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Autore: Hika86    16/10/2013    0 recensioni
[50/50 capitoli COMPLETA][0/5 capitoli extra IN CORSO] Un filo ci lega alla persona cui siamo destinati: non importa il tempo che dovrà passare o le distanze che ci separano. Ma se questa persona fosse proprio davanti a noi e non riuscissimo a riconoscerla? Se la considerassimo antipatica tanto da non degnarla neanche di uno sguardo? E se l'avessimo trovata e noi stessimo vacillando nei dubbi? E ancora, cosa dice che non l'abbiamo già persa?
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Alzò lo sguardo verso l’alto. Avrebbe voluto vederci le stelle, il cielo blu notte, invece incontrò il soffitto colorato dalle luci del concerto. Ohno poco prima aveva ricordato quanto facesse freddo fuori, quindi forse era meglio così.
Un gesto di Nino gli ricordò di doverlo seguire. Prese in mano l’asciugamano che teneva sulle spalle e fece una piroetta a tempo di musica. Nino rise, ma lui si sforzò di rimanere serio, come un ballerino preso dalla foga della danza.
«Bye bye!» salutavano Aiba chan e Jun
«Bye bye» fece loro eco Satoshi
«Sapporo!» disse lui nel microfono lanciando un’ultima occhiata allo stadio. «Arigapyon! Bye bye!» salutò allora, prima che le quinte si chiudessero su di loro, nascondendoli al pubblico.
Lo staff si riversò verso di loro: i complimenti si rincorrevano, i ringraziamenti sembravano non finire mai. Sho sorrise a tutti, accettò pacche sulle spalle e ne diede agli altri, ma ogni tanto lanciava uno sguardo di sorpresa e gioia ad uno dei membri, come se li vedesse in quel momento: eppure quei quattro idioti non avevano fatto altro che condividere con lui il palco per tutte le due o tre ore precedenti.
Quel 13 Novembre, era cominciato e finito il primo dei due concerti di Sapporo ed era una di quelle sere in cui non si poteva far a meno di pensare che il 2010 fosse stato un anno grandioso per il gruppo. E poteva solo migliorare, dato che c’era ancora un mese e mezzo carico di lavori grandiosi da portare a termine.
Man mano che i minuti passavano tutti sembravano sempre meno grintosi e più stanchi, con la tensione e l’adrenalina che scemavano. Cominciarono a spegnersi le luci, a chiudersi borsoni, i cavi venivano raccolti, i jack staccati. Quando il gruppo uscì dallo stadio, questo si era svuotato e nelle strade all’esterno non c’era più nessuno.
Qualcuno dello staff propose di andare a cercare un posto dove mangiare tutti insieme, vicino all’hotel. Molti si dissero entusiasti, altri invece erano troppo stanchi. Jun e Nino aderirono alla proposta, mentre Ohno e Aiba ebberp appena le forze di scuotere il capo. Sho si sarebbe messo a saltellare in giro come una scimmia tanta era ancora l’emozione e l’adrenalina che si sentiva in corpo. «Che ore sono?» domandò incerto
«Mezzanotte e mezza» rispose uno dei manager
«Come fa a sopportarti?» domandò Aiba con un risolino stanco mentre saliva sul pullman che li avrebbe portati in hotel. Ormai sapevano tutti che, finito un concerto, chiamava Erina e le parlava di quello che era successo finchè non aveva più fiato.
«Finalmente qualcuno che sa cosa dobbiamo patire» si aggiunse Nino dandogli una spallata scherzosa e prendendo posto in una delle prime file. Era ancora presto per essere un sabato sera, quindi Sho decise di chiamare Erina un poco più tardi, magari mentre gironzolava per le vie di Sapporo alla ricerca di un posto dove mangiare con il resto dello staff.
Al contrario di Osaka, a Sapporo avevano sempre pernottato in un hotel a pochi piani e non particolarmente lussuoso. Erano sempre stati lì in autunno, quindi era meglio un posto caldo e tranquillo, piuttosto che elegante e di classe. Lungo la strada dal Dome a lì aveva cominciato a nevicare, così tutti quanti andarono nelle loro stanze, chi per prepararsi al riposo, chi per cambiarsi solo le scarpe e uscire di nuovo. Sho ne approfittò per mettersi addosso del deodorante e cambiarsi rapidamente da capo a piedi, mutande comprese: durante i concerti gli sembrava di sudare con ogni poro del suo corpo, ma in quel momento non aveva tempo di farsi una doccia e mettersi degli indumenti puliti gli sembrò una buona alternativa se non voleva che la gente avesse orrore a stargli vicino.
Quando si ritrovò con gli altri era già l’una di notte, ma nessuno faceva caso all’orario. La maggior parte delle persone che lavoravano a quei concerti poteva svegliarsi a pranzo perché doveva lavorare di sera. E poi nello stadio era tutto già montato, quindi sarebbe bastato fare un po’ di prove nel pomeriggio per essere pronti a cominciare lo spettacolo dopo cena.
