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Autore: Miss Fayriteil    15/10/2013    4 recensioni
Questa storia viene da un sogno che ho fatto, quindi non è solo colpa mia.
Potrebbe essere un'idea bislacca per la decima stagione, con riferimento alla carriera che intraprende Arizona. Non pensate male. Buona lettura, cari!
Genere: Drammatico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Arizona Robbins, Callie Torres, Nuovo Personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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In questo capitolo c’è “Leave a light on” di Belinda Carlisle. Noterete che l’ho messa tutta. Quasi.
 
 
LEAVE A LIGHT ON
 
 


Era metà dicembre. Era mattina ed eravamo in viaggio: stavamo entrando a Seattle in quel momento. Mi sembrava impossibile, il momento che aspettavo da un anno era finalmente arrivato. Quella sera ci sarebbe stato l’ultimo concerto e avrei visto Calliope e Sofia. O almeno lo speravo. Speravo con tutta me stessa che sarebbero venute alla serata e non potevano non saperlo perchè in giro per la città c’era pieno di manifesti con la mia faccia. Ero seriamente più famosa di quanto potessi immaginare!
  Siamo arrivati all’hotel e ci siamo sistemati subito nelle nostre stanze. Quella sera era importante e io volevo essere pronta. Avrei cantato tutte le canzoni di cui ero tanto orgogliosa, compresa una che avevo appena finito di scrivere. Era importante che Callie ci fosse, perchè per la maggior parte le canzoni erano dedicate a lei. Ero nervosa, ma finalmente mi sentivo pronta: ero tornata a casa e quella sera avrei affrontato la mia ex-moglie e tutta la mia vecchia vita. Era ora di ricominciare.


   Ore dopo

Era arrivata la sera e ormai mancavano pochi minuti al concerto. Ci trovavamo in un teatro di cui avevo sempre ignorato l’esistenza nonostante avessi abitato a Seattle per anni. Questo la diceva lunga su quanto fosse emozionante la mia vita di prima.
  Mi trovavo dietro le quinte e stavo aspettando che mi annunciassero. Ho sbirciato da dietro il sipario verso il palco e la platea. Mi si è fermato il cuore: Calliope era lì, seduta in una delle prime file. E c’erano Cristina, la Bailey, Meredith... c’erano tutti! Mi sono allontanata dal sipario con il cuore in gola. In quel momento Aaron è venuto verso di me. «Non posso farlo» gli ho detto.
  «Come sarebbe? Certo che puoi farlo!» mi ha risposto con sguardo severo. Io ho indicato la tenda alle mie spalle.
  «Ci sono tutti quanti!» ho esclamato in un sussurro terrorizzato. «Calliope, Sofia e tutti quelli dell’ospedale! Scherziamo? Non posso farcela!»
  «Sì che ce la fai. Non ci pensare, vai su quel palco e sii grande». Da lì sentivo la voce del presentatore. Quando ha urlato il mio nome Aaron mi ha dato una piccola spinta e sono uscita sul palco. Quando mi ha vista il pubblico ha iniziato a strillare ed applaudire, imitato qualche istante dopo da un certo gruppo seduto in seconda fila. Delle ragazze avevano striscioni colorati. Forse non sarebbe stato poi tanto terribile. Se riuscivo a non guardare la seconda fila vedevo tutte facce sconosciute, quindi potevo benissimo essere in Mississipi invece che a Seattle. Ho cominciato a cantare e all’improvviso mi sentivo di nuovo me stessa. Il pubblico non aveva più nessun potere, io e la mia musica potevamo conquistare il mondo in quel momento. Arrivata alla terza canzone ho smesso di lottare contro la forza incredibile che mi attirava verso Callie come una calamita e ho guardato lei per il resto della serata. Lei mi ha restituito lo sguardo con espressione indecifrabile. Non riuscivo a capire cosa stesse pensando, nonostante la conoscessi così bene. Gli altri invece dopo lo shock iniziale si erano fatti prendere dalla musica e cantavano con me. Forse le conoscevano già.
  Ero arrivata all’ultima canzone ormai, era stato un bellissimo concerto. Quella che stavo per interpretare era quella nuova, non l’aveva sentita ancora nessuno tranne Aaron e Johnson che mi aveva aiutato con gli effetti musicali. Era dedicata a Callie più delle altre: mentre la scrivevo e poi la leggevo mi sembrava di parlare con lei.
  «Ho ancora una canzone per voi» ho annunciato. «È nuova, non l’ho mai cantata in pubblico prima d’ora. La voglio dedicare alla mia ex-moglie che nonostante tutto stasera è venuta a vedermi cantare». Callie mi ha guardata. Poi ho iniziato a cantare.

