di sottostare a nessuna autorità!
Sasuke si fermò nuovamente, e con lui tutti i pochi coraggiosi che li seguivano ancora.
Il demone sbuffò, roteando gli occhi con fastidio, e cedette alla velata minaccia di quegli occhi di nuovo rossi. – E va bene! Ma sappi che non ho intenzione di diventare vegetariano! Io sono carnivoro, Uchiha. CARNIVORO. Perciò vedi di darmi da mangiare come si deve. Altrimenti potrei valutare l’opzione di andare a caccia per conto mio.
Sakura rabbrividì.
Sasuke fece scivolare lo sguardo gelido sugli ultimi spettatori che si ritenevano già morti, e loro si dispersero con la fretta di formiche che avevano visto avvicinarsi una ciabatta.
- Chiariamo, Kurama. È vero. Il Dobe mi ha chiesto di prendermi cura di alcune cose. Il fatto che tu rientri tra queste è però quasi irrilevante. Se vuoi stare a casa nostra, allora seguirai le mie regole. E questo implica il giardino e il mangiare quello che c’è senza fare storie.
- Sei pazzo? Io ho una costituzione delicata!
- Ti comprerò del cibo in scatola, ma non pensare di poter occupare il mio giardino gratis. Se vuoi mangiare, allora guadagnatelo. E restringiti, per l’amor del cielo! Sei troppo grasso. Altro che carne. Da domani sei a dieta.
- Oi! Teme! Ma con chi credi di parlare?!
- Con una volpe vecchia, grassa e spelacchiata. Da quanto è che non fai più esercizio?
- Teme! Lo sapevo che tutti gli Uchiha sono bastardi, ma tu li superi abbondantemente tutti!
- Sopportalo. O trovati un altro giardino da impestare.
Sakura si appoggiò a Kakashi, che le aveva circondato le spalle con un braccio, e rimase a fissare affascinata le due figure che si allontanavano da loro, bisticciando come ragazzini acidi e rancorosi.
- Ho come una sensazione di dejà vu.
- Già. Erano quattro anni che non vedevo Sasuke così … vivo.
- Dici dovremmo andargli dietro? Almeno per evitare che mezza Konoha venga distrutta una volta che Sasuke ne avrà abbastanza di lui?
Kakashi la fece voltare in direzione del piazzale della memoria. – Naah. Se la caveranno da soli. È meglio se andiamo a controllare i danni che la volpe spelacchiata ha fatto, e avvisiamo Shizune di preparare Tsunade-sama all’incontro che l’aspetta. Domani ci accerteremo del grado di stress di Sasuke. E della salute del quartiere Uchiha.
 
Il giorno dopo, Sakura e Kakashi bussarono alla porta di casa Uchiha – rispettivamente - con trepidazione e divertimento. Nonostante lei continuasse a ripetere al marito che non c’era nulla di divertente in tutta quella faccenda, lui continuava a trovarla ai limiti della farsa e ad essere convinto che l’arrivo di Kurama si sarebbe risolto essere quello che ci voleva per riportare almeno una parte di Sasuke indietro dal luogo in cui si era auto esiliato.
- Ooooooooi! Teme! Rispondi alla cazzo di porta prima che ci vada io! – sentirono urlare da un punto non ben definito all’interno della casa.
Subito dopo, un Uchiha decisamente nero scardinò la porta davanti ai loro nasi. Kakashi sorrise alzando in segno di saluto una mano. – Ancora vivo?
La porta venne sbattuta un secondo prima che avessero il tempo di fare un passo avanti.
Sakura occhieggiò criticamente il marito.
- Che c’è? Non si può neppure scherzare …
- A volte … lasciamo perdere. – sospirò esausta, schiaffeggiando la sua mano giù dalla propria spalla e aprendo con la sua chiave.
Entrati in salotto vi trovarono una versione “cane di grossa taglia” piuttosto … eufemistica di Kurama spaparanzata sul tappeto davanti al divano, con cinque piccole palline che giocavano a nascondino tra il suo pelo e una regina dalla coda scattante che riposava sulla groppa.
- Oi! Ichi tsuné! Ichigo*!
- Kurama … Sasuke non aveva detto qualcosa a proposito del divano?
- Ha detto non sopra. Non ha parlato di “non davanti”.
Sakura ordinò al marito di rimanere a controllare il demone, e andò ad affrontare l’altro, di demone, che abitava la casa. Consapevole di essere almeno in parte responsabile della situazione in cui si trovava.
Lo trovò nel giardino di Naruto, intento a curare una pianta dall’aria bisognosa.
- Che pianta è?
-  È una pianta di arance*.
- Non l’avevo mai notata.
Le sue mani si fermarono per un attimo, poi ripresero a togliere le foglie secche dalla piantina, che ora che glielo aveva fatto notare aveva alcuni piccoli fiori sparsi tra i rami più alti.
