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Autore: Rurouni_Star    14/10/2013    2 recensioni
[HGSB] Nothing stays lost forever. The same holds true for some people.
[HGSB] Niente è perso per sempre. Lo stesso vale per alcune persone. Leggermente AU
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Draco Malfoy, Hermione Granger, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Hermione Granger/ Sirius Black
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto, Dopo la II guerra magica/Pace
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*chiedo scusa per il ritardo nell'aggiornare, ho avuto qualche problema a casa e il lavoro mi ha tenuta occupata ma adesso dovrebbe tornare tutto a posto :)

 

Capitolo 2. Sangue e Ricordi



Svegliarsi la disorientava sempre - perchè ogni volta doveva controllare cosa fosse vero e cosa no e cosa fosse già successo e non poteva essere cambiato.

Questa volta, ricordava i suoi sogni. Di solito non erano che una matassa di ricordi ed emozioni che si confondevano tra di loro e continuava finchè non smettevano di avere senso e tutto ciò che facevano era ferirla. Ma questa volta si ricordava. L'aveva visto morire di nuovo (così chiaramente!) e lei era proprio di fianco a lui e avrebbe potuto salvarlo ma non l'aveva fatto. Se lo ricordava. Si ricordava di aver scelto di non allungarsi a fermare la sua caduta perchè quello avrebbe reso lei sbagliata e lui giusto. Non era certa di come o perchè funzionasse così, ma lui era già morto quindi non aveva una gran importanza.

Hermione represse uno sbadiglio e si stropicciò gli occhi, lottando per liberarsi dalla coperta - e realizzò di essere sul divano.

Oh, già. Ho fatto un altro sogno, un sogno ad occhi aperti...

Trasalì rendendosi conto di averlo lasciato andare.

Beh... ma cosa poteva succedere? Qual era la peggiore delle ipotesi? Che qualcuno l'avrebbe riconosciuto? Oh insomma, dopo diciannove anni, di certo nessuno gli avrebbe dato retta. E poi, lui era meno di un ricordo (un ricordo postumo, ma pur sempre un ricordo) e la gente detestava riportare quel tipo di memorie a galla. Lo sapeva fin troppo bene.

Hermione scacciò il sonno dai suoi occhi e guardò fuori per vedere che stava ancora piovendo. Di sicuro avrebbe smesso presto, anche se era difficile stabilire quanto fosse durata.

Si alzò stiracchiandosi e guardò in cucina. Esattamente come l'aveva lasciata. Nessuna persona extra in casa sua, nemmeno un cane randagio che aveva creduto di non vedere mai più. Quindi forse, forse, lo aveva sognato.

Felice di quella decisione, sicura di poter ora continuare a sprecare il resto della sua vita in pace e solitudine, Hermione tornò al suo posto alla finestra e guardò il paese oscurato.

Era stato molto facile fare gli investimenti giusti per procurarsi denaro a sufficienza per ignorare il mondo. Dopo anni di Aritmanzia, era stato pateticamente semplice capire quali stock avrebbero fruttato e quali sarebbero falliti entro il primo anno. Poi, si era ritirata e aveva ignorato il fatto di essere mai stata magica.

I suoi pensieri, però tornarono a Sirius, indipendentemente da quanto lei non lo volesse. Si ricordava le volte in cui era rimasta a Grimmauld Place, anche quando nessun altro l'aveva fatto, semplicemente per fargli compagnia. Come le vecchie gite a Hogsmeade per Harry...


"Scacco, Sirius," aveva mormorato, assentemente, mangiucchiando gli snack che lui aveva portato. Lei aveva sempre bisogno di masticare qualcosa.
L'uomo di fronte a lei si corrugò, guardando intensamente la scacchiera. Sapeva che a lui mancava una sola mossa per fare scacco matto a lei - doveva star contemplando come lei avesse fatto a cambiare le carte in tavola così velocemente. Sirius sorrise, allora, e mosse la mano-
"Non puoi farlo," disse Hermione senza pensare. Aveva immaginato che ci avrebbe provato

Per un momento lui ebbe un'espressione sorpresa, poi rise. "Santo cielo, Hermione, hai fatto scacco matto di nuovo. Non te ne sei accorta?" mosse il dito ad indicare la line che lei aveva aperto muovendo la sua torre e lei notò che il suo alfiere ora era in vista del re. (NdT se questa frase ha poco senso, mi scuso, ma di scacchi ne so più o meno quanto ne so di Aritmanzia: zero.)