“Take my hand
Tell me what you are feeling
Understand
This is just the beginning
 
Although I have to go
It makes me feel like crying
I don’t know when I’ll see you again”

Mi succedeva sempre quando cantavo: tutto quello che c’era intorno a me spariva. C’eravamo solo io e la mia musica. Il resto, tutto il resto diventava confuso e poco importante per quei due o tre minuti in cui durava la canzone. Ora però era diverso. Tutto era sparito come sempre, ma questa volta non eravamo solo io e la musica. C’era anche Callie. Quello era il nostro momento, esistevamo solo noi due in tutta la Terra. Non c’era nemmeno Sofia, non saprei spiegare il perchè.

“Darling leave a light on for me
I’ll be there before you close the door
To give you all the love that you need
Darling leave a light on for me
‘cause when the world takes me away
You are still the air that I breathe
 
I can’t explain, I don’t know
Just how far I have to go
But darling I’ll keep the key
Just leave a light on for me”

Non riuscivo a staccare i miei occhi dai suoi e potevo vedere (possibile?) che aveva gli occhi lucidi. Ho sentito che anche i miei si stavano riempiendo di lacrime e ho pregato intensamente di non fare qualche figuraccia per l’emozione, come scoppiare a piangere davanti a tutti o dimenticarmi le parole. Sarebbe stato imbarazzante. Per cercare di riprendermi ho provato a distogliere lo sguardo da Callie, ma era impossibile: mi attirava davvero come una calamita. Non ero più padrona del mio corpo, non riuscivo neanche a chiudere gli occhi. Potevo solo andare avanti a cantare, fino alla fine.

“Yes I know
What I’m asking is crazy
You could go
Just get tired of waiting
But if I lose your love
Torn out by my desire
That would be the one regret of my life”