Sho si unì al nutrito gruppo che uscì nuovamente dall’hotel. «Già chiamata?» domandò Jun accostandosi a lui. A terra si era già posato almeno un centimetro di neve e quella che continuava a cadere era diventata più fitta, tanto da costringere tutti ad inclinare gli ombrelli se non volevano fiocchi di ghiaccio attaccati ai pantaloni.
«Non ancora» rispose scuotendo il capo, infilando le mani nelle tasche del giubbotto di pelle
«E cosa aspetti?» fece l’amico con gli occhi sgranati
«Come? Io pensavo di chiamare una volta trovato il locale» spiegò alzando lo sguardo su Jun, un po’ stranito da quel suo interesse. «Ordiniamo e faccio la chiamata mentre aspettiamo che arrivi da mangiare»
«Ma è l’una passata» si lamentò il ragazzo. «E nevica come se fossimo in Islanda. Chiamala ora» gli comandò con serietà
«Che ti prende?» chiese Sho con un sorriso divertito e incredulo. «Ti ha convinto Nino a dire una cosa del genere? Vuole sentire cosa ci diciamo, vero?» fece cercando l’altro con gli occhi
«Sono serio, non c’entra nulla Nino. Chiamala immediatamente» gli rispose l’amico.
Nino era una decina di metri più avanti, perso in un animata discussione con qualcuno dello staff; forse Jun non stava mentendo, ma perché insisteva tanto? «C’è qualcosa che mi sfugge?» chiese ancora Sho
«A parte il verbo “chiamare”, non ti sfugge nulla direi» gli rispose quello, scuotendo il capo. «Insomma, è sabato sera, ma magari Sheridan san è già tornata a casa. La vuoi sentire, no? Allora devi farlo prima che vada a dormire» cercò di spiegarsi, ma non era molto convincente. Era come se si stesse inventando quelle scuse sul momento.
«Va bene, la chiamo. Tanto sembra che abbiamo trovato dove andare» fece notare Sho quando raggiunsero i colleghi davanti all’entrata di un locale in una via tranquilla. «Dato che insisti molto, ordinerai tu per me e se quello che mi avrai preso non mi piacerà, te lo mangerai tutto tu» gli spiegò storcendo il naso
«Benissimo» accettò Jun e, senza aggiungere altro, entrò nel ristorante con gli altri.
Una volta solo, Sho chiamò il numero di Erina sperando che si svegliasse, nel caso in cui stesse già dormendo.
La prima volta che l’aveva chiamata dopo un concerto, l’aveva fatto perché aveva ancora adrenalina da scaricare, ma anche perché all’epoca aveva voluto fare qualcosa di particolare perché la ragazza intuisse che lui la pensava, che la riteneva una persona importante e speciale. Da allora era diventata un’usanza. L’aveva chiamata quasi sempre, anche se l’adrenalina non c’era più ed era stanco da morire. Una volta si era addormentato mentre parlava! Ed Erina, non solo aveva sempre risposto e ascoltato le sue spiegazioni confuse, ma non si era nemmeno arrabbiata quando lui era finito col russare al telefono.
In quelle settimane, Sho aveva potuto scoprire che lei era una fidanzata magnifica, anche più di quanto non avesse immaginato all’epoca dell’università. Sembrava avere una pazienza infinita, bastava che le cose le venissero dette ed era tranquilla: se lui doveva darle buca per un impegno improvviso, se si appisolava al telefono o se non si vedevano per molto. Non si era lamentata nemmeno una volta. Magari si era detta dispiaciuta, ma era stato chiaro fin da subito che non avrebbe mai fatto i capricci per avere la sua attenzione. Non avrebbe vissuto in sua attesa: era innamorata di lui e sarebbe stata elastica con orari, imprevisti dell’ultimo momento e assenze, ma non l’avrebbe rincorso. Se lei avrebbe sopportato quello strano rapporto, anche Sho avrebbe dovuto impegnarsi a tenerlo vivo. Cosa che teneva a fare in maniera particolare, soprattutto perchè Erina aveva un buon lavoro ed un’attiva vita sociale: conosceva tante persone da aver trovato sempre qualcuno che all’ultimo condividesse con lei quelle ore che aveva ritagliato per Sho che invece le aveva dato buca. Cosa gli assicurava che un giorno uno di questi tappabuchi non avrebbe infine preso il suo posto, vedendo Erina sempre sola?
No, Sho non l’avrebbe ceduta a nessuno. Non dopo tutti quegli anni e tutta la fatica fatta per arrivare a quel rapporto. E poi, dove avrebbe potuto trovare un’altra come lei?
Stava bene in sua compagnia, come con poche altre persone. Quando la incontrava, Erina sorrideva e chiacchierava come nulla fosse, come se lui non fosse quel Sakurai Sho, ma solo Sho kun, il vecchio compagno di università, un ragazzo qualsiasi. Il suo.