"Oh. Mi spiace," disse docilmente. Aveva sperato di poterla far durare di più, magari anche lasciarlo vincere questa volta.

"Non scusarti per aver vinto," le disse sorridendo. "Sul serio, devi iniziare ad essere più aggressiva."

Hermione sorrise, accarezzandosi il braccio, imbarazzata. "Ok allora," gli disse, alzando la voce "giochiamo di nuovo," ordinò con autorità.

Lui le fece l'occhiolino. "Brava ragazza. Sono ai tuoi ordini."

Anche se lui non la sapeva, la rendeva raggiante, perchè il fatto di essere necessaria e condividere qualcosa di privato con qualcuno, con una sola persona, la faceva star bene. Era, per una volta, la prima priorità di qualcuno, ed era bellissimo.



Si ricordava di essere stata in lutto per lui. Era assolutamente possibile (se fosse stato vero) che l'incantesimo avesse tratto da quel lutto, indipendentemente da quanto tempo fa fosse stato.

Non era stato manifesto. Non come Harry che aveva urlato e singhiozzato o Ron che aveva balbettato impallidendo. Non era mai stata come loro. No, lei non era affatto come loro. Il suo lutto consisteva in un freddo diniego e il rifiuto di lasciarsi andare.


"Scacco," sussurrò, muovendo il suo alfiere dove aveva una chiara vista del re.

"Ah… quello è scacco matto, Hermione," disse Ron. "Davvero, se non avessi un aspetto tanto orribile penserei che hai giocato senza di me. Come hai fatto a migliorare tanto all'improvviso?"

"Scacco matto, allora," gli disse stancamente. "Senti, ho giocato la partita che volevi, posso andare a letto ora?"

"Ma 'Mione, sono solo le nove-"

"Sono stanca stasera," l'aveva interrotto.

Se ne andò di sopra, nel dormitorio femminile, lasciandolo a mettere in ordine il suo set di scacchi. Ne aveva comprato uno per lei a Natale ma lei non l'aveva ancora aperto. Non voleva ricordare e nessuno poteva obbligarla.



Non aveva mai aperto quel set. Era ancora di sopra, con il resto della magia che non voleva toccare. Ma, ovviamente, ormai l'aveva toccata. Che differenza avrebbe fatto riportare alla luce altri ricordi dolorosi, già che c'era?

Si alzò con un sospiro, andando ancora una volta verso la soffitta polverosa. Questa volta si permise anche di lanciare l'incantesimo per far sparire la polvere - adesso sembrava come nuovo e lei si chiese se non avrebbe fatto meglio a lasciarlo impolverato. Passare tra cose tanto vecchie che ora però sembravano nuove la faceva sentire stranamente fuori posto...

Non era nel baule con il resto delle sue cose magiche. Il suo viso si corrucciò ma lei si spostò verso un’altra scatola e l’aprì. Ingredienti per pozioni… quando se n’era andata, aveva in mente di studiare alter pozioni per conto suo… Hermione richiuse la scatola velocemente, ricordandosi dell’incidente con la Polisucco. Un’altra scatola conteneva altri libri – sempre più libri e non erano mai del tipo che avrebbe letto felicemente. E poi-

E poi-

Una foto.

Hagrid l’aveva scattata prima del loro terzo anno, prima che iniziasse tutto, prima ancora che fossero consapevoli dell’esistenza di un uomo chiamato Sirius Black. Prima di Lupin, prima dei Mangiamorte e del Marchio Nero e del torneo Tremaghi dove avevano visto la morte per la prima volta. Prima che Voldemort rinascesse.

