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Autore: Matt_Stewartson77    12/10/2013    0 recensioni
come ogni ventenne, Susan Dawson, figlia di una delle più famose famiglie di esploratori, non aspetta altro che un occasione per mettere alla prova le proprie capacità. prende così parte alle spedizione della nave Starlight, alla ricerca di una reliquia spersa nell'Oceano Atlantico. ma qualcosa va storto...
Susan, insieme ai suoi amici, si ritrova naufraga su un'isola non circoscritta sulle cartine, e lì dovrà affrontare le sue paure e combattere contro uomini che vogliano ucciderla. perché la vogliono morta? quale segreto cela l'isola? presto, Susan, imparerà cosa significa davvero la parola "fiducia"
Genere: Avventura, Azione, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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saaaaaaaalve xD
ecco l'ultimo capito! 
ci ritroviamo alla fine :D
buona lettura 




24
Rivolta

      Io e Clark ci voltammo. Io cercavo di restare il più calma possibile, di controllare la rabbia. Non mi fu molto difficile, soprattutto adesso che sapevo che Clark era salvo, che stava bene, e che adesso era lì con me. Controllammo ogni stanza del nostro lato.
      Non trovammo mai niente: soltanto stanze rovinate e distrutte dal tempo. In una di loro, notai un quadro segnato dal tempo, ma il volto era ben visibile, non ricordavo con chiarezza chi fosse, ma aveva un volto familiare. Decisi di non indagare più a fondo per non perdere tempo. Raggiunsi Clark fuori dalla stanza e perlustrammo le ultime stanze che ci rimanevano. Niente, della radio non c’era traccia. Decidemmo di tornare indietro speranzosi che gl’altri avessero avuto più successo di noi nella ricerca.
      Quando arrivammo al punto di incontro, Amy, Damon e Phil erano già nella stanza che ci aspettavano: la loro ala era più corta della nostra.
      «Trovato niente?» ci chiese Amy.
      Clark scosse il capo «E voi?»
      «Niente» gli rispose Damon, poi si rivolse a me «Dev’essere nella sala del trono, come hai detto tu» disse con una smorfia.
      «Allora andiamo di sopra» propose Amy, che si alzo insieme a Phil e Damon.
      Di nuovo insieme, salimmo gli scalini che conducevano all’ultimo piano in totale silenzio. Da una parte mi sentivo felice perché la mia teoria si era rivelata giusta, dall’altra avevo paura perché c’era troppa tranquillità, e sentivo che qualcosa sarebbe andata storto. Era qualcosa che sentivo dentro e che mi occupava tutta la mente, facendomi faticare per restare lucida.
      Tutto andò come avevo previsto.
      Appena Phil –che occupava il primo posto della fila- mise piede sull’ultimo piano, degl’uomini gli saltarono addosso e l’immobilizzarono. Inutile fu tentare di aiutarlo: un’altra schiera di uomini si era sparsa dietro i due che tenevano Phil e ci imprigionarono. Adesso capivo perché era andato tutto liscio fino a quel momento: Jasmine aveva già pianificato che avremmo provato a liberare Clark e Phil, per questo, di buon grado, aveva deciso di creare una sua difesa nascosta, in caso di qualche rivolta. Probabilmente, però, non era a conoscenza del nostro piano di usare la radio, ma adesso che importava? Sentivo dentro che molto probabilmente saremo morti, e la paura prese il posto della mia lucidità.
      Ci scortarono verso il portone che conduceva alla sala del trono. Mentre camminavamo, tutti imprigionati nelle robuste braccia di due uomini per ognuno di noi, notai l’assenza di Amy. Ero confusa: dovevo preoccuparmi, o dovevo essere contenta della sua assenza? Poteva essere riuscita a scappare, e forse ci avrebbe aiutato a liberarci. Un’altra pura mi colpì: lo avrebbe fatto? Ci avrebbe aiutato? Mentre mi ponevo queste domande, varcai la soglia della grossa e robusta porta, entrando insieme agl’alti nella sala del trono. In fondo, sul possente trono, Jasmine.
      «Benvenuti» ci salutò «Vi stavo aspettando»
      Gl’uomini ci lasciarono andare, ma si allinearono sul muro della stanza. Mi sorpresi nel vedere che non avevano armi puntate. Dovevo preoccuparmi? Forse sì.
