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Autore: OttoNoveTre    17/10/2013    5 recensioni
Fluffy era un coniglio morbidissimo, per quello aveva chiesto alla mamma di comprarglielo in negozio. Clara lo strinse meglio, perché Fluffy scacciava gli incubi.
Anche quella notte era passata tranquilla grazie al suo coniglio di peluche: i primi raggi del sole le arrivarono sul viso e sbatté gli occhi per scacciare il sonno.
Quando mise a fuoco l’ambiente, notò per prima cosa una massa di capelli neri.
Sbatté di nuovo gli occhi.
Una massa di capelli neri e più sotto una schiena nuda.
Doveva stare ancora sognando. Strinse più forte Fluffy contro di sé.
- Mmhh. – disse Fluffy. Peccato che il suo coniglio non aveva mai avuto un chip della voce. E lei non aveva più 8 anni e una cameretta.
Clara aprì gli occhi, del tutto sveglia.
Una massa di capelli neri, una schiena nuda tatuata, il suo braccio che cingeva quella schiena fino a… Fluffy.
Il Fluffy di destra.
Genere: Azione, Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Plutarch Heavensbee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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culo
Una notte da gheparde



A Dragana efp,
che ha come unico difetto l'essere minorenne, così non la posso insidiare.







Fluffy era un coniglio morbidissimo, per quello aveva chiesto alla mamma di comprarglielo in negozio. Clara lo strinse meglio, perché Fluffy scacciava gli incubi.
Anche quella notte era passata tranquilla grazie al suo coniglio di peluche: i primi raggi del sole le arrivarono sul viso e sbatté gli occhi per scacciare il sonno.
Quando mise a fuoco l’ambiente, notò per prima cosa una massa di capelli neri.
Sbatté di nuovo gli occhi.
Una massa di capelli neri e più sotto una schiena nuda.
Doveva stare ancora sognando. Strinse più forte Fluffy contro di sé.
- Mmhh. – disse Fluffy. Peccato che il suo coniglio non aveva mai avuto un chip della voce. E lei non aveva più 8 anni e una cameretta.
Clara aprì gli occhi, del tutto sveglia.
Una massa di capelli neri, una schiena nuda tatuata, il suo braccio che cingeva quella schiena fino a… Fluffy.
Il Fluffy di destra.
La massa di capelli neri si girò supina.
- Whyte?
- Martell?
- WHYTE!
- MARTELL!
Ci sono molti modi in cui la tua testa associa un nome a una persona: era Vero, null'altro che Vero, al mattino, diritta nella sua statura di un metro e cinquantotto, prima che cominciassero a girare i programmi degli Hunger Games. Era Veronica durante le interviste. Era Very o Nikky sulle riviste per le quattordicenni, in cui dovevano fingere di parlare come delle cretine. Era Veronica Patrizia sulla linea punteggiata dei documenti (l’aveva sbirciato una volta sulla carta di identità, assieme alla vera data di nascita, che aveva poi giurato di non rivelare nemmeno se l’avessero torturata nelle prigioni governative). Ora, tra le sue braccia, era solamente Martell.
E a quanto pareva lei era: - Whyte… – detto la terza volta con un tono che era passato dal “impossibile!” al “altamente improbabile, ma sta succedendo”. Passarono poi una decina di secondi di silenzio, durante i quali si sentiva solamente lo scroscio di una fontanella a forma di delfino.
- Aspetta, una delle due adesso guarderà sotto le lenzuola e dirà all’altra se siamo del tutto nude o in topless artistico da calendario.
- Whyte, - sottinteso “povera, dolce e tenera figlia dell’estate,” - diciamoci la verità, quanto credi possa essere probabile che abbiamo ancora qualche vestito addosso, se non ci ricordiamo nemmeno perché siamo… a proposito, questa non è casa mia.
E nemmeno era casa sua, a meno che nella notte appena trascorsa non avesse accettato di farla riarredare da qualche architetto di tendenza: erano in un gigantesco letto tondo in una ancora più gigantesca stanza d’albergo. Dalla porta aperta del bagno si intravedevano i resti di un idromassaggio movimentato, sul pavimento era sparso l’indicibile, mentre sul lampadario Clara ritrovò le mutande che, a quel punto, rendevano superfluo spostare le lenzuola. Si premette le mani sulle tempie per scacciare un persistente e fastidioso mal di testa da dopo sbornia, passato in secondo piano per la sorpresa. Nonostante si sforzasse di mettere a fuoco scene della sera prima, la sua testa restituiva uno schermo nero e vuoto.
- Senti, - Veronica si era alzata dal letto avvolgendosi col lenzuolo, - io vado a farmi una doccia, poi vediamo quanto lasciare di mancia alla cameriera. E devo ritrovare la mia agenda, non ho idea di che giorno sia e per quel che ne so potrei essere in ritardo per qualche ripresa.
Giusto, che giorno era? Clara guardò se il suo tablet era sul comodino accanto al letto, dove lo metteva di solito. Non fu troppo sorpresa di non trovarlo. Al suo posto, c’erano una bottiglia vuota di vino e un avanzo di hamburger con una strana salsina arancione striata di viola.
Nel casino, però, risaltava un indumento di stoffa nera, ripiegato con cura e messo in modo che si notasse. Clara lo sollevò e, spiegandolo, vide che si trattava di un tanga da uomo. Il filo infrachiappe era punteggiato di brillantini neri, mentre il davanti aveva un inserto in pelle, su cui qualcuno aveva scritto col rossetto: “Serata folle! Richiamatemi, Terry” seguito da un numero di telefono.
- Martell! Ho trovato un indizio, forse. Martell?
Dal bagno non si sentiva nessun rumore di rimessa in sesto. Clara si alzò e fece lo slalom tra i resti sul pavimento, spalancò la porta del bagno e si trovò ancora davanti, come prima sul letto, alla schiena nuda di Veronica.
- Martell? Veronica? Che cosa…
Oltre la schiena, accoccolato sul davanzale dell’enorme vetrata panoramica, c’era uno splendido esemplare di ghepardo. Veronica aveva spremuto un intero tubetto di dentifricio, il cui serpentello verde ora le decorava la mano e il pavimento ai suoi piedi. Fissava il ghepardo negli occhi come se il micione l’avesse ipnotizzata.
Il ghepardo ringhiò.
Clara afferrò Veronica per una spalla e la buttò sul tappeto del salotto. Si chiuse la porta del bagno alle spalle, le mani sudate scivolavano sulla maniglia e sulla chiave, ma alla fine sentì il clock di sollievo, e la porta era chiusa.

