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Autore: Oducchan    08/04/2008    5 recensioni
*** Per lui era basilare esaltare al massimo il suo aspetto esteriore, ed esaltare con lui tutto ciò con cui entrava in contatto. Però sapeva anche che non era solo per la sua bellezza e la sua graziosità che era ancora vivo senza far parte dello sconfinato numero di cadaveri che ogni giorno si accumulavano puntualmente all’interno della base.*** uno scampolo, un momento qualunque della vita alla base di frezeer, pre-missione nameck. i problemi, i pensieri, le incomprensioni e le difficoltà che un certo alieno dalla pelle verde ha dovuto affrontare prima di giungere su quel pianeta. in sintesi, mai sfidare un adoratore della bellezza, perchè si sa, la bellezza è pericolosa...
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dodoria, Freezer, Vegeta, Zarbon
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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A bloody beauty

A bloody beauty

Una bellezza pericolosa

 

Per Zarbon, la bellezza era tutto. Per lui, la bellezza era l’unica cosa che nell’universo contava davvero. Era importantissimo mantenere un bell’aspetto, i capelli e il viso curati e un comportamento adeguato, carico di grazia; era importantissimo non cedere al suo lato rozzo e sgraziato; era importantissimo mantenere il decoro e vederlo mantenere a coloro che lo attorniavano. Per lui era basilare esaltare al massimo il suo aspetto esteriore, ed esaltare con lui tutto ciò con cui entrava in contatto.

Però sapeva anche che non era solo per la sua bellezza e la sua graziosità che era ancora vivo senza far parte dello sconfinato numero di cadaveri che ogni giorno si accumulavano puntualmente all’interno della base.

Perciò, quando ricevette quella convocazione perentoria pensò bene di interrompere il suo allenamento che lo impegnava quotidianamente per accrescere la sua forza già notevole, e di recarsi immediatamente là dove la sua presenza era stata urgentemente richiesta dal suo capo.

Sopravvivere in quella gabbia di metallo era tutta una questione di astuzia e accortezza che solo pochi riuscivano a gestire: bisognava mantenere costantemente tutti i sensi all’erta, e imparare a pensare nello stesso modo di Freezer. Solo seguendo passo passo i suoi percorsi mentali fino a riuscire a prevederli (cosa difficilissima, visto che il soggetto godeva della pericolosa dote della volubilità) si poteva affermare di essere al sicuro dai suoi scoppi d’ira; e a volte neanche allora. Quindi, se Freezer lo mandava a chiamare senza specificare immediatamente il motivo di cotale invito, il motivo era che forse voleva punirlo per una sua eventuale mancanza; in ogni caso, tra tutti i suoi subordinati era veto comune farlo aspettare, mentre era invece molto più saggio e prudente eseguire al volo gli ordini.

Interruppe allora la sessione di piegamenti e si rimise i delicati pendenti in perla che era suo vezzo portare in ogni occasione; si spolverò la tuta da combattimento, si allacciò il mantello sulle spalle e uscì dalla palestra, dove lo attendeva Dodoria.

Una delle ragioni principali per cui odiava il suo lavoro era proprio quell’ammasso idiota e senza cervello di grasso  adiposo. La seconda, quel conglomerato di mostri schizofrenici con la mania dei balletti della squadra Geneuw, con cui di tanto in tanto che aveva a che fare. La terza, il ritrovarsi costantemente in contatto con una torma di alieni sgraziati senza arte né parte, tutti i santi giorni e a tutte le ore.

Lui detestava quella maleodorante palla di lardo rosa fluo. Era letteralmente inguardabile: a ogni passo la massa abnorme tremolava come gelatina e lui si ritrovava a trattenersi a stento dal vomitare; aveva le capacità intellettive di uno scarabeo stercorario, e sembrava pure trovarci un certo gusto nel continuare a dimostrarlo. E poi….se lui era il braccio destro di Freezer, Dodoria era innegabilmente il sinistro. Veniva appresso a lui al changeling in continuazione, appiccicato a entrambi come la colla, sempre con quel ghignetto orrendo stampato sulle labbra mollicce come se lui nella sua totale ignoranza sapesse chissà che cosa, borioso nella sua nullità; continuava a darsi arie protetto solo da quello strano accanimento che il capo provava nei suoi confronti. Zarbon aveva provato varie volte a convincere il capo a liberarsi di lui e del suo viscidume, ma l’altro aveva sempre rifiutato categoricamente, lasciandolo molto spesso basito

-lascialo dov’è, Zarbon, e che si crogioli nella convinzione di essere fondamentale, almeno finché mi serve. Prima o poi capirai qual è la sua utilità. E ora non farmi perdere tempo con discorsi inutili- era la sua scusa tipo.