Alzò lo sguardo verso l’alto. Avrebbe voluto vederci le stelle e invece il cielo era coperto da una spessa coltre di nubi e fiocchi grossi come fogli di un blocco notes cadevano incessanti già da una trentina di minuti. Il suo ombrello era minuscolo, eppure Erina non poteva fare a meno di sorridere, anzi, avrebbe addirittura ridacchiato se non fosse sembrata una pazza anche a se stessa. La neve le piaceva un mondo!
Nonostante il freddo, era uscita dal ryokan dove alloggiava diretta verso il konbini più vicino. Un’ora prima aveva appoggiato la testa al cuscino, ma non era riuscita prendere sonno e Tomomi le aveva anche scritto una mail nonostante l’orario tardo.

Il: 2010/11/14 ore 00:47
Da: Tomo-rin-tan-ton♪
Com’è andato il concerto? Ti è piaciuto? Sakurai san ti ha visto?

Il: 2010/11/14 ore 00:50
A: Tomo-rin-tan-ton♪
Il concerto è andato bene♥ è stato divertentissimo e pensavo di essere tornata in camera distrutta, invece non riesco a prendere sonno. UFFA!!
Non penso che Sho kun mi abbia visto, sul palco hanno i fari puntati in faccia, non vedono quasi nulla del pubblico, a meno che non sappiamo di dover cercare qualcuno e lui non sapeva che ero lì.

Il: 2010/11/14 ore 00:52
Da: Tomo-rin-tan-ton♪
Scusa, non gli hai detto che sei lì? Ma che diavolo hai nel cervello?

Il: 2010/11/14 ore 00:57
A: Tomo-rin-tan-ton♪
Lui non è qui per vedere me o per divertirsi, deve lavorare. Prima dei concerti c’è un sacco da fare e dopo sono tutti stanchissimi. Non posso rompergli le scatole come una fidanzatina appiccicosa?

Il: 2010/11/14 ore 01:01
Da: Tomo-rin-tan-ton♪
Appiccicosa? Ma se non vi vedete da un mese!!
Fammi il favore di chiamarlo, piccola idiota, altrimenti giuro che ti pesto a sangue quando torni.

