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Autore: cherrypunk_    17/10/2013    1 recensioni
* dal testo *
Eccomi qua! Sono Cherie Lydon, una qualunque sedicenne che abita col proprio padre divorziato in un sobborgo nella periferia londinese. Cos'ho di diverso da tutti i ragazzi sedicenni di Londra? Semplice, mio padre è Johnny Rotten!
Alcool, sigarette, abuso di sostanze, e tutti i problemi che circondano i giovani d'oggi. Un racconto in due capitoli nel quale scopriremo che Johnny Rotten non è poi così bravo come padre.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Johnny Rotten, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hi my name is Johnny Rotten and I'm a dad.





- Bentornata. Noto con piacere che si è affezionata al mio ufficio in questo periodo signorina Lydon. Cominciavo a sentire la sua mancanza, sa? Quanto tempo è trascorso dall'ultima volta che ci siamo viste noi due? Da questa mattina alle 8.00 dico bene?

- Vuole tenermi qua tutta la mattinata per farmi la predica o preferisce chiamare mio padre alla svelta e dirgli "Signor Lydon? Salve sono la preside Fuchs, volevo dirle che sua figlia Cherie non ha un comportamento adeguato ed è violenta" o cose del genere e poi liberarmi e lasciarmi percorrere il corridoio fino al parcheggio dove mi aspetterà mio padre in auto? - sbottai fissando i miei vecchi anfibi neri ormai logori. In quel momento erano così interessanti.

Ah! Già, eccomi qua! Sono Cherie ( no non la cantante delle Runaways, quella è un'altra Cherie!), cioè, Cherie Lydon una qualunque sedicenne che abita col proprio padre divorziato in un sobborgo nella periferia londinese. Odio la scuola, come un qualsiasi ragazzo o ragazza della mia età, odio la società odierna e tutto lo schifo ed il marciume che mi circonda, per questo mi ritengo Punk. Amo il Rock, i miei idoli sono i Nirvana, i Ramones e le Runaways. Cos'ho di diverso da tutti i ragazzi sedicenni di Londra? Semplice, mio padre è Johnny Rotten! Si si, so a chi stai pensando, se sei stato un adolescente nel lontano 1977 sai benissimo chi è mio padre. Si e ti sembrerà alquanto strana e bizzarra la mia storia. Dice una leggenda che, mia madre, all'epoca fan di mio padre (strano da sentire no?), durante un concerto a Glasgow, riuscì ad intrufolarsi nel backstage, quando i Pistols se ne andarono da Glasgow, mamma e John si scrivettero per un sacco di tempo, alla fine lui si innamorò di mia madre. A quei tempi lui aveva solo 21 anni, mia madre ne aveva solo 16 e... booom!! Adesso mi trovo su questo pianeta, il 15 ottobre 1993, nell'ufficio di quella vecchia battona della Fuchs, con quel verme di Matthew Williams e la mia migliore amica, Jackie, ma è meglio tornare alla storia, vi sto annoiando troppo.

E come se non avessi detto nulla, la Fuchs continuò a blaterare - Per cosa devo la vostra presenza Lydon, Williams e Taylor? Chi ha picchiato signorina Lydon? Che lezione ha marinato signor Williams? E lei, signorina Taylor che se ne sta muta come un pesce, che ha combinato? Quale insegnante è questa volta oggetto della sua derisione Taylor? 

- Niente di che signora Fuchs, solo cazzate da sedicenni rincoglioniti e col cervello otturato dall'erba. - spostai lo sguardo dalle mie scarpe alla Colt calibro 60 della Fuchs posata sulla scrivania, in quel momento non avrei desiderato altro che puntargliela alla testa e farle saltare il cervello.

- Modera il linguaggio signorina! e sentiamo cos'ha da dire a riguardo Taylor! - ci urlò contro la Fuchs dandomi una bacchettata al braccio (credeva che il metodo d'insegnamento "old school", stile Full metal jacket era un metodo efficacie, inveca faceva male e basta!) 

- La qui presente Cherie, nonchè la mia migliore amica, le ha suonate di brutto a Matthew! Doveva esserci signora Fuchs! - disse quasi con tono di beffa Jackie.

- Si certo! Signorina Lydon, vuole continuare? - sbottò la preside

- Il motivo perchè le ho suonate a questo qui è perchè mi ha dato ripetutamente della figlia di puttana! - la mia bocca si piegò in un sorrisetto compiaciuto per quanto fosse divertente e credibile la mia recitazione.

