Finn ‘n’
Puck, sitting under a tree.
Noah
Puckerman ha sette anni, cammina lentamente guardando a terra.
Noah
Puckerman ha dodici anni, i pantaloni corti e una giacca di pelle troppo larga.
Puck ha
sedici anni, una giacca rossa e i capelli tagliati strani.
Puck ha
diciotto anni, una valigia in mano e tanto da guadagnare.
Il
soldato Puckerman ha vent’anni, indossa una divisa e guida una moto.
Puck ha
ventisette anni, porta uno smoking e guida una prius.
Noah
ha trent’anni, cammina
lentamente e porta una bambina tra le braccia.
Noah Puckerman
ha quarant’anni, non ha più la fede né la bambina e cammina
guardando a terra.
Mr. Puckerman
ha cinquant’anni, si sente un pochetto stanco, ma sente che si sta
avvicinando alla meta.
Il
signor Puckerman ha sessantacinque anni, insegna ai bambini del quartiere come
si suona la chitarra.
Il
vecchio Puckerman ha settant’anni, è in piedi davanti ad un
albero.
Noah
Puckerman ha ottant’anni, si siede faticosamente sull’erba verde e
fresca che circonda l’albero.
Finn ha diciannove
anni, sorride e lo guarda – Ci hai messo un sacco, amico.
Puck ha
diciannove anni, chiude gli occhi e piange un poco – La strada era molto
lunga.
Noah
Puckerman ha ottantacinque anni, muore sotto un albero nella sua città
natale.
Puck ha
diciannove anni e tutto un mondo da scoprire, ma Finn è lì per
fargli da guida.
A.Corner____
Cazzo,
sono bravissima a rendermi triste.
Dunque.
Ciao a
tutti. Per chi non mi conosce: è un piacere vedervi. Per chi mi conosce:
è un piacere rivedervi.
Eccomi
qui a fare un poco di allegro sciacallaggio.
O magari
no.
Credo di
essere stata, qui dentro, una delle più tenaci sostenitrici di Finn. Ho
amato quel personaggio dalla prima puntata, l’ho visto crescere e
cambiare, fare errori,cadere e rialzarsi. Lo volevo abbracciare e prendere a
schiaffi, alle volte anche a badilate, ma per la maggior parte del tempo lo
volevo abbracciare.
Credo di
aver tollerato Glee (o meglio, quello sgorbio che Glee è, disgraziatamente,
diventato) fin’oggi solo per Finn, per vedere cosa sarebbe successo, cosa
si sarebbero inventati per lui, che cosa avrebbe fatto.
Ora non
potrò vederlo più. Non potrò sapere se alla fine si
sposerà con Rachel, se Puck sarà il testimone, se
diventerà un insegnante, se insegnerà ai suo figli che non
è l’aspetto o il modo di vestire o l’abilità nello
sport o i soldi a rendere una persona bella, ma che le persone sono belle
quando hanno sogni, speranze, desideri, quando hanno una bella anima.
Non
potrò sapere cosa succederà a Cory. Non
potrò sapere che vestito indosserà Lea al loro matrimonio, se Cory piangerà vedendola arrivare o no. Non lo
sentirò più cantare, non lo vedrò mai più in un
film, non potrò vederlo in televisione o su uno schermo e pensare che un
giorno, magari, potrò vederlo e stringergli la mano e dirgli che
è una persona coraggiosa.
Eh.
Che
altro dirvi.
Penso
che nella lista degli orribili pensieri che uno può avere nella vita il
primo posto è occupato da “Quel giorno non ho detto a quella
persona quanto era importante per me”.
È
uno di quei pensieri che ti perseguitano finché non muori anche tu.