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Autore: LadyDenebola    12/10/2013    3 recensioni
La Battaglia dei Cinque Eserciti è da poco terminata, portando via con sé anche la lunga e pericolosa missione della riconquista di Erebor. La giovane Leviar accorre dalle Montagne Azzurre per occuparsi di Bofur, rimasto ferito e incosciente. Sarà l'occasione per far nascere definitivamente l'amore? O i due si lasceranno sopraffare dalle opposizioni attorno a loro?
Concepito come il seguito di "Muffin, partenze e..." e col titolo (spero) provvisorio! Buona lettura! ^__^
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bofur, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I.


 
Una quiete innaturale circondava il suo corpo, come un involucro protettivo che voleva tenerlo lontano dalla battaglia che a fatica avevano vinto. Perché loro avevano vinto, giusto? Bofur non lo ricordava più. In quel momento sapeva soltanto di sentirsi la testa molto pesante e invasa da un basso ronzio che gli aveva addirittura otturato le orecchie. Non percepiva altro.
“Forse sono morto” pensò. Ebbe un tuffo al cuore. Cosa avrebbero fatto adesso suo fratello e suo cugino? Se la sarebbero cavata senza di lui? Ma soprattutto, erano ancora vivi?
Strano a dirsi, ma quelle elucubrazioni resero il cervello di Bofur molto più reattivo a quanto avveniva attorno a lui. Molto lentamente, il nano prese coscienza del proprio corpo, steso su quello che sembrava essere un materasso riempito alla bene e meglio con della paglia. Non era freddo, il che voleva dire che c’era una coperta a riscaldarlo. E infatti, muovendo appena un po’ le dita, Bofur percepì una pesante coperta avvolgerlo senza lasciar passare neanche uno spiffero.
Ma allora… era ancora vivo!
Non appena formulò questo pensiero, Bofur inspirò profondamente dal naso. Una ventata d’aria tiepida e viziata gli solleticò i baffi. Il ronzio nella sua testa cessò, e di colpo, come se qualcuno gli avesse tolto dei tappi alle orecchie, le voci esplosero attorno a lui. O meglio, i brusii. E i bassi rumori di chi è indaffarato. Bofur adesso riusciva a sentire passi, suoni di stoffa lacerata e tappi di barattoli che vengono svitati. Qualcuno parlottava non molto lontano da lui.
Incuriosito, il nano finalmente riuscì ad aprire gli occhi, ma tutto quello che poté vedere fu un alto soffitto scavato nella roccia, illuminato fiocamente dal basso da torce che lui non poteva scorgere. La confusione di Bofur aumentò quando si accorse che la coperta lo avvolgeva talmente tanto da impedirgli qualsiasi movimento. Ma Bofur non era tipo da saper stare fermo più di cinque minuti di fila – e lui sapeva di aver dormito per molto più di cinque minuti – perciò, senza perdere altro tempo, fece per scansare la coperta e mettersi seduto.
Un dolore lancinante partì dalla gamba sinistra, risalì il suo corpo e, come una scarica elettrica, percorse la spina dorsale fino al cervello, facendolo urlare e ricrollare sul materasso. La testa gli si riannebbiò mentre i brusii cessavano di colpo.
<< Oh, be’, almeno sei vivo! >>borbottò una voce rauca.
Bofur riaprì gli occhi. Un anziano nano con una barba bionda lunga fino al pavimento si era chinato su di lui e, tenendo alta davanti agli occhi una candela, lo costrinse a guardarlo.
<< Resta cosciente, mi raccomando >>aggiunse scrutandogli le pupille.
<< Cosa… cos’è successo? >>riuscì a dire Bofur, la voce ancora impastata per il dolore.
Il medico non gli rispose subito: scansò con impazienza la coperta e, posata la candela su uno sgabello lì vicino, iniziò a tastare delicatamente la gamba di Bofur, che tremò ancora di dolore a quel contatto.
<< Non è grave, come ferita >>borbottò il medico.<< Un brutto taglio, però. Dentro c’era rimasta la punta della lancia, dannati orchi! Ma sta’ tranquillo: te l’abbiamo lavata e fasciata. Adesso ti cambio la medicazione, ché le bende sono sporche… ma devo dire che stai perdendo molto meno sangue rispetto a ieri! >>concluse con soddisfazione.
<< Ieri? >>ripeté Bofur. Con cautela, si rialzò sui gomiti e guardò in basso: sulla gamba sinistra i pantaloni erano stati tagliati fin quasi all’inguine, e quella giaceva rigida sul materasso, fasciata dalla coscia al polpaccio con bende macchiate qua e là di sangue.
All’improvviso ricordò. Ricordò gli ultimi istanti prima di perdere i sensi, proprio quando stavano esultando per la vittoria. Erano sopraggiunte le aquile, e grazie al loro aiuto gli Eserciti dei nani, degli uomini e degli elfi erano riusciti ad avere la meglio su orchi e mannari. Il nemico piombava a terra sotto i colpi d’ascia, i fendenti di spada e le frecce, e chi restava ancora in piedi veniva catturato dalle aquile e poi fatto cadere da centinaia di piedi sulla terra rocciosa.
