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Autore: Hi Ban    12/10/2013    1 recensioni
[Seguito di 'Cestini d'intralcio e registratori nascosti']
Lorena vide il volto di Cristina cambiare tre colori di fila: bianco oh-mio-Dio-ora-cosa-mi-invento, rosso santo-cielo-come-faccio-a-spiegarglielo-è-imbarazzante, verde sto-per-vomitare-l’anima-chiamate-l’ambulanza.
Di quel passo sarebbe stata meglio l’agenzia di pompe funebri.
[...] ‘pavimento, inghiottimi’, ‘ladro a caso, entra, fai una rapina e sparami in testa’, ‘proprietario della piadineria in cui non metterò mai più piede, tramortiscimi con la cassa’, ‘apocalisse giungi e uccidi l’intero genere umano’: Cristina chiese giusto un paio di cose nell’arco di cinque secondi, ma nessuna venne ascoltata, nemmeno per premiarla della celerità di pensiero.
Genere: Comico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Seguito di Cestini d'intralcio e registratori nascosti.


Studentesse stalker e piadinerie affollate




Cristina ticchettava nervosamente con la penna sul quaderno degli appunti.
Aveva le occhiaie, stava resistendo all’orribile tentazione di divorarsi le unghie, era anche quasi certa che le fossero venuti i capelli bianchi. No, nessuna di quelle catastrofi psicofisiche erano da imputare alla sola istituzione universitaria.
Era da una settimana, ormai, che la notte non dormiva. E non chiudeva occhio perché aveva nella sua confusa testa le parole sommesse dei suoi due professori che, da quanto aveva potuto capire, erano stati sdraiati sulla cattedra, dove ora era appoggiato Emicch- ahm, il professor Carelli, appunto.
Cristina chiuse gli occhi e prese a battere anche il piede. Era sull’orlo di una crisi di nervi, non sarebbe nemmeno arrivata alla laurea e sarebbe stata rinchiusa in un centro psichiatrico senza finestre. Era un incubo, ma mai come quello che aveva anche ad occhi aperti ogni volta che li vedeva insieme, Valepy- cioè, il professor Giatti e il professor Carelli.
Un mezzo verso strozzato le salì alle labbra, ma lei lo represse. Non doveva farsi sentire, doveva tenere un profilo talmente basso da essere sottoterra, perché oltre alle atroci immagini mentali che la registrazione nascosta si era portata con sé, per la povera Cristina erano soggiunte anche le paranoie.
Lei infatti era certa, più che sicura, che il professor Carelli sapesse. Lui sapeva che il registratore era suo e che lei lo aveva ascoltato. Il professor Carelli sapeva che lei sapeva.
Probabilmente aveva preso a battere con un po’ troppa forza la penna sul foglio, perché ad un tratto quella santa di Lorena le afferrò la mano, contribuendo un po’ a sotterrare il suo profilo per bene. Cristina borbottò qualcosa, gli occhi socchiusi e la totale incapacità ad alzare la testa, perché aveva il terrore atroce che il professore la stesse guardando.
E pensare che ora che non aveva più il coraggio di mettere là davanti il suo registratore avrebbe dovuto prestare maggiore attenzione: le cose prendevano una piaga sempre peggiore, di volta in volta.
Non c’era più niente da fare, ormai, perché lui sapeva che lei sapeva…
«Vedo che i registratori aumentano, eh?»
Il commento del professor Carelli fu spassionato e compiaciuto più che inquisitorio, ma Cristina vi lesse una serie infinita di sottintesi significati che la portarono all’estremo desiderio di darsi la morte con la gomma. Il come era superfluo, l’importante era tirare le cuoia, molto velocemente anche.
«Cristina?» sussurrò Lorena incuriosita, perché proprio non capiva come mai l’amica si fosse messa le mani nei capelli e stesse scuotendo la testa, ad occhi chiusi.
Era pazza?
«È finita» borbottò e Lorena ebbe la sua risposta. Sì, lo era, da ricovero immediato.
«Cosa?» chiese ancora, per fare un po’ di chiarezza nell’oscura situazione, ma non ottenne risposta.
A parlare fu nuovamente il professore, invece: «Non dimenticateli poi qui, eh, ragazzi, se no non potete studiare quel che dico» fu l’ennesimo commento compiaciuto del docente, ma fu anche l’ennesima mazzata in testa alla povera Cristina.
Era tutto un palese riferimento a lei! Si riferiva al suo registratore che conteneva le prove della sua relazione clandestina con Giatti su una stupida cattedra, con l’intervento last minute di un’inserviente a cui era sicuramente venuto un infarto triplo!