- No, proprio non posso venire. Professionalità! Osa ancora parlarmi di professionalità e qualcuno agli studi potrebbe ricordarsi che non hai suonato tre anni al conservatorio di donna Cecilia, dopo gli anni della rivoluzione. Al massimo, se mi sentirò meglio, arriverò al lavoro nel pomeriggio.
Veronica aveva recuperato portamento e dignità, con l’aiuto di una consegna sartoriale espressa e di un paio di occhiali a specchio. Il suo telefono era sotto al letto (uno sfoggio di modestia notevole, dato che quello di Clara era avvolto in una maglietta retata, il tutto ficcato dentro un cappello da cowboy, usato poi a mo’ di copri-pacco su una riproduzione a grandezza naturale del David). Clara stava scorrendo le chiamate della sera precedente, in cerca di indizi.
- Verso le nove ho chiamato casa, alle dieci il tecnico per l’impianto fotovoltaico. Ecco, telefonata successiva al… pronto soccorso.
- Perfetto, qualcuno di sano per forza che si ricorderà di quello che abbiamo fatto.
- Poi potremmo cercare anche di chiamare questo tale Terry.
- Giusto, l’uomo che scrive col rossetto su un tanga di pelle. Non so come mai ma credo che un dottore sia una persona più affidabile, forse è un’impressione mia. Te la senti di guidare?
- Non mi sento nemmeno di sapere se esiste ancora e come è conciata la mia macchina. – in mezzo alla nebbia, comparve a Clara una prima scena nitida. - Giusto! Ieri sera abbiamo usato la mia macchina.
Veronica si voltò verso l’ingresso dell’hotel, poi controllò l’orologio. - Lo sapremo presto, ho trovato la ricevuta in tasca e ce la portano all’ingresso tra cinque minuti.
Clara finì il suo succo con cachet di antidolorifici e radunò la sua roba, cercando di autoconvincersi.
In fondo è un modello vecchio, lo avrei cambiato tra poco con uno in grado di reggere le lunghe distanze. Poi il colore mi sta venendo un po’ a noia. Peccato però perché i dadi di peluche attaccati allo specchietto retrovisore sono carini, e anche gli interni in pelle di tigre albina non… - Eh?
- La vostra macchina, signore. – il facchino dell’hotel aveva parcheggiato davanti a loro una gigantesca cabrio color bianco, interni in tigre albina, dadi sullo specchietto, ruote cromate, targata IMPERATOR001. Il portachiavi era a forma di palla 8 da biliardo. Clara si ricordava del modello prerivoluzione di quella marca, con piscina incorporata. Bloccavano il traffico per ore, alle volte.
- Questa non è la mia macchina.
- Che ne sai, magari stanotte abbiamo partecipato a “Extreme makeover, car edition” e non ce ne ricordiamo, – Veronica era già saltata nel posto accanto al guidatore, sistemandosi un foulard in testa. – Basta che non ci sia un cadavere nel bagagliaio.
Si guardarono, improvvisamente gelide e pallide. Corsero al bagagliaio
- Whyte, qui ci sono dei fori di proiettile.
- Non potrebbero essere ammaccature molto profonde?
- No, non potrebbero.
Clara poggiò il dito sulla serratura. Inspirarono all’unisono, lei aprì di scatto.
Vuoto.
Tirarono sempre all’unisono un sospiro di sollievo, almeno fino a quando Clara non notò una linea che demarcava due zone di colore leggermente diverso, sul fondo. Era stata troppo tempo con i contrabbandieri del Distretto 7 per ignorare un doppio fondo.
- Qui si può aprire.
- Si può, non si deve. – puntualizzò Veronica.
- In fondo la macchina non è mia.
- Va bene, apri! Io le arance in prigione non te le porto, sappilo.
Clara trovò il punto in cui poteva sollevare il coperchio del doppio fondo. Sollevò un centimetro e ci sbirciò attraverso. Non si sentiva puzza di sangue o di cadavere, ottimo. Aprì ancora un po’, e anche il doppio fondo si rivelò vuoto.
- Ok, all’ospedale ne approfitterò anche per fare un check-up al cuore, non credo di poter resistere un’altra ora in questa giornata.