Ron ed Harry erano in piedi dietro di lei, ognuno a braccetto con lei. Le sorridevano, salutando e saltando per richiamare la sua attenzione mentre lei li guardava con rimprovero cercando di farli star fermi per la foto. Ron le faceva l’occhiolino in quel suo modo speciale ed Hermione dovette distogliere lo sguardo. Queste persone non esistevano più, ma lei voleva credere il contrario con tutta se stessa…

Come lo specchio di Erised, pensò. Potrei star seduta qui e soffrire per il resto della mia vita, cercando di credere…

Ma non era esattamente ciò che aveva fatto fino a quel momento?

Ripose la foto in una tasca e subito dopo trovò il set di scacchi, dopodiché lasciò la soffitta, richiudendaola stavolta. Non voleva essere tentata di ritornarvi.

Poggiò il set sul tavolo ed aprì la scatola che conteneva i pezzi per la prima volta.

Erano bellissimi, tanto belli da far male. Questo – questo era meglio del set di Ron, di cui si era perso cura così tanto negli anni. I vestiti dei pezzi (maghi e streghe storici, che bel pensiero) sventolavano all’unisono, come se del vento fosse passato per la scacchiera in quel momento. Stavano orgogliosamente sull’attenti, come se aspettassero i suoi ordini…

Sentì i suoi occhi riempirsi di lacrime mentre realizzava che Ron doveva aver speso una bella somma per quel set. Era reso ancora più prezioso dal fatto che lui non aveva molti soldi, e lei non l’aveva mai nemmeno usata…

Quando riprese la foto, lui stava mettendo un braccio sulle spalle dell’altra Hermione, ridendo mentre lei cercava di spostarsi senza troppa convinzione. Le lacrime riuscirono a sfuggirle e lei dovette mettere da parte la foto per poggiare la testa sulla scacchiera.

Non avrei dovuto… avrei dovuto lasciarla…

Non alzò lo sguardò quando si spalancò la porta. Non disse neppure una parola mentre dei passi pesanti si dirigevano verso di lei.

Una mano forte la tirò su dalla maglietta, girandola per fronteggiare un Sirius Black estremamente livido, bagnato ed incredulo.

“Cos’è questo!” le chiese, mettendole di fronte un quotidiano.

Non era un giornale magico, ed era un po’ floscio perché bagnato, ma poteva vederlo chiaramente tramite le lacrime.

“Cosa?” gli chiese con voce roca, desiderando che lui l’avesse lasciata in pace e che fosse stato tutto un brutto sogno. “Che c’è, sei interessato su come va la borsa ora? Ti infastidiscono i prezzi del petrolio?” sentì le sue labbra arricciarsi in un ghigno, ma stava ancora piangendo. A lui non sembrava interessare.

“Molto divertente,” le sibilò, e lei potè vedere che c’era della paura nei suoi occhi. Questo è Sirius, il mio Sirius, lo stesso di quando è morto… è solo che non ho mai visto questo lato di lui prima d’ora… “Non puoi dirmi di non saperlo!”

Ah, sì. Giusto. Siccome era ancora lui, la data l’avrebbe sconvolto.

“Avanti,” gli disse, in parte arrabbiata ed in parte ferita ed in parte desiderosa di abbracciarlo e pregarlo di non sparire. “Avanti, chiedimelo. Ti dirò la verità, lo giuro, anche se cercherai di farmi mentire.”

La faccia di lui era rossa di rabbia. “Perché il giornale dice che l’anno è il duemilaquindici?” disse con voce bassa e minacciosa.

E lei lo guardò dritto negli occhi e continuò a piangere. “Perché è il duemilaquindici.”

La sua bocca si serrò come lei sapeva che avrebbe fatto e la spines contro il muro con una forza che non sapeva lui possedesse. “Stai mentendo!” gridò, il suo volto incredibilmente vicino ora. “Dimmi la verità!”

Era shockata ed era certa che fosse visibile sul suo volto, perché anche se sapeva che era diversa ora, sapeva che probabilmente non l’avrebbe riconosciuta (non avrebbe voluto, non ci avrebbe creduto se anche l’avesse pensato) non aveva mai davvero creduto che Sirius Black avrebbe potuto fare del male a lei.

“Tu-” lei sussurrò. “Tu…”

Lui impallidì e si allontanò da lei, apparentemente realizzando cosa aveva fatto. E forse, solo forse, sospettava chi lei fosse – o forse era per il profondo tradimento che le si leggeva negli occhi.