Voleva morire. E Carelli faceva tutte quelle frecciatine perché la odiava, voleva portarla al crollo psicologico come vendetta per aver scoperto la verità. In una successione più o meno logica, poi, Carelli le avrebbe impedito di laurearsi, le avrebbe dato voti ad una misera cifra nei suoi esami, le avrebbe mandato minacce di morte e le avrebbe incendiato la cassetta delle lettere.
La sua vita era diventata un inferno, ma solo nel suo immaginario contorto, perché, in tutta verità, da una settimana a quella parte Carelli non aveva fatto altro che auto elogiarsi e accrescere il suo ego come faceva di solito. Di tanto in tanto spiegava anche, eh. Il tutto, comunque, per dire che Emilio non si era accorto di una mazza, né del registratore né di Cristina, di cui nemmeno sapeva il nome, perciò non poteva incendiarle la buca delle lettere.
Ecco perché, in tutta leggerezza, si sentì di aggiungere: «Basta che poi ve le teniate per voi le registrazioni, eh. Ci tengo alla privacy, io, non vorrei mai che… sapete…» fece vari gesti con le mani e alluse a qualcosa che solo lui comprese, perché poi rise e riprese a camminare per la stanza. Cristina era completamente fuori di sé, in una silenziosissima manifestazione di cieco dolore. Teneva sempre a mente il basso profilo, eh.
No, non poteva andare avanti così. Non poteva proprio. Cristina strinse i denti e prese a ritirare velocemente la sua roba. Lorena la guardò senza comprendere, cercando lentamente il cellulare nella tasca. Vista la situazione non sapeva nemmeno lei se volesse usarlo per tramortire l’amica o chiamarci qualche forza dell’ordine a caso per sedarla – protezione animali, tipo.
«Cristina, cos-»
«Ritira, dobbiamo andare via di qui» sibilò lei, come se la loro copertura di letali spie cecene fosse stata scoperta.
«Ma la lezione-»
«Non c’è più tempo, dobbiamo agire!»
Perché la ragazza aveva un piano. Un piano brillante ed intelligente, certo, che aveva incluso Lorena senza nemmeno la sua autorizzazione. Quest’ultima, comunque, non si sognò nemmeno di opporsi ad una simile manifestazione di pazzia. I matti andavano assecondati.
Mandando a banane il suo basso profilo, comunque, Cristina uscì dall’aula a passo di marcia, rischiando di portarsi via qualche sedia con studenti annessi e sbattendo contro il cestino.
Era riuscita a non farsi notare per tutta l’ora e proprio alla fine, Carelli si accorse della furia che stava uscendo e si ricordò di lei: ah, sì, proprio quella che l’altra volta si era quasi portata via il cestino, cosa che poi aveva fatto anche Valerio.
Forse non stava bene, meditò, ma poi annuì tra sé: se doveva vomitare che lo facesse fuori, non sarebbe sopravvissuto al tremendo odore.


«Cosa diavolo stiamo facendo» ringhiò sommessamente Lorena, ignorando lo ‘shhh’ indignato dell’amica, mentre sentiva le ginocchia fare strani scricchiolii «almeno questo posso saperlo? E smettila con questo ‘shhhh’ del cavolo, lui è lontano mezzo chilometro!» sbottò questa volta a voce più alta, perché ne aveva abbastanza.
Cristina disse ‘shhhh’ di nuovo, nonostante le lamentele dell’amica e la liquidò con un gesto della mano, mentre si sporgeva oltre il cassonetto dietro cui erano appostate. Sì, appostate come stalker o come ricercate dalla polizia, a seconda dell’interpretazione che si voleva dare. In ogni caso, non stavano facendo assolutamente una bella figura.
Cristina era impegnata a cercare lui con lo sguardo, ma Lorena le vedeva eccome le facce scandalizzate dei passanti. Meno male che abitava ad un’ora e mezza di distanza in pullman e quindici in tram, altrimenti non sarebbe sopravvissuta all’imbarazzo.
Ad un tratto passò un bambino accompagnato dalla madre. Quando le vide scoppiò a ridere e le indicò alla donna al suo fianco. Questa era impegnata a parlare al cellulare, perciò non ci fece particolarmente caso, ma il figlio continuava a riderle in faccia.
Decise che l’ora e mezza di distanza le permetteva una figura di merda in più – l’essere infantile era un bonus –, perciò si concesse di fare una linguaccia al bambino, che poi scomparve oltre il cassonetto.
