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Autore: dilpa93    17/10/2013    15 recensioni
“La domanda che a volte mi lascia confuso è: sono pazzo io o sono pazzi gli altri?”
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Richard Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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“La domanda che a volte mi lascia confuso è: sono pazzo io o sono pazzi gli altri?”
Albert Einstein
 


 
Arrivata al piano avanza con passo deciso lungo il corridoio. Lascia scivolare la mano nella tasca della giacca in pelle nera graffiandosi il dorso coi denti metallici della cerniera lampo. Il freddo delle chiavi le solletica i polpastrelli lievemente arrossati e accaldati.
Sente una strana morsa alla bocca dello stomaco aprendo la porta, ancora non si è abituata ad avere una propria copia delle chiavi del loft. Dal momento in cui Rick gliele aveva date aveva passato lunghi minuti, quando era sola, a rigirarle tra le mani sorridente, ancora incredula. Al suo ritorno da Washington ogni cosa era successa rapidamente, aveva impacchettato la sua vita in decine di scatoloni che ora riempivano il salotto nell’attesa che trovasse un attimo per sistemare tutto, per riempire cassetti, lati degli armadi e mensole lasciati liberi per lei.
Sfila lentamente il giubbotto poggiandolo sull’appendiabiti, lasciando poi la borsa ai suoi piedi.
Prima di alzare lo sguardo inspira a fondo quel profumo che ormai è parte di lei, quello che non vede l’ora di risentire dopo una lunga giornata al distretto in cui lui non è stato al suo fianco. Il profumo che più di tutti ora sa di famiglia.
Eppure c’è qualcosa di diverso.
Solleva il capo aprendo gli occhi tenuti socchiusi durante quel rituale e intorno a lei mazzi di rose spuntano da ogni angolo del soggiorno riempiendolo di colore, avvolgendo anche il bancone della cucina ad isola. Vi si avvicina sfiorando con la mano il marmo scuro, le dita scorrono lungo il bordo fino a raggiungere i fiori. Carezza i petali vellutati e al contempo porosi e, spostando lo sguardo oltre i vasi, nota un libro alquanto familiare. Riconosce la copertina consumata dal tempo, la costa increspata, le pagine ingiallite, il quasi invisibile segno a penna nell’angolo basso di una delle prime pagine. Il vecchio segnalibro spunta tra i fogli, precisamente all’inizio del terzo capitolo, anche se non riesce a ricordare il perché di quella particolare scelta. Il titolo, Persuasione, risalta in nero sull’immagine sbiadita benché sia sovrastato dal nome dell’autrice. Sfoglia le pagine con particolare attenzione, rimanendo quasi delusa dal non trovare nulla tra queste. “Strano” pensa, era certa di averla messa proprio in quel volume. Poteva essere caduta restando quindi sul fondo dello scatolone, o forse ricordava male. Tiene ancora il libro tra le sue mani, stringendolo forte, domandandosi come mai e da chi sia stato poggiato lì, quando dei passi la raggiungono alle spalle e un bocciolo appena schiuso compare davanti ai suoi occhi verdi.
“Per te.”
Soffia una voce lungo il suo collo.
Sorride raccogliendo la rosa indugiando più del previsto sulla mano che gliela porgeva.
Carezza il lungo stelo, liscio, levigato, il cui profumo deciso si mischia a quello più tenue del fiore.
“A cosa devo tutto questo. Ho dimenticato qualche avvenimento importante?”
La proposta, il trasferimento nella capitale e poi di nuovo a New York, le iniziali difficoltà nell’incontrarsi e nel trovare compromessi. Era stato tutto frenetico, ma questo non giustificherebbe una sua dimenticanza.
“Deve esserci per forza un motivo? Non posso essere semplicemente in vena di romanticherie?”
Squadra il suo viso alla ricerca di una qualsiasi ruga o tic che le permetta di capire cosa ha in mente, ma davanti al fallimento del suo sguardo indagatore non può evitare di chiederglielo in maniera diretta.
“Sputa il rospo.”
“E va bene. Oggi, quando sono rientrato... A proposito, Alexis ti saluta.”
“La chiamerò in serata. Ma non provare a cambiare discorso.”
“D’accordo. Volevo cominciare a svuotare qualche scatolone, solo per darti una mano, e ho pensato di iniziare dai libri. Da Jane Austen è sbucata fuori questa.” Estrae un piccolo foglio dalla tasca dei pantaloni, picchiettandoci sopra con l’indice.
“Lo so che non avrei dovuto, che non sono affari miei, che avrei dovuto ripiegarla, metterla via e riporre il libro sullo scaffale insieme agli altri, e giuro di averci anche pensato per un istante, ma non sono riuscito a trattenermi. Ho riconosciuto la tua calligrafia e non ho potuto farne a meno. Mi dispiace.”