- “Dare un’occhiata nel registro dei ricoverati”, state scherzando? Ieri notte avete dato spettacolo, si ricordano tutti di voi.
Il dottor Bradshaw (così diceva il cartellino sulla divisa) buttò nel cestino un paio di guanti usa e getta e tirò fuori una cartella clinica. – Benny poi era particolarmente eccitato, sa signorina Whyte, è un fan dei suoi film per adulti.
- I miei… io non ho mai…
- Oh per piacere! – Veronica la interruppe. – Non è il momento di sapere chi ha fatto cosa e come. Dottore, in che senso abbiamo fatto spettacolo?
Bradshaw non era molto bravo a celare le risatine sotto i baffi.
- La malata era lei, signora Martell: una leggera slogatura alla gamba e un sempre leggero trauma cranico. Lei era molto di supporto, signora Whyte, non faceva altro che ridere.
- Questa me la segno.
- Adesso lascia stare tu. E poi, dottore, si ricorda di qualcosa in particolare che abbiamo detto o fatto?
- Intanto siete arrivate in bikini e parecchio allegre. Sapete, io lavoro qui da 40 anni, per un momento mi era parso di ritornare ai tempi gloriosi pre-ribellione: lavande gastriche, coma etilici, gente con infilato l’inverosimile in tutti gli orifizi esistenti… No, voi non avevate fatto nulla del genere – aggiunse in fretta il dottore nel vedere le loro facce atterrite. – Poi, quando la signora Martell è tornata in grado di parlare, è scoppiata in lacrime. Ha detto che aveva capito il senso della vita e che non avrebbe permesso che le portassero via le persone importanti. Credo che le abbia chiesto di sposarla, signora Whyte.
- CHE COSA AVREI FATTO?
- Sul serio, non ho mai visto una cosa così commovente. A parte prima della ribellione, che tempi quelli, non è più così… Ehi, Plinio! – il dottore fermò un collega sul corridoio, - Tu hai registrato tutto col telefonino, giusto?
- Certo! E chi se la vuole dimenticare una scena così.
Il tale dottor Plinio tolse di tasca lo smartphone e pigiò il touch screen qualche volta.
- Ecco qui.
Bikini era un eufemismo: Veronica aveva solo un tanga, coperto da una gonna fatta di fili di perline, sopra i tacchi a spillo. Anche la fascia sul seno era dello stesso materiale coprente e sobrio della gonna. Clara, che le teneva la mano con amore, aveva un gilet di pelle finto-muccata, due copricapezzoli a forma di stella da sceriffo, jeans “taglio Gallia”, cinturone di proiettili e stivali da cowboy.
- Sei tutta la mia vita, – la voce di Veronica uscì dagli altoparlanti, - ti prego, sposami e corriamo assieme verso l’orizzonte, come l’appassionata Dorothy e il tenebroso Terence. Però tu fai il tenebroso Terence.
La piccola Clara strafatta emise un grido di gioia, prese in braccio Veronica direttamente dal letto e andò verso il corridoio, aiutata da un uomo muscoloso e tatuato.
- Aspetta, fermi tutti, quello non è un infermiere. – Veronica bloccò l’ultimo pezzo del filmato sullo schermo.
- Quello? Non che a molte delle ragazze dispiacerebbe che uno del genere lavorasse qui. Comunque credevo lo conosceste, continuavate a portarlo con voi e a chiamarlo Terry Bel Culo o variazioni sul tema. – decisamente il dottor Bradshaw non riusciva a mantenere un’aria professionale.
Clara tirò fuori dalla borsetta il tanga di pelle: - Terry, dev’essere lui. Martell, dobbiamo trovarlo, forse lui si ricorda cosa abbiamo fatto prima. Ah, dottore, so che può sembrare una domanda stupida, ma con che macchina siamo arrivate qui?
- Una vistosa e gigantesca cabrio bianca, la stessa accanto a cui vi stanno aspettando due tizi, adesso, nel parcheggio.
- Eh?
- Guardate voi stesse.
Dalla finestra del corridoio si vedeva il punto dove avevano parcheggiato il transatlantico-macchina: davanti c’erano due uomini di carnagione scura che fumavano una sigaretta e aspettavano.
- Bene, forse loro sanno dov’è la mia macchina.
- Whyte, - sottinteso “con chi mi tocca accompagnarmi con la versione femminile di Big Jim” – ti ricordi la decorazione a forma di fori di proiettile sul bagagliaio? Ricordi?
- Mi piacerebbe ricordare, e forse quei tipi lì fuori ci aiuteranno a capire cos’è successo. Che ne sai dei fori, potevano già esserci, potrebbe averceli fatti la polizia, potremmo averli procurati noi.
- Whyte, – “ti hanno fatto un trapianto di cervello e te l’hanno sostituito con quello di Odette Buttercup” – ora chiederemo al dottore se nell’ospedale c’è un’uscita sul retro, in modo da non dover incontrare quei… - fu interrotta dal cellulare che squillava. Clara, Veronica e i due dottori fissarono lo schermo: la chiamata partiva da un numero sconosciuto.