      «Vi piace, qui? Grande, accogliente come sala, eh?»  Ci chiese Jasmine, scesa dal trono e incamminatasi verso di noi «Ovviamente» aggiunse «mi riferisco ai tuoi amici, Susan»
      Tutti non risposero.
      «Vedo che ne avete perso altre due» disse, osservandoci bene. Per fortuna non si era accorta dell’assenza di Amy.
      «Quindi avevo ragione» si congratulò da sola «avete davvero tentato un’imboscata contro di me» rise, malefica «Pazzi!» sputò poi con rabbia «Cosa vi ha fatto pensare, cosa vi ha illuso che sareste riusciti a sconfiggermi?! Guardatevi! Siete cinque sciocchi ragazzi, stanchi, affamati e fradici! Come avete potuto pensare di riuscire a sovrastare questo?» indicò la linea di uomini armati contro il muro.
      Il silenziò regno ancora sulla grande sala.
      «ALLORA?!» strillò lei, rompendo il silenzio e facendoci sussultare tutti dal suo urlo improvviso.
      «Beh» gli rispose Phil «Sai come si dice: la speranza è l’ultima a morire»
      Lo vidi più come un affronto. Jasmine lo prese infatti come tale: fissava Phil con rabbia crescente, sembrava che stesse per scoppiare dal rossore della sua faccia. Indicò con furia prima un uomo, poi Phil, e poi i suoi piedi. L’uomo che aveva indicato afferrò Phil con il colletto e lo gettò ai piedi di Jasmine. Lei lo afferrò stretta per i capelli, costringendolo a sollevarsi dal suolo mettendosi in ginocchio, e lo fissava non più con rabbia, ma con perfidia. Allungò la mano destra, di lato, aprendo il palmo verso l’alto. Quasi non mi accorsi dell’uomo che gli pose la pistola sulla mano.
      Un sentimento di terrore si impossessò di me.
      «Jasmine, ti prego» la supplicò lui «Fallo per il tempo che abbiamo passato insieme»
      «Non mi importa più del mio passato» gli rispose, acida «Ormai penserò solo al mio futuro»
      Jasmine voltò Phil verso di noi, tenendo la mano ancora strinta ai suoi capelli, costringendolo a guardarci tutti. Mi coprii la bocca con la mano, terrorizzata dalla scena. La donna posò la canna dell’arma sulla tempia di Phil, che tremava come una foglia dalla paura.
      «NO!» sentii urlare Damon. Subito Clark mi abbracciò in modo da impedirmi di assistere alla scena, e un colpo d’arma da fuoco riempii l’aria. Spinsi di respirare per un istante interminabile, un attimo che mi sembrò durare un giorno intero. Clark mi abbracciava ancora, e solo quando sentii la sua maglietta bagnata contro la guancia mi accorsi che stavo piangendo, e che non riuscivo a respirare perché sussultavo dai singhiozzi. Udii qualcosa strisciare e Damon imprecare contro la donna che aveva fatto fuoco. Clark non smetteva di stringermi, ma lanciava continui sguardi fugaci alle sue spalle.
      «Come hai potuto farlo?!» gli urlò. Sentii il suo petto tremare dalla rabbia.
      Rise malefica «Era soltanto una vita» rispose lei «Cosa, in confronto alla fama e alla ricchezza?»
      Come poteva voler uccidere, per i soldi? Aveva ucciso a sangue freddo uno dei suoi più cari amici, davvero, soltanto per i soldi e la fama? La realtà mi diceva di sì, ma la mia testa mi continuava a ripetere che era impossibile, che non poteva esistere qualcuno di così perfido, cattivo, tremendo… un mostro come quella donna. Decisi di dare ascolto alla realtà, basta coccolarsi con la finzione, l’isola mi aveva fatto capire il vero significato della vita: un’avventura orrenda che, purtroppo, ognuno di noi è costretto ad affrontare.
      Clark mi lasciò guardare. Fui felice che mi aveva impedito di osservare la scena, ma lo schizzò sul pavimento, di un rosso vico, seguito da delle macchie dello stesso colore provocate da un struscio, erano impossibili da non notare. Combattei contro il mio stomaco per non vomitare, anche se non riuscivo a capire cos’avrei vomitato.
      «Sei un mostro» riuscii a sibilare trai denti. Sperai che lo sentisse.
