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Autore: grangerous    18/10/2013    13 recensioni
Il professor Snape guarisce le ferite di Hermione dopo la battaglia all'Ufficio Misteri; la scoperta che ne consegue li lascia entrambi stupefatti. I due dovranno lavorare insieme per aiutare Harry a sconfiggere Lord Voldemort.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da VI libro alternativo
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- Questa storia fa parte della serie 'Phoenix Trilogy'
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Capitolo 25

Io e silviabella siamo liete di presentarvi l'ultimo capitolo tradotto. Assicuratevi di leggere la nota di fine storia, mi raccomando!

Anne London



Capitolo 25

Felix Felicis



Hermione sapeva di non essere particolarmente cortese, ma non riuscì a trattenersi dal dire “Te l'avevo detto” ad Harry, a proposito del Principe Mezzosangue. Il suo comportamento la stava facendo molto arrabbiare. Nonostante la serie apparentemente infinita di punizioni, non era particolarmente provato dal rimorso e certamente, una volta che Grifondoro ebbe vinto la partita e lui e Ginny si furono messi insieme, Harry passò la maggior parte del suo tempo in un felice stordimento.

Disturbava Hermione più di quanto le piacesse ammettere, quanto era arrivato vicino ad uccidere Malfoy. Certo, Malfoy era sicuramente un Mangiamorte, ma non era come se lui ed Harry si fossero incontrati in un cimitero deserto e avessero duellato per le loro vite. Erano ad Hogwarts, in un bagno, e una stupida rivalità tra ragazzi era quasi costata ad uno di loro il prezzo più alto.

La preoccupava che Harry potesse comportarsi come se le rapide azioni di Snape, nel cancellare i segni sul corpo di Malfoy, avessero guarito anche la sua coscienza. Non ci arrivava? Nessuno di loro ci arrivava? Hermione aveva riconosciuto il contro incantesimo che Harry aveva descritto: era il “Canto della Fenice” con cui Snape aveva guarito le sue stesse ferite dell'Ufficio Misteri un anno prima. Ciò significava che Harry e il Mangiamorte avevano usato lo stesso incantesimo. Le circostanze erano spaventosamente simili alla situazione col vecchio capo di Percy, il signor Crouch, durante l'ultima guerra: sarebbe realmente stata una vittoria morale del bene sul male se entrambe le parti si fossero ridotte a mezzi simili per raggiungere i loro scopi?

L'indignazione morale di Hermione alimentò diverse ore di ricerca in biblioteca. Aveva sperato di scoprire qualcosa che potesse far cambiare idea ad Harry sulla sua dipendenza da pericolosi scarabocchi scritti da una fonte sconosciuta, ma l'unica traccia che scoprì fu un articolo su Eileen Prince. La ragazza, decisamente poco attraente, era andata a scuola nel periodo giusto, anche se il breve dibattito sui tornei di Gobbiglie tra scuole che accompagnava la sua foto non faceva cenno a Pozioni. Certamente non era abbastanza per convincere Harry: il quasi litigio lasciò Hermione fumante di rabbia e decise di fare una veloce passeggiata nei corridoi prima di studiare un po'.

Solo pochi minuti dopo, Ron arrivò precipitandosi verso di lei.

“Hermione!” Chiamò, “Hermione!”

“Cosa, Ron?” Era ancora irritabile.

“È Harry.” Ron si fermò di fianco a lei, annaspando pesantemente. “Ha ricevuto un messaggio da Dumbledore. Deve andare nel suo ufficio subito – penso che stiano per andare a trovarne uno!”

Non c'era bisogno che lui specificasse a cosa si riferisse quel'“uno”.

“O mio Dio!” Hermione si coprì la bocca con entrambe le mani, tutta l'irritazione dimenticata. “Andiamo, aspettiamolo nella sala comune.”

Trovarono da sedersi lontano da chiunque altro con una buona vista della porta. La tensione vibrava nei loro corpi nel punto in cui si toccavano. Prima di quanto anticipato, Harry era di ritorno.

Cosa voleva?” Chiese Hermione, e notando l'espressione tirata sul suo viso aggiunse ansiosamente, “Harry, stai bene?

Sto bene,” replicò. Senza fermarsi a parlare, corse su per le scale del dormitorio dei ragazzi. Hermione scambiò uno sguardo significativo con Ron e stavano per seguirlo di sopra quando lui tornò indietro di corsa. “Devo fare in fretta,” ansimò, senza fiato per le scale. “Dumbledore pensa che stia prendendo il Mantello dell'Invisibilità. Ascoltate,” Harry si guardò intorno velocemente ed usò il Muffliato. “Dumbledore ha trovato un altro Horcrux e mi sta portando con sé per prenderlo. Il fatto è che sulla strada verso il suo ufficio mi sono imbattuto nella Trelawney e lei -” Harry s'interruppe per un secondo, un'espressione strana che gli torceva il viso. “Aveva appena cercato di entrare nella Stanza delle Necessità. Aveva sentito la voce di un ragazzo urlare di gioia e, quando ha cercato di scoprire chi fosse, lui l'ha lanciata fuori dalla stanza.