- …pronto?
- Señora Veronica Martell? La aspettiamo assieme alla sua amica nel parcheggio. Non provate a fare le furbe. – chiamata finita.
Il dottor Caloggero in sala operatoria, il dottor Caloggero in sala operatoria
L’altoparlante gracchiante commentò per primo la fine della telefonata. Il dottor Bradshaw contribuì ad allentare la tensione chiamando un altro dei reparti: - Chirurgia? Tenetevi pronti per eventuali ferite da arma da fuoco. Che c’è, mica ho chiamato l’obitorio! – fu la sua risposta agli sguardi omicidi di Clara e Veronica.
Scesero in ascensore, accompagnate dalla Primavera di Vivaldi che, nello stato d’animo in cui erano, evocava immagini di stormi di corvi che arrivavano a devastare i nuovi germogli.
Varcarono le porte scorrevoli dell’ospedale con lo stesso animo con cui avrebbero varcato quelle delle prigioni di Snow (Clara se le era sempre immaginati come due portoni di legno massiccio, azionati da un meccanismo poco oliato che cigolava sinistro ogni volta). I due tizi vicino all’auto gettarono a terra le sigarette e le schiacciarono con la punta delle scarpe lucide.
- Martell, non so se le noi stesse di ieri notte abbiano poi coronato il loro sogno d’amore, ma voglio dirti che sarebbe un onore morire quest’oggi sposata con te.
- Mi pare una bella cosa.
Parlò per primo un tizio alto e massiccio, quel massiccio che si ottiene con una sana colazione e qualche ora di tauromachia giornaliera: - Señoras, è un piacere incontrarvi di persona. Crediamo che tra voi e il nostro datore di lavoro ci sia stato un piccolissimo malinteso, dico bene Juan?
L’altro annuì. Aveva la faccia di quello che parlava poco e sparava molto.
- Esatto, uno spiacevolissimo malinteso! – Clara, avanti, sei sopravvissuta a una fuga rocambolesca e alla guerriglia nei boschi, non vorrai farti mettere i piedi in testa da due delinquentelli del sud qualsiasi. – Quindi adesso potete riprendere la vostra macchina e farci arrivare il conto del meccanico.
- No.
- No cosa? Preferite una macchina nuova? Ci vorrà qualche giorno per averla personalizzata uguale, ma potremmo…
- No, Claritabene, Clara, è ovvio che tu in tutto questo trovi sexy l’accento dell’uomo che ti vuole ammazzare, proprio molto sensato. – vogliamo sapere cosa avete fatto a Diego.
- A… Diego? Aspettate, – un fioco barlume di speranza si intravedeva alla fine del tunnel – per caso Diego è un ghepardo?
Il tipo si accese un’altra sigaretta. – Ti è andata male.
- Sentite, – Veronica tirò fuori la sua voce più ragionevole e affascinante – sembra pazzesco, ma non ci ricordiamo nulla di cosa sia successo ieri notte. Non sappiamo dove eravamo noi, figuriamoci dov’è questo Diego. Ma se ci deste un pochino di tempo…
I due si guardarono, poi Juan sfoderò in un lampo una pistola.
- Adesso mi giuri davanti a Juanita che state dicendo la verità.
Clara si stupì di essere ancora capace di parlare, anche se erano dal lato sbagliato della canna. - Lo giuriamo! Siamo venute qui in ospedale perché non ci ricordavamo nulla e adesso siamo un passo avanti ma dobbiamo recuperare – strinse le mani, e facendolo si accorse che stringeva ancora nella destra il perizoma di pelle. – dobbiamo recuperare una persona che ci accompagnava, forse lui sa dove è finito Diego.
- Bene, niña. Avete 24 ore di tempo per ritrovarlo, altrimenti… Juan.
Juan parlava molto poco perché preferiva far cantare le pistole e, ora, l’enorme machete che si portava appresso. In quel caso, mimando una gola sgozzata.
I due uomini partirono sulla macchina transatlantico, lasciandole sole nel parcheggio. Clara guardò la nuvoletta di polvere che si allontanava, poi le mutande nere che stringeva in mano. Tirò fuori il telefono.
- Sta squillando.
- Pronto? – era la voce di una donna. Clara mise in vivavoce.
- Ehm, Terry?
- No, il signor Terence è uscito e ha lasciato il cellulare a casa, sono la babysitter.
- Ah, salve signora. Ci chiedevamo, non è che possiamo passare a casa vostra un momento? Sa, potrebbe aver dimenticato lì qualcosa, qualcuno…
- Ah, ma sì, il signor Terence prima di uscire mi aveva parlato di due ragazze che dovevano telefonare! Passate pure, la cartelletta è qui, immaginavo che foste preoccupate. Aspettate, se avete da scrivere vi do l’indirizzo esatto.
- Non credo che una cartelletta, per quanto importante, si possa chiamare Diego.
- Potrebbe avere altri indizi per noi, però.
- Ci siete?
- Sì signora, dica pure.