- Non … non era qui. Era nel giardino anteriore. L’ho spostata oggi perché quell’idiota di sottospecie di tappeto ci si è quasi seduto sopra ieri sera. Qui è più al sicuro.
Gli si inginocchiò di fianco e sfiorò piano le foglie. – Ha un buon odore. Anche senza frutti.
- Mh.
- Hai intenzione di metterla a terra?
- No. Sta bene in un vaso. In questo modo posso ritirarla durante l’inverno.
Lo sbirciò con la coda dell’occhio. – È una scelta un po’ originale.
Pensò non avrebbe avuto risposta alla sua constatazione, ma poi lo sentì quasi sospirarne una. – L’avevo presa per Naruto. Avevo pensato ad un albero di arancio per … ovvi motivi. Pensavo ne sarebbe stato felice. Lo avrei preso in giro per la sua passione monocromatica e perché l’albero sarebbe stata la prova vivente della crescita costante della sua idiozia, e lui mi avrebbe berciato contro saltellando in giro. Io lo avrei insultato, e lui avrebbe fatto lo stesso. E poi ce le saremmo date di santa ragione e poi … Ma Yamanaka mi ha fatto notare che non avevamo posto per un albero, e che in vaso sarebbe stata più facile da gestire. Perciò ho comprato questa stupida pianta da regalare ad uno stupido Dobe che invece di essermene grato l’ha mollata sulla prima superficie possibile per abbracciarmi e morire poche ore dopo come lo stupido idiota che era.
Le si strinse il cuore, e appoggiò una mano sulla schiena dell’amico. Era la prima volta che parlava di quel giorno di sua spontanea volontà. – Oh … Sasuke … mi dispiace così tanto.
- La tua amica aveva ragione. È più facile non farlo morire se posso spostarlo quando serve.
Sakura non gli fece notare che non era per quello che lei era dispiaciuta. Sapeva che lui aveva frainteso deliberatamente. Si schiarì la gola, cambiando argomento con una domanda briosa per superare il pesante silenzio che la sua innocente conversazione aveva creato.
- Allora? Come sono andate queste due settimane di convivenza con la gatta e i suoi piccoli?
Sakura temette che il fragile ramo a cui Sasuke era aggrappato, non avrebbe retto alla domanda.
- Quelle … cose sono … demoni. Non hanno rispetto per niente e nessuno. E il capo di quei demoni è la madre degenere che si ritrovano.
Lei sorrise, serafica. – Hai deciso i loro nomi?
Lui si voltò di scatto nella sua direzione, rischiando di farla sbilanciare e cadere culo a terra.
La studiò per lunghi secondi, durante i quali Sakura trattenne il fiato, incerta, e poi si voltò di nuovo verso l’arancio.
- Per farti felice, l’ho fatto. Anche se non ho intenzione di sprecare il mio tempo a dare un nome a tutte le pallette che non rimarranno qui più del necessario, ho stabilito un nome con cui maledire lo spirito maligno che si ritrovano per madre. Anche se il nome che avevo scelto inizialmente non ha … incontrato l’approvazione dello spirito malefico a cui avevo intenzione di concedere tale onore, e ho dovuto cambiarlo.
Sakura batté le palpebre, perplessa. Perché pareva così soddisfatto?
- Quale nome … - esitò, non assolutamente certa di volerlo davvero sapere - … volevi darle?
Lui si girò per quadrarla bene. Sembrò riflettere se fosse il caso di dirglielo oppure no, poi sorrise lentamente. A Sakura saltò un battito.  Non aveva più visto quel sorriso e quella scintilla che gli si accese negli occhi dall’ultima volta che erano andati ad allenarsi con Naruto. Appena dopo aver sfoggiato sorriso e scintilla, Sasuke aveva messo in dubbio la saggezza del Consiglio, che aveva appoggiato la decisione di Tsunade di nominare ufficialmente Naruto suo successore.
- Te lo faccio vedere. – sembrò fare quasi le fusa, dal compiacimento. Si alzò, e le tese una mano per aiutarla a farlo a sua volta. Dopodiché la trascinò in salotto, dove Kakashi era regredito alla fase prepuberale e stava giocando con i gattini e le code di un Kurama compiacente.
Quando entrarono, mano ancora stretta in quella del’altro, smisero i loro passatempi e si voltarono tutti.
- Lo hai trovato, alla fine.
Sasuke ignorò la gioiosa affermazione di Kakashi, e chiamò con voce stentorea: - Madara!
I gattini gli corsero subito incontro, traballando sulle zampette, mentre colei che Sakura realizzò con un tuffo al cuore avrebbe dovuto - secondo Sasuke - alzare il capo dalle zampe su cui l’aveva appoggiato, iniziò a ronfare rumorosamente.
Sakura si sentì svenire.
- Non … oserai.
Sapeva che avrebbe osato.
- Certo che no.
Questo la sorprese.