Ad Hermione si mozzò il fiato.

“Cosa... intendi Malfoy?” Chiese Ron.

“Chi altri?” Replicò Harry con il viso cupo. “Capite che cosa vuol dire? Silente non sarà qui stanotte, quindi Malfoy avrà un'ottima possibilità di tentare qualunque cosa abbia in mente.

“Harry,” iniziò Hermione sapendo bene che con Dumbledore assente Malfoy non poteva portare a termine il suo piano, ma Harry la interruppe.

No, ascoltatemi! So che era Malfoy a festeggiare nella Stanza delle Necessità. Ecco-” Harry mise la Mappa del Malandrino nelle mani di Hermione. “Dovete controllarlo, e anche Snape. Usate chiunque riusciate a mettere insieme del DA; Hermione, quei Galeoni per contattare funzionano ancora, vero? Dumbledore dice che ha messo sulla scuola delle protezioni extra, ma se Snape è coinvolto saprà qual è la protezione di Dumbledore e come aggirarla – ma non si aspetterà che voi stiate di guardia, no?

Harry-” disse lei, questa volta in modo più insistente.

Non ho tempo di discutere,” replicò lui, girandosi verso Ron. “Prendi anche questo-

Grazie,” disse Ron, afferrando obbediente l'oggetto offerto. “Ehm – perché avrei bisogno di un paio di calzini?

Hai bisogno di quello che c'è avvolto, è la Felix Felicis. Dividetela anche con Ginny. Salutatela per me. È meglio che vada, Dumbledore sta aspettando-

No!” Hermione cercò di afferrare il braccio di Harry, ma lui la scrollò via. “Non vogliamo,” disse disperatamente. “Prendila tu, chi lo sa cosa dovrai affrontare?

Starò bene, sarò con Dumbledore,” le sue parole non erano così rassicuranti per Hermione quanto lui chiaramente intendeva che lo fossero. “Voglio sapere che tutti starete bene... Non guardarmi così, Hermione, ci vediamo dopo...

Harry era lontano e di nuovo di corsa prima che Ron ed Hermione potessero dire niente. Hermione si voltò verso Ron. Sembrava nervoso, ma quando lui incontrò il suo sguardo, raddrizzò la schiena e sorrise rassicurante.

“Tutto bene?” Chiese, sporgendosi in avanti e afferrandole le spalle.

“Sì,” replicò lei. “Prendo il Galeone da sopra. Aspetta qui.”

Hermione salì le scale due per volta. Il Galeone del DA era in una ciotola ornamentale sul comodino, insieme alla personale Passaporta che Viktor le aveva dato, una manciata di piccole monete e un bottone che era recentemente caduto dalla toga. Afferrò subito la moneta finta e si precipitò di sotto. Sulle scale infilò la testa nella stanza di Ginny, sollevata di trovare la ragazza più giovane seduta sul letto circondata dagli appunti di Trasfigurazione.

“GUFO,” spiegò Ginny con un sorriso distratto.

“Ginny,” Hermione fece una pausa. “Uhm, non ho proprio il tempo per spiegartelo, ma sembra che dei Mangiamorte stiano per irrompere nel castello.”

Ginny scattò in piedi immediatamente, afferrando le sue scarpe e indossandole. “Dov'è Harry?” Chiese.

“Te lo spiegherò quando saremo il numero più alto possibile di persone del DA, andiamo.”

Hermione scese le scale rumorosamente con Ginny alle calcagna. Ron stava aspettando dove lo aveva lasciato con Neville al suo fianco.

“Andiamo,” disse a tutti loro, indicando il buco nel ritratto. “Non possiamo parlare qui.”

I quattro passarono in gruppo in corridoio e lei li portò nella prima classe vuota, aprendo la porta con un Alohomora e chiudendola a chiave dietro di loro. La prima cosa che fece fu attivare il Galeone, anche se Hermione pensava fosse difficile che qualcuno oltre Luna potesse notarlo. Visto che la stessa moneta di Hermione era stata lasciata di fianco al letto, non riusciva ad immaginare quanti altri si fossero premurati di portarla con sé per un intero anno dopo che il DA aveva smesso d'incontrarsi regolarmente. Mentre Ron aggiornava Ginny e Neville con i concetti essenziali, glissando sulle ragioni della partenza di Harry e Dumbledore senza menzionare gli Horcrux, Hermione attivò la Mappa del Malandrino e la controllò, cercando Snape e Malfoy. Snape fu facilmente localizzato, immobile nel suo ufficio, ma Malfoy non si vedeva da nessuna parte.

Luna arrivò proprio mentre Ron finiva le sue spiegazioni.

“Ciao a tutti,” disse. “Stiamo per andare di nuovo al Ministero?”

“No,” replicò Ron con il volto serio. “Al contrario, stiamo aspettando che arrivino dei Mangiamorte qui stasera.”

“Mi sembra giusto.” Luna era calma come sempre.