La casa del misterioso Terry-Terence era un modesto appartamento in periferia. Erano state fatte accomodare su un divano azzurrino, e ora stavano bevendo succo e mangiando sandwich, guardando le foto di un matrimonio improbabile, il tutto con un bimbo molto carino che le fissava incuriosito.
- Il mio papà è stato il vostro testimone, è una cosa importante vero?
- Eh, certo Julian.
La cartelletta aveva svelato un mondo di kitsch e di amore. Avevano deciso di sposarsi in una chiesetta psichedelica, in cui tutto era a forma di cuore o di colomba. Clara si era vestita in smoking viola luccicante (Veronica giurava di averlo visto addosso a Caesar, in una edizione dei giochi), Veronica aveva optato per il bianco e sembrava un’enorme meringa (“La prova definitiva che eravamo strafatte, figurati se sceglievo un vestito del genere da cosciente”). Il loro testimone, Terry, aveva optato per uno stile più spartano. Nel senso che era vestito da oplita. Completava il quadro il celebrante vestito da Orsetto del Cuore, che chiudeva l’album in una foto accompagnata da un fumetto, in cui sentenziava “L’amore non è triangolo, è circhiolo”.
- Il mio papà fa l’attore e il cantante, è per quello che è così bello. Vuoi un altro panino al prosciutto, signorina Veronica?
- Oh grazie, Julian, che carino. E dimmi, a che ora tornerà il tuo papà dal lavoro?
- Figuriamoci, è uscito un’ora fa. – la babysitter, una signora di mezza età, tornò dentro la stanza con altri succhi. – Fate prima ad andare direttamente dove lavora, di sicuro dopo lo spettacolo potrà parlarvi un attimo.
- Però è strano, se lavora agli studi televisivi avremmo dovuto incrociarlo qualche volta.
La babysitter guardò Clara con la faccia da “per sul serio?” – Come la posso mettere… Il signor Terence è un attore di teatro, fa spettacoli e performance dal vivo in un club di grande classe. Julian, puoi andare un attimo in cucina? Ho dimenticato di là i biscotti al cioccolato, magari le signorine ne vogliono uno. Bene, - proseguì una volta che il bambino fu uscito, - ora vi faccio vedere dov’è esattamente. Scusate, ma il signor Terence non vuole che il figlio conosca nemmeno l’indirizzo del posto dove lavora. È qui, in una traversa di Freedom Avenue. C’è vicino quella grossa discoteca a tema robotico, non so se ci siete mai state.
Clara si prese la testa fra le mani: le era balenata in testa l’immagine di un tavolino, musica martellante e lei e Veronica che bevevano alla goccia un cocktail blu, mentre una cameriera-androide passava loro accanto.
- Forse ho presente il posto.
- Perfetto, è proprio di fronte, accanto all’Hard Cock Cafè.

***

BLACK ORANGE


- No beh, promettente. Di classe, soprattutto.
Il club dove Terence faceva le sue “performance” era un cubo nero in stile minimal. Ogni tanto, sulle pareti, compariva un tondo di colore arancione. Tutto molto chic, se non fosse stato per l’host all’ingresso, un uomo muscoloso e del tutto depilato, vestito solamente con pantaloni neri di pelle e il tondo arancione sopra il pacco.
- Bentornate, signore! Che follie ieri, eh?
- Ah, eh sì, siamo proprio pazzerelle alle volte.
Entrarono nel locale centrale e si sedettero a un tavolino appartato. C’era una passerella che attraversava tutto il locale e finiva in un palco, addobbato nell’imitazione di una caserma di pompieri.
- Secondo te recitano Brecht? O le tragedie di Euripide?
- Ifigenia in Cùlide, forse.
- Martell, hai fatto cadere un giglio.
- Qualcosa da bere, signore? - Clara sentì un'oppressione alla nuca. Si voltò per sbattere il naso contro un vistoso pacco, contenuto da tanga di pelle e borchie. - Ah, ottimo gusto! Ma per quello è meglio aspettare ore più tarde, no? - e il proprietario del pacco ammiccò.
- Per ora due bicchieri di champagne, per piacere.
- Ogni vostro desiderio è un ordine, vengo subito. - il cameriere si allontanò sculettando tra i tavoli.
- Comincio a provare un certo affetto per Julian e per suo padre.
Si abbassarono le luci in tutto il locale.
- Chi è pronto ad andare a fuoco, staseraaaaaaaaaaa? – una voce profonda e sensuale uscì dagli altoparlanti, sostituita subito dopo da una musica martellante. La parete dietro al palco prese fuoco in mille luci rosse e arancioni, poi si spalancarono le quinte. Il primo uomo che uscì teneva in mano una grossa pompa.
- Non so te, io sono estasiata.

