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Autore: Rain e Ren    12/10/2013    7 recensioni
Eravamo arrivati alla fine.
Un nuovo Re dei Pirati pronto per essere acclamato; i sogni di una vita realizzati, portati finalmente a compimento nel modo più assurdo e accanto alle persone più improbabili che ognuno di noi avrebbe mai potuto immaginare. E ora?
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Monkey D. Rufy, Nami | Coppie: Rufy/Nami
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cuore di mare.

 

 

 

 

Eravamo arrivati alla fine.

Un mondo a catafascio che cercava una via per rialzarsi; un nuovo Re dei Pirati pronto per essere acclamato; i sogni di una vita realizzati, portati finalmente a compimento nel modo più assurdo e accanto alle persone più improbabili che ognuno di noi avrebbe mai potuto immaginare.

Eravamo a quella conclusione che ci aveva fatti ridere e piangere, che ci aveva spezzato le ossa e aperto la pelle di tagli. Eravamo alla fine, e il futuro davanti ai nostri occhi si apriva fumoso come non mai. Eravamo tutti – tranne Rufy probabilmente! – un po’ angosciati da quanto sarebbe accaduto da quel momento in poi. Pensare a quello che sarebbe stato dopo faceva paura, perché per una volta nessuno di noi sapeva davvero che cosa voleva, che cosa cercava. Di una sola cosa c’era la certezza: l’idea della separazione sarebbe stata straziante!

Ma per quella notte, quella notte limpida e stellata che sarebbe diventata storia, avevamo deciso di accantonare tutti quei pensieri silenziosi – nessuno di noi aveva ancora trovato il coraggio di pronunciarli ad alta voce – e di festeggiare nel modo più appropriato l’evento.

Alla fine, dopo ore di baldoria sfegatata e alcool come non ne avevamo mai bevuto, chi prima chi dopo erano collassati tutti. Robin appoggiata all’albero maestro, silenziosa e pacata persino nel sonno; Zoro svaccato a gambe e braccia aperte per terra, così come Usopp, e con Chopper che gli dormiva comodamente sulla pancia; Sanji si era appoggiato alla ringhiera della nave, e dormiva a braccia conserte; Brook e Francky si erano addormentati schiena contro schiena, e russavano a ritmo. E Rufy… Lo cercai per un po’ con lo sguardo, per poi trovarlo disteso sulla testa del leoncino, il cappello abbassato a coprirgli il volto. Che razza di posto per mettersi a dormire!

Osservai i miei compagni cercando di abbracciarli con lo sguardo, e mi scoprii ad avere il cuore gonfio di un affetto smisurato per quella banda di scalmanati che ora dormiva beatamente, nelle posizioni più insolite, aiutati anche dall’effetto della birra. Anch’io avrei dovuto risentirne gli effetti, ma per qualche strana ragione ero lucida, come se l’alcool ingerito in quelle ore avesse già smesso di circolarmi nelle vene. Mi sentivo sveglia, vigile, e preda di un qualcosa che non riuscivo a chiamare per nome.

Scavalcai la ciurma e senza far rumore mi diressi sotto coperta, nella mia stanza. Lì, appoggiata alla scrivania, c’era la mappa che fin da piccola avevo sognato di disegnare, e che era finalmente divenuta realtà. E allora perché non mi sentivo completamente felice?

Presi la cartina in mano e la lancia lontano da me, vedendola volteggiare piano e poi posarsi a terra, leggermente stropicciata. Mi voltai di scatto e strinsi forte i pugni, cercando di reprime quel sentimento di rabbia misto a dolore che provavo.

“ Perché l’hai fatto?”

Mi voltai spaventata e davanti a me c’era Rufy, il cappello di paglia in testa e gli occhi fissi su di me.

“ Allora eri sveglio.” Gli dissi eludendo la sua domanda, chiedendomi da quando fosse diventato capace di fingere di dormire, lui che solitamente, dopo una bevuta colossale, crollava russando e per svegliarlo ci volevano i miei pugni.

“ Guardavo il cielo.” Disse con la sua solita semplicità. Quella semplicità che non aveva mai perso nonostante tutto quello che aveva vissuto; si era incrinata, ad un certo punto, ma poi si era risaldata, più forte di prima. “ Perché l’hai fatto?” Mi chiese nuovamente, osservando la cartina ancora ferma ai suoi piedi.

Sospirai pesantemente, cercando quella risposta che sapevo di conoscere, ma che non volevo pronunciare ad alta voce. Sentivo che se l’avessi fatto qualcosa sarebbe inesorabilmente andato in frantumi, e l’equilibrio che avevamo creato nel corso della nostra avventura sarebbe venuto meno. Ma Rufy rimaneva lì, fermo, aspettando quella motivazione. Voleva saperlo. O forse voleva solo che lo ammettessi, forse aveva già capito, così come aveva capito tante cose senza che nessuno gliele spiegasse. Strano, visto e considerato quanto tonto fosse solitamente.

Mi diressi verso il letto e mi lasciai cadere sopra, rimanendo seduta a fissare il vuoto. Fu quando vidi la mappa sventolarmi sotto al naso che alzai lo sguardo, trovando quello del mio capitano. Me la stava porgendo, e aspettava che io la prendessi.

“ Non la voglio.” Dissi con forza, spostando di lato la testa.

“ È il tuo sogno, Nami.” Mi ricordò, senza smettere di tendermi la cartina. Non capiva. Non capiva come avessi potuto agognarla tanto, lottare fino allo stremo perché fosse realizzata e ora buttarla via, come se non contasse niente.

“ Ti ho detto che non la voglio!”
“ Perché?”