E anche ora, mentre lo scrutava con le sue iridi dorate, il giovane alieno si torturava chiedendosi quale mai fosse la funzione di quel tipo all’interno dell’ immenso appartato costituito dall’esercito di Freezer, ma proprio non riusciva a venire a capo di quello che per lui continuava a restare un mistero. Insomma, a dare ordini minori, a rappresentare l’imperatore, ad avere il comando delle missioni più importanti o a punire gli insubordinati, c’era già lui con la sua perfetta efficienza e la sua maniacale precisione; a che serviva il fatto che Dodoria lo seguisse sempre, inserendo al già fatto solo qualche maligno commento non richiesto o qualche atto di arroganza inadeguato?

Scosse lievemente il capo con la solita leggiadria per tentare di scacciare il pensiero; una ciocca dei suoi verdi capelli sfuggì dalla treccia morbida che gli ricadeva sulla schiena, e lui subito lo portò dietro l’orecchio con un gesto delicato ma che aveva un che di inquietante.

Se se ne accorse, Dodoria fece finta di non accorgersene, perché sfoggiò subito uno dei suoi ghigni maligni accompagnandolo con un lampo di malvagità negli occhi porcini

-Frezeer ci vuole parlare. Credo ci affiderà una nuova missione-

-credi?- con tutta la dignità di cui era provvisto Zarbon allungò il passo e lo superò senza degnarlo di un’ulteriore occhiata -Non ne sei sicuro?-

-ha richiesto la nostra presenza tramite lo scouter senza precisare niente, non so altro. Pensavo che avesse dato a te i dettagli- gli rispose quello, con una smorfia di dubbia natura che contagiò anche il tono di voce. Certo, ora ci mancava solo che gli nascondeva le cose e che il capo non gli desse più fiducia!

Schiumando di rabbia mal trattenuta, scosse di nuovo il capo, sistemò un’altra volta la tiara che portava sulla fronte e s’incamminò, subito seguito passo passo da quel lezzo indistinto di indecenza e sciatteria. Diavolo quanto lo odiava! Anche se non poteva vederlo perché gli camminava innanzi a testa alta, poteva benissimo immaginare come stesse camminando tronfio e molliccio, gettando attorno quello sguardo putredinoso, convinto com’era della sua forza e dell’ala protettiva fornita dal commilitone davanti.

Nervoso com’era per quell’intromissione gratuita nella sua sfera magica privata, fatta di bellezza e splendore, guardava dove metteva i piedi senza però prestarci attenzione, e finì per andare sonoramente a sbattere contro un altro sudicio e deforme alieno che popolava quella dannata base spaziale e che rovinata con la sua presenza l’intero universo. Cadde all’indietro, finendo addosso ella massa flaccida rappresentata da Dodoria e si ritrovò a terra, invischiato in un groviglio di braccia e gambe e insultato a tutto spiano dall’ignoto ostacolo.

Trattenne a stento delle lacrime di frustrazione per quella situazione: perché, perché tutto quello doveva capitare a lui? Chiedeva poi molto? Solo di essere lasciato in pace con se stesso, i suoi specchi e le sue carinerie, a una distanza minima di 5 metri da chiunque altro non condividesse il suo ideale o che non fosse esteticamente superiore alla norma. O che fosse Freezer, naturalmente.