Erina però non era sicura che a mezzanotte Sho fosse già fuori dallo stadio, così aveva deciso di fare quattro passi nell’attesa, anche nella speranza che immergersi ancora nel gelo di Sapporo la stancasse del tutto. Solo una volta nell’ingresso, già vestita e pronta, aveva visto che fuori aveva cominciato a nevicare furiosamente. Ma ormai aveva voglia di prendere qualcosa al konbini, quindi aveva preso in prestito un ombrello dalla padrona del ryokan ed era uscita. Purtroppo quel suo riparo era vecchio e piccolo, non avrebbe retto molta neve, così, arrivata in vista della sua meta, aumentò il passo e decise che non sarebbe uscita da lì per un po’. Saltava il progetto di stancarsi con una passeggiata nel freddo, ma almeno avrebbe potuto parlare con Sho senza battere i denti!
Si inchinò verso la commessa, prese un caffè caldo e si mise a sfogliare una rivista, seduta sul tavolo lungo, addossato alla vetrina, ma riuscì a girare solo un paio di pagine prima che il cellulare le squillasse.
«Buona sera» salutò aprendo la comunicazione con un sorriso timido: alla fine l’aveva chiamata lui, come sempre, ma stava a lei fargli sapere che era lì.
«Ciao!» fece la voce stanca di Sho. «Tutto bene? Dormivi?»
«Tutto bene, non riuscivo a prendere sonno, quindi stai tranquillo» sorrise alzando gli occhi dalle pagine e fissando il paesaggio fuori. «Tu sei stanco?»
«Un sacco, ma sono felice». Lo diceva tutte le volte, era evidente che amasse il suo lavoro. «Sai di cosa abbiamo parlato oggi?» domandò
«Sì» gli spose annuendo
«Abbiamo… come?» fece per cominciare a raccontare, ma si bloccò quando realizzò qual era stata la risposta di Erina
«Ho detto “sì”: so di cosa avete parlato all’MC»
«E come? Aiba chan ha fatto la spia?» domandò incuriosito. Un lontano vociare e il rumore delle macchine le fece capire che Sho non doveva essere in hotel.
«Povero Aiba chan! No, è colpa di Tomomi» difese il suo ichiban abbassando la voce perché la commessa non la sentisse
«Nomura san? Era qui stasera e ti ha raccontato tutto? Non è che si è sentita con Jun? Sembrava impaziente che ti telefonassi» chiese stranito
«Vuoi vedere che Matsumoto san e Tomomi si sono coalizzati?» fece Erina pensierosa. «Non capivo come fosse possibile che lei avesse trovato un biglietto del concerto a prezzo stracciato e mi stesse regalando quello dell’aereo per Sapporo»
«Il biglietto!» esclamò Sho. «Matsujun aveva chiesto un biglietto in più da dare ad un suo amico. Che bugiardo! Eri tu? L’ha dato a te?»
«Indirettamente, sì. L’ha dato a Tomomi che ha finto di averlo comprato per regalarmelo» disse la ragazza cominciando a mettere insieme i pezzi. «Stasera ero lì, per quello so cosa avete detto» ammise
«Quindi non ti hanno raccontato cosa abbiamo detto, ma ci hai sentiti?» chiese Sho, sembrava incredulo
«Non te lo aspettavi vero? Stavo per chiamarti io stessa per dirtelo. Ti ho visto e sei stato grandioso. Anzi, siete stati grandiosi!»
«Sei a Sapporo?» domandò ancora il ragazzo. Nella sua voce non c’era alcun entusiasmo, era molto calmo.
«Sì. Fino a domani sera» rispose Erina stranita
«E cosa stiamo facendo al telefono?» chiese, indignato. «Vediamoci subito»
«Ma nevica»
«E tu pensi che mi interessi?» domandò ridacchiando.
«E non sei stanco?» insistette lei, preoccupata
«Ho tutto domani mattina per dormire. Hai altri dubbi o possiamo incontrarci?» fece divertito.
Era molto che lei e Sho non si vedevano. Ogni volta che lo incontrava, Erina era talmente contenta che dimenticava il tempo trascorso in sua assenza. Lui inoltre si impegnava per non farle sentire la distanza: poteva avere tutti gli impegni del mondo, ma non mancava mai di mandarle delle mail al mattino o alla sera, di chiamarla quando era libero e quando sapeva che non era ora d’ufficio per Erina. Così lei capiva che la pensava e percepiva il suo affetto anche da lontano. Non poteva essere diversamente se Sho aveva quelle piccole attenzioni nonostante tutto il lavoro da svolgere. Inoltre lei non aveva visto cambiare la sua vita molto radicalmente, quindi faceva volentieri qualche corsa da qualche parte quando la avvisava all’ultimo minuto di un suo momento libero.
Ci avevano messo molto, ma ora era libera di godersi la gentilezza e le dolci attenzioni di Sho, che con una naturalezza disarmante dimostrava di provare per lei lo stesso bruciante sentimento di anni prima.
Erina pagò il caffè, buttò la tazza nella spazzatura e uscì sotto la neve.