«Cosa stai facendo!» strillò isterica Cristina, poiché Lorena stava mandando a monte il loro tentativo di mimetizzarsi con la spazzatura e passare inosservate. Come se ci fossero mai riuscite, poi.
«La linguaccia ad un bambino, Sherlock, non sei tu l’investigatrice folle? Avresti dovuto capirlo subit-» fu bruscamente interrotta dall’amica, che si voltò completamente e l’afferrò per le spalle. L’ennesimo segno che Satana aveva fatto le valige e si era trasferito in lei. Era quasi certa che a casa di sua nonna ci fosse un libro, qualcosa tipo ‘I cento e uno modi per mandare via il demonio’.
O forse erano le macchie d’olio…
«No! E se fosse stato il fratello di Carelli? Se si conoscessero? Ora ti ha visto e andrà a dirglielo! Ah, magari era il figlio!» blaterò disperata, mentre Lorena la osservava con gli occhi sbarrati. Ok, forse il libro sulle macchie d’olio fatte dal demonio non poteva servire in casi del genere.
«Di’ un po’, ma sei stupida? Sei paranoica! Anche se fosse non può sapere che siamo sue allieve e poi non può essere figlio suo. Non hai detto che sta con-»
«Silenzio!»
Lorena era quasi certa che quella fosse stata la voce del Male. Era stata troppo malvagia e inumana per appartenere a quella che, ormai, era la sua defunta amica Cristina.
Aveva preso poi a scuoterla più forte per le spalle ed era quasi certa che le sue scapole si fossero staccate. Non che le servissero, per carità. Le teneva per ornamento.
«Se non la smetti giuro che ti strappo tutti i capelli» fu il commentò minaccioso e basso di Lorena, che tuttavia non riuscì poi così intimidatorio, visto che la voce usciva a scatti.
Comunque smise, schiaffandosi poi le mani in faccia e borbottando qualcosa sulla sua immensa sfiga, sulla sua carriera futura di lava cessi e imprecazioni varie al registratore.
Lorena ancora non poteva capacitarsi di quanto era successo in circa due ore, quando l’amica – la pazza isterica – l’aveva trascinata fuori di colpo. Tra l’altro la lezione sarebbe finita in una ventina di minuti scarsi, il suo impeto l’aveva proprio colta di sorpresa.
Uscendo aveva notato anche che il tanto decantato Carelli aveva guardato Cristina con uno sguardo strano, ma per l’ormai inesistente salute mentale della ragazza aveva evitato di alimentare le sue paranoie dicendoglielo.
Comunque, la pazza psicolabile l’aveva trascinata in una sala studio quasi deserta e le aveva fatto ascoltare la registrazione. Prima aveva blaterato anche cose incomprensibili, ma Lorena, oltre a non averle minimamente capite, se le era pure dimenticate.
Lei aveva ascoltato senza battere ciglio e alla fine aveva guardato Cristina. Quest’ultima attendeva che la reazione sconvolta si facesse vedere, ma tutto ciò che aveva ottenuto era stato un «E beh?» disinteressato.
Lorena non era rimasta minimamente sconvolta, anzi. Ora avrebbe trovato qualcosa da fare quando la lezione fosse divenuta noiosa. Chi era seme e chi era uke? Giatti, in effetti… dalla registrazione, poi…
«La registrazione non serve a granché» aveva detto Lorena, alzando le spalle quasi scettica; Cristina non aveva capito e lei aveva prontamente aggiunto: «Non potevi lasciare una videocamera? Almeno vedevamo, sentire solo non fa capire un bel niente…»
Cristina si era presa la testa tra le mani e aveva chiesto al Signore – o a Buddha, non aveva ben capito – come potesse essere successo tutto quello e poi aveva taciuto. Non era la relazione in sé a distruggerla psicologicamente, quanto più il fatto che fossero Carelli e Giatti. E poi il primo sapeva che Cristina sapeva e…
«Dobbiamo agire!» aveva urlato ai quattro venti, alzandosi. Una matricola era scappata. Seguita da un laureando. Cristina sapeva essere spaventosa.
«Ancora? Cosa c’è da fare, chiedergli chi è masc-»
«Scoprire se sa o non sa!»
E poi, in un batter d’occhio si erano trovate appostate dietro ad un cassonetto, dopo aver iniziato a seguire Carelli e Giatti, che erano usciti insieme dall’università.
Lorena l’aveva trovata una cosa tenera – andavano a mangiare insieme probabilmente –, ma Cristina non era stata dello stesso avviso.