Lo spettacolo finì molte ore e molto degrado umano più tardi. Solo allora ottennero il permesso di andare dietro ai camerini per parlare con Terry, la star della serata. Lo trovarono nel camerino comune, vestito ancora come nell'ultimo numero ( Il re della foresta sai chi è, un leone Maschio come me). Era un bel ragazzo, con la faccia pulita si sarebbe detto semplicemente un appassionato di sport. A Clara non era sfuggito come Veronica guardasse con ammirazione il tatuaggio che aveva sul petto e sul braccio. In effetti guardava con ammirazione anche la superficie sopra cui stava il tatuaggio.
- Ragazze! Vi vedo in forma. Mi sono sentito un po' in colpa a lasciarvi da sole, stamattina, ma avevo promesso a Julian di accompagnarlo a scuola e sono dovuto andare. Beh, era da tempo che non passavo una nottata del genere, direi da prima...
- ...da prima della ribellione. E sai qual è la cosa buffa? Che noi non ci ricordiamo assolutamente nulla. Ecco, esattamente cosa abbiamo fatto qui? Voglio dire, ci siamo spogliate, abbiamo fatto altre cose strane tipo quella tipa con la panna?
- Ecco, - Terry era visibilmente in imbarazzo, strano contrasto con il gonnellino tigrato che era il suo unico indumento, - se vi foste spogliate più di come siete arrivate, sareste state nude.
- Quante volte oggi ho già detto "fantastico"? Comunque, fantastico. E poi?
- Poi siete venute nei camerini. - il doppio senso cadde come un macigno sopra le loro teste. - Nel senso, ci siamo rivisti qui, dove siamo adesso. Mi avete costretto a seguirvi in giro per la città. Tu - indicò Clara - guidavi come un'invasata. Ero ubriaco anche io, ma ho avuto seriamente paura. Siamo andati a bere in giro, fino a quando Veronica non ha voluto spiegare a un barista che lei aveva fatto danza classica. La spaccata ti è venuta nonostante i tacchi a spillo, peccato per l'alcol che ha peggiorato l'equilibrio. Beh, siamo corsi all'ospedale, per fortuna non era nulla di che e ce la siamo cavata in qualche ora. Ah, ma poi c'è stato il matrimonio, è vero. Anzi, ancora congratulazioni, è stato emozionante, quasi commovente.
- Proprio.
- Lì tu, Veronica, hai detto che sarei stato il "pacco sorpresa" della vostra prima notte di nozze, quindi hai telefonato prenotando la suite del Caesar Palace. A un certo punto siamo passati davanti allo zoo, e allora, Clara, tu hai inchiodato di colpo e cominciato a parlare di una missione, di dover salvare una tua cara amica. Però "dovevate organizzarvi in modo segretissimo" hai detto. E anche una cosa tipo "lasciate fare a me, una volta ho inculato dei Pacificatori e Snow mi fa una sega". Fatto sta che mi avete accompagnato all'albergo e poi siete sparite di nuovo per qualche ora. Poi, beh, ci siamo divertiti, no?
- Divertiti nel senso che abbiamo bevuto assieme nella suite, giusto? - Clara provò ad accompagnare la frase con una risata, ricevuta con imbarazzo da Terry e con uno sbuffo da Veronica.
- Whyte, non fare la timidina che qui tutti sanno che film hai fatto.
- Quante volte deve venire fuori questa storia, per oggi? Io non ho mai...
- Mi hai chiesto di chiamarti "la tua gheparda" - Terry lo disse in poco più che un sussurro. - Però devo dire che non passavo una serata così piacevole da tempo. - aggiunse come pezza.
Mentre Clara sprofondava nel divano del camerino, Veronica proseguì più spiccia: - E non abbiamo in nessun punto della serata parlato, nominato o ucciso e fatto a pezzi un certo Diego?
Terry riflettè per un attimo, poi scosse la testa. - Non che io ricordi, no.

***

- E’ una missione impossibile! - erano uscite dal Black Orange, salutando Terry e promettendo che si sarebbero rivisti per ridere assieme di quella serata. Clara rimuginava sul se ci sarebbe stata una serata per ridere di tutto, dati i due amici con le pistole. Si stavano sfogando con patatine e kebab in posto untissimo. Veronica si ripulì il mento dalla salsa allo yogurt.
- Ci vorrebbe, che ne so, un immenso database in cui qualcuno registra ogni nostro singolo movimento.
- Cosa hai detto? – Clara posò con violenza la birra sul tavolino, facendola tracimare sulla plastica del tavolo. Alle parole di Veronica, aveva sentito lungo la schiena un brivido di avvertimento, con cui il suo corpo aveva già tentato altre volte di avvertirla prima che prendesse decisioni fatali. Veronica non fece caso allo scatto e continuò:
- Ipotizzavo un nostro superstalker, a parte ovviamente i simpaticoni che vogliono ammazzarci.
Non guardare Topolino nello specchio, Clara.
Non lasciare che si diffondano le voci su una tua presunta carriera nel mondo del porno, Clara.
Non accettare senza battere ciglio i costumi di Gallia, Clara.
Non nominare Tigris davanti alla nipote dello Stratega Supremo, Clara.
A questo punto è chiaro che tu farai comunque le tue cazzate nonostante me, Clara. Quindi vai, dì alla Martell dell’esistenza di quell’individuo.
- Senti, io forse so chi potrebbe avere altre informazioni sui nostri spostamenti della notte scorsa.
- E ti svegli solo adesso? Chiamalo!
Ecco, era già pentita di avere parlato.
- Ma tu sei sicura, sicura sicura di non avere altre indizi?
- Ovvio che no! Cosa dovrei fare, metterti in difficoltà come se fossimo nell’arena degli enigmi di Bebe? Allora, fuori il nome.
Clara tirò fuori il telefono e fece scorrere i numeri in rubrica. Trovato quello che cercava, esitò con il dito fermo in aria.
- Allora, come si chiama?
- Non lo so, l’ho salvato con un soprannome, non con il suo nome vero.
- E sentiamo, quale sarebbe questo soprannome?
*FLASHBACK!*
Anno 69 dopo la ribellione del distretto 13, quindicesima edizione del Capitol Comics and Games, finale della gara di cosplay “Le Accompagnatrici”. Ospite d’onore e giudice, Clara Whyte.
- La ragazzina che ha portato il vestito di Lucretia a me è piaciuta più di tutte. Non so ancora quanto tempo abbia speso dietro allo strascico piumato con gli strass. A me sembrava che avesse rubato quello vero…
- Non sono d’accordo.
La voce arriva quasi meccanica, arrochita, trasuda sgradevolezza. Ha parlato una figura all’estremo opposto del tavolo, poco più di una sagoma nera su cui hanno brillato per un attimo le lenti degli occhiali. In un mondo dove l’operazione chirurgica per correggere la vista la fanno in day hospital, solamente le segretarie dei film porno e i maniaci portano ancora gli occhiali, e Clara non vede peni in erezione da nessuna parte.
- Il vestito della Borgia è stato riprodotto dal giorno dopo la trasmissione da almeno 10 siti di e-commerce a basso costo. Niente di più facile acquistare l’impalcatura e migliorarne l’aspetto con delle piume, tra l’altro di scarsa qualità. Davvero nessuno a parte me ha notato come il colore fosse meno vivido sulla cannuccia centrale? Segno che la piuma è un’imitazione di plastica e non è autentica. – il maniaco parla strusciando le mani tra loro, e più le struscia più emette una specie di pasta viscida che si impiastriccia sulle dita. Non è sudore, perché il sudore non è così denso. Forse è un ibrido. – Credo che lo spirito del concorso sia stato interpretato al meglio dal concorrente 24, che ha presentato un cosplay crossgender AU, o se preferite What If, del costume di Selina Mockingbird, con delle sfumature psychopunk che ho apprezzato moltissimo, dato che parliamo dell’accompagnatrice del distretto 3. Era il bozzetto scartato del vestito per la Mietitura, e per inciso ancora non mi spiego come mai sia stato scartato in favore dell’altro, se non perché pare che Selina avesse scoperto della gravidanza proprio in quei giorni, e tre centimetri sono troppi da aggiungere in una giornata, quando il tuo vestito è fatto di componenti metalliche…
Clara annuisce, anche se riesce a pensare solamente al fatto che, alla fine della gara, dovrà stringere quella mano cosparsa di muco, sperando che non la corroda.
*FINE FLASHBACK!*
 - “Il Folle, non rispondere”.
- Bene. Perfetto. Promette benissimo, già. – Veronica mescolò lo zucchero nel caffè e buttò giù la tazzina in un sorso solo. – Fantastico.