«Dove ti trovi?» chiese Sho staccandosi dal muro del locale. Poteva solo sperare che Jun, con tutte le macchinazioni fatte, avesse previsto che lui non sarebbe mai andato a cena, altrimenti avrebbe ordinato un piatto per nulla.
«Non conosco molto Sapporo, sono venuta in taxi dall’aeroporto a qui» si scusò Erina
«Allora cosa vedi?»
«Dunque, vedo un parco. Dalla mia parte c’è un edificio abbastanza alto di pachinko e… nevica» piagnucolò.
Effettivamente quella specie di tormenta non aiutava a guardare lontano. «Un parco? Mi sembra che ci sia un parco davanti al nostro hotel, magari quei due furboni hanno preso la tua stanza nella stessa zona. Vedi un hotel lì vicino? Con una scritta verticale in azzurro» spiegò cominciando a camminare rapidamente lungo il marciapiede. Non aveva l’ombrello quindi stava tutto ingobbito e con la testa bassa per evitare che la neve gli finisse negli occhi.
«Forse sì. Non ne sono sicura. Se c’è, dovrebbe essere dall’altra parte del parco»
«Vicino c’è un cartellone enorme di una pubblicità della Shiseido» ricordò sbucando nella via dell’hotel e guardando gli edifici vicini
«Ah sì, è lei!»
«Com’è che vedi la pubblicità e non la scritta?» ridacchiò Sho
«Vedo qualcosa di azzurro, ma non riesco a leggere se ci sia scritto “hotel”, mentre so benissimo come sono le ultime pubblicità della Shiseido che ci sono in giro: anche se quella non la leggo, mi ricordo l’immagine, da qui la intuisco» spiegò risentita
«Io non vedo la scritta del pachinko invece, ma se mi dici che siamo ai lati opposti, possiamo vederci nel parco» disse già attraversando la strada per avvicinarsi agli alberi spogli, carichi di neve
«Dici che siamo veramente così vicini?»
«Perché no?» scosse il capo, divertito. «Non sarebbe strano se quei due avessero pensato a tutto: l’ingresso al concerto, il biglietto del volo per te, Matsujun che poco fa insisteva per chiamarti»
«Tomomi mi ha minacciato via mail: se non ti avessi chiamato mi avrebbe picchiato una volta tornata a Tokyo. Era tutto calcolato!» realizzò Erina
«Quindi è praticamente sicuro. Siamo sui due lati opposti del parco» spiegò Sho cominciando a correre come poteva nella neve
«Ho dimenticato l’ombrello al konbini» disse la ragazza con un sospiro, però la sentiva respirare affannata, segno che si era messa a correre anche lei
«Io non ce l’ho proprio» rise il ragazzo avvistando la fontana al centro del parco, spenta e scura, appena illuminata dai lampioni, mezzo coperti di neve.
Vide arrivare Erina da dietro alcuni pini, con la sua stessa andatura rapida ma prudente, per evitare di cadere col sedere a terra. «C’è una fontana, tu la vedi?» gli chiese
«Non ancora, aspettami lì» le mentì guardandola che girava su se stessa per cercarlo.
Raccolse della neve tra le mani e rapidamente la schiacciò per farne una palla. Quando si raddrizzò, fece qualche passo silenzioso per avvicinarsi, poi prese accuratamente la mira e la lanciò.
«Presa!» esclamò nel cellulare quando la neve colpì Erina in mezzo alla schiena
«Ma che diavolo…» imprecò girando su se stessa e mettendosi una mano sulla schiena. «Malefico, questa me la paghi» borbottò prima di chiudere la comunicazione.
Sho la vide avvicinarsi alla fontana e raccogliere comodamente la neve sul bordo. Poi la giovane guardò nella direzione da dove era venuta la palla di neve e lo vide mentre cercava di svignarsela dall’altro lato della piazzetta. «Accidenti» boffonchiò aumentando il passo per correre dietro un albero, ma la mira di Erina era migliorata un pochino in quegli anni, oppure era stata molto fortunata, e riuscì a centrarlo sul fianco nonostante fosse in movimento.
«Preso! Ah, non ci provare!» urlò subito dopo Erina: Sho non si era fermato ma aveva raccolto subito una manciata di neve e l’aveva compressa senza fare una palla di neve perfetta per tirarla più rapidamente, ma lei aveva evitato il lancio spostandosi leggermente di lato.
«Sbaglio o sei diventata più brava con la neve, Erina san» l’apostrofò come faceva ancora ai tempi dell’università
«Oppure sei tu che sei peggiorato, Sakurai san» replicò lei allo stesso modo. «Vogliamo fare qualche altro lancio di prova? Tanto per vedere chi ha ragione»
«Fatti sotto!» esclamò guardando la sua figura vicina alla fontana attraverso la cortina di fiocchi che continuavano a cadere.