L’avevano fatto di proposito, perché sapevano che li avrebbero seguiti e allora…
«Senti, non possiamo andare a mangiare anche noi, poi andare alla prossima lezione e poi tornarcene a casa? Non è un’idea poi così schifosa, eh…» propose, prendendo fiato dopo la lunga lista di ‘e poi’; tuttavia come risposta ottenne un altro irritante ‘shhhh’. Proprio in quel momento, infatti, Carelli e Giatti uscirono dall’edificio in cui erano entrati cinque minuti prima, per fare solo loro sapevano cosa. Almeno Cristina aveva avuto la decenza di aspettarli fuori.
«Potrebbero almeno darsi la mano» borbottò Lorena e Cristina, ovviamente, la zittì.
Un giorno magari le avrebbe volentieri spiegato che erano professori di giapponese, non ragni mutanti con il super udito. Angosciante che non ci fosse arrivata da sola a vent’anni.
«Ok, ora possiamo seguirli di nuovo… non fare rumore ‘sta volta!» la ammonì, prendendola contemporaneamente per la manica della giacca. Peccato che Lorena avesse preventivato di andare dall’altra parte e finirono entrambe per cadere a terra. Cristina fece appena in tempo a nascondersi quando vide la testa bruna di Carelli voltarsi.
«Cosa c’è?» sentirono Giatti chiedere, mentre trattenevano il respiro e una comitiva di spagnoli gli passava di fianco guardandole schifati.
«Niente, sarà stato un topo vicino alla spazzatura» così dicendo riprese a camminare e le due ragazze ricominciarono a respirare.
Lorena concesse a Cristina il suo peggior sguardo irritato e la seconda non ebbe remore di chiedere cosa avesse.
«Mi ha appena dato del topo, ho rischiato di soffocare e siamo nella spazzatura. Per quale di questi motivi credi che io voglia ucciderti?» chiese serafica e l’altra si limitò ad uno ‘shhhh’ isterico, prima di trascinarla avanti.


Camminarono per dieci minuti buoni e Lorena non si sentiva più i piedi. Cristina nemmeno, ma per amore della verità avrebbe fatto quello ed altro. Magari non riascoltarsi la registrazione, no.
In più, lo sapeva pure lei che quel pedinamento stalker non aveva il minimo senso, la spiegazione che aveva dato all’amica era ancora più idiota ed era sulla buona strada della pazzia, ma durante la lezione aveva sentito che qualcosa andava fatto. Il perché dovesse seguirlo le sfuggiva ancora, forse se fosse rimasta a lezione lo avrebbe capito.
Ora ciò che le rimaneva da fare era continuare a seguire i due docenti, che durante il percorso – traverse, vie, strade che nessuna delle due ragazze avevano mai sentito nominare – avevano continuato a scherzare gioiosamente.
Lorena aveva grugnito tutto il tempo, perciò Cristina non poteva paragonare la sua piacevole compagnia a quella del professore.
Era anche quasi certa di non voler fare cambio, però; se fosse andata in giro con Giatti temeva che la vena zen del docente le impedisse di capire anche banali domande tipo ‘come va?’. Era un po’ troppo filosofico nell’espressione dei concetti, ecco, motivo per cui Cristina era tutto fuorché convinta di passare l’esame con un voto al di sopra del diciotto.
Non esisteva il Giatti Translate?
«Cristina… Cristina, cazzo!» la richiamò più di una volta, ma lei se ne accorse quando ormai era troppo tardi; prese in pieno un palo e lanciò una di quelle imprecazioni non ripetibili.
Lorena avrebbe voluto tornare al cassonetto della spazzatura, questa volta direttamente dentro.
Afferrò Cristina per un braccio e la trascinò più indietro, in modo che quando i due raffinati docenti si sarebbero voltati per controllare chi potesse dire simili volgarità in mezzo alla strada non le vedessero.
Appena in tempo.
Almeno erano anche finite in una zona che non conoscevano e c’erano ancora meno possibilità che qualcuno potesse riconoscerle; oltretutto, quel luogo sapeva un po’… di malfamato, ecco, perciò veniva spontaneo chiedersi dove stessero andando i due piccioncini. Se Lorena non fosse stata più sana di mente di Cristina, sarebbe arrivata a credere pure lei alla teoria dell’amica: Carelli e Giatti avevano capito che le due li stavano seguendo e avevano deciso di portarle a sperdersi, magari facendole finire in mano ai peggiori assassini della città.
Ma Lorena aveva ancora un po’ di raziocinio.