La stanza era immersa in una penombra minacciosa, quella che si trova nelle case delle persone molto anziane o di quelle molto losche. Qualcosa che urlava “aprimi e ti succederanno più maroni che a Pandora, con la differenza che qui la speranza se ne sta rintanata nella sala caldaia e ha messo fuori il cartello Non ci sono per nessuno”.
- Whyte, ho cambiato idea, andiamocene.
- No, è troppo tardi, lui ti ha già annusato. Sa che siamo qui.
Dalla stanza accanto, sentirono un tonfo lentissimo di passi pantofolati. Dopo un tempo interminabile, sulla soglia della stanza comparve la sagoma nera che Clara ricordava bene. Riusciva sempre a mettersi di modo che la luce gli fosse alle spalle, e nonostante tutto le lenti degli occhiali lanciavano lo stesso un baluginio sinistro.
- Veronica Martell e Clara Whyte! Benvenute, accomodatevi nel mio piccolo regno. – e la sagoma accese la luce. Erano al centro di una stanza di medie dimensioni, interamente occupata da foto, poster, articoli, pupazzetti (no, action figures), indumenti, tutti raffiguranti giovani e aitanti donne.
- Belle, non è vero? – gli occhiali sinistri si girarono verso di lei. – Sono tutte le accompagnatrici, dalla indimenticabile Sulpicia fino alla giovane e sfortunata Lydia. Che forse non dovrei nominare di fronte a Clara Whyte, dato che è stata lei a dare la soffiata perché la dichiarassero soggetto anti-governativo. Ma ormai è acqua passata, dico bene? Prego, accomodiamoci nel mio studio.
Passarono in una stanza più piccola ma altrettanto stipata, in cui regnava incontrastato un enorme computer a tre schermi. Veronica boccheggiava, facendo vagare lo sguardo dal figuro all’ambiente circostante. Clara poteva giurare che, come lei, si fosse soffermata un attimo su un cuscino gigante da cui Veronica stessa, in una versione balneare, le salutava ammiccante.
- Oh, non fateci caso, è il cuscino del 17 ottobre. Sono in una relazione poligama, sapete? Le mie ragazze a volte litigano tra di loro, ma non posso fare torto a nessuna, mi avranno nel letto solamente nei tempi prestabiliti. Torno subito, vado a prendere qualcosa da bere. – l’ombra uscì sciabattando dalla stanza. L’unico rumore era il fruscio continuo del computer gigante.
- Whyte, c’è una scatola di fazzolettini bianchi usa e getta accanto alla tastiera. E una bottiglia di disinfettante per le mani.
- Avrà a cuore l’igiene personale.
- Lo sai che queste storie cominciano così e si concludono con la polizia che ritrova i cadaveri e scopre che sono stati stuprati prima e dopo il decesso? Lo sai vero?
- Sempre a farla tragica! Solo perché uno tiene accanto al letto dei fumetti amatoriali che si chiamano… L’Invasione degli Ultraporci? – Clara spostò il primo volume della pila. La Speranza intanto si era asserragliata nella sala caldaie e aveva chiuso la porta a quadrupla mandata.
- Guarda Whyte, potrei sbagliarmi, ma la tipa che sembra divertirsi un sacco in mezzo a un tipo inquietante col ciuffo a banana e un altro ancora più inquietante coi baffi da scemo sia proprio tu. sPORKAkus, che finezza. Oh guarda, ci sono anche io e assieme a me c’è un polipone, che fantasia.
- Sapete che se l’avesse fatto qualcun altro gli avrei staccato le mani? Le mie doujinshi si possono toccare solamente con i guanti di lattice. – il maniaco era di ritorno con un vassoio di succo e biscottini.
- Cioè tu vuoi che gli altri abbiano i guanti in lattice e tu ti ci fai… - Clara tappò la bocca di Veronica prima che diventassero davvero una scabrosa notizia da prima pagina.
- Che carino, guarda, anche i biscottini. Graz… - le si strozzò la voce, perché anche sui biscotti c’erano le facce sue e delle sue ex colleghe. Il maniaco prese l’abbassamento di voce come un momento di vera emozione.
- Belli, vero? Ho ancora tutti gli stampini per biscotti delle Accompagnatrici, credo sia l’unico set completo a esistere ancora in tutta Panem.
- Belli. Fini. – Veronica aveva preso un biscotto e lo stava inzuppando nel succo d’arancia con nonchalance.
- Ma ditemi, a cosa devo l’onore di avere qui con me non una, ma due Accompagnatrici? Veronica, ti seguo dai tempi di Non è Capitol, è un onore. Con Clara si può dire che siamo vecchi amici, avrò avuto otto anni quando sono andato a un raduno di fan di Lazy Town. Credo di essere stato uno dei primi a intuire che il caschetto viola sarebbe stato il segreto del tuo successo, Clara.
- Immagino la felicità quando ha avuto il periodo della scoperta del suo corpo, nel porno.
- Martell, quante volte te lo devo dire che…
- …Clara non ha mai fatto pornografia, lo saprei. – bel salvataggio maniaco, peccato per il “lo saprei” finale. – I film a lei attribuiti (nove titoli, il più famoso e piratato in rete Il cazzopardo) sono stati girati in realtà da una sosia, mentre la vera Clara passava un periodo di inattività lavorativa. È ovvio che sarei un tuo ammiratore qualsiasi scelta tu facessi, Clara.
- Ovvio, certo. – Clara addentò un altro biscotto (Effie Trinket) e cercò di mettersi più comoda sulla poltrona.
- Veniamo al sodo, di cosa avete bisogno?
- Ecco, ci troviamo nell’incresciosa situazione di non ricordarci cosa abbiamo fatto in 12 ore della nostra vita, per la precisione la notte scorsa. Dato che ci sono dei tizi a cui dobbiamo un favore, vorremmo sapere se a te era arrivata qualche notizia a riguardo.
- Detto fatto. – il maniaco si mise al computer e accese i tre schermi. Lo sfondo del desktop era il calendario sexy dell’ultimo anno degli Hunger Gmaes, in particolare il mese di Ionia, i lunghi rasta sparsi attorno alla testa e coperta soltanto da frutta. – Siamo una piccola ma attiva comunità online, nella nostra pagina Spotted: Accompagnatrici, dove chiedo ai miei utenti di mandare qualsiasi notizia riguardante quelle di voi ancora in vita, oppure nuovi materiali da archivio.
- Tu ne sapevi qualcosa? – le sussurrò Veronica in un orecchio.
- Oh, ma non potreste saperne qualcosa, il forum è per i soli iscritti! – rispose il maniaco dall’udito fin troppo fine. – Ecco qui, controlliamo la sezione dedicata a Martell, Veronica. Ultime 24 ore, ultime 24 ore… Oh, qualcuno ha caricato due filmati! La prima viene dal circuito di sorveglianza dello zoo di Capitol.
La telecamera registrava un’immagine ogni cinque secondi. In una specie di grottesca sequenza fotografica muta, si vide arrivare la macchina transatlantico davanti al cancello. Ne scesero loro due, vestite ancora come al matrimonio, e arrancarono verso il recinto del ghepardo. Clara lo indicava a Veronica, che si fermò un attimo per vomitare poi proseguì. Saltarono nel recinto e abbracciarono il ghepardo, poi lo portarono verso la macchina assieme a loro. Sparirono nella notte.
- Ah, è Vero_My_Love, un utente molto attivo. Io avrei ovviamente cercato la targa della macchina, visto a chi appartiene e andato a vedere anche i suoi filmati di sorveglianza. E infatti… - cliccò sul secondo filmato - eureka! Questo è precedente, verso mezzanotte.
Altro filmato da telecamere di sorveglianza, questa volta fluido: era il cortile di una grossa villa, punteggiato da alberi. Dal cancello sbucò a velocità folle una jeep– La mia macchina! – e, con un testacoda spettacolare, si parcheggiò precisa tra due alberi. Ne scesero loro due, vestite ancora normalmente. Veronica si sbracciava verso sinistra, dove riconobbero la macchina-transatlantico parcheggiata. Veronica la indicò, indicò la jeep, ri-indicò il transatlantico.
- Sempre una scelta tra “stile” e “sostanza” – mormorò la Veronica in carne e ossa accanto a lei.– Ho detto così ieri, mi ricordo la scena! – tornarono a guardare il filmato. La Clara nello schermo annuì e zompettarono verso il transatlantico. La camminata venne interrotta da una specie di palla di pelo che arrivò trotterellando verso di loro. Quando Clara si chinò per accarezzarlo e prenderlo in braccio, si resero conto che era un volpino. Clara lo accomodò sul sedile posteriore della cabrio bianca e mise in moto. Sgommarono via. Qualche secondo dopo, il cortile era pieno di uomini che sparavano nella direzione verso cui erano fuggite. Il filmato si interruppe.
Il maniaco aveva un’espressione deliziata, Clara invece aveva sbriciolato il biscotto che teneva in mano.
- Guardiamo il lato positivo, - la voce di Veronica la riscosse, - adesso sappiamo chi è Diego.