      Fece un’altra risata malefica. Sì, l’aveva sentito «Lo sono, Susan? Lo sono davvero?» non credetti ci fosse bisogno di rispondere «Qualcuno che prova a migliorare la propria schifosa vita, è un mostro? Io credo di no, Susan, perché, altrimenti, lo saresti c anche tu»
      «Io non ammazzo la gente per i soldi» abiettai.
      «Lo faresti, se ne fossi costretta. Tutti, in questa stanza lo faremo. Se tuo padre andasse in bancarotta, e ti disserro una quantità immensa di soldi chiedendo soltanto ti uccidere delle persone, non lo faresti?» mi provocò.
      «No! Non lo farei mai»
      «Si vede che sei ricca, Susan, ragioni come loro» mi disse.
      «Anche tu sei ricca! Perché fai questo allora?»
      «Perché? Per la fama, Susan! Hai idea di cosa significhi la scoperta di questo castello? Soldi a palate a fama mondiale, per aver scoperto il castello di Alfredo il Grande quando si riposava dalle battaglie, quando voleva staccare della sua vita troppo stressante a suo parere»
      Mi ricordai all’istante di chi fosse il volto raffigurato dal quadro scalfito dal tempo, ma ancora ben visibile. Non potevo credere che quel castello appartenesse ad Alfredo il Grande. Restai a bocca aperta. Lei rise.
      «Sì, Susan. Proprio lui»
      «Co… come…?»
      «Come ho fatto a scoprirlo? Nonna Lily, Susan»
      Nonna? Cosa centrava lei in tutto questo?
      «Ti ricordi la sua storia, Susan? Quella di quando la sua nave affondò?» mi chiese.
      Spalancai gl’occhi «È affondata. Qui?!»
      Rise, divertita, forse, della mia espressione «La scoperta non è proprio sua, però. Quando la sua nave attraversò queste acque, si teneva in contatto con nonno Victor con una radio. Erano molto innamorati, e lei era così entusiasta della sua ultima avventura che volle tenersi in contatto con suo marito. La nave affondò. Nonno Victor non seppe più nulla di lei così, risalendo alle coordinate dell’ultimo messaggio inviatogli da Lily, risalii al punto quasi preciso deve affondò la nave. Scoprì l’isola e il castello di Alfredo. Non ne fece parola con nessuno, finché io non trovai le lettere che si erano mandati e decise di rivelarmelo. A me, capisci? Ero così contenta che me lo avesse detto. Per molto tempo cercai di arrivarci, ma non ci riuscii mai. Poi incontrai Steve e la su associazione… ed eccomi qui, a portare presto alla luce questa meraviglia»
      «Perché nonno Victor non lo ha detto a nessuno?» non mi quadrava. Poteva essere un’altra grande scoperta per la nostra famiglia, poteva accrescere la nostra fama, perché non ha detto niente a nessuno?
      «Questo non me lo ha voluto dire» mi rispose amareggiata «Ma cosa importa» si rianimò subito «l’importante è quello che sta succedendo adesso»
      «Perché ti sei rivolta a Steve e alla sua… associazione? Perché non lo hai detto a noi?»
      Sospirò «Era la prima volta che nonno Victor si era fidato di me, volevo che quella scoperta fosse mia al cento per cento. Rivelandolo a voi, sarebbe stata attribuita alla famiglia Dawson, non a Jasmine Dawson!» sottolineò le due parole «Volevo una scoperta tutta mia, che mi avrebbe fatta ricordare per sempre. E Steve me lo ha promesso»
      «Quel è quest’associazione?»
      «Vuoi sapere troppo, Susan» mi bloccò, puntandomi la pistola contro.
      «Sto’ per morire, cosa importa, adesso, se lo so’ o meno?» cercai di farla ragionare.
      Abbassò l’arma «Forse hai ragione, ma non sarò io a dirtelo. Ne adesso ne mai»
      «Come ti senti, in questo momento?» la provocai.
      Si arrestò di colpo, con espressione sbalordita.
      «Come ti senti ad uccidere tua nipote? Una della tua famiglia! Io mi vergognerei a morte, non sarei più capace di camminare a testa alta, di guardare la gente negl’occhi. Come riesci a sopportare il solo pensiero di quello che ti aspetta? Molto probabilmente non lo saprà nessuno, è vero, ma cosa cambia?»
      «Non provarci nemmeno, Susan!» mi puntò di nuovo l’arma contro.