«Senti, torniamo indietro, non ha senso continuare con questa stupidaggine! Ammesso e non concesso che sappiamo come tornare, eh…» commentò acidamente, visto che più si guardava intorno, più si rendeva conto che non sapeva proprio dove potessero essere finite. La sua era stata sicuramente un’argomentazione razionale, ma era palese che il cervello di Cristina non era abbastanza reattivo per capire. Sempre se ci fosse ancora un cervello, visto che tutte le considerazioni idiote che faceva da più di una settimana potevano benissimo averlo disintegrato completamente.
«No, no! È il momento buono per… beh, per…» iniziò, ma non seppe esattamente come continuare. Sentiva la frustrazione salire a livelli inimmaginabili, notando la faccia dell’amica e immaginando quali fossero le sue perplessità. Che, in verità, erano anche le sue – perché diavolo stavano facendo una cosa del genere?! –, solo che era stata lei a trascinare Lorena nella faccenda, perciò non aveva possibilità alcuna di lamentarsi.
«Per? Per andare a cercare il paiolo d’oro alla fine dell’arcobaleno? Ci sta anche, l’arcobaleno, eh…»
Cristina esplose e implose nell’arco di dieci secondi periodici, il tempo di realizzare che Lorena aveva fatto del sarcasmo sulla sua missione senza una logica.
«E anche se cercassimo il paiolo? Dove starebbe il problema, eh?» strillò letteralmente, non intenzionata a lasciare all’altra il tempo di ribattere.
«Beh-»
«Secondo te solo tu ti chiedi che diavolo di senso abbia seguire quei due? Mh?»
«Io-»
«Li seguiremo per tutto il giorno aspettandoli fuori, ovvio, mentre loro mangiano e noi dobbiamo nutrirci solo con l’odore proveniente dalla stupida piadineria davanti a cui siamo finite! E loro ci bocceranno perché li abbiamo seguiti come cani!»
«Davvero, Cristina-»
«Sì, siamo davanti ad una stupida piadineria, i temuti professori gay sono scomparsi e nessuno dei due ha una pistola nascosta nei calzini per farmi fuori, essendo io una studentessa di cui non sanno nemmeno l’esistenza, che ha lasciato un registratore che ha registrato le prove della loro relazione segreta, ma sono paranoica e-»
«Cristina!» sbottò ad un tratto l’amica e lei ebbe appena il tempo di notare che aveva in volto un’espressione quasi allibita, più vicina all’esasperata in verità, prima di sentire una voce alle sue spalle. E una risata. Contemporanea alla voce, il che voleva dire che erano in due. Maschi, tra l’altro e loro, guarda caso, avevano perso di vista i due docenti.
Si poteva dire che aveva un cervello che lavorava in fretta, sì.
Quando si voltò e vide dietro di sé Giatti e Carelli non poté non mostrarsi scandalizzata, come invece non era Lorena. Lei ora era più che altro rassegnata.
«Visto, Valerio? Ci stavano seguendo. Abbiamo addirittura delle fan» commentò Carelli e Cristina emise un mezzo verso strozzato.
«Buongiorno» fu l’educato saluto, totalmente dimentica di quel che aveva appena detto non esattamente a bassa voce.
«Non ho ben capito la storia del registratore, invero… Beh, c’è tempo per parlarne, no? Possiamo entrare nella piadineria senza che vi cibiate dell’odore» commentò Valerio Giatti un po’ confuso dalle sue stesse parole.
Cristina boccheggiò e si guardò discretamente intorno, alla ricerca di qualcosa con cui sopprimersi, perché la faccenda stava davvero prendendo una piega inaspettata.
I due professori le precedettero, mentre lei riuscì a muoversi solo quando Lorena prese a spingerla letteralmente di peso.
«Muoviti, su… e non pensare di scappare o dirò a Carelli che l’altro giorno pensavi stesse socchiudendo gli occhi in modo cattivo perché è cattivo e ce l’aveva con te» la minacciò a mezza voce, sperando che assecondare il corso della giornata tutto si sarebbe concluso e lei sarebbe potuta tornare a casa, che agognava con disperazione.
Perché diavolo dava ancora ascolto a Cristina, dopo tutto il tempo che la conosceva?


«Non vi stavamo seguendo» proruppe subito Cristina, gli occhi puntati sul pavimento della piadineria in cui si era limitata ad ordinare solo una bottiglia d’acqua.
Lorena si era presa una piadina enorme che divorava come se non avesse toccato cibo per settimane, mentre i due professori mangiavano tranquillamente il loro pranzo.