Non aveva nevicato abbastanza perché la battaglia potesse andare avanti a lungo, tra l’altro erano entrambi stanchi: avevano alle spalle un concerto e un viaggio fino a Sapporo. Negli ultimi lanci però, si erano entrambi avvicinati l’uno all’altra e alla fine, tra le risate, Sho si era lanciato su di lei e le aveva bloccato i polsi prima che potesse stringere tra le mani un'altra palla di neve.
«Beccata. Giù l’arma» la rimbeccò con un sorrisetto
«Vinci sempre tu, uffa» fece lei offesa aprendo il palmo della mano e facendo cadere la manciata di fiocchi bianchi che aveva appena fatto in tempo a raccogliere.
Il loro respiro si colorava di bianco nell’aria gelida, avevano le guance e il naso arrossati per il freddo, ma gli occhi accesi di felicità ora si guardavano come se intorno a loro non vi fosse altro. Tra i ricci sciolti di Erina e le ciocche scompigliate di Sho erano rimasti attaccati dei fiocchi di neve.
«E’ ufficiale, io sono sempre il più bravo e tu hai avuto solo fortuna» scherzò il ragazzo lasciandole andare i polsi
«Vero? Continuerò sempre a perdere contro di te» scosse il capo e infilò le mani gelate nelle tasche. «Però anche stavolta ci siamo dimenticati i guanti: che coppia di furboni!»
«Già» annuì Sho guardandosi le mani arrossate per il freddo. «Io mi sono addirittura involuto: stavolta non ho nemmeno qualcosa per scaldarmi»
«Involuto?» chiese scoppiando a ridere. «Vieni qui». Erina tirò fuori le mani dalle tasche e prese quelle di Sho intrecciando tra loro le dita. Schiacciati tra le palme delle mani c’erano due kairo usa-e-getta che si stavano gradualmente scaldando. «Ci ho pensato io» ammise abbassando lo sguardo imbarazzata. «Li ho presi prima di uscire dal konbini e venire qui, ho pensato fosse carino portartene uno. In ricordo di quel giorno, dico» spiegò piano. I fiocchi di neve che cadevano dal cielo erano diminuiti gradualmente, quella nevicata furiosa sembrava essersi spenta in fretta dopo poco più di un'ora. «A ben pensarci, forse non ti va di ricordarlo».
La presa delle mani di Shō si fece più forte e tirò indietro le braccia per attirarla verso di lui. Erina assecondò quella spinta e non ci fu più nulla a separarli: sentì il contatto con il suo corpo e il frusciare delle giacche una contro l’altra. Quella scena le risultò immediatamente familiare.
«Dammi un bel ricordo di questo momento e allora anche pensare a quell'altro lontano giorno di neve diventerà più dolce» le sussurrò con un sorriso.
La rossa lo guardò negli occhi, sopraffatta dalla tenerezza di quella richiesta. Si alzò in punta di piedi e fece ciò che una volta lei non si sarebbe mai sognata di fare, ma che l'uomo davanti a lei, all'epoca un ragazzino, aveva sperato ardentemente. Quella volta andò come lui voleva ed Erina baciò delicatamente le labbra di Sho, calde in quella notte invernale. Fu il bacio più casto che si erano mai dati fino a quel momento, ma fu anche uno dei più dolci. Quel lieve contatto, una dolce pressione sulle labbra l’uno dell’altra, era il riscatto di tutti gli errori e i fraintendimenti passati.
La neve aveva cessato di cadere, al suo posto era rimasto solo un lieve vento pungente. Entrambi rabbrividirono ed allontanarono i visi. Sho appoggiò la fronte alla sua elo vide con gli occhi ancora chiusi, mentre stringeva le labbra tra loro in un sorriso divertito e forse leggermente amaro.
«Tutto bene?» chiese con un filo di voce, preoccupata
«Sì, tutto bene» annuì lui. «Pensavo che hai torto»
«Su cosa?» domandò divertita
«Sono io, Eri: sono io che continuerò a perdere contro di te» le spiegò piano. «Avrebbe dovuto andare a finire così tanti, tanti anni fa. Ma tu non l'hai voluto e non c'è stato nulla. Ora è accaduto e sento come se avessi raggiunto un traguardo a lungo inseguito, ma solo perchè stavolta l'hai voluto anche tu»