- A lei Williams non chiedo nemmeno, e adesso, una, due e tre, chiamo a casa - al suono di quelle parole, le mie guance si fecero più roventi di un termosifone, sentii che non ne sarei uscita viva, John non me lo avrebbe mai perdonato, aveva tollerato di tutto dal primo anno d'asilo, ma la chiamata della preside Fuchs non me lo perdonava mai quando succedeva.

La Fuchs compilò un foglietto per ciascuno di noi e ce lo affidò da consegnare alla segretaria perchè chiamasse a casa. Per me era il secondo richiamo scritto in quella giornata. Nel primo si avvisava il "Gentile Signor Lydon - alla quale non gliene fotteva mai un cazzo di niente - " che la sua cara figliola girava per i corridoi con una sigaretta in bocca. Gli strappai dalle mani il foglietto, lo infilai nella tasca laterale della cartella verde militare sdrucita e un po logora che usavo come zaino, senza prestare troppa attenzione alla nuova ramanzina della Fuchs. Per quanto ancora avrebbe dovuto scartavetrarmi le palle? Mi sistemai il cappuccio della felpa, e dopo essere uscita dall'ufficio sbattei la porta alle mie spalle, provocando ulteriori lamentele da parte di quella vecchia acida con un'infelice cognome. Presi una Marlboro dal pacchetto che tenevo in tasca della felpa, me la posi tra le labbra, svitai il mio labret -era figo quando gonfiavo le guance e il fumo che trattenevo in bocca se ne usciva dal buco del piercing- e mi avviai verso il parcheggio, sapevo già che John sarebbe venuto a prendermi.

Sfollai completamente con la mente, stavo pensando a quante me ne avrebbe dette John appena avessi varcato la soglia di quella Chevrolet vecchia come il male. Scesi gli ultimi gradini che mi separavano dalla macchina di mio padre, attraversai il cortile fino ad arrivare al parcheggio. Ed eccolo la: appoggiato alla macchina che mi fissava mentre davo gli ultimi tiri alla sigaretta. Mi avvicinai a John, gli appoggiai una mano sulla spalla e chiesi - Ciao John! Come ti va la vita? Oggi il sole splende ed è una magnifica giornata per fare un po di musica, non trovi?- non diede risposta, mi tirò uno schiaffo facendomi cadere la sigaretta dalla bocca - Ehi! Ma che cazzo ti prende? - chiesi incazzata - No che cazzo ti prende a te? E' la seconda volta in un giorno! Mi chiedo cosa tu vada a fare a scuola, fumi nei corridoi, pesti la gente, prendi per il culo i professori, Cherie vedi di darti una regolata o ti spedisco a calci in culo da quella zoccola di tua madre, chiaro?! - quella è stata l'unica risposta che ricevetti. A volte non vedo John come un padre, forse perchè non lo è mai stato abbastanza, aveva solo 21 anni quando arrivai a mettere a soqquadro e ad incasinargli la vita, poco responsabile del suo pisello e dei danni permanenti ed irreparabili che gli ha causato, no? 

Arrivata a casa, mi aspettai una ramanzina lunga due ore e mezza sul fatto che non devo fumare, non devo picchiare quel lurido verme di William e sul fatto che sono sua figlia e che gli avrei fatto giocare la reputazione perchè lui è Johnny Rotten e bla bla bla, ma invece, John prese le chiavi della macchina e disse - Tua madre deve saperlo che cazzo vai a combinare a scuola, daltronde sei anche figlia sua, torno sta sera, Cherie non fare casini, i soldi per il pranzo sono sul tavolo. - chiuse la porta violentemente e andò da mia madre a Manchester. Nonostante fossi uscita da scuola due ore prima e John mi aveva scarrozzato fino a casa, presi una pasticca di quaalude per rilassarmi ed uscii a prendere una bottiglia di whisky e le sigarette, le avevo finite. Non avevo voglia di stare compressa nelle quattro mura di quella casa poco famigliare. Era una cosa complicata definire il mio rapporto con la casa. A volte stavo bene rifugiata in camera mia senza tante distrazioni, solamente io e la mia musica. Ma solo perchè non potevo andarmene a Manchester nella enorme casa di mamma e perchè era l'unico posto che avevo oltre alla strada. Non sentivo un particolare legame con quella casa, la stessa cosa valeva per John. Io e John avevamo quel rapporto che si ha con la gente che conosci da tanto tempo ma con cui non hai tutti questi gran rapporti d'amicizia, solo l'essenziale per non apparire cattiva anche agli occhi di mio padre. Si è gentili, si parla del più e del meno, ma nessuno di noi aveva tentato di legare come farebbero padre e figlia.