“ Perché non è quello che voglio!” Sbottai alzandomi in piedi e scansando con forza il suo braccio. “ Non è quello… che voglio…”

“ E allora perché sei arrivata fin qui?”

Quella sua domanda mi fece bloccare. Era vero, ero partita con lui per poter realizzare il mio sogno, ma poi le cose erano gradualmente cambiate. Aveva iniziato a diventare un obiettivo realizzare quella cartina, non più un sogno. Ma ero andata avanti comunque. Avevo continuato perché…

“ Non l’ho fatto per quella mappa, Rufy, non completamente.” Ammisi allora, abbassando lo sguardo. “ È vero, inizialmente quello era il mio sogno: disegnare una cartina del mondo! Ma poi… poi questo ha cominciato a non essere più l’unico motivo. Quando Orso Bartolomew ci ha divisi, quando ho cercato di tornare da voi con tutte le mie forze… Lì non è stato per il mio sogno. È stato per voi. Per te. Volevo… Dovevo rivedervi, perché sentivo che mi mancava l’aria quasi.”

Alzai gli occhi e incrociai quelli di Rufy. Era serio, serio come l’avevo visto in poche occasioni, e nei suoi occhi lessi la comprensione. Anche lui, quella volta, nonostante la morte di Ace, aveva voluto tornare da noi con tutte le sue forze. Non voleva tornare dal suo sogno, ma dalla sua ciurma.

“ Ho paura, Rufy. Ho una tremenda paura che tutto questo sia la fine.” Dissi flebilmente, dando voce a quel tarlo che mi stava rosicchiando piano.

“ La fine di cosa?” Domandò lui senza capire.

“ La fine di tutto!” Sbottai arrabbiata alzando un po’ la voce. “ Abbiamo realizzato i nostri sogni; abbiamo fatto anche di più di quanto ci eravamo prefissati: siamo arrivati dove nessuno si era mai spinto. E ora… ora cosa ne sarà di noi?”

“ Non vuoi tornare al tuo villaggio? Mostrare a Bellmer la mappa che hai disegnato?”

“ Io… Io voglio tornare. Ma non voglio restare.”

Ecco, l’avevo detto. Era quello il vero problema: io volevo davvero tornare a Coconut Village, rivedere mia sorella Nojiko, il vecchio Genzo e tutti gli altri; volevo davvero portare quella cartina sulla tomba di mia madre, per farle vedere che ce l’avevo fatta. Ma non volevo restare in quel posto. Non volevo trovarmi incastrata in una vita che ormai non sentivo più mia. Quel piccolo villaggio che avrei sempre considerato casa ormai non mi bastava più.

“ Neanch’io voglio rimanere a Fooshoa.” Disse improvvisamente Rufy, come fosse una cosa normale, forse per lui lo era.

“ Cosa?”
“ Sono un pirata, Nami, e…”
“ Sei il Re dei Pirati.” Lo corressi con un piccolo sorriso.

“ Appunto. Sono il Re dei Pirati, e la vita dei pirati è il mare. Non ho alcuna intenzione di lasciarlo. Ma credevo che tu volessi tornare a casa.” Mi spiegò con un’alzata di spalle.

“ Voglio tornarci, ma non voglio restarci.” Ripetei con un sospiro. “ Io sono una navigatrice, Rufy, e sono anche un pirata come te. E so che il mio posto è il mare.”

Era vero. Il mio posto non poteva che essere il mare. Io sulla terra ferma n0n centravo niente.

Ero cresciuta, e come me anche tutti gli altri chi più chi meno, con il mare nel cuore, e non potevo abbandonarlo. Era parte integrante di me, e io volevo che fosse così.

Io e Rufy ci guardammo per un istante, e poi scoppiammo a ridere, sguaiatamente. Lui di quel riso che sapeva d’innocenza, di giochi di bambini e d’infantile un po’; io tenendomi la pancia che ormai iniziava a dolere, ma impossibilitata a fermarmi perché quanto più Rufy rideva tanto più io gli andavo dietro.

Finimmo entrambi sul letto, sgualcendo le coperte, e con le lacrime agli occhi.

“ Il viaggio non è finito, vero Capitano?” Gli chiesi quando entrambi riuscimmo a calmarci. Vidi buio improvvisamente e capii che Rufy si era tolto il cappello per posarlo sulla mia testa.

“ Abbiamo promesso a tante persone che ci saremmo rivisti prima o poi. Direi che è arrivato il momento di andare a salutarle. E questo significa che dovremmo navigare ancora parecchio, ma non possiamo farlo senza la navigatrice.”

Mi calcai maggiormente il cappello sugli occhi per non vedere l’enorme sorriso che sicuramente gli stava disegnando le labbra in quel momento.

“ Allora sarà meglio riposarci. Domani inizia un lungo viaggio.” Ma mentre lo dicevo mi ero già avvicinata a lui, e avevo appoggiato la testa nell’incavo tra la spalla e il collo, sentendo subito dopo il suo braccio avvolgermi la vita.

E mi trovai a pensare a quanto Rufy fosse effettivamente cambiato da quando lo avevo conosciuto. Il ragazzino si era trasformato in un uomo, ma aveva mantenute intatte l’innocenza e la voglia di nuove avventure. E in quel momento, in cuor mio, giurai che quelle due cose che tanto rendevano unico il mio capitano le avrei sempre protette.

Mi strinsi di più a lui e sentii la sua stretta risaldarsi.

“ Domani partiamo.”

“ Agli ordini Nami!”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La mia prima storia su One Piece, ed una RuNami! Sì, ammetto di adorarli! :D
Spero di non essere stata OOC, soprattutto nei confronti di Rufy xD
Mi lasciate un commentino per farmi sapere cosa ne pensate??
ByeBye Rain

   
 
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