“Ascoltate,” interruppe Hermione. “Malfoy è nella Stanza delle Necessità, Snape nel suo ufficio. Dovremo dividerci. Ron: tu, Ginny e Neville tenete d'occhio Malfoy. Portate la mappa con voi. Luna ed io controlleremo Snape – ti metterò al corrente mentre aspettiamo, Luna.” Guardò i visi intorno a sé. Tutti annuirono.

“Ok, ”disse Ron. “Rimane solo questo.” Districò la Felix Felicis dalla tasca e tenne la piccola fiala sollevata davanti agli occhi. “Credo che ce ne sia abbastanza per una sola sorsata a testa.” Offrì la bottiglia ad Hermione.

“Dopo di te,” disse, toccata dal suo gesto cortese.

Con infinita cura Ron sollevò il tappo. Esitante la sollevò verso le labbra e fece una pausa. “Alla sconfitta di Lord Voldemort,” intonò, tenendo la fiala come per un brindisi. Bevve un sorso attentamente e la passò a Ginny.

“Wow,” sottolineò lui, “questa roba è incredibile mentre va giù.”

“Alla sconfitta di Lord Voldemort,” fece eco Ginny e ingoiò la sua parte della pozione fortunata. Mentre la piccola bottiglia di Felix Felicis faceva il suo giro in circolo, ognuno di loro faceva un brindisi alla vittoria con solennità. Hermione fu l'ultima. Quando fu finalmente il suo turno avvolse le mani intorno alla fiala, tenendola sollevata mentre declamava il brindisi e la portava alla bocca. Ma non la ingerì. Hermione tenne le labbra fermamente chiuse e velocemente abbassò la pozione al suo fianco. Di nascosto prese il tappo dal tavolo, sigillò la bottiglia e la fece scivolare nella tasca. C'è un sacco di tempo per usarla dopo, ragionò.

“Va bene,” disse imitando il tono sicuro di qualcuno che ha appena bevuto fortuna liquida. “Andiamo.”

“Avessi saputo che sarei stata fortunata stasera avrei indossato delle mutande più carine,” scherzò Ginny mentre lasciavano la stanza, facendo ridacchiare Neville nervosamente. Si separarono in due gruppi alla scalinata, con Neville, Ron e Ginny che continuavano verso la Stanza delle Necessità ed Hermione e Luna che puntavano di sotto verso i sotterranei.

Hermione e Luna stazionarono fuori dall'ufficio di Snape per ore. Hermione aveva avuto molto tempo per spiegare la situazione a Luna e un sacco di tempo aveva avuto Luna per intrattenere Hermione con storie evidentemente false, per gentile concessione di suo padre. Fu quasi a mezzanotte che sentirono la voce acuta di Flitwick urlare a proposito dei Mangiamorte, mentre correva verso l'ufficio di Snape. Hermione afferrò la toga di Luna e camminò nell'ombra della vicina porta d'ingresso. Flitwick passò davanti a loro senza notarle.

“SEVERUS! Ci sono dei Mangiamorte nel castello: devi venire subito! Sono nella Torre di Astronomia!” Squittì Flitwick mentre entrava dalla porta di Snape senza bussare.

“Adesso dovresti prendere la Felix Felicis,” sussurrò Luna nell'orecchio di Hermione.

Prima che Hermione potesse avere la possibilità di rispondere, ci fu un distinto schianto dall'ufficio di Snape e lo stesso Snape saltò fuori in corridoio, con la bacchetta in mano. Hermione incespicò in avanti sulla sua strada, portando Luna con sé. Snape si fermò di botto, gli occhi che guizzavano da una ragazza all'altra.

“Il professor Flitwick non sta bene,” disse in modo strascicato. “Sembra essere collassato e dovete prendervi cura di lui. Sono richiesto altrove: come avete senza dubbio sentito, ci sono dei Mangiamorte nel castello.”

Luna sussultò. “Professor Flitwick!” Urlò, correndo verso l'ufficio di Snape senza altro rumore. Non appena la schiena di Luna si fu voltata, entrambi Snape ed Hermione fecero un gesto per attirare l'attenzione dell'altro.

“Professore,” disse con un urgente sussurro mentre lui diceva, “Granger,” con voce bassa.

Lui continuò velocemente. “Ci sono alcuni libri per te nel secondo cassetto. Ne avrai bisogno più avanti, le barriere sono state alterate per permetterti di entrare. Tienili con te.”

Si mosse come per andarsene, ma lei afferrò il braccio per trattenerlo. Con l'altra mano sfilò la fiala di Felix Felicis dalla sua tasca e la premette nel suo palmo.

“Questa è per lei,” mormorò, guardando velocemente indietro per controllare che Luna non fosse a portata di udito e fece un passo lontano dal professore.

Snape diede un'occhiata alla bottiglia nella sua mano, le sopracciglia che si univano per la sorpresa. “Felix Felicis?” Chiese. “Dove l'hai presa?”

“È di Harry... è una lunga storia. Ce la siamo divisi stasera.”

“Questa è la tua parte,” disse Snape.

