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Autore: Opalix    27/10/2004    7 recensioni
Può un mondo ormai morto risorgere dalle proprie macerie? Può un'anima spezzata ricominciare a credere nei sogni? Ginny non ha più lo stesso nome, non ha più la stessa vita, non crede più in nulla. Ma uno spirito dal passato ritornerà per far crollare la sua maschera di ghiaccio e costringerla a riafferrare la sua forza. Per chi crede che alla fine tutto sia possibile...
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

Nemesi

Il mondo si era capovolto. Nulla era più come prima. Nulla. Tutto distrutto, devastato, sconvolto…
Voldemort era morto, definitivamente scomparso. Il male era stato sconfitto.
Ma insieme al male era stato distrutto anche tutto il resto.
Molti erano morti. Lo stesso Harry Potter, il famoso Harry Potter, l’eroe, il sopravvissuto, era morto alla fine, trascinando con sé quell’essere malvagio a cui era così profondamente legato; era morto per uccidere Voldemort, per salvare il mondo. Era morto da vero eroe.
Ma il mondo che aveva salvato non esisteva più. La grande guerra si era portata via troppe vite, troppi uomini… e si sa il mondo è fatto di persone, persone che vogliono vivere. Invece non c’era più nessuno.
Hermione e Ron, gli inseparabili membri del magico trio, erano morti, uniti fino all’ultimo.
Silente, il protettore, era morto.
L’ordine della Fenice, ultimo baluardo della resistenza, era stato decimato.
Fred e George, Seamus, Dean, Luna, Colin, Neville…
Il necrologio potrebbe continuare per metri e metri di pergamena. E si estenderebbe senza distinzione anche ai “cattivi”, i mangiamorte, i marchiati: Malfoy, Lenstrange, Goyle… Non esisteva una famiglia di maghi, oscuri e non, che non fosse stata decimata o, più spesso, sterminata. Non rimaneva nulla, non una tomba, una lapide…
C’era un muro bianco a Diagon Alley, sul quale qualcuno aveva iniziato a scarabocchiare i nomi di chi aveva combattito, come per non scordarli… Col tempo altri nomi erano stati aggiunti da mani diverse, fino a riempire la parete. Un piccolo promemoria, per chi in realtà desiderava soltanto dimenticare.
Non c’era nessuno a Diagon Alley, non c’era la vita brulicante, non c’erano maghi e streghe in giro, studenti chiassosi per le strade, non c’erano negozi aperti, locande, chiacchiere, risate…
Deserto. Silenzio. Morte. Come quella nel cuore di chi era sopravvissuto.
Non era rimasto nessuno a ricordare la guerra, gli eroi, i cattivi, i traditori, le gesta epiche o stupidamente imprudenti di chi aveva combattuto. Non c’era nessuno per ricordare e raccontare.

Qualcuno era rimasto però.
Si aggiravano per la Londra babbana, confusi tra la gente, nascosti sotto i cappellini delle divise dei fast food, sotto i berretti dei taxisti, sotto gli stracci dei vagabondi… Nascondevano occhi senza più lacrime, visi segnati dall’orrore e a volte sfregiati per sempre, ferite dell’anima che non sarebbero mai guarite. Nascondevano ai babbani la loro vera natura e si nascondevano gli uni agli altri per non vedere in altri occhi ciò che sapevano essere nei propri, per non rivivere il terrore, per non specchiarsi nel rimorso o nel rimprovero per essere ancora vivi, per non accusare o essere accusati… per non ricordare…
Ma si riconoscevano, anche se non si erano mai visti prima. Si riconoscevano da un fremito incontrollato, dallo sguardo di chi ha visto troppo, dall’involontario correre della mano alla bacchetta nascosta nei vestiti. Si riconoscevano e, come seguendo delle regole non scritte ma inviolabili, si ignoravano, lasciavano passare, con lo sguardo vuoto di chi guarda attraverso una statua di vetro. E riprendevano la loro vita di finzione.

Ma due di loro non avevano potuto ignorarsi.
Due di loro si erano fermati, fissandosi dai due lati opposti della strada.
Due di loro si erano riconosciuti in mezzo a mille volti, che d’un tratto erano diventati di nebbia.
Due di loro stavano lì, impalati, senza staccarsi gli occhi di dosso.