Mia madre se ne era andata via di casa poco dopo il divorzio, non c'è mai stata per me. Dopo che John la ingravidò quel lontano 14 settembre '77, furono fidanzati per un bel pò di tempo, si sposarono, e l'anno dopo divorziarono per colpa di mia madre perchè aveva paura di crescere me, sua figlia, lasciandogliela a John. Come biasimarla in fin dei conti? Se l'avessi saputo, io nemmeno avrei voluto nascere, avrei mandato un segno dall'alto di farla abortire, la mia vita mi faceva schifo. Di certo lasciare la sorpresa della propria figlia morta di overdose a John era una cosa che non mi spaventava affatto. 

Tornando a mio "padre", con lui andavo d'accordo, insomma, se conosci una persona solo superficialmente non è che ci litighi più di tanto. Il culmine del nostro rapporto era quando lui mi raccontava di quando si spaccava di marijuana con Sid prima dei concerti o stronzate varie di cui non me ne importava assolutamente niente.

Aprendo una stupida ed inutile parentesi, immagino che l'abbiate già capito che John non mi voleva. Lui amava mia madre più di qualsiasi altra cosa al mondo, ma se avesse potuto scegliere, avrebbe scelto l'aborto e adesso magari starebbero ancora insieme e io non avrei mai rovinato i loro "piani", però sapeva quanto mamma voleva un figlio da lui. Avrebbe scelto tutto, ma non la mia vita, non me, e forse sarebbe stato meglio. Da quando divorziò io non vidi più mia madre, fino al mio quindicesimo compleanno, arrivò a casa, mi consegnò la chiave della nostra casa a Manchester e se ne andò. Secondo John io sono l'unica cosa che gli ricorda quella sera di lsettembre e tutto l'angoscioso rapporto.

Sono l'errore indelebile che non hanno mai provato a cancellare. Col tempo si è abbituato alla mia presenza e l'ha accettata come un dato di fatto. Nulla di più. Era inutile che sprecassero tempo a cercare qualcuno che addottasse "la figlia di Johnny Rotten", avrebbe fatto troppo scandalo e hanno tenuto tutto in segreto. Che poi non mi sarebbe mica dispiaciuto se mi avessero spremuta dentro una cesta di vimini stile vecchio testamento e mi avessero abbandonata davanti alla porta dell'orfanotrofio, almeno il mio vuoto eistenziale poteva essere colmato dall'affetto che ti davano i tuoi amici che ormai consideravi come fratelli e sorelle. Almeno avrei avuto più amore da parte di quattro suore che ti ricordavano ogni giorno di conservare la propria verginità fino al matrimonio, tutto sarebbe stato migliore che vivere con John. 

La mancanza di affetto non mi aveva mai causato chissà quali gravi frustrazioni, a me stava bene così, più la mia vita andava avanti e più mi rendevo conto di quanto schifo faceva il John Lydon la persona di tutti i giorni e non il John Lydon / Johnny Rotten, quello che manda a fanculo il pubblico ai concerti, quello con la lingua più affilata di un coltello, quel ragazzo stronzo marcio che frustrato, urlava dall'altra parte del microfono il suo odio contro la società odierna, la monarchia inglese e cazzi vari..

Ma tornando a noi: casa mia era come un'ostello, dormi, mangi e chi si è visto si è visto. Parentesi chiusa.

John rientrò all'ora di cena. Mi trovò stesa sul tappeto che ridevo come una cogliona con una bottiglia di whisky finita in una mano e un pacchetto di sigartette accanto. Odiavo trovarmi in situazioni del genere, sapevo che o mi sarei trovata in punizione o mi sarei trovata John seduto costantemente sul mio letto recitando "Cherie, stai meglio? Non devo più lasciarti i soldi quando vado via", questa volta era diverso. 

John mi prese per un braccio e mi urlò - Cherie alza il culo e vieni in cucina, è pronto - 

- Si certo che ci vengo! - risposi con tono beffardo.

- Hai bevuto? Stai male? Hai fumato troppo? Bene cazzi tuoi, tanto la vita è tua fai quel cazzo che ti pare! - rispose dalla cucina.