“No,” replicò Hermione in modo poco convincente. Fece una smorfia, sapendo che il linguaggio del suo corpo rendeva palese la bugia.

Snape spinse la fiala indietro verso di lei, ma Hermione scosse la testa e mise le mani dietro la schiena, rifiutandosi di prenderla.

“Ne ha bisogno più di me, signore,” disse con urgenza.

Snape guardò verso di lei e poi alla pozione: prese una veloce decisione. Togliendo il tappo dalla bottiglia la sollevò alle labbra e svuotò il contenuto nella sua bocca. Notando che la bottiglia era effettivamente vuota, Hermione sorrise felice. Stava ancora sorridendo quando Snape colpì.

Muovendosi più veloce di quanto Hermione avesse ritenuto possibile, Snape spostò la bottiglia vuota dalla mano sinistra alla mano della bacchetta e stese la mano per afferrarle il mento con lunghe dita ossute. Faceva male. Le dita spinsero nelle guance, forzandola ad aprire la bocca e separare i denti. Quindi la baciò. Schiacciò la bocca contro la sua e aprì le labbra. Il fuoco liquido della Felix Felicis scivolò dalla bocca di lui in quella di lei.

Hermione lottò per non ingoiare, ma la sua testa era piegata verso l'alto ad una tale angolatura da aver poche possibilità. Si artigliò disperatamente alla mano di lui, lottando con le unghie per togliere le dita dalla sua faccia e ondeggiando leggermente quando si sbilanciò. Sentiva le ginocchia deboli. Mentre tossiva, e controvoglia ingoiava, la bocca e la presa di Snape si ingentilirono. Si tirò indietro abbastanza perché le loro labbra si separassero, lentamente, quasi riluttanti. Il cuore di Hermione faceva un rumore sordo nel suo petto con le infinite, formicolanti possibilità che la fortuna liquida diffondeva nel suo corpo come una canzone. Lei e Snape si fissarono l'un l'altro, i loro visi a malapena ad un centimetro di distanza. Poteva sentire il respiro di lui contro le sue labbra, poteva sentire il caratteristico odore di fumo. Le mani di lui tremarono contro le guance di lei e scivolarono per la breve distanza per fermarsi contro la sua gola, con le dita che gentilmente accarezzavano la linea della mandibola.

Voleva baciarlo ancora.

“Hermione!” Luna la chiamò all'improvviso dall'ufficio, con voce piena di panico e urgenza. “Vieni, presto!”

L'intero incontro era durato meno di un minuto, anche se sembrava che fosse durato molto di più. Snape sbatté le palpebre e quindi se ne andò, correndo verso le scale con lunghe falcate. Hermione passò le dita di una mano lungo la bocca, stupefatta. Poteva ancora sentire il calore della sua bocca su di lei, le labbra che brillavano per la carezza violentemente generosa. Con la Felix che scorreva nelle vene, la sua preoccupazione per lui si assopì. Si sentiva certa che Snape sarebbe stato bene, che tutto sarebbe andato nel modo in cui doveva. Con un piccolo sorriso privato si voltò verso l'ufficio di Snape. Luna aveva bisogno di aiuto.



Flitwick aveva battuto la testa in modo piuttosto forte per la caduta e né Luna né Hermione erano pronte a farlo rinvenire senza curare prima la ferita alla testa. Hermione fece apparire una barella e insieme le due giovani donne fecero sollevare la minuscola figura del loro professore d'Incantesimi sopra di essa. Hermione passò diversi minuti indaffarata finché il corpo non fu sul fianco, la testa leggermente piegata indietro e le vie aree libere – vecchi ricordi del corso di primo soccorso e la droga che le scorreva nelle vene accentuò la sicurezza che stesse facendo la cosa giusta.

“Dobbiamo lasciarlo in Infermeria sulla strada verso la Torre di Astronomia,” decise Hermione. “Farò levitare la barella, puoi aprire la porta? ”

Luna eseguì di corsa e le due uscirono in corridoio, col passo rallentato dalla barella che andava su e giù davanti a loro. Una volta portato Flitwick alle cure di Madama Pomfrey – e finalmente districatesi dalla sua vista acuta – Hermione e Luna si misero a correre. Mentre si avvicinavano alla torre riuscirono a sentire il suono della battaglia davanti a loro, Hermione pensò persino di sentire la voce di Snape urlare qualcosa in mezzo alla mischia. Eppure, quando finalmente voltarono l'ultimo angolo, con le bacchette pronte a combattere, la caotica scena davanti a loro era sprovvista di Mangiamorte.

Hermione si guardò intorno con una certa confusione. “Cosa sta succedendo?” ansimò col respiro irregolare per i diversi piani di scale che aveva appena polverizzato.

“Sono andati via,” replicò Lupin affermando l'ovvio. “Credo che siano per strada verso l'uscita dal castello.”

“Bill!” Il panico nella voce di Tonks catturò l'attenzione di tutti ed Hermione si voltò verso il suono. “È ancora vivo! Presto! Dobbiamo portarlo in Infermeria!”