      Mi zitti, e lei sorrise. Sapevo di non avere speranze, quindi perché lottare? Avevo lottato fino a quel momento, adesso basta, ero stanza, non volevo più combattere per sopravvivere. Morendo, avrei rattristito molte persone – o almeno lo speravo- ma avrei reso felice me, avrei finalmente raggiunto quel bellissimo mondo a cui potevo partecipare soltanto vivendo. Strinsi forte la mano di Clark. Sarebbe stata dura abbandonarlo, dirgli addio, ma un ultimo sguardo al suo volto mi sarebbe bastato per dire addio al mondo. La vita, era soltanto un insieme di problemi che si ammassavano sempre di più, a cui tu non riuscivi mai a trovare una risposta concreta; la morte, era felice, non ti avrebbe posto nemmeno la più misera delle domande. Non ti chiedeva altro che la tua anima. La mia, per quanto mi riguardava, poteva anche riprendersela. In quelle ultime settimane, avevo combattuto così tanto per lei, per restare in vita, che si era consumata, ne rimaneva soltanto un granello, quindi, mi preparai a dire addio alla vita, al mondo, al dolore, alla gioia, alle persone, e davo il benvenuto alla felicità eterne.
      Chiusi gl’occhi, in attesa che un mano fredda mi prendesse, e mi portasse via.
      Ma questo non accadde mai.
      Proprio quando stavo per dire addio per sempre a tutto, un colpo di pistola riecheggiò nella sala. Non proveniva dalla pistola di Jasmine, perché ero ancora viva. Il colpo prese in piene un uomo che crollò al suolo senza vita. E poi un altro, e un altro ancora, sempre più uomini si accasciavano al suolo senza vita, sotto gl’occhi increduli e sempre più pieni di paura di Jasmine. Un ultimo colpò partì, e centro la mano di Jasmine con cui teneva stretta l’arma. Essa gli cadde al suolo, e lei si inginocchiò, urlando dal dolore e tenendo stretta la mano ferita.
      «Fine dello spettacolo» esclamò Amy, uscendo allo scoperto da dietro allo schienale del trono. Doveva aver trovato un modo per riuscire a scavalcare il muro del castello, ed entrare dal balcone principale della sala, dietro al trono. Sorridi, e mi incolpai soltanto di aver pensato che potesse abbandonarci.
      Si avvicinò a Jasmine, raccolse la sua arma, e me la porse. La strinsi forte, per paura che potesse contorcermi contro. Amy andò da Damon e Clark, che si misero subito alla ricerca della radio. Puntai l’arma contro la donna rannicchiata al suolo con la mano sanguinante, che mi fissava divertita.
      «Non ne avresti mai il coraggio» mi insultò. Strinsi ancora di più l’arma. Fui tentata dallo sparargli, ma mi trattenni.
      «Non mi provocare» sentii gl’altri esultare: dovevano aver trovato la radio. Sorrisi e mi voltai per vedere Clark corrermi incontro. Non avrei mai dovuto farlo. Jasmine, per quanto dolorante, mi si gettò addosso, scaraventandomi al suolo e spedendo la pistola lontano da me. Immediatamente, mi precipitai a raccoglierla, ma mi arrivò una gomitata in pieno stomaco. Non mi arresi, continuai con il mio percorso.  La raggiunsi, ma prima che potessi puntarla contro alla donna che mi assaliva, lei spinse via la mano, facendomi premere il grilletto. In colpo partì a vuoto. Continuava a dimenarsi per raggiungere l’arma. Dov’era Clark? Cosa stava facendo? Io, comunque, non mi arrendevo. Gli sferrai un pugno in pieno viso, stordendola. Non persi tempo, puntai l’arma al suo stomaco.
      Sentii urlargli «NO!» e insieme a lei, il mio colpo. Si stese di fianco a me, e vidi la vita scorrere via dai suoi occhi.
      Non avrei mai creduto che una persona così importante per me, un giorno, mi avrebbe tradita in modo così atroce. Così meschino.
      Fin da quando avevo messo piede su questa terra, popolata da miliardi di persone pronte a voltarti le spalle in qualsiasi situazione tu ti trovassi, io mi ero sempre fidata di lei. Lei che mi aveva sempre incoraggiata ad andare avanti e non guardare mai indietro, ma sempre avanti. Che il passato è ormai trascorso insieme ai suoi guai, e che di fronte a me si aprivano sempre nuove possibilità.