Ho finito di cantare, la musica si è fermata e la realtà è tornata nella sua concretezza, travolgendomi con la forza di un treno e facendomi barcollare. Ogni singola persona del pubblico si era alzata in piedi, applaudivano e gridavano mentre potevo dire con una certa sicurezza di aver visto le labbra di Calliope formare le parole “Ti amo”.  I miei amici applaudivano increduli e Sofia saltava sulla sedia tutta emozionata. «Grazie» ho detto con voce tremante. «Grazie a tutti».
  Ho voltato le spalle al pubblico e sono tornata dietro le quinte, dove c’era Aaron ad aspettarmi. Come mi ha vista mi ha abbracciata. «Credo che potrei sposarti in questo momento, Arizona Robbins» mi ha detto. «Sei stata fenomenale, stratosferica».
  «Senti Aaron...» ho cominciato io. «Vorrei... vorrei incontrare gli altri dopo. Cioè non tutto il pubblico, solo i miei amici e la mia famiglia».
  «Ma certo» ha risposto. È sparito e ho sentito che annunciava sul palco: «Tutti quelli che possono dire di conoscere Arizona Robbins da prima che cominciasse a cantare sono invitati nel suo camerino. Gli altri potranno vederla più tardi fuori dal teatro». Ho sorriso tra me. Aaron era davvero unico.
  Sono andata nel mio camerino e mentre aspettavo gli altri ho preso dei fogli che non guardavo da quasi due anni: le carte del divorzio, o meglio le copie che mi ero fatta da conservare. Le ho studiate per alcuni minuti riflettendo, c’era qualcosa che non mi tornava... In quel momento hanno bussato alla porta e sono andata ad aprire. C’erano tutti: Cristina, Meredith, la Bailey, Derek, Owen... tutti i miei amici dell’ospedale, era incredibile. Sono entrati nella stanza e ci sono stati abbracci, complimenti e il resto finchè Cristina ha preso la parola. «Arizona abbiamo una sorpresa per te. È qui solo per pochi giorni e quando ha saputo del concerto è voluta assolutamente venire a vederti». Il cuore mi è balzato nel petto. Stava forse parlando di...?
  «Teddy!» ho esclamato con un sorriso enorme quando l’ho vista. L’ho abbracciata d’impulso. «Non ci posso credere, che bello vederti! Come stai?»
  «Io benissimo, il Medcom è pazzesco, davvero. Ma tu quanti casini hai combinato nell’ultimo periodo?». Io ho riso, aveva ragione. Abbiamo parlato per un po’, finchè non ho visto Callie sulla soglia. Mi si è gelato il sorriso sulle labbra e gli altri si sono girati. «Va bene, noi andiamo» ha detto Meredith. Sono usciti tutti e io e Callie siamo rimaste immobili a guardarci, per tre interminabili secondi, poi è arrivato qualcosa di piccolo, che correva e che ha gridato: «Mamma!»
  «Sofia!» ho esclamato prendendola in braccio. Era cresciuta tantissimo e assomigliava sempre di più a Calliope. «Sei bellissima, ma guardati! Come sei diventata grande!»
  «Mi sei mancata, mamma» ha detto lei sorridendo. Io ho ricambiato con gli occhi umidi. «Anche tu piccola».
  «Arizona... vorrei parlarti, puoi?» si è inserita Callie all’improvviso. Io ho annuito e rimesso Sofia a terra. «Tesoro, che ne dici di andare con la zia Cristina, mentre io e la mamma parliamo per un po’?». Lei ha annuito ed è corsa via. Io e Calliope ci siamo guardate negli occhi. «Senti...» ha cominciato lei, ma io l’ho interrotta. Finalmente era arrivato il momento che stavo immaginando da mesi.
  «No, Calliope, adesso parlo io» le ho detto. «Mi dispiace. Lo so che sembra una frase inutile, ma è così. Mi dispiace di averti tradita, di averti incolpata per la gamba, di essere scappata così e di avervi abbandonate. Riuscirai mai a perdonarmi?»
  «Arizona io... non vedevo l’ora che tornassi, mi sei mancata così tanto... sono pentita di aver chiesto il divorzio, non avrei dovuto» mi ha risposto. Questa frase mi ha fatto capire cosa ci fosse di strano in quelle carte. Le ho prese dal tavolo e le ho fatte a pezzi davanti ai suoi occhi. «Che diavolo stai facendo?» ha esclamato.
L’ho presa per le spalle e l’ho guardata dritto negli occhi. «Il nostro divorzio non ha senso» le ho detto.
  «Che vuoi dire?» mi ha chiesto. Io ho sorriso.
  «Guardiamo in faccia la realtà, Calliope. Non possiamo divorziare legalmente perchè non siamo legalmente sposate. Ma» ho aggiunto anticipando la sua osservazione, «secondo Dio noi siamo sempre state sposate. Lui è ovunque, no? Questo vuol dire che c’era anche quando la Bailey ci dichiarava moglie e moglie. E questo è molto più importante di un paio di stupide carte, me l’hai insegnato tu. Perciò tu sei ancora mia moglie e io sono ancora la tua. Quindi la domanda è: vuoi tornare con me?»
  «Vuoi andare in municipio a finire quello che abbiamo cominciato?» mi ha chiesto lei alla fine.
  «Speravo proprio che tu me lo chiedessi». Lei mi ha sorriso e poi l’ha fatto: mi ha baciata. Ho avuto l’impressione che il mio cuore ricominciasse finalmente a battere, dopo essere rimasto freddo e morto per due anni. Siamo uscite insieme e Sofia era lì che ci aspettava insieme a Cristina. «Sofia, stasera torno a casa con te e la mamma. Sei contenta?». Per tutta risposta lei ha cominciato a strillare e saltare per tutto il corridoio.
 
Alla fine l’abbiamo fatto. Siamo tornate a casa insieme e due settimane dopo, giusto il tempo di prepararci, ci siamo sposate. Una cosa molto semplice, solo noi due in municipio. Il matrimonio vero l’avevamo già fatto, questo era solo per noi. È stata una cosa immediata perchè entrambe non vedevamo l’ora di farlo. Finalmente eravamo di nuovo una famiglia.
  Non ho smesso di fare la cantante, lo sono ancora. Aaron ha mantenuto la promessa e si è trasferito qui a Seattle. Gli abbiamo venduto l’appartamento di Mark, ci sembrava giusto farlo. Sono felice e non potrei esserlo di più.

 

 
 
 
NdA: Eccoci alla fine di questo viaggio! Divertiti? Io moltissimo a scrivere. Ho voluto lasciarvi un capitolo più lungo per l’occasione. Niente grazie infinite a tutti e... alla prossima! =D
 
 
 
  
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