Hermione corse dove Tonks era inginocchiata sopra alla figura sdraiata di Bill. C'era una considerevole quantità di sangue sul pavimento, sui suoi vestiti e sul macello di carne che avrebbe dovuto essere il suo viso. La Felix Felicis arrivò in soccorso di Hermione, spostando l'attenzione dall'orrore di quello che stava vedendo verso ciò che bisognava fare. La pozione dorata stava ancora cantando nelle sue vene e formicolava con il senso di ciò che doveva essere fatto. Fece apparire un'altra barella prima che il suo cervello avesse il tempo di processare la situazione. Tonks stava piangendo, troppo turbata per puntare la bacchetta sul suo amico ferito.

“Spostatevi,” ordinò Hermione facendo levitare Bill sulla barella, mentre Ron spingeva Tonks di lato e, spaventato, afferrava una manciata dei vestiti di suo fratello.

“Cos'ha che non va?” Chiese con voce acuta e piena d'ansia.

Il controllo di Hermione sembrò smuovere Lupin all'azione. Mise una mano sulla spalla di Hermione e le diede una breve stretta, anche se parlò a Ron.

“È stato morso da Greyback. Tu ed Hermione portatelo immediatamente in Infermeria. Io mi occuperò degli altri.”

“Andiamo Ron,” disse Hermione gentilmente, sollevando la barella nell'aria. Ron si alzò in piedi senza lasciare andare suo fratello, inciampando insieme di fianco alla barella, mentre Hermione manovrava lontano dal capannello di membri dell'Ordine preoccupati. Mentre se ne andava Hermione sentì Lupin che faceva apparire un'altra barella e dava degli ordini agli altri in proposito. Pensò a chi altri fosse ferito. La Felix Felicis le stava impedendo di essere preoccupata mentre sapeva che avrebbe dovuto esserlo e la cosa la infastidiva.

“Ma non era un licantropo,” mormorò Ron distrattamente, “o anche Lupin avrebbe dovuto esserlo. È il periodo sbagliato del mese.”

Persino attraverso il nebuloso calore della Felix Felicis, il cuore di Hermione soffrì di fronte all'evidente angoscia dell'amico.

Avevano appena percorso un terzo della strada verso l'Infermeria quando Ginny arrivò correndo dietro di loro, finendo per camminare di fianco alla barella e, come Ron, afferrando la parte più vicina del corpo del fratello ferito, come se il contatto fisico potesse restituirgli coscienza e salute.

“Qualcuno di voi ha visto dov'è andato Harry?” Chiese.

“È tornato?” Chiese Hermione in risposta, con il panico che passava attraverso la calma indotta dalla droga per un breve secondo. Il fermo controllo della barella levitata vacillò, ma si riprese dopo il breve ondeggiare. “Dov'è Dumbledore?”

“Non lo so,” rispose Ginny. “Non l'ho visto. Harry è andato a correr dietro ai Mangiamorte mentre si davano alla fuga.”

La preoccupazione per Harry e Snape attraversò il corpo di Hermione. Dumbledore, vuol dire che Snape...interruppe quella linea di pensiero di colpo. Lo avrebbe scoperto abbastanza in fretta. Per adesso doveva occuparsi di Bill.

Madama Pomfrey si prese carico della situazione dall'istante in cui attraversarono la soglia, spostando Bill in un letto e usando diversi incantesimi diagnostici sul suo viso. Con espressione seria iniziò a pulire le ferite; Hermione spostò la sua attenzione sui due Weasley più giovani. La loro dose di Felix Felicis era chiaramente finita ed erano entrambi visibilmente sconvolti. Incoraggiata dalla droga che ancora scorreva libera prese la mano di Ginny e, con la mano libera, massaggiò con piccoli cerchi la base della schiena di Ron . Ginny la guardò con gratitudine, mentre Ron sembrava inconsapevole e mormorava sottovoce, muovendo gli occhi lontano dal viso del fratello.

Quando gli altri arrivarono, Madama Pomfrey si affaccendò per visitare Neville, anche se tornò dopo pochi minuti. Notando chi era arrivato e chi no, Ginny assunse un'aria lugubre.

“Devo andare a cercare Harry,” annunciò, tirando via la mano da quella di Hermione e uscendo a grandi passi dalla porta. Ron non si mosse. Hermione era combattuta, ma decise di restare. Si sentiva certa che Harry potesse arrivare in Infermeria al più presto: niente poteva tenerlo lontano dai suoi amici feriti.

Mentre Lupin, Tonks e Luna raggiunsero Hermione e Ron di fianco al letto di Ron, Madama Pomfrey finiva di pulire i numerosi tagli e abrasioni che rovinavano il viso normalmente allegro e piacevole di Bill e iniziò a cospargerlo con un unguento verde e dall'odore acre.

Hermione lanciò uno sguardo indagatore verso Lupin. “Neville starà bene,” rispose rassicurante.

“Neville?” Fece eco Ron, l'informazione che qualcun altro fosse ferito che penetrava il bozzolo della sua preoccupazione per il fratello. Hermione gli diede una pacca sul braccio e lui la onorò con un sorriso stanco. “Grazie Hermione,” sussurrò.