Ci hai lasciati. Te ne sei andato quando avevo bisogno di te e nemmeno lo sai e non posso farti del male per questo ma voglio-

E lei tirò fuori la sua bacchetta dalla tasca, le lacrime che ancora scendevano sulle tracce rosse di rabbia sulla sua faccia e gridò “Sterno!”

Lui sembrò sorpreso per un momento prima di venir spinto lontano da lei e gettato per terra. Le diede un orrendo senso di soddisfazione perché lui non sapeva che lei era una strega o che fosse capace di una cosa simile. “Vulnero!” gridò, abbassando la bacchetta con uno sforzo – lui gemette quando le ferite sul suo petto iniziarono a sanguinare di nuovo.

Ed Hermione lasciò cadere la bacchetta, impallidendo alla realizzazione di ciò che stava facendo.

Si portò una mano alla bocca e cadde sulle ginocchia, mentre le lacrime continuavano a scendere.

“Porca miseria,” disse lui un momento dopo, tirandosi su contro il muro, malfermo.

Lei pensò che sintetizzasse il tutto piuttosto bene.

Era divertente, però, pensò Hermione. Perché lei stava di nuovo piangendo in un angolo ma stavolta lui lo sapeva. E, a differenza dell’altra volta, probabilmente non gli sarebbe importanto del forte dolore nel suo petto, il dolore di cui non era stata capace di liberarsi per tutto il tempo in cui lui non c’era stato. Era nello stesso punto dove c’era il cuore ma lei sapeva logicamente che il dolore proveniva dalla sua mente e non dal suo cuore. Ma allora perché le faceva male lì?

“Fottiti,” singhiozzò. “Anche se non è colpa tua!”

Lui incespicò fino alla bacchetta, senza nemmeno preoccuparsi di non darlo a vedere. La sua mano le si chiuse intorno e lei non lo fermò.

“Dimmi cosa sta succedendo,” sibilò. “E come fai a conoscermi.”

Hermione non rispose. Aveva già deciso che se la morte fosse arrivata a guardarla in faccia, le avrebbe lasciato fare il suo corso.

“Dimmelo!” ripetè, ma non riuscì ad usare un tono più alto di un basso sussurro.

E prima che lui riuscisse a fare qualunque cosa, lei lo stava abbracciando e piangeva e diceva in continuazione, proprio come aveva sentito prima – la cosa che aveva cercato di dire per anni senza mai riuscirci. “Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace, ho fallito…”

Non era certa del perché lui non l’avesse semplicemente respinta e chiesto una spiegazione di nuovo. Forse era per la strana connessione che aveva notato, o forse c’era ancora un po’ di quella bontà di spirito anche dopo dodici anni ad Azkaban che avevano eroso la sua sanità mentale. Ma rimase assolutamente immobile… finchè, infine, non chiuse le sue braccia tremanti attorno a lei e la sua testa si posò a riposare sulla spalla di lei.

“Perché?” le chiese, dolcemente. Era una domanda che aveva tanti significati, ma lei la considerò come perché ti dispiace, perché hai fallito…

“P-perché non ho potuto salvarti,” gli disse. “E non ho p-potuto salvarli…” perché dovrei essere la so-tutto-io, la miglior strega del mondo magico, ma non ho potuto fare niente…

“Quando hai mai…” esitò, come incredulo, “dovuto salvarmi?”

Hermione tirò su col naso. “Quando s-sei caduto oltre il v-velo… eri morto, lo credevamo tutti…”

Lui s’irrigidì e lei poteva sentire la sua mente lavorare. Noi? Sembrava pensare. E poi, più probabilmente, sa di quella cosa.

“Quanto-“ gli si spezzò la voce. “Quanto tempo fa?” chiese, rocamente. “Diciannove anni?”
Lei non riuscì a rispondere però, perché lui era reale, era solido e non era morto. Aveva davvero riportato indietro qualcuno, solo una persona e per ora era abbastanza.

Sirius sembrò realizzare che lei aveva raggiunto il limite perchè rimase zitto mentre lei l’assorbiva e piangeva.