- Perché dovrei chiamare quell’Iki-Ryo dannato con un nome che le piace?
- Sasuke …
- Konoha!
La gatta saltò sulle zampe, drizzò il pelo e soffiò e ringhiò con un rancore e un odio che fece arretrare Kakashi.
- ASSOLUTAMENTE NO!
Sasuke si limitò a scrollare le spalle. – Sei stata tu a dire che dovevo darle un nome. Non hai specificato che sarebbe dovuto piacere anche a te. O a lei.
Detto questo si ritirò in cucina, seguito da cinque felini trotterellanti. In salotto, intanto, un demone, un marito e una … città erano intenti a fissare con diversi gradi di curiosità e partecipazione le reazioni di una fragola.
Poi il primo scoppiò a ridere, facendo calmare l’ultima, che si rimise a dormire sulla sua groppa.
- Mi dispiace dare ragione al dannato Uchiha, ma stavolta ha vinto lui. Dovevi essere più precisa, Ichigo.
- E tu piantala di chiamarmi Ichigo, dannata volpe spelacchiata. – ribatté lei con poca forza. Che lei fosse maledetta se avrebbe assecondato l’insano senso dell’umorismo di quell’idiota lunatico.
Ok. Aveva perso. Questo però non voleva dire che si sarebbe arresa. Pensò velocemente ad una soluzione che le permettesse di conservare la dignità, e tentò:  - Noha?
La gatta la guardò. – Noha, vieni qui bella.
La gatta la guardò più attentamente, inclinando la testa. Forse  doveva offrire una piccola ricompensa?
Si precipitò in cucina sorprendendovi Sasuke intento a dar da mangiare ai gattini e a preparare il pranzo per gli umani, e gli rubò dal piano di lavoro un’aringa. Ignorò il suo “Ehi!” indignato e ritornò in salotto dove la situazione era staticamente congelata.
Si abbassò sulle ginocchia, si accertò che la gatta la stesse guardando e ritentò: - Noha, vieni qui bella! – e sventolò con aria invitante il pesce.
La gatta sembrò valutare le possibilità, poi scese cauta dalla groppa comoda di Kurama e si avvicinò cautamente all’umana che le stava offrendo il pranzo.
Soffiò, giusto per sottolineare un punto, e poi agguantò velocemente il pesce, ritornando ad accomodarsi con calma sulla sua nuova cuccia morbida, che borbottò indignata, ricevendo in cambio un ringhio e una zampata di avvertimento a non muoversi.
- Non è quello il suo nome. Non barare, Sakura!
Lei voltò la testa verso una versione aggrondata di Sasuke, fermo alle sue spalle con le braccia incrociate al petto, e disse innocentemente – Non hai mai detto che non potevo trovarle un soprannome.
Kurama rise. – Ti ha fregato Uchiha! Ti ha fregato alla grande!
- Se non vuoi ritrovarti in un parco, farai meglio a non incoraggiarla, Kurama.
- Noha. – ripeté piano Sakura.
- Meee! – Kurama rise più forte.
- Tz. Aspetta solo che tuo figlio sia nato.
Sakura sorrise mentre lo sentiva fare dietro front. Sorrise e incrociò gli occhi divertiti di Kakashi.
Le cose sarebbero andate a posto. Prima o poi.
Ora sapeva che Sasuke sarebbe stato bene. Forse non sempre. Forse non semplicemente. Magari non splendidamente, ma bene.


* Ichi tsuné. Come mio solito, volevo fingere di essere intelligente … Così ho cercato e cercato e cercato … la traduzione di Guercio. Ne ho trovata una che poi l’idiota di traduttore mi ha ritradotto come “tablet”, e questa, che in teoria significa “one eyed”. Ovviamente l’ho traslitterata io, perché sull’orlo di una crisi di nervi. Se qualche anima pia ha più pazienza o conoscenza della sottoscritta … Kakashi cambierà soprannome. Quando avrò abbastanza pudore di me stessa, altrimenti, lo farò tornare Guercio.
*Pianta di Arance. È … ok. Non continuo su questa falsariga. Però … lo sapevate che è originaria della Cina? Ho scoperto che fiorisce in estate! °commossa° Dopo che l’avevo scelta! °doppiamente commossa° Lo ha fatto per ME!! – A parte le cavolate http://www.bayergarden.it/it-IT/data/Piante/a/Arancio.aspx
*Ichigo. Fragola? Non mi sbaglio, vero? Ero tentata di aggiungere un “-chin” ma … mi sono ravveduta prima del disastro. ^^ Sul perché Kurama chiami così Sakura … diciamo che fa pan dan (si scriverà così?) con suo marito. Avevo dibattuto anche con la mia parte più precisina se aggiungere “pallida”, ma ho trovato solo “avai” (o forse ho sentito una U invece che una V?) come traduzione a Fragola Pallida, e Avai Ichigo mi pareva troppo lungo…
   
 
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