       E adesso? Cos’era successo? Cosa la aveva cambiato in questo modo?
       Era terribile guardare la persone che tu ritenevi come una delle più importanti, abbandonare questo mondo. Quel posto mi aveva cambiata sì, ma non a tal punto da dimenticare i momenti in cui ero fragile e innocente e lei, lei, era affianco a me a sorvegliarmi. A dirmi cosa fare. A prendere la strada giusta.
      Lei
      Mi rialzai, frastornata, ma contenta di avercela fatta, di essere sopravvissuta. Gettai l’arma lontano da me e mi ripresi. Dovevo dirgliene quattro a Clark. Mi voltai e restai di sasso. Il colpo di prima non era andato a vuoto: Clark era appoggiato ad una colonna, con la gamba sanguinante. Lo avevo colpito.
      «No» era un sospiro, l’unico tono di voce che potessi permettermi di usare.
      Corsi verso di lui, appena in tempo per sorreggerlo prima che cadesse di peso atterra. Lo poggiai sulle mie ginocchia. Lancia uno sguardo alla sua gamba: era messa male.
      «Ragazzi!» li richiamai. Non arrivò nessuno «RAGAZZI!» li richiamai, ancora più forte. Dove diavolo erano?
      «Che succede?» mi chiese Damon, sbucato da qualche parte. Non c’avevo fatto caso. Appena vide Clark steso lì atterra, si slacciò con foga la cintura e si precipitò verso la gamba sanguinante di Clark. Appena lo vide, mi strinse forte la mano e io mi chinai su di lui, come per proteggerlo. Il suo urlo di dolore quando Dam strinse forte la cintura sulla sua gamba, mi fece talmente male come se avessero sparato anche me.
      «Ragazzi! Ho trovato la radio!» ci informò Amy in lontananza.
      Damon mi lanciò un’occhiata piena d’intesa. Annuii e lui scomparve di nuovo. Clark mi stringeva ancora la mano «Mi dispiace» sussurrai.
      Tossì «Non è niente» mi rilassò «va tutto bene»
      Cercai di trattenere le lacrime. Non poteva lasciarmi, non lui, specialmente adesso che ce l’avevamo fatta, che avevamo vinto. Non lui continuavo a supplicare Ti prego, non lui.
      «Resisti» lo supplicai.
      «Ragazzi» Damon corse da noi «Abbiamo contatto i soccorsi. Stanno arrivando» per quanto fosse bella quella notizia, non riuscivo ad esultare. Clark abbozzò un sorriso.
      «Dobbiamo raggiungere la spiaggia» arrivò anche Amy «Qui non ci troveranno mai»
      «NO!» sbottai, stringendo Clark a me «Lui non può muoversi!»
      «Ce… ce la faccio» obbiettò lui «Amy ha… ragione»
      Damon si sporse verso di noi «Lo porto io» mi tranquillizzò, e prese Clark tra le sue braccia. Mi alzai insieme a loro, senza mai staccare gl’occhi da Clark.
      Prima che lasciassimo la sala, Amy tornò indietro e ritornò con la radio in mano. La lanciò con furia verso la parete, rendendola inutilizzabile. Noi la fissammo sbalorditi.
      «Nessuno, oltre a noi, deve lasciare quest’isola» disse. Lo presi come un gesto di vendetta. Lo appoggiai pienamente. Mi raggiunse, sorridendomi, e cingendomi con un braccio le spalle. Insieme, uscimmo dalla sala e ci chiudemmo la grande porta alle spalle, come per chiudere la brutta avventura lì dentro, per sempre.
 
      Riuscimmo ad uscire dal castello senza nessun problema.
      Riuscimmo anche ad arrivare alla spiaggia senza molti problemi. Ci volle quasi tutto il pomeriggio e la notte per arrivarci. C’eravamo riposati soltanto due volte durante tutto il tragitto: eravamo troppo eccitati per aspettare ancora e la paura che i soccorsi potessero arrivare e non trovarsi ci accompagnò sempre. Damon portò sempre Clark, agonizzante, senza mai lamentarsi. Avevo camminato sempre di fianco a loro. Non volevo lasciarlo. Continuavo a pregare che ce la facesse, che sopravvivesse, che potessimo tornare a casa e, un giorno, poter ridere insieme dell’accaduto.