Stetti zitta per un po, presi le sigarette, presi qualcosa per una cassa di birra, aprii la porta di casa, la sbattei con violenza e me ne andai a fare un giro, tanto non se ne era nemmeno accorto. 

Camminai per tutto l'isolato barcollando come uno zombie, arrivai al negozio di liquori, presi la birra e me ne andai a fare una passeggiata affogando tutti i miei rancori e affetti familiari mancati nell'alcool. Per quella sera stavo bene, andai da Jackie, avevo bisogno di una voce amica che mi dasse un po di conforto. Suonai il campanello e mi aprì Jackie.

- Cherie, occielo che brutta cera, cristo santo che ti è successo e quanto cazzo hai bevuto? -
- Traquilla Jackie sono in piena forma ho solo bevuto un goccetto! - 
- Entra dentro ho della roba da farti provare!!!- rispose prendendomi per una mano e trascinandomi in camera sua. Prese una bustina con della polvere bianca e disse

- La vuoi in vena o vuoi sniffarla?-

- Jackie mioddio sei pazza? -

- No affatto, allora cosa scegli? -

- Bada per la seconda! - e senza dare troppo peso a ciò che stavo dicendo, mi ritrovai a sniffare eroina con la mia migliore amica seduta in un angolo della sua stanza. 

Jackie prese la bustina, la aprì con cautela, versò il contenuto sul comodino, fece delle striscioline con la lametta per il rasoio, cominciammo a sniffare una riga a testa, quando suonarono alla porta, ci sbrigammo a tirare anche le altre due strisce e Jackie andò ad aprire.

- Ciao Jackie c'è Cherie?

- Ehmm, salve signor Lydon, si Cherie è quì, vado a chiamarla!

Jackie non fece tempo a salire in camera che io ero già pronta.

- Merda c'è tuo padre! 

- Guarda che ci sento ancora sai?

- Dai vai che è meglio, però prima di andare, tieni! Nel caso ti venisse voglia e io non sono nei paraggi! - e così facendo Jackie mi mise in mano una bustina di eroina ed una boccetta contenente pasticche di quaalude.

- Ma sei pazza?

- No è che non voglio che tu ti senta male per colpa di colui che ti sta aspettando alla porta, ora vai, ti voglio bene Cherie!

- Anche io Jackie.

Scesi le scale, presi la borsa, e salii in macchina.

- Cherie.-  disse con tono freddo John

- Johnny Rotten.- risposi in tono freddo 

- Cosa ci facevi prima con una bottiglia di whisky?

- Secondo te che ci potevo fare? Stavo facendo una bottiglia molotv, hai una figlia terrorista hahahaha!

- Non essere stupida gattina, hai bevuto? - quella era la prima volta che si è comportato in maniera meno fredda, mi aveva chiamato gattina, era fastidioso da sentire ma almeno era bello sentirselo dire da chi ti aveva dato la vita, e in quel momento ne avevo bisogno, mi faceva sentire un po più amata e non lo sbaglio della situazione.

- Si, ho bevuto, ti causa problemi per caso?- risposi bruscamente senza far trasparire quel briciolo di gioia che aveva appena acceso in me

- Si perchè domani non voglio stare a casa ad occuparmi di una sedicenne che si comporta peggio di una mocciosa di 3 anni. - lo sapevo! Ed ecco che aveva sminchiato anche quel briciolo di felicità. 

- Hahah, come sei simpatico John! - risposi in tono sarcastico.

- Sei patetico. - aggiunsi.

In quell'attimo mi lanciò un'occhiata fredda, più gelida dell'Alaska.

Arrivammo a casa, la droga non aveva ancora finito il suo effetto, mi sentivo come su una nuvoletta, tutto mi compariva più luminoso, e le parole di John ad un certo punto non mi facevano più ne caldo ne freddo. Mi levai le scarpe davanti all'uscio, con gran foga, cercai di salire le scale, quando mio padre si piazzò davanti al primo scalino e disse: - Cherie Lydon, piazza il tuo bel culo qua! Dove credi di andare così in fretta? - 

Cominciai a roteare gli occhi, non riuscivo più a sopportarlo e quel giorno avrei fatto a patto con il diavolo se me l'avesse levato di mezzo.

- Senti che te ne sbatte? Sto andando in camera mia, non posso? - sbottai incazzata.