Harry e Ginny arrivarono subito dopo, riducendo una delle preoccupazioni pressanti di Hermione. Lui, subito, raccontò i fatti e le circostanze che circondavano la morte di Dumbledore. Povero Snape, pensava Hermione, sapendo quanto poco vedesse l'ora per quell'incarico.

Shh! Ascoltate!” Esclamò Ginny all'improvviso, parlando sopra alle lacrime di Madama Pomfrey e interrompendo i pensieri di Hermione.

Hermione riconobbe il suono, anche se in realtà non lo aveva mai sentito: il canto della fenice. Fuori sul campo, Fawkes stava cantando, una dolorosa elegia per la morte di Dumbledore. Come la sua preoccupazione per Snape ed Harry, il canto della fenice sembrava penetrare senza sforzo l'umida nebbia della Felix Felicis. La musica era sia dentro che fuori Hermione e vibrava nella sua stessa carne, colpendo il suo cuore come se la avvolgesse in un involucro di suoni. La sensazione era straordinariamente familiare e la cicatrice sul suo petto fece male in simpatia. Per Hermione il canto e la sua esperienza risuonarono nella consapevolezza come il ricordo di Snape. Lacrime spontanee scorsero sulle sue guance, mentre piangeva per l'uomo che Dumbledore aveva lasciato indietro. Si chiese dove fosse andato e cosa stesse facendo: pensò a quanto solo dovesse essere in conseguenza di ciò.

Il canto di Fawkes era una splendida agonia. Voleva che il suono durasse per sempre, non voleva perdere mai la sensazione che le pulsava nelle vene.

Non era chiaro quanto tempo rimasero in piedi ad ascoltare, anche se l'incantesimo fu spezzato all'improvviso quando la McGonagall entrò nella stanza, con la pesante porta che si chiudeva dietro di lei. L'aspetto normalmente impeccabile della McGonagall era venuto meno: i capelli erano arruffati, i vestiti lacerati e macchiati. Anche lei era stata informata del ruolo di Snape nella morte di Dumbledore e collassò su una sedia dopo la spiegazione di Harry.

Hermione trovò la velocità con cui i membri dell'Ordine intorno a lei cambiavano la loro opinione sul professor Snape come una non gradita lezione sui limiti della fiducia. Bruciava dalla voglia di difenderlo, anche se farlo avrebbe invalidato la drastica distanza che Dumbledore e Snape avevano messo per mantenere la sanguinaria apparenza. Anche lei aveva il suo ruolo da giocare e, ancora una volta, la Felix Felicis arrivò in suo soccorso, spingendola a nascondere il viso tra le mani mentre collegava la massiccia versione redatta degli eventi fuori dall'ufficio di Snape. In un certo strano modo, mentire ai suoi amici più cari, era reso più facile dalla presenza degli altri e dall'orribile spettacolo del volto devastato di Bill.

Una volta che la professoressa McGonagall ebbe preso Harry da parte per parlargli in privato, Hermione fece le sue scuse e lasciò gli Weasley soli con Bill. I rappresentanti del Ministero stavano arrivando ed Hermione sapeva che sarebbe stata la sua ultima speranza per recuperare i libri che Snape le aveva lasciato. Fortunatamente, i corridoi erano deserti e scese nei sotterranei senza incontrare nessuno. Si sentiva strana mentre arrivava alla porta dell'ufficio di Snape, quasi aspettandosi di vedere la sua toga scura o di sentire la sua voce. L'urgenza di bussare fu quasi dominante. Invece posò il palmo contro il legno e spinse. La porta si aprì facilmente. Chiudendola con fermezza dietro di sé, Hermione attraversò la stanza velocemente, muovendosi dietro alla scrivania di Snape, e aprì il secondo cassetto. C'erano dei libri dentro. Il più grosso, Segreti delle arti più oscure, era rilegato in pelle nera e aveva una pergamena piegata nascosta dentro alla copertina. Hermione la tirò fuori con impazienza e la aprì per rivelare una singola parola all'interno: Polisucco.

Ovviamente.

Ficcati i tre libri dentro la toga, Hermione si voltò verso la porta che conduceva al laboratorio segreto di Snape. Anche quello si aprì al suo tocco. La Polisucco che avevano creato insieme era imbottigliata, etichettata e giaceva in una fila ordinata sul piano di lavoro. C'erano anche altre fiale di Dittamo e alcune pozioni base di guarigione. Hermione si guardò intorno in cerca di qualcosa in cui metterle, scoprendo un rotolo nero di feltro con delle piccole tasche, appeso dietro alla porta. Infilò le fiale nelle varie tasche e lo coprì attentamente, infilandolo nella toga di fianco ai libri. Con un'ultima occhiata in giro, chiuse la porta del laboratorio dietro di sé e rientrò nell'ufficio. Non aveva molto tempo.

Come se quel pensiero avesse richiamato gli Auror, Hermione sentì dei passi nel corridoio fuori: sembrava che la fortuna ispirata dalla Felix Felicis fosse appena finita.