«Come mai qui, impegnatissimi professori che non hanno mai tempo per venire a mangiare nella piadineria di un loro vecchio amico?» chiese ad un tratto il proprietario del locale, sorridendo, indicando così il tono scherzoso della domanda.
Carelli piegò la testa di lato e commentò con un convinto «lunga storia» mentre Giatti scoppiava a ridere.
«Beh, in genere questo posto è troppo lontano da raggiungere, ma dovevamo appurare che qualcuno ci stesse seguendo e allora abbiamo continuato a camminare!» spiegò Valerio, addentando la piadina.
Cristina sbiancò scandalizzata, rischiando di strozzarsi con il primo misero sorso d’acqua che si era arrischiata a bere da quando aveva comprato la bottiglietta.
Lorena le batté qualche pacca sulla schiena, scuotendo la testa, Si sentiva in pena per l’amica, con tutte le pessime figure che stava facendo, una dietro l’altra.
Doveva essere il karma.
«Cosa stava dicendo prima?» chiese con austera gentilezza Carelli, rivolto alla morente Cristina, che aveva riattirato l’attenzione su di sé.
In quel mondo bastardo non si poteva nemmeno morire in santa pace.
«N-no, che… non… seguendo- cioè, non vi stavamo seguend-»
«Ma è ovvio che ci stavate seguendo, l’hai detto fuori!» la riprese con allegria Valerio, senza traccia di biasimo o irritazione nella voce. Semplicemente le aveva fatto notare che prima, fuori, aveva dato di matto e aveva urlato a mezza strada – compresi i due professori – che li stavano pedinando per scoprire cosa sapessero di quello che sapevano loro.
Logico, molto comprensibile.
Emilio parve ricordare un altro piccolo particolare che in un secondo momento gli era sfuggito.
«E cosa invece riguardo ad un registratore?»
Se lo chiedeva voleva dire che non ne sapeva niente. Il che voleva anche dire che se ne fosse stata buona per i fatti suoi, Cristina a quel punto sarebbe potuta essere in condizioni psicofisiche decisamente migliori.
Lorena vide il volto di Cristina cambiare tre colori di fila: bianco oh-mio-Dio-ora-cosa-mi-invento, rosso santo-cielo-come-faccio-a-spiegarglielo-è-imbarazzante, verde sto-per-vomitare-l’anima-chiamate-l’ambulanza.
Di quel passo sarebbe stata meglio l’agenzia di pompe funebri.
Cristina sarebbe volentieri stata in silenzio per non aprire più bocca per il resto dei suoi giorni, ma Lorena le assestò una gomitata nemmeno troppo discreta nella schiena borbottando un «parla» camuffato con uno starnuto palesemente falso.
Avevano sicuramente delle studentesse interessanti, convennero i due docenti e forse era il caso di rimpiangere un po’ il sistema così rigido sulle relazioni interpersonali tra professore e alunno che non permettevano di scoprire elementi così particolari.
«Ah, sì, il registratore… è che… cioè, il mio registratore… per sbaglio vi ha… registrato» ‘pavimento, inghiottimi’, ‘ladro a caso, entra, fai una rapina e sparami in testa’, ‘proprietario della piadineria in cui non metterò mai più piede, tramortiscimi con la cassa’, ‘apocalisse giungi e uccidi l’intero genere umano’: Cristina chiese giusto un paio di cose nell’arco di cinque secondi, ma nessuna venne ascoltata, nemmeno per premiarla della celerità di pensiero.
«Ci hai registrato quando?» si informò Valerio, che non capiva. Mancava qualcosa nella frase, evidentemente.
Non aveva più nulla da tacere, ormai era andato tutto a banane. «Mentre… ehm… la cattedra…»
«Che cattedra?» domandò Giatti.
«Nell’aula trentatrè…»
«Ci faccio lezione» convenne Carelli, ma anche lui non capiva.
«L’inserviente…» pigolò sempre più disperata Cristina e a quel punto Lorena decise di darle una mano.
A Cristina parve più uno scavarsi la fossa da sole, ma erano dettagli.
«Che inserv-»
«Vi ha registrato mentre tentavate di fare zozzate sulla cattedra nell’aula trentatrè, ma poi la tipa delle pulizie vi ha beccato e ve ne siete andati» disse in un fiato Lorena e dovette davvero trattenersi per non schioccare le dita con insoddisfazione per l’ultima parte della vicenda.
La comprensione prese possesso delle menti dei due docenti.
«Ah!»
«Ora ho capito…»
«Oh!»
«Non mi aspettavo una cosa del genere…»
«Eh!»
«Valerio, hai altro da farci sapere oltre alle vocali dell’alfabeto?»