      Non proferimmo quasi mai parola. Rimanemmo sempre in silenzio. L’entusiasmo ci aveva fatto perdere anche le parole. Che cosa ridicola.
      Ancora non riuscivo a credere che tutto quello stava per finire definitivamente, che stavamo per lasciare quell’isola e tutti i brutti ricordi legati ad essa alle spalle. Mi sembrava impossibile, eppure era vero: eravamo riusciti a sopravvivere. Quelle quattro, piccole luci, erano riuscite s sovrastare le tenebre, le avevamo battute. I momenti malinconici e terribili non erano mancati, certo, ma avevamo superato anche quelli. Eravamo riusciti –chissà come- a sovrastare il buio, a sottometterlo sotto i nostri piedi.
      Non c’era niente di meglio che poter sorridere e apprezzare pienamente la propria vita.
      Essa era irritante, stressante, piena di problemi, certo, ma nessuno di noi voleva perderla. Per quanto l’idea della morte (facile, veloce, spensierata) fosse invitante, era sempre più difficile trovare qualcuno disposto ad abbandonare la propria vita. Io stessa, appena sbarcata su quell’isola, avevo sparato di morire per non soffrire più di quanto non stessi già facendo, eppure, dopo aver trovato un ispirazione, una musa per cui valeva la pena di combattere, avevo cambiato idea. Quando sei ad un piccolo passo dalla morte e, miracolosamente, riesci a scamparla, allora puoi apprezzare per davvero il valore della vita, con i suoi pro e i suoi contro.
      Arrivammo alla spiaggia, vivi, e ci mettemmo comodi ad aspettare i soccorsi.
      Stava appena sorgendo il sole, e Clark era poggiato sulle mia gambe quando mi chiamò «Susan?»
      «Sono qui» gli risposi.
      Cercò di mettersi dritto «Devo confessarti una cosa» mi disse.
      Il mio cuore perse un colpo. Lanciai un occhiata veloce verso Amy, ricordandomi il discorso avuto con lei due sere prime. Si stava dichiarando per davvero? Mi sembrava impossibile. Il mio cuore riprese a battere, ma in modo anormale: sembrava che stesse per sfondare la cassa toracica e scappare.
      «Dimmi» lo incitai, con voce tremante.
      «Ti ricordi quel giorno, a casa, quando Rosie ti sgridò per aver messo in disordine la tua camera?» annuii –quando Rosie ti richiamava, era impossibile dimenticarsi le sue urla-, ma non capivo cosa centrasse quello «Beh, ero stato io. Mi annoiavo» mi confessò.
      Risi, un po’ contenta e un po’ triste. Il fatto di dichiararsi mi faceva una tale paura, ma una parte di me non vedeva l’ora di sentirgli dire quelle due piccole ma importanti parole. Avrebbero potuto aspettare, per il momento, mi bastava averlo come amico, per altri progetti ci sarebbe stato tempo.
      «Non sei arrabbiata?» mi chiese, timoroso.
      «Adesso, aspetta che ti riprendi e vedi come ti combino» gli confessai.
      Rise, e io mi unii a lui.
      «Sai» gli dissi, quando mi fui ripresa «quei giorni passati sulla nave sono stati tremendi: tu che non mi rivolgevi più la parola, era tremendo» rabbrividii al ricordo «ma non me ne pento, senza quel litigio, non avrei mai conosciuto Amy ed Harry, e non mi sarei mai riaffezionata così a Dam» gli confessai.
      Ci pensò su «Dovrei esserne contento, o irritato?»
      «Dovresti saperlo tu» gli feci notare, facendo spallucce.
      «Dipende» dedusse, infine.
      «Da cosa?»
      «Cosa avresti fatto, se non avremmo litigato?»
      Ci pensai su, poi risposi «Avrei passato tutto il tempo con te» confessai.
      Si fece di nuovo pensieroso «Allora non va bene» esclamò «Non va affatto bene!»
      «Che c’è?»
      «E me lo chiedi?! Avrei passato tutto il tempo con te, dannazione!»
      Risi divertita della sua faccia irritata: aveva messo il broncio come un bambino. Non riuscivo a smettere di ridere. Fu abbastanza strano sentirmi ridere in quel modo, era da molto tempo che non lo facevo, e mi mancava.
      «Quando ti sarai ripreso, potremo passare tanto tempo insieme» lo consolai.