***

Il tipo con la faccia meno losca aveva una cicatrice che gli partiva dalla tempia e finiva sotto il labbro. I loro due amici stavano alla destra e alla sinistra della sedia centrale, un enorme scranno rosso.
Al centro, un tipo che portava addosso più gioielli di Lucretia nei suoi momenti migliori, accarezzava un volpino, col pelo verde pisello arricciato in morbide curve. Fiocchetti viola pallido completavano l'opera.
Diego era stato infine ritrovato in una toeletta d'alta classe per cani e gatti, in cui pare che lo avessero portato per "dare una scossa a questo stile grigino". Il maniaco era riuscito a rintracciarlo con una ricerca negli archivi degli animali scomparsi, una consultazione dello stradario e una conversazione chat con Vero_My_Love. Dopo il matrimonio e la notte di sesso a tre, la richiesta di "un bacetto da fotografare" come ricompensa per il lavoro era stata, tutto sommato, la cosa meno dolorosa della giornata. Ma quelle mani cosparse di muco...
- Sono contento che la nostra piccola incomprensione si sia appianata. Sapete, Diego è come mio figlio, anzi, non potrei mai dare l'ordine di sparare al mio Diego come ho fatto con Tobias, giusto Juan?
Juan, come al solito, annuì. Forse lo pagavano anche per quello.
- Ero straziato, non fraintendetemi. Che non si dica che don Francisco ha il cuore di pietra! - continuò l'uomo ingioiellato. - Anche l'ordine di sciogliere i vostri bei corpi nell'acido l'avrei dato con le lacrime agli occhi. Ma tutto è bene quel che finisce bene, no?
Entrambe annuirono.
- Com'è umano, lei... - tentò di cominciare Clara, ma la mano ingioiellata strozzò il resto del discorso nella sua gola.
- Ma, - ecco, lo sapevo, siamo morte, - da un'avventura del genere bisogna trarre una lezione. Ho riflettuto a lungo su cosa potevamo fare, poi Jesus mi ha dato un'idea. - indicò l'uomo del parcheggio, che anche in quell'occasione stava fumando. - La sera in cui avete strappato ai suoi affetti e alla sua casa il mio povero Diego, Jesus si stava occupando della gestione di uno degli affari collaterali di famiglia, un grosso locale notturno. Impossibile non notarle, giusto Jesus?
- Altroché, capo.
- E pensate la fortuna! Jesus in quel momento non sapeva nulla di Diego e delle pene che il mio povero cuore stava passando, ma una mano divina ha guidato i suoi gesti, e ha deciso di filmarvi.
Veronica e Clara si guardarono, e negli occhi l'una dell'altra scorsero immagini terrorizzanti. Un omicidio? Una gara a quanti ce ne stavano contemporaneamente? Un doppio sandwich anale senza vaselina? L'aquila ad ali spiegate?
- Filmar... filmarci? Perché, che cosa... - la mano ingioiellata si innalzò, di nuovo calò il silenzio.
- Stava facendo vedere il filmato ai miei ragazzi, e uno vi ha riconosciuto. Insomma, abbiamo pensato che non potevamo essere gli unici a goderci la performance, così stamattina il buon Jesus l'ha mandata a una vostra vecchia conoscenza, agli studi televisivi. Beh, ora devo occuparmi di Diego, è ora del biscottino, vero tesoro del papà?
Diego abbaiò festoso. 

Entrarono a precipizio nell’ufficio di Plutarch Heavensbee e si fermarono rantolanti davanti alla sua scrivania.
Plutarch le guardò vagamente costernato, posando per un attimo il tablet da cui usciva la musichetta di un varietà.
- Veronica, Clara, a cosa devo l’onore? Avete una bellissima cera.
- Pochi cazzi, fuori la registrazione!
- La cosa?
Veronica si lanciò sopra la scrivania e lo afferrò per il colletto della camicia. – Non fare lo stronzo, la registrazione anonima che ti è arrivata oggi in ufficio. Avanti, spara un prezzo, quanto vuoi?
Plutarch continuò a guardarle serafico.
- Mi hai mandato la proposta per un nuovo programma, Veronica? Katjusha se ne deve essere dimenticata. Katjusha – attivò l’interfono – la signorina Martell ha spedito qualcosa per me stamattina?
- No, signor Heavensbee.
- Controlla ancora, Katjusha. Ah, poi tra mezz’ora c’è il briefing in ufficio da me, non te lo dimenticare.
- Come sempre, signor Heavensbee.
- Brava ragazza. Visto Veronica? – chiuse la comunicazione e si voltò di nuovo verso di loro – Niente di niente.
Veronica tirò fuori dalla borsa un libretto degli assegni e una penna: - Hai sempre avuto un prezzo, Plutarch, non posso credere che questa volta tu non ce l’abbia. O devo casualmente tornare tra mezz’ora interrompendo il briefing con Katjusha?
Anche Plutarch tornò serio.
- Ti giuro che non so nulla di nessun filmato. Almeno posso sapere di cosa si tratta?
- Bella domanda! – le due ragazze lo dissero assieme. – Come possiamo metterla? – continuò solo Veronica: - Diciamo che qualcuno di abbastanza famoso ha fatto baldoria, un giorno fa, e che un filmato di quella baldoria potrebbe essere stato ripreso senza il suo permesso e mandato a, sempre per ipotesi, un produttore tv che sguazzerebbe nello scandalo. Suona familiare?
Gli occhi di Plutarch si erano fatti sconcertati, poi interessati, ancora dopo stupiti e alla fine avevano avuto la scintilla di comprensione. E allora le scoppiò a ridere in faccia.
- Voi parlate di quel filmato! O cielo è troppo bello, non ci posso credere che siate venute fin qui per una cosa del genere. Tranquille, signorine accompagnatrici, non posso minacciare il vostro buon nome in nessun modo, questa volta. Non vuol dire che spero vivamente in una cosa del genere, nel futuro.
Dopo le quasi 48 ore insonni, lo sballo, il matrimonio, spogliarellisti ragazzi padri, un ghepardo e mafiosi del sud feticisti di volpini, Veronica e Clara si sgonfiarono. Via l’adrenalina, via la paura, lasciarono che due poltrone sostenessero la loro caduta. Clara stava per piangere di felicità, Veronica si permise un timido sorriso di sollievo.
- Niente… niente sandwich anale senza vaselina?
- Ti è caduto un giglio, Veronica.
- Ma allora cosa…
- In effetti, un tizio con un accento buffo mi ha inviato una registrazione, questa mattina. All’inizio credevo fosse uno scherzo, poi l’ho vista e ho capito che sarebbe stata buona al massimo come tappabuchi in un talk show pomeridiano. Mi ha fatto tornare giovane, però. - Plutarch armeggiò un attimo col touch-screen, collegò il tablet all’enorme schermo alle loro spalle e fece partire un filmato.
E allora capirono.
















La tana di Otto

Auguriiii Draaaaaaa!!!!
Adesso sei qui accanto a me che leggi la storia di Vannagio (che è stata la mia sexy-beta e che ringrazio un sacco), che è molto più previdente di me e non deve finire all'ultimo secondo i suoi regali di compleanno.
La storia è ovviamente ispirata al film "Una notte da leoni", ma contiene citazioni varie ed eventuali, deliri, cazzeggi, idee gegnali e tanto altro.
Clara Whyte e Veronica Martell sono personaggi del mio headcanon in Hunger Games, più precisamente le ex-accompagnatrici dei distretti 4 e 7. La storia qui è ambientata a Capitol dopo la ribellione, dove i costumi si sono fatti leggermente più morigerati.
La mafia messicana è tornata a Capitol con la riapertura delle frontiere verso il sud america, dove imperversavano bande di predoni, che si sono poi ambientate bene in città con i loro loschi traffici.
Dra, spero che il regalo ti sia piaciuto! Il cane da 7000 paperdollari sarà il prossimo, intanto c'è Diego.








   
 
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