Una lacrima scese su una guancia pallida.
Una mano si strinse convulsamente a pugno dentro la tasca della giacca.
Un uomo biondo attraversò di corsa la strada, rischiando di farsi investire, e si fermò a un passo da una giovane donna , molto attraente, dai lunghi capelli rosso fuoco.
La ragazza parlò per prima, molto freddamente: “Draco Malfoy.” La lacrima era già sparita.
Draco non rispose; fece per toccarla, come per assicurarsi di non essere di fronte a un’allucinazione, ma si fermò, con la mano a pochi centimetri dal suo viso.
“Sei viva…” mormorò.
Ginny indietreggiò bruscamente di un passo e inghiottì a vuoto per riprendere il proprio autocontrollo.
“Sono viva. E anche tu stai bene, vedo.”
Draco si avvicinò di nuovo ma Ginny era decisamente sulla difensiva e non gli permise di toccarla.
“Pensi che voglia farti del male?”
“Vattene. Mi hai salutato, ora puoi andartene per la tua strada.”
“Ginny…”
“No! Non dire niente. Non voglio sapere niente. Non mi interessa che hai fatto, da dove sbuchi, che cosa sei adesso. Non voglio sentire nulla. Vai via adesso, e potrò far finta di non averti incontrato.” Ginny si interruppe per respirare, aveva parlato tutto d’un fiato.
Draco non disse nulla ma rimase fermo a guardarla; aveva l’aria un po’ ferita ma stava riprendendo il suo tipico contegno gelido. Poi si decise a parlare, cercando di tirare fuori un pizzico del suo antico sarcasmo. “Una volta mi dicevi che ero freddo e insensibile… Dovresti vederti ora, piccola fiamma: mi stai surclassando, senza la minima pietà.”
Era sempre lui, il suo fascino innato, la sua eleganza… solo i suoi occhi grigi non erano più quei due pezzi d’acciaio gelato, traboccanti di spietata arroganza, che Ginny ricordava. Ma anche Ginny era cambiata. Anzi: soprattutto Ginny.
“Non sono la tua ‘piccola fiamma’! Non esiste più la tua ‘piccola fiamma’!”
Rimasero a guardarsi, con mille domande perse nell’aria, portate via dagli ignari passanti.

“Giulie!”
Ginny si volse e automaticamente sorrise alla ragazza bionda che l’aveva chiamata facendole un cenno con la mano. Continuando a sorridere come un automa, ritornò a guardare Draco. Il sorriso non aveva minimamente toccato gli occhi, erano rimasti distaccati. Non c’era più nulla degli occhi incredibilmente vivi e accesi di coraggio che il ragazzo aveva nei propri ricordi, erano come morti, spenti, disillusi…
“Giulie?...”
Ginny allargò il sorriso trasformandolo in una strana smorfia di sarcasmo, e parlò con una voce roca e sensuale, che non le apparteneva.
“Giulie Weasel. È stato un piacere conoscerla Mr. Malfoy. Sa, lavoro in quel locale laggiù. Venga a trovarci qualche volta. Arrivederci.”
E corse via.

Ginny giocherellava con il nastro rosso e oro che si era tolta dai capelli, lasciandoli cadere sulla schiena. Draco la afferò da dietro, di sorpresa, e la trascinò dietro a una grossa quercia.
“Ciao piccola fiamma, non dovresti girare da sola nel bosco, non lo sai?”
Ginny ridacchiò e guardò in viso il suo “aggressore”. Draco le sorrideva sarcasticamente, con gli occhi color ghiaccio brillanti di malizia; snervante, ma indiscutibilmente sexy.
“Perché continui a chiamarmi così? Guarda che potrei pensare che ti sei affezionato a me…” lo minacciò soffiandogli in modo provocante nell’orecchio.
“perché è quello che sei, piccola” Draco si allontanò appena, per poterla osservare: minuta, agile, con una cascata di lucenti capelli rossi e meravigliosi occhi color miele, accesi, vivi, luminosi… uno spiritello tentatore, forgiato direttamente tra le braci incandescenti di un falò. “Sei l’unico calore della mia esistenza…” completò mentalmente il ragazzo mentre si chinava per baciarla. La schiacciò con il proprio corpo contro il tronco dell’albero, bloccandola per i polsi, pensando che forse le parole che non erano uscite sarebbero state comprensibili attraverso la passione dei suoi baci…Ginny rispondeva con lo stesso ardore…
ALLORA.

Non era rimasto nulla di quella ragazzina nella donna gelida e scostante che aveva incontrato. Non era possibile che fosse lei…
Draco la guardò correre verso un’entrata illuminata dall’insegna di un night club, accompagnata dall’amica. Improvvisamente l’aria si era fatta più fredda, un gelo strisciante e maligno si insinuava tra i vestiti… e fin dentro l’anima.

   
 
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