Fu quando la sua mano si poso sul suo petto, però, che lei realizzò che qualcosa di caldo, bagnato ed appiccicoso era passato attraverso la sua maglietta ed era colpa sua.

“Io-“ si staccò improvvisamente, guardando il sangue sulla sua mano.

“Non ti preoccupare di quello,” mormorò lui, che adesso era un po’ arrossato ed esausto. “Sono stato peggio – credimi.”

Oh. Azkaban.

“Lo so,” Hermione deglutì. “Ma lasciami fare.” Prese la sua mano e lo guidò verso il divano, poi si precipitò in cucina a prendere il suo kit di primo soccorso. “Non ho pozioni mediche a disposizione, mi spiace – a-avrai notato che vivo in un quartiere babbano…” gli sorrise debolmente. “Ma farò il meglio che posso con quello che ho e preparerò qualcosa stanotte.”

Lui sbattè le palpebre pigramente, come a dire stanotte? Rimango? Esattamente quando l’hai deciso, quando mi hai lanciato in giro come una bambola di pezza o quando hai iniziato a piangermi addosso?

Lei l’ignorò educatamente ed iniziò a togliergli la maglia.

E lui, essendo l’immodesta persona che era, se la tolse facilmente. Il respiro le si bloccò in gola e sussultò.

Era molto peggio di quanto avesse immaginato. Bellatrix aveva davvero fatto del suo peggio – ovviamente, la magia oscura era la sua area di studio, ma Hermione non aveva mai visto un danno tanto devastante causato da quel particolare incantesimo.

“Ahi,” mormorò lei tirando fuori l’antisettico.

Sirius sorrise. “Già.”

Il sangue secco venne via facilemente ma Hermione si fermò per mordicchiare il taglio sul pollice, come faceva quand’era nervosa. Pensò per un momento se avrebbe dovuto avvisarlo dell’antisettico, ma sembrava meglio farlo e basta quindi ne versò un po’ sul suo fazzoletto e lo passò sulla ferita aspettandosi quantomeno una sequela di parolacce considerando con chi aveva a che fare.

Ma Sirius non battè ciglio.

Beh, in effetti l’ha presa senza nemmeno sussultare, immagino che me lo sarei dovuto aspettare…

Hermione tolse il fazzoletto, trasalendo alla vista della macchia rossa su di esso. Doveva fare davvero male.

Seguivano garza e nastro, il più delicatamente possibile, anche se non si era mai lamentato, e il bendaggio tutto attorno per essere certa che non passasse niente.

Quando ebbe finito, fece per passarsi la mano sulla fronte – dovette sbattere le palpebre un secondo per realizzare che le aveva preso il polso.

“Questo quand’è successo?” le chiese seriamente.

Hermione guardò in basso e quasi rise. Il taglio che aveva mordicchiato si era riaperto e il suo pollice era sporco di sangue. Prima che potesse rispondere, però, lui prese il fazzoletto e tamponò il sangue delicatamente, mettendoci un cerotto piuttosto velocemente per uno che dovrebbe essere un purosangue. Ah, ma è stato in fuga per qualche anno, deve aver imparato…

“Là,” le disse. “Molto meglio, mia cara pazza il cui nome inizia con “H”.” Per un momento si chiese come facesse a saperlo – poi vide il fazzoletto, che aveva le sue iniziali ricamate. Il suo volto era accigliato – chiaramente, stava cercando di trovare del comico nella situazione.

Raccolse tutto il suo coraggio, guardando oltre i suoi occhi nella piccola parte tormentata, la parte che probabilmente non l’avrebbe mai lasciato. Perché ne aveva viste di peggiori e aveva il diritto di sapere.

Allora bisbigliò la parola più spaventosa che avesse mai dovuto dire “Hermione.”

Lui sbattè le palpebre.

“Cosa?”

Oh ti prego signore fa che abbia sentito, non farmelo dire di nuovo. Ma lo fece comunque. “Il mio nome è Hermione, Sirius. Diciannove anni.”

Gli occhi di lui corsero alle iniziali sul fazzoletto. H.G.

Hermione Granger.
 
  
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