Le porge la lettera aspettando una sua qualsiasi reazione. Probabilmente avrebbe usato la politica del silenzio, tenendolo sulle spine per un po’, o forse si sarebbe arrabbiata per la curiosità che non è mai in grado di tenere a bada facendosi largo in un ricordo che evidentemente lei non è ancora pronta a condividere con lui. Invece non accade nulla di tutto ciò.
“Non fa niente. Avrei preferito mostrartela io, ma è stato un caso. Va bene così.”
La osserva stranito, quasi compiaciuto di non essere stato incenerito da uno dei suoi sguardi, vedendola serena mentre continua ad assaporare il profumo roseo.
“Quanto ci metterai prima di chiedermelo?” Chiede guardando i suoi occhi limpidi.
“C-chiederti cosa?”
“Ti conosco, sono certa che muori dalla voglia di sapere perché l’ho scritta.”
“Cosa? Ah! Non è vero, io non... Si, d’accordo, forse è vero, ma non sei tenuta a dirmelo se non vuoi.”
“Era a metà della seconda liceo. Avevo appena scoperto che il ragazzo con cui uscivo... Beh, diciamo che avevo capito che non era propriamente un santo. Quasi tutta la scuola lo aveva visto mentre amoreggiava con Jenny Mayers negli spogliatoi. Avevo finto che non mi importasse, non sarei riuscita a sopportare gli sguardi nei corridoi e i sussurri che mi nominavano come ‘la povera illusa e tradita’. Non avevo nessuno con cui parlarne, Madison la conobbi solo l’anno successivo, al rientro dalle vacanze. Così tornata a casa mi sfogai nell’unico modo che conoscevo.”
“Avevi talento per la scrittura. È un pensiero a dir poco realistico, forse troppo.”
“Andavo bene in letteratura...” Sussurra con un pizzico di ironia. “Ancora però non riesco a capire perché le rose.”
“C’è una frase che mi ha colpito particolarmente. Posso?”
Annuisce appena, dandogli il permesso di affondare ancora in quel ricordo.
Prende la lettera leggendo a voce alta.
Avete presente quel, solitamente, indiscusso clic che la gente dice si senta quando il cuore si spezza...? Beh, è una gigantesca balla.
Non è un semplice suono, non bastano quattro lettere per descriverlo. È come quando un vaso cade a terra e ti ritrovi senza volerlo a camminare scalzo sui cocci in frantumi. Come il momento in cui il fiato ti viene a mancare quando stai percorrendo la fatidica salita che precede la prima e più ripida delle discese sulle montagne russe. È più acuto del fastidioso stridio delle unghie su una lavagna, pungente quanto le spine delle rose. Perché l’amore è così, un fiore straordinario, che ti inebria con il suo profumo fino a farti girare la testa, ma se non stai attento, se ti distrai, basta un niente, una mossa sbagliata e la spina è già nella tua pelle e il tuo sangue è su di essa.
L’intonazione profonda e il sentimento usati fanno si che in lei riaffiori quel turbinio di emozioni che l’avevano spinta a scriverla.
“Scusa, ma ancora non ci arrivo.”
“Non noti niente di strano? Osserva bene e vedrai che manca qualcosa.”
Poggia gli avambracci sul bancone sporgendosi in avanti. Guarda attentamente le sfumature dei petali, la corolla, le lucide foglioline e lo stelo perfettamente liscio.
“Allora?” La esorta impaziente, soddisfatto del lavoro compiuto.
“Non ci sono spine.” Balbetta incredula, sfiorando con il solo sguardo i lineamenti del suo viso.
“E Katherine Beckett è la vincitrice!”
Si lascia prendere dall’entusiasmo abbracciandola alle spalle, lasciandole un bacio sulla guancia.
“Perché non ci sono?” Si libera dolcemente dalla stretta facendo incontrare i loro sguardi.
“Le ho tolte.” Risponde serafico, incrociando le braccia al petto, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
“Tu cosa?”
“Le ho tolte tutte, una ad una.”
“Ci saranno dozzine di rose qui dentro!” Esclama sconcertata, lasciando poi ricadere le braccia pesantemente sulle cose.
“Ammettilo, sei sorpresa.”
“Perché?” È tutto ciò che riesce a dire dopo aver boccheggiato cercando inutilmente qualcosa di meglio.
“Io ti amo Kate e non voglio che tu possa ferirti. Ho letto quelle parole che hai scritto e non voglio che tu possa mai sentirti così con me. So che non basta togliere le spine a delle rose per eliminare le difficoltà che potremmo avere in un futuro, ma è un gesto simbolico per-”
Sulle labbra sente quelle di lei. Il suo sapore nella sua bocca, le mani sul suo viso e le loro lingue giocare.
“Sei matto.” Mormora tra le risa un attimo prima di baciarlo nuovamente.
“Beh...” comincia riprendendo fiato. “Secondo me è matta la gente che non ha un pizzico di follia.” 
  
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