«Sì, che finalmente ho capito cosa c’era di scomodo sotto la borsa!»
«Come hai fatto a non accorgertene poi tu? Quando l’hai tolta avresti dovuto accorgertene.»
«Sai com’è, Emicchan» Lorena ridacchio «eravamo leggermente di fretta, visto che l’inserviente sembrava pronta a passare a miglior vita.»
I due professori continuarono a battibeccare tra di loro, esattamente come se nulla fosse.
Non come se una studentessa li avesse appena scoperti, registrati e pedinati. No, solo non avevano fatto caso ad un registratore scomodo.
«Andavo di fretta! Non hai visto che nella fretta mi sono anche portato via il cestino?»
«Ah, già… beh, almeno la tizia aveva qualcosa da fare mentre ricamava su noi due… ma ora abbiamo un altro problema» commentò Carelli, riportando l’attenzione su Cristina, che era caduta in uno stato di catatonia, scioccata.
Esperienze giovanili, volendo le si poteva chiamare anche così.
«Ovvero?» chiese Valerio, osservandolo interrogativo.
«Come le mettiamo a tacere?»
Cristina, che aveva tentato di nuovo di bere un po’ d’acqua per riprendersi, si era strozzata ancora e si chiese se non fosse un qualche segno del destino che le diceva di morire di sete.
Lorena, dal canto suo, non era particolarmente preoccupata. Cosa potevano fare, non fargli passare gli esami e impedirgli di laurearsi?
«Ah, capito, capito…» realizzò Giatti, grattandosi il mento con un po’ di barba. «Non le facciamo laureare?»
La mascella di Cristina si era schiantata a terra, mentre Lorena, che aveva pensato di poter bere senza morire come l’amica, per poco non passava a miglior vita con la cocacola.
Cristina, completamente fuori di sé, le diede qualche pacca per farla riprendere, ma nello shock totale non vide nemmeno dove colpire e finì con il darle due sberle in piena faccia.
«Ehi!» si lamentò l’altra, mentre i due professori ridevano convinti.
Almeno qualcuno si stava divertendo.
«Sarebbe una buona idea, ma dobbiamo metterle a tacere, se non le facciamo laureare c’è il pericolo che trasmettano la registrazione in ogni angolo di mondo… dico bene?» chiese Carelli con un tono di voce piuttosto suadente.
Il fascino di Carelli, ovviamente.
«No, no, assolutamente no!» gridò Cristina, facendo scappare i due clienti che avevano appena messo piede nella piadineria.
Voleva dimostrargli di essere una persona seria, che quelle cose non le faceva, non avrebbe mai divulgato le registrazioni, era una persona fidata.
«Ehi, ‘sto posto già è in culo ai lupi, potete evitare di farmi scappare i clienti?» si lamentò il proprietario schiaffandosi una mano in volto.
Non gli prestò ascolto nessuno.
«Davvero, non la farò ascoltare a nessun-» disse ancora la ragazza, ma Carelli alzò un mano, facendola fermare.
«Sei sicura? Perciò possiamo non farvi laureare perché in caso non ci ricattereste con nulla in cambio?» chiese con fare eloquente Carelli, sporgendosi verso di lei e sorridendo.
Cristina comprese e, dopo un momento di iniziale confusione, prese a muovere convulsamente le braccia in segno di diniego. A sua discolpa si poteva dire che il sarcasmo di Carelli non lo capiva mai nessuno.
«No, no, lo farò sentire a tutti, come suoneria del cellulare, come sveglia e campanello di casa! Lo metterò a Natale al posto delle carole ai pranzi di famiglia e-»
Valerio sgranò gli occhi un po’ allarmato e guardò prima Valerio, come a volergli dire qualcosa come ‘hai creato un mostro’, poi si rivolse alla studentessa.
«Sì, grazie cara, ma non esagerare, non è il caso, non vorrei che ad ascoltare quelle cose la nonna passasse a miglior vita» disse incerto, battendole qualche pacca sulla spalla.
La ragazza annuì qualche volta di troppo, prima che Lorena la fermasse.
Visto che Cristina non sembrava in procinto di riprendersi, l’amica parlò per lei.
«Perciò cosa pensate di…»
«Mh, niente, andiamo sulla fiducia, voi non dite niente e noi non vi bocciamo a tutti i nostri esami» concluse Giatti, pensando che tutto sommato quella poteva essere una buona soluzione.
Le due ragazze tirarono un sospiro di sollievo, felici che per sbaglio non fosse stata registrata la relazione proibita di qualche professore bastardo e pronto a levarsi dai piedi due studentesse inutili.