«Detta così sembro una dispotica che può decidere se puoi o non puoi fare qualcosa» sussurrò fingendo stupore in quel bisbigliare complice
«No, semplicemente contro di te non posso nulla» disse sciogliendo la presa che aveva con le sue mani, lasciandole i due kairo per poter appoggiare le proprie sulle guance della giovane, prenderle il viso e far sì che lo guardasse negli occhi. «Non avrei mai fatto niente che tu non volessi. Io ero innamorato pazzo di te» le spiegò. «E lo sono ancora»
«Tu usi i verbi al tempo passato con una nota di tristezza nella voce» gli fece notare Erina, mettendogli ora le mani sulle sue, come intenzionata a non interrompere quel contatto. «E con allegria parli del presente» aggiunse, poi sorrise incoraggiante. «Ma passato e presente sono sicuramente connessi tra loro da un filo rosso che non riusciamo a vedere. Per questo devi cominciare a guardare con un sorriso a ciò che è stato, perché se hai tra le mani questo presente radioso è anche grazie a tutto quello che c’è stato prima» spiegò lentamente prima di scostargli qualche ciocca dalla fronte, in un gesto affettuoso e familiare. «Se il passato fosse stato diverso, il presente non sarebbe così com’è oggi. Pensiamo a questa connessione e pian piano riusciremo a guardare con più serenità agli errori di una volta: un giorno sicuramente ne rideremo addirittura» lo incoraggiò
«Un filo rosso… che pensiero romantico» ridacchiò divertito. «Questa frase te l’eri preparata, dì la verità»
«Non mi ero preparata proprio niente» disse mettendo il broncio e dandogli una pacca energica sul braccio. «Vattene a letto piccolo ingrato, devi riposare. Hai visto che ore sono?» lo sgridò risentita.
Non avrebbe voluto lasciarlo andare, si erano appena rivisti, ma avevano già corso parecchi rischi per quella sera (anche se era improbabile vi fossero stati paparazzi in giro per il parco con la tormenta di neve che era appena finita), ed Erina era perfettamente consapevole che, anche se non lo dava a vedere, Sho doveva essere distrutto.
«Hai ragione, si è fatto tardi. Se passi dall’hotel domani quando ti mando una mail, puoi venire a salutare tutti quanti. Non insospettiremo nessuno se diciamo che ti hanno mandato dall’ufficio di Tokyo» propose il ragazzo mettendo le mani nelle tasche
«Va bene, allora aspetto il tuo segnale» annuì sorridendo. «Prendine uno e vai a riposarti, ok? Buonanotte» gli disse in fine lasciandogli uno dei kairo in tasca.
Fece per allontanarsi, anche se controvoglia. Non era corretto dire che avrebbe sempre perso Sho, perchè forse non c'erano nè vicitori, nè vinti in quel rapporto: nessuno dei due avrebbe mai fatto qualcosa per ferire l'altro, costringerlo o metterlo in una posizione scomoda. Era convinta che quello fosse possibile solo quando in un rapporto c'era rispetto, oltre che amore.
Riuscì a fare appena due passi, quando Sho la prese per il braccio fermandola. «Eri» disse per richiamarla. Prima che si potesse girare a guardarlo, lui si abbassò per sussurrarle nell’orecchio, alzando addirittura la mano per proteggere quel messaggio, come se ci fosse qualcuno lì con loro che avrebbe potuto sentire. Ascoltò le uniche due parole appena bisbigliate con le quali Sho le accarezzò le orecchie, poi girò lo sguardo: lui si era già girato per allontanarsi, come vergognandosi di ciò che aveva detto e non avendo il coraggio di vedere la sua reazione.
Erina arrossì e tirò su con il naso. «Anch’io!» esclamò alzando la voce perché lui la sentisse nonostante la distanza che aveva già messo tra loro. Lo vide girarsi, imbarazzato e timoroso di non aver capito bene ciò che lei aveva detto. «Anch’io» ripeté annuendo. Si sorrisero impacciati, quindi Sho la salutò agitando la mano ed entrambi tornarono al proprio alloggio.