“Accidenti, per queste barriere ci vorrà un po'. Non ci ha trafficato, vero?” La voce dell'uomo era leggermente attutita dalla porta ed Hermione sentì una distinta voce femminile rispondere. I suoi occhi si spalancarono per il panico e si guardò intorno nella stanza. Con sollievo lo sguardo le cadde sul camino e si affrettò. Prendendo una manciata di Polvere la lanciò nelle fiamme. “Sala comune di Grifondoro,” disse con voce bassa, ma chiara. Il fuoco divenne verde e lei sparì tra le fiamme con un evidente sospiro di sollievo.

Hermione incespicò dentro la sala comune, fermandosi solo brevemente per controllare che nessuno fosse in giro prima di affrettarsi per le scale e dentro la camera da letto. Togliendosi le scarpe, salì sul letto e tirò le tende, chiudendole perfettamente. Quindi lanciò tutte le barriere protettive che Snape le aveva insegnato, prima di prendere i tre libri dalla toga e dar loro un'occhiata più da vicino.

Fu solo perché cercò nello specifico che notò il nome scritto nella parte frontale di Segreti delle arti più oscure. Un incantesimo vedo-non-vedo, intelligente e sottile, lo rendeva altrimenti difficile da trovare. Ciò che vi lesse sorprese Hermione più che, quasi, l'orribile contenuto dei volumi: “Questo libro appartiene ad Eileen Prince.”



Hermione riferì ad Harry l'informazione che Eileen Snape era la madre di Snape – e che quindi Snape era il Principe Mezzosangue – la notte prima del funerale di Dumbledore. Lui la prese meglio di quanto si aspettasse, ma non senza diversi commenti malevoli su Snape. Lei intervenne senza pensare quando Harry fece un paragone tra Snape e lo stesso Voldemort. “Malvagio è una parola pesante,” disse fermamente, quasi desiderando subito di non aver pronunciato quelle parole nel momento in cui vennero verbalizzate. Sei un membro dell'Ordine della Fenice e hai un importante ruolo da giocare, si rimproverò. Ci sono delle cose che Harry non deve sapere.

Harry e Ron andarono a letto subito dopo ed Hermione valutò l'opportunità di scivolare fuori dal buco nel ritratto. Era quasi l'ora del coprifuoco, ma ad Hermione non importava più. Muovendosi velocemente si fece strada per il castello verso l'ufficio della Vector e bussò alla porta. La Vector c'era e le disse di entrare.

“Hermione, buona sera,” il sorriso della Vector era più teso del solito, ma sempre di benvenuto. Avendo riconosciuto la sua visitatrice, inarcò le sopracciglia verso il muro e mormorò qualcosa, facendo scintillare di nuovo alla vista la matrice delle equazioni. La Vector era in piedi vicino alla lavagna, con una tazza di caffè greco in mano e una pezzo di gesso nell'altra. Era chiaro che fosse seriamente al lavoro. Fece un gesto verso i calcoli con la tazza di caffè. “Stavo cercando di capire perché non riuscivo a predire la nostra attuale situazione,” disse con voce sfumata di professionale e personale disappunto.

“Io l'ho fatto,” replicò Hermione con tono di scusa.

“L'hai fatto?” Disse la Vector con sorpresa. “Siediti,” ordinò, puntando verso la sua scrivania e muovendosi verso la sua sedia.

“Avevo delle informazioni da una fonte dubbia, mi dispiace di non averle condivise con lei, ma non ero sicura...” Hermione prese una copia della sua versione delle equazioni dalla tasca mentre parlava e la porse alla professoressa.

La Vector sollevò il suo caffè in segno di perdono. Aveva tirato una piccola lavagna portatile verso di lei e stava scrivendo furiosamente, controllando il lavoro di Hermione con il suo. “E riesci a vedere una soluzione?” Chiese senza fare una pausa dai calcoli.

“Sì.”

Hermione aspettò pazientemente che la Vector risolvesse l'equazione. Dopo qualche altro minuto la donna alzò la testa e sorrise. Mise la ciocca bianca dei suoi capelli neri al sicuro dietro un orecchio . “Per quanto ne sai, Hermione, c'è ancora speranza.” Prendendo la sua bacchetta dalla tasca la Vector colpì il bordo della piccola lavagna, duplicando i calcoli in un pezzo di pergamena. “Questa è per te,” disse porgendo la copia ad Hermione. “È la curva d'alterazione noumenica attraverso la quale possiamo filtrare i dati esistenti per riflettere l'attuale stato degli eventi – lascia Albus come l'origine dell'intero piano, ma altera gli attori principali e i possessori delle informazioni.”

Hermione era impressionata. “Questa è matematica complicata in modo fenomenale!” Protestò.

“Grazie,” rispose la Vector, con un po' della sua solita scintilla. “Dovrai solo aggiornarla con le nuove informazioni, ovviamente, o le equazioni vegeteranno.” Piegò la pergamena che Hermione le aveva dato e la mise al sicuro nella sua toga.