Bofur rivide, lontano, Dain Piediferro sollevare vittorioso l’ascia mentre i sopravvissuti si lasciavano andare a un ululato liberatorio, di gioia e dolore. Si rivide mentre abbracciava suo fratello Bombur, sporco di terra e polvere ma illeso. Rivide la sua espressione diventare di colpo atterrita e, voltandosi, rivide l’orco che credevano morto ai loro piedi risollevarsi brandendo la lancia che aveva sottratto a chissà quale soldato. E si rivide calargli sul capo un colpo del proprio piccone, e la punta della lancia schivare l’armatura e squarciare la carne della sua gamba. Un dolore acuto, come quello provato prima, l’urlo di Bombur, una fiacchezza improvvisa, poi il buio.
<< A proposito, il mio nome è Elmin >>disse il medico, intento a srotolare una benda candida attorno a un taglio non lungo ma profondo.<< Ti rifascerò fino al polpaccio. Finché la ferita non si sarà rimarginata voglio che tu tenga ben ferma la gamba, tutta quanta >>
<< Quanto ci vorrà? >>
<< Una ventina di giorni, se farai come ti dico >>
Bofur gemette.
<< È un’eternità! Non posso rimanere a letto per venti giorni! >>
<< Ti rimedierò un paio di grucce >>rispose Elmin, senza scomporsi.<< Anche perché dovrai liberare il letto, in caso arrivassero altri feriti >>
Bofur si guardò attorno. Si trovava in una grotta non molto ampia illuminata da torce e riscaldata da un largo braciere sul fondo. Su letti di paglia che si intervallavano fra una torcia e l’altra, giacevano altri nani feriti e circondati dai loro cari o da altri medici. Erano le Cave Mediche, grotte in cui, a Erebor, in tempo di guerra si portavano i feriti e i caduti.
<< Dove sono mio fratello e mio cugino? >>domandò Bofur.
<< Non lontano, temo >>Le labbra di Elmin si incresparono in un lieve sorriso.<< Li ho costretti a farsi un giretto. Sono rimasti accanto a te da quando ti abbiamo portato qui, per cui ho pensato di fargli prendere un po’ d’aria fresca, ma sono sicuro che non si sono allontanati molto >>
<< Stanno bene, allora? >>
<< Oh sì, meglio di te di sicuro! >>annuì Elmin.<< Hanno qualche graffietto, nulla più >>
<< Grazie a Mahal! >>sospirò Bofur ricadendo sul cuscino. Si massaggiò le tempie per scacciare la sonnolenza che stava tornando: non voleva dormire. Doveva sapere cos’era accaduto.<< Quanti nani sono caduti? E il re? Sta bene? >>
Sentì Elmin trattenere bruscamente il respiro. Lo guardò, ma il medico non alzò gli occhi dal suo lavoro, limitandosi a dire:<< Ci sono ancora molti dispersi e tanti, tanti feriti. Le Cave Mediche sono strapiene e chi è in grado di andarsene sulle proprie gambe dovrà presto lasciare il letto agli altri feriti. A te do ancora ventiquattr’ore, poi te ne tornerai a casa. Ma c’è anche l’accampamento di Dain, che ospita molti dei nostri. È lì che si trova Thorin >>
<< Continua >>mormorò Bofur quando la pausa di Elmin durò più del dovuto.
<< È ferito gravemente >>Con un gesto fluido, il medico strappò la benda e completò con un nodo stretto. Poi risistemò le coperte con la cura di una madre e si abbassò le maniche.<< Andiamo a vedere se qualcun altro ha bisogno di me! Qui dentro state tutti abbastanza bene, e avete i vostri parenti con voi >>
<< Aspetta! >>Bofur provò a rialzarsi, ma Elmin, con uno scatto, lo costrinse a rimanere steso.<< Cos’è successo a Thorin? E gli altri della sua Compagnia? Che ne è di loro? >>
<< So solo che Thorin Scudodiquercia giace ferito nell’accampamento di Dain. Se ti può far piacere, però, mi informerò anche sugli altri tuoi compagni >>rispose Elmin.
Bofur lo guardò poco convinto, ma l’anziano nano non gli diede il tempo di fargli altre domande: con un rapido inchino, Elmin si congedò e scomparve alla vista, lasciandolo di nuovo solo ai suoi pensieri. Thorin ferito gravemente… non voleva crederci. Ricordava benissimo di averlo visto far soccombere decine di orchi, saldo su entrambe le gambe e fiero come sempre. L’unica consolazione per Bofur, al momento, era sapere che Bombur e Bifur stavano bene.
La sonnolenza che già da alcuni minuti aveva iniziato a solleticarlo tornò a farsi invadente, e, quasi senza accorgersene, Bofur sperò ardentemente che nessuno venisse a disturbarlo per almeno un’altra giornata, mentre risprofondava in un buio privo di voci e rumori.
 


Angolino dell’autrice:
Olè! Rieccomi qui, e stavolta con una storia completamente dedicata a Bofur! Come vi è sembrato questo primo capitolo/prologo? È solo un’introduzione, in effetti, ma già dal prossimo avremo più elementi e più personaggi! Certo, non so quanto farò durare tutta la storia: ora come ora direi anche pochi capitoli, ma potrò sempre cambiare idea!
Perciò, ringrazio già da ora chi vorrà leggerla e commentarla!
A presto! ^___^
Nota: i personaggi e le ambientazioni sono principalmente di proprietà di Tolkien, fatta eccezione per qualche (ed evidentissima) mia invenzione.
   
 
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