Non c’era distanza, di spazio o di tempo, che li avrebbe divisi perché ormai erano sicuri che c’era un filo rosso che collegava il loro passato e il loro presente, il mignolo dell’una a quello dell’altra. E non si sarebbe mai spezzato.


Ho iniziato a scrivere questa ff il 10 Ottobre del 2010 e avrei voluto concluderla prima dei 3 anni, ma questo capitolo mi ha fatto proprio penare. L'ho pensato per mesi quest'estate, ma era una versione che mi faceva schifo tutte le volte e mi rigiravo sotto le coperte con l'angoscia di non riuscire a pensare a nulla di più decente. E mi rifiutavo di scriverla, piuttosto avrei lasciato ancora in sospeso la ff, ma non quella schifezza.
Alla fine, 5 giorni fa, ho avuto un'idea migliore e ho cominciato a scrivere, ma più andavo avanti più capivo che sì, andava meglio, ma ancora non mi piaceva. Non volevo che fosse quella la conclusione. Stavo per finire di scrivere questo maledetto capitolo ed ecco... improvvisamente l'illuminazione che aspettavo da mesi. La conclusione che volevo. Due sere e ho concluso. Temevo di aver fatto tutto troppo in fretta e che la narrazione ne avesse risentito, quindi ringrazio Erika che mi ha dedicato qualche minuto per controllare che non ci fossero problemi di questo tipo (il suo commento è stato "sei un genio"... ho dubbi sulla vericità di tale affermazione, a quantomeno posso prenderla come una risposta positiva a quel che ho combinato con questo capitolo conclusivo).
C'è ancora la revisione in corso e ho due capitoli speciali da fare che avevo promesso tempo fa, è vero, ma almeno la storia principale è conclusa. Cercherò di darmi una mossa con la revisione, promesso ^^

Bene, eccoci qui alla fine di tutto.
E' stata lunghiiiiiiisssima (ma io vi avevo avvertito) ed è stato molto molto divertente.
Non riesco a dire altro se non a ringraziare tutte le persone che hanno cominciato a seguire la storia nel 2010 e ogni volta hanno seguito ogni capitolo e mi hanno sempre detto la loro. (le vostre pene sono finite)
Ringrazio anche chi ha letto i primi tempi e poi si è dileguato: beh, non è da tutti avere la pazienza di seguire così a lungo una storia, ma comunque grazie per il sostegno iniziale.
Ringrazio chi si è aggiunto durante il cammino, si è letto un po' di capitoli in una botta e poi ha atteso e ancora oggi resiste! (anche le vostre pene sono finite)
Ringrazio quelle quattro disgraziate che insieme a me si faranno la copia cartacea rilegata di questa ff XD è un progetto folle, ma mi sto divertendo a realizzarlo.
Ringrazio chi mi ha fatto da beta-reader anche se ha fatto solo qualche capitolo e poi ha mollato il colpo, ma su tutte c'è da ringraziare Geena che non hai mollato.
E la smetto qui perchè avrei tremila cose da dire, ma poi mi commuovo e voi invece vorrete leggervi il benedetto capitolo che, se non la smetto di ringraziare, non posto più. Scusatemiiiiii!! I love you!

RISULTATI DEL SONDAGGIO SU PERSONAGGIO (fa rima)(aggiornati al16 ottobre 2013)
1- Tomomi (20 punti)
2- Erina (18 Punti)
3- Kokoro (16 Punti)
Ying (15 punti)
Yunseo (14.5 punti)

P.S. la fic principale è conclusa, porterò avanti la revisione e nel frattempo pubblicherò di seguito a questo capitolo i capitoli extra sia vecchi (li ho tolti da dove stavano prima) che nuovi.

  
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