      Lui si sporse per controllare la sua gamba, contorcendo le labbra in una smorfia «Mi sa che ci toccherà aspettare molto tempo» mi confessò.
      «Ti verrò a trovare in ospedale» la rassicurai.
      «Allora va bene» sorrise beato.
      Restammo in silenzio per qualche secondo, ognuno assorto nei propri pensieri. Sentii Damon chiacchierare animalmente con Amy. Adesso che tutto era finito, era molto più facile sorridere e essere felici insieme a qualcun altro
      «Susan?» mi richiamò Clark, di nuovo.
      «Mmm?» risposi, senza distogliere gl’occhi da Damon ed Amy.
      «Ti ricordi quella sera in camera tua?»
      Il mio cuore si fermò di nuovo. Mi calmai, e feci la finta tonta «Quale?»
      «Quella in cui abbiamo quasi…»
      «Ho capito!» lo fermai, prima che potesse continuare. Dovetti smontare la mia armatura da indifferente, ma poco valeva, prima o poi lo avremo riaffrontato quel discorso, e perché non allora?
      Rise «Secondo te, potremo mai diventare così… intimi?» distolse lo sguardo da me. Alla fine si stava dichiarando, in un certo senso.
      «Intimi? Spero non solo intimi» confessai.
      Si rabbuiò «NO! Certo che no, non solo intimi! Certo, ci mancherebbe!» sembrava molto imbarazzato. Risi della sua espressione «Ma… tu che dici?»
      Feci finta di pensarci su, e decisi che quello non era ancora il momento opportuno «Credo di sì» risposi «ma non adesso. Riprendiamoci prima da quest’avventura, e poi ne riparliamo. Ok?» sperai di non offenderlo.
      «Certo!» non sembrava affatto offeso, anzi, splendeva di nuova felicità.
      Ne fui molto contenta.
      «Eccoli!» esclamò Dam, alzandosi in piedi e puntando il dito verso il cielo arancione.
      In lontananza, non ancora molto definiti e chiari, piccole chiazze di nero si facevano sempre più grandi man mano che passava il tempo. Era finita per davvero. La paura che potessero lasciarci lì a vita era scomparsa, come tutte le paure accumulate sull’isola. Puff! Scomparse come una nuvola al sole.
      Quando atterrarono, gli elicotteri, fecero un gran rumore. Mi stordirono, avevo paura di poter perdere l’udito con tutto quel fracasso. Appena toccarono la sabbia, degl’uomini in divisa corsero verso di me e Clark, afferrando quest’ultimo. Quasi gli saltai addosso per evitare di farglielo toccare se non ci fosse stato Dam a bloccarmi. Ci vollero diversi secondi per capire che erano i buoni, quelli. Su quell’isola, avevo dimenticato come si distinguevano i buoni e i cattivi. Gl’uomini in divisa ci invitarono a salire sull’elicottero, e noi accettammo senza ripensarci. Appena il mio piede si staccò dalla sabbia, un peso si staccò a me, lasciandomi libera da un grosso fardello. Mi accomodai di fianco a Clark, stringendogli la mano e cercando di evitare di guardare dei medici che armeggiavano sulla sua gamba.
      «È finita» mi sussurrò Clark. Quasi non riuscivo a sentirlo con il rumore delle eliche che riprendevano a volare. Mi voltai verso l’isola, osservandola –sperai- per l’ultima volta nella mia vita e dicendogli addio senza il minimo di rancore.
      «È finita» ripetei, rincuorata dalle mie stesse parola.







risalve :)
siamo arrivati alla fine. spero vi sia piaciuta e spero che vi siate divertiti come io mi sono divertito nel pubblicare i capitoli che con tanto impegno avevo scritto e che finalmente, dopo tanto tempo che li avevo spersi nella cartella del mio pc, sono arrivati a qualcuno. 
vi supplico di recensionare per dirmi se vi sia piaciuta o meno, vari errori ecc
vi manto un abbraccio fortissimo
ultima cosa: io sono un fan incorreggibile delle Dramione, quindi mi supplico di rispondere a questa domanda nelle vostre recensioni: ho in mente di pubblicare anche la seconda parte di questa storia, e volevo sapere cosa mi suggerite di fare; pubblicare la seconda parte della storia o una Dramione? vi prego di rispondere perchè non so proprio cosa fare xD
ancora tanti abbracci e baci, Matt <3 <3 <3
  
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