La rabbia montò dentro di lui, mentre si rimetteva in piedi sciogliendosi la treccia ormai irrimediabilmente compromessa e spolverandosi ancora l’armatura, per poi sfociare quando focalizzò l’extraterrestre che si era intromesso sul suo cammino e recepì l’ultimo oltraggio della lista

-…razza di fottuto finocchio, vedrai come lo concio quel tuo faccino…-

Nei trenta secondi che seguirono, in cui il malcapitato si rese finalmente conto di chi era e cambiò quattro colori intuendo a cosa stava andando incontro, Zarbon prese a tremare vistosamente e a contrarre i pugni. Poi, partì all’attacco, buttandosi in avanti a braccia tese e afferrando il collo dello sfortunato, e cominciandolo a stringere; a nulla servirono le sue scuse sempre più strozzate, e quando un altro soldato tentò d’intervenire, lo spedì contro la parete con un calcio ben piazzato. La sua furia stava ormai sfuggendo al suo controllo, quando fu Dodoria a cercare di fermarlo: gli afferrò con decisione i polsi ed esercitando una notevole pressione li allontanò dal disgraziato Poi, mentre questi si dileguava in tutta fretta insieme ai suoi colleghi ringraziando ogni divinità a lui conosciuta, sopportò impassibile lo sguardo di fuoco che Zarbon gli rivolse

-abbiamo carenza di uomini, ultimamente, non ti conviene ammazzare nessuno a meno che non sia strettamente necessario. E poi, dopotutto era colpa tua- disse solo, lasciandolo andare e voltandosi per riprendere il percorso interrotto. L’altro, avendo ormai oltrepassato da un pezzo il limite, non riuscì a tollerare quella che riteneva un’insubordinazione in piena regola e lo attaccò, ma  a sorpresa il grassone riuscì a scansarlo con un’agilità insolita. Zarbon, sbilanciato in avanti, finì disteso a terra una seconda volta a fissare quegli informi piedoni inguainati negli stivali elastici. Dodoria lo fissò per qualche istante con uno sguardo neutro, prima di voltare i tacchi e allontanarsi

-muoviti, lo sai che a Freezer non piace aspettare-

Il povero alieno non potè fare altro che rimettersi in piedi, maledicendolo e augurandogli una morte lenta e dolorosa, piena di torture raccapriccianti, accompagnando il tutto con una sfilza di imprecazioni che sciorinò in un centinaio di lingue diverse

Quando finalmente raggiunsero gli appartamenti dell’imperatore, non riuscì a trattenere la collera e, oltrepassato Dodoria che stava aspettando tranquillamente il loro turno per il colloquio, spalancò di colpo le porte e si avventò dentro senza pensare troppo al galateo e al buon gusto.

Freezer e i suoi interlocutori rivolsero subito lo sguardo agli intrusi, sorpresi nel bel mezzo di una conversazione. Zarbon ci mise qualche istante a inquadrarli e a riconoscerli, arrabbiato com’era: si trattava dei tre sayian, il principe coi suoi sottoposti; il che fu in minima parte un bene, perché lo sguardo sbalordito e indignato di vegeta ebbe il potere di calmarlo leggermente.

Vegeta era uno dei pochissimi che Zarbon riusciva a tollerare e un po’ ad apprezzare. Godeva infatti di due qualità non comuni: una bellezza misteriosa accompagnata da un carisma magnetico, e un cervello di un certo livello; poi, era anche lui attorniato da individui insulsi e quindi poteva condividere la sua insofferenza. Insomma, il trentenne era di sicuro un gradino sopra di tutta quella marmaglia nella sua scala delle preferenze, e lui ci aveva già fatto più di un pensierino al riguardo. Peccato che Vegeta non fosse solo bello e intelligente: purtroppo, come tutti gli appartenenti alla sua razza, era tremendamente arrogante, spaccone e assetato di combattimenti; perdeva le staffe spesso e volentieri, urlando e sbraitando come un pazzo invasato, e alcuni suoi comportamenti lasciavano intendere che lo fosse davvero; si riteneva superiore a chiunque altro, addirittura a Freezer, e non passava giorno in cui non ricordasse a tutti chi era, da dove veniva e quali fossero i suoi obiettivi futuri. Decisamente troppo chiassoso, indisponente e fastidioso per i suoi gusti, tanto da risultare a volte volgare nei suoi atteggiamenti. Tuttavia, si ritrovava con frequenza ad augurarsi che migliorasse, sia fisicamente sia caratterialmente, quel tanto che gli bastava per superare Dodoria e riuscire così a sostituirlo, e ad eliminarlo dalla sua vista.

In quel momento, però, la cosa non riuscì a fargli sbollire del tutto la rabbia e a tranquillizzarlo abbastanza, perché avanzò e si piantò di fronte a Freezer, a gambe larghe e i pugni sui fianchi, con uno sguardo terribile che sembrava in grado di carbonizzare.