I due professori si alzarono, pagando il conto.
Il professor Giatti sorrideva: «Beh, magari cancellatele quelle registrazioni, non si sa mai!»
«In caso tornassero a galla o qualcuno oltre a noi quattro- cinque» aggiunse facendo caso all’amico che se la rideva da mezz’ora «dovesse saperne qualcosa… beh, le conseguenze potrebbero essere spaventose» disse con freddezza il professor Carelli e Cristina impallidì.
La risata di Valerio spezzò l’atmosfera inquietante che si era creata.
«Sì, Emicchan, certo, fai proprio paura, andiamo» lo esortò, ridendo. Lì dentro tutti avevano capito che Carelli stava scherzando con quella minaccia da film mafioso di seria C, ma Cristina non avrebbe distinto nemmeno un cane da un gatto se se li fosse trovati davanti.
«E… Cristina, giusto? Ora può dormire tranquilla la notte, alle mie lezioni sembra uno zombie» la riprese ancora Carelli, facendola sobbalzare. «Non è che si ascolta la registrazione in continuazione per prendere sonno, vero? Legga qualche fanfiction, sono più interessanti» aggiunse ancora, prima di uscire con Giatti.
«Aggiustati il colletto, è storto» sentì Giatti rimproverare bonariamente a Carelli.
«Sei sporco di formaggio» lo riprese a sua volta Emilio.
«Che teneri» disse infine Lorena.
Cristina sentì appena la porta chiudersi, prima di stramazzare a terra svenuta.
Troppo stress emotivo.


Lorena se n’era andata, appurò sconvolta e stordita Cristina, quando si tirò su a sedere. Tutti se n’erano andati, perché intorno a lei non c’era niente.
Era svenuta? Beh, evidentemente sì, visto che se ne stava stesa da qualche parte, dove non lo sapeva proprio – un divanetto, forse? Sicuramente scomodo.
Si stropiccio gli occhi e fu quasi tentata di tornare a stendersi, recuperando un po’ delle ore di sonno perdute a causa di Carelli, Giatti e le loro registrazioni fraintendibili.
Oh, santo cielo santissimo, Carelli, Giatti e le loro registrazioni fraintendibili! Quelle- Ad un tratto le spuntarono davanti due occhi a mandorla neri e sorridenti.
Chi? Chi era?
Era per sicuro un ragazzo decisamente bello, su quello non c’erano dubbi. Asiatico, bello e davanti a lei: forse stava ancora dormendo.
Cristina biascicò qualcosa, ma non uscì una singola parola sensata e comprensibile dalla sua bocca.
«Ciao. Ti sei ripresa» commentò divertito il ragazzo, che rise apertamente davanti alla sua espressione da pesce lesso.
«Oh, sì, suppongo» biascicò, ma poi si chiese quanto potesse essere stupida una risposta simile. Suppongo? Undici, un undici e lode, sicuramente.
«Io sono Shinichi, comunque» così dicendo sventolò la mano in segno di saluto, sempre più divertito. Evidentemente credeva che Cristina fosse ancora nel mondo dei sogni.
«Proprio quando tu sei caduta a terra come un sacco di patate è iniziato il mio turno qui» e solo in quel momento Cristina, ignorando il ‘sacco di patate’, notò che si trovava ancora in piadineria.
A cosa serviva un cambio di turni in un buco come quello che non sembrava avere più di due clienti alla settimana?
«Oh, ehm… calo di zuccheri» buttò lì, spostando lo sguardo.
«Quello che ha detto anche Emilio san» disse sorridendo e Cristina ebbe appena il tempo di impallidire, prima che Shinichi si alzasse. Emilio san? Era tornato indietro? Cos-
«Allora, Cristina» sapeva il suo nome! Sapeva il suo nome! Sapeva il suo- «Posso offrirti una piadina salata per rimettere in sesto i tuoi zuccheri?» disse, ridendo da solo per la battuta.
Ma Cristina non ci fece caso; le offriva una piadina! Le offriva una piadina! Le offriva una piadina!
E sapeva pure il suo nome! I Sali! Gli zuccheri!

Carelli, Giatti e le registrazioni? Beh, al diavolo, ora aveva cose decisamente più interessanti su cui concentrarsi.



E' il disgraziato seguito, sì, non poteva mancare XD Così come l'altra, nemmeno questa sapevo dove piazzarla e l'ho messa tra le generali: spero di svegliarmi un mattino con una folgorante illuminazione che mi risolva il mistero di dove vanno queste shot XD
  
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