John mi guardò negli occhi, i miei occhi azzurri erano spalancati, arrossati e venati. Sembravo una psicopatica uscita dal manicomio, John mi prese per un braccio, - Non rivolgerti a me in queste maniere Cherie. - Probabilmente sembrava esagerato, ma, ancora una volta, stava tentando di costruire un piccolo dialogo solo per assicurarsi che non abbia fatto qualcosa che potesse rovinargli la reputazione.

- Dove sei stata? Sei andata via all'ora di cena e ti sono venuto a prendere adesso che è quasi mezzanotte! - chiese John.

- Ero da Jackie sta calmo e poi da quando tutto questo interesse per me?? Adesso lasciami andare in camera che ho sonno cazzo! Non posso nemmeno più dormire?? - 

Non disse più niente, rimase fermo sulla scala, gli passai accanto e feci il terzo scalino. Pensai che avesse finito col quarto grado. Si mise dietro le mie spalle, mi afferrò per la tasca posteriore dei suoi vecchi jeans che gli avevo fregato dal baule della roba vecchia e cercò di tirarmi giù dalle scale. Le sue dita però, incontrarono all'interno della tasca qualcosa di liscio e completamente diverso dalla stoffa dei pantaloni. Senza prestarmi attenzioni, estrasse la bustina di eroina e la boccetta di quaalude dalla tasca, lasciandosela cadere in mano. Stette qualche secondo ad osservare cosa fosse o forse stava semplicemente tentando di rifiutare di capire che la sua unica figlia si drogasse, mi squadrò da capo a piedi e poi mi urlò contro: - E questi?? Che cazzo sono?  Me lo spieghi? -

- Cazzo John, è roba mia lascia stare! Non te ne frega, vado a dormire notte! -

Per un attimo, mio padre stette ad osservarmi, mi guardò negli occhi, mi tirò una sberla e disse: - Cherie Sondra Lydon, con tutte le bravate che hai fatto, ho tollerato di tutto, da quando sei nata non hai fatto altro che combinare casini, FUORI- DA - CASA - MIA! - strillò, non riuscì più a trattenersi, sapeva che ero uni'mpasticcata di quaalude, ma non riusciva a farsene una ragione che la sua piccola Cherie era ormai una sedicenne drogata, non accettava il fatto di avere in casa un'alcolizzata e drogata, se è per questo, non riuscì nemmeno ad accettare il fatto che ero nata ma questo è un'altro paio di maniche. La verità è che lui aveva paura, in passato la droga gli aveva portato via il suo migliore amico, John Simon Ritchie, aka Sid Vicious, sapeva che mia madre ha rischiato più volte la morte perchè era una drogata e che avevano divorziato sia per causa mia sia per la droga e l'avevano messa in un centro di riabilitazione. Si erano conosciuti nel backstage, si erano piaciuti sin da subito, era successo tutto così in fretta e alla fine arrivò quell'incidente. Il preservativo si era rotto e lei aveva realizzato il suo sogno: rimanere incinta del suo idolo, l'errore però era ormai indelebile, non si poteva cancellare, non aveva pensato all'aborto, in realtà John sperava che succedesse senza che lei muovesse un dito, infatti espresse tutta la sua frustrazione scrivendo Bodies. Mia madre trascurò molto la gravidanza, si drogava e beveva, in fondo aveva quasi 17 anni, voleva fare le stesse esperienze che avrebbe fatto un qualsiasi adolescente della sua età, ma la fortuna o la sfortuna, decitete voi sotto che punto di vista vedere la cosa, volle che nascessi sana come un pesce. Più volte John si pente di non aver proposto a mia madre di ricorrere all'aborto, ma ormai il danno era fatto. 5 anni più tardi, dopo 4 anni di fidanzamento e uno trascorso come marito e moglie, mia madre mi lasciò a lui, l'aveva lasciato con una marmocchia da crescere, e l'avrebbe dovuto fare da solo. Cherie Sondra Lydon, il nome del più grande errore che Johnny Rotten potesse fare in vita sua. - Cherie fuori da casa mia porca puttana!- urlò con tutta l'aria che aveva nei polmoni.

Alzai il dito medio, gli lanciai un'occhiataccia e dissi - Spero che tu e mamma adesso siate felici! - forse era un bene se me ne andavo di casa, lo odiavo, era un bene uscire da quel posto, mi diressi verso la porta, uscii di casa, sbattei la porta dietro di me e me ne andai.

John Lydon rimase a fissare la porta in silenzio per istanti interminabili quella sera. Era rimasto solo, completamente solo.
  
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