Il sayian fissò dubbioso la lunga chioma verde che gli fluttuava davanti al naso, troppo stupefatto per ricordarsi di mostrarsi offeso o comunque alterato. Stava succedendo qualcosa di molto strano

-salamandra?- sibilò inclinando il capo di lato –cosa ti sei fumato, oggi?-

Se lo sentì, Zarbon decise bellamente di infischiarsi di quello che avrebbe dovuto costituire un’ avvertimento. Incrociò le braccia, corrugando la fronte, e fulminò il suo capo

-si può sapere perché diavolo ci ha mandato a chiamare, potente Freezer?- sputò fuori, sottolineando le ultime due parole con una voce più alta del solito di almeno un’ottava

Mentre sia il changeling sia gli altri presenti restituivano uno sguardo puramente allibito, Vegeta guardò il soffitto con uno sospiro

-sì, decisamente andato. Al punto da desiderare il suicidio- si rivolse poi a Dodoria –ma che cavolo è successo, palla di lardo? Non ho mai visto quel bellimbusto del tuo compare sbarellare così tanto!-

-abbi il buon gusto di tenere la lingua tra i denti, Vegeta- ordinò secco Freezer, facendolo immediatamente tacere. poi, evidentemente scocciato, si rivolse a Zarbon –per quanto riguarda te, ringrazia il cielo che mi servi. Ora uscite immediatamente di qui, tutti e due, prima che ci ripensi e vi mandi all’altro mondo, a svolgere il vostro compito-

-ma…-

-HO DETTO FUORI! Ne riparleremo quando avrò finito con questi tre scimmioni!-

Zarbon si morse le labbra per il dispetto, ma non reagì, limitandosi a seguire Dodoria fuori dalle porte istoriate e ad accomodarsi su un divanetto collocato lì fuori, in attesa che accadesse qualcosa. Per tentare di calmarsi, prese ad acconciarsi i capelli raccogliendoli e intrecciandoli; tuttavia era talmente furioso che per ottenere un risultato decente e poterli fermare con il solito anello dorato dovette ripetere l’operazione una decina di volte.

Alla fine, dopo quaranta minuti di attesa, i tre sayian uscirono finitamente dalla stanza; Radish e Napa sparirono subito, correndo a prepararsi per la nuova opera di distruzione commissionata loro, mentre il loro principe si soffermò qualche istante

-vuole parlare con voi, ma uno alla volta. Prima con Dodoria-

-COSA?!?- zarbon insorse, saltando in piedi. L’ennesimo pugno sul naso della sua dignità, non poteva più tollerarlo. Ma un’occhiata particolarmente gelida del principe lo fece riaccomodare a posto

-ha espressamente ordinato di parlare prima con Dodoria. Di cosa, sono cavoli vostri. Ora se permettete ho altro a cui pensare invece dei vostri guai e delle vostre frustrazioni!- voltò i tacchi e se ne andò, lasciandoli lì perplessi.

Il ciccione rosa diede un’occhiata all’ “amico”, un’altra occhiata neutra che non lasciava trasparire quali fossero davvero i sui pensieri. Vedendolo però troppo preso a elucubrare su chissà cosa per collaborare, decise per la sua incolumità di obbedire agli ordini e se ne andò negli appartamenti, lasciandolo lì a pensare.

Finalmente di nuovo solo, zarbon si calmò rapidamente e finì per sbollire tutta la sua rabbia, che sparì come una bolla di sapone. Potè riconcentrarsi su se stesso, senza essere disturbato da presenza a lui sgradevole, e ristabilire quel suo delicato equilibrio interiore, relegando le emozioni negative in un angolo buio ben definito della sua mente, e lasciandosi cullare dal suo ideale di splendore. Ah, come si stava bene senza quella feccia tra i piedi!

La pace finì quando, pochi istanti dopo, Dodoria si ripresentò come se niente fosse ma con il solito sorrisetto crudele; visto però da dove arrivava, Zarbon sentì un brivido di sudore freddo scendergli lungo la schiena

-tocca a te ora. Ti aspetta- gli disse solamente l’altro, allontanandosi poi sempre sogghignando poco rassicurante, nella direzione in cui poco prima erano spariti gli altri tre combattenti. L’alieno deglutì rumorosamente, prima di alzarsi con un sospiro e dirigersi nell’ufficio ricevimenti del suo capo. A mente fredda, si rendeva conto di aver appena compiuto la più grande scemenza della sua vita, ed era pressoché sicuro che la sua vita sarebbe finita di lì a poco. Come poteva restare in vita, dopo aver sfidato così apertamente l’autorità dell’imperatore? Tuttavia, mai si sarebbe dovuto dire che era fuggito di fronte al pericolo: perciò lo affrontò a testa alta.

Trovò il changeling girato di spalle, le mani intrecciate dietro la schiena, mentre scrutava lo spazio aperto al di fuori del grande finestrone. Subito s’inchinò e tentò di imbastire un discorso di scuse.

-potente freezer, io…-

-siediti-

Teso come una corda di violino, individuò una seggiola posta di fronte al trono e, dopo essersi rialzato, vi si sedette sopra mantenendo una postura piuttosto rigida. La lucertola si voltò a fissarlo

-cosa devo fare io con te? Zarbon, tu sei in gamba e mi piaci proprio per quello. Sai usare sia il cervello che i muscoli…però non hai il carattere adatto per stare in mezzo a un esercito-

-signore, io…-

-zitto e fammi finire. Sei egocentrico, nevrotico, narcisista, vanitoso. Non posso permettermi di perdere tutti i miei uomini solo perché è stato ferito il tuo amor proprio o perché sei andato a sbattere contro qualcuno che non era di tuo gradimento. Non replicare- lo bloccò preventivamente, vedendo che aveva aperto la bocca per ribattere qualcosa –e non posso nemmeno permettermi di mettere qualcuno al tuo posto, perché vorrebbe dire sprecare un sacco di tempo per scovare qualcun altro con le tue capacità. Ora, voglio che ti sia ben chiaro, perché è l’ultima volta che ti risparmio la vita per un’insubordinazione del genere: prova un’altra volta a perdere le staffe nei miei confronti per un’inezia del genere, e rimpiangerai vivamente quel tuo visino a cui tieni tanto. Capito?-

Zarbon si limitò ad annuire, troppo terrorizzato per parlare. Stava rischiando molto, lo sapeva.

-bene. Adesso raggiungi Dodoria, ti darà lui i dettagli della missione che vi attende. E ricordati, un solo passo falso per colpa delle tue bizzarrie e stà sicuro che verrà dritto a dirmelo. È lì per questo. E sappi anche che se mai lo farò, lo sostituirò con qualcuno che sia altrettanto stupido e pieno di sé, visto che il suo unico scopo è quello di controllarti. Qualcuno come Geneuw o uno della sua squadra-

Zarbon rabbrividì: -piuttosto la morte-

Freezer sogghignò soddisfatto :- vedo che cominci a capire. Ora sparisci, e vedi di tornare solo a incarico concluso-

Rapido come un fulmine, l’alieno dalla pelle verde si congedò con sollievo e i affrettò a raggiungere il commilitone al punto decollo delle navicelle.

Perché la bellezza contava per lui più di ogni cosa, ma non era per quello che lui era ancora vivo. Decisamente, era più una questione di fortuna. Forse, era il caso che questa cominciasse a girare costantemente dalla sua parte. In fondo, la sua era proprio una bellezza pericolosa.

 

 

 

 

Ehilà, gente! Come potete vedere, sono tornata con qualcosa che non sia una drabble. Devo dire che mi sono particolarmente divertita, mentre scrivevo, a sparare a zero sul buon vecchio doddy (se siete suoi/sue fan, vi chiedo scusa ^^) stando nei panni di Zarbon. Lo so, manca di un senso coerente, specie il finale (l’ho cambiato tre volte, questo è il migliore che mi è venuto), però spero vi sia piaciuta.  Forse avrete notato un lieve accenno yaoi nel rapporto Zarbon/Vegeta, non era particolarmente voluto, e non è tanto calcato da meritare l’avviso, hun?  Piccola nota: so che la base di freezer è un piccolo gioiello tecnologico, ma tendo sempre a immaginare delle porte su cardini, non scorrevoli. Capite perché zarbon le spalanca?

 Bene, ora vi saluto, grazie a tutti ancora una volta, besos!

wolvie

 

   
 
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