“Hermione,” continuò la Vector con un tono più serio, “questi calcoli potrebbero dimostrarsi molto importanti per te nel prossimo anno – e sono abbastanza sicura che sarà un anno. Qualunque cosa tu non abbia già dovresti copiarla stanotte. Distruggerò ogni testimonianza dopo il funerale.”

“Ma-”

La Vector fece tacere Hermione con un dito sollevato. “Severus ha visto la matrice, ovviamente, ma visto che cambia costantemente, e visto che lui conosceva già molte delle informazioni, non credo faccia molta differenza. Il fatto è, tuttavia, che con Albus morto il Ministero cadrà molto in fretta.” La Vector finì il suo caffè e mise la tazza sul tavolo. Cercò nella tasca per un secondo, poi tirò fuori un oggetto d'argento dall'aspetto famigliare. “Il tuo amico Viktor mi ha mandato questo.”

“Una Passaporta?” Hermione era senza parole, la conversazione aveva preso una piega molto inaspettata.

“Per i registri del Ministero, Septima Vector è una Nata Babbana.” La Vector alzò le spalle. “Come in realtà anche Anastasia Papavasilopolous era una Nata Babbana. Una volta che il Ministero sarà caduto, la vita diventerà molto difficile per tutti noi, ma per una strega straniera Nata Babbana, vivere sotto una falsa identità messa in piedi in fretta, le cose potrebbero muoversi in modo fin troppo veloce. Pensavo che una via di fuga fosse il caso.”

“Oh,” disse Hermione con sguardo assente. “Infatti.”

La Vector sorrise e toccò con un dito un vicino foglio di calcoli. “Vedo che anche tu sarai assente da Hogwarts il prossimo anno.”

“Sì,” replicò debolmente.

“Hai i mezzi per diventare una straordinaria Aritmante, Hermione. Se tutto va per il meglio sarebbe per me un piacere lavorare di nuovo con te in futuro.” La Vector allungò una mano verso Hermione lungo il tavolo, e quando Hermione la prese, la strinse fermamente. “Abbi cura di te,” aggiunse portando la sorprendente conversazione alla fine.

Sulla strada di ritorno verso la torre di Grifondoro, Hermione fece una deviazione oltre l'arazzo di Barnaba il Pazzo e i suoi troll ballerini. Armata della dettagliata descrizione di Harry, fu relativamente semplice entrare nella Stanza delle Necessità e trovare il vecchio libro di pozioni di Snape. Sentendosi un po' in colpa, Hermione lo mise nella sua toga. Non andava bene lasciarlo indietro.



Il funerale fu tanto orribile quanto Hermione aveva supposto. L'elogio, in particolare, fu avvilente – Dumbledore era un uomo incredibile e il piccolo celebrante non incluse niente nel suo lungo discorso che arrivasse almeno vicino a rendere straordinaria la sua intelligenza o generosità, né tanto meno gli intrighi da machiavellico genio maipolatore.

L'unica cosa peggiore del discorso fu la vista del viso contratto di Jocelyn Smith. Hermione colse un lampo della esile, giovane ragazza in mezzo gli altri studenti Serpeverde, il loro gruppo emarginato dal resto della scolaresca, marchiata dal supposto tradimento di Snape. La faccia triste di Jocelyn tormentava Hermione con tutto il peso della conoscenza del suo segreto, il pensiero delle conseguenze che sarebbero ricadute su chi conosceva Snape e, ancora più importante, su Snape stesso. Hermione ricordò la breve lista dei suoi amici, così come l'aveva enumerata in precedenza la professoressa Vector quell'anno. Degli scarsi cinque nomi, ora rimaneva solo Lucius Malfoy – e lui era ad Azkaban. Chi altri, pensò, ha fatto tanti sacrifici per sconfiggere Voldemort?

Era per Snape, e non per Dumbledore, che piangeva disperatamente contro l'ampia e confortante spalla di Ron: il suo amichevole e rassicurante abbraccio era sia un'ancora che un promemoria su quanto fosse orribile perdere un amico.

Lei e Ron incontrarono Harry poco dopo che Rufus Scrimgeour lo ebbe lasciato e si sedettero sotto il loro faggio preferito, felici di essere lontani dalla folla. Era strano sedere in un posto così famigliare e discutere la terribile impresa che era stata lasciata ad Harry dopo la morte di Dumbledore.

Una volta ci hai detto,” disse fermamente Hermione di fronte alle sue proteste d'indipendenza, “che c'era tutto il tempo per noi di tornare indietro se lo volevamo. Ne abbiamo avuto il tempo, no?

Resteremo con te qualunque cosa succeda,” confermò Ron. “Però amico, devi venire a casa dei miei genitori prima di fare qualunque altra cosa, persino prima di Godric's Hollow.

Perché?” Harry era genuinamente confuso, la tremolante comprensione della sincerità dei suoi amici era ancora visibile sul suo viso.

Il matrimonio di Bill e Fleur, ricordi?” Suggerì Ron.

Sì,” disse Harry dopo un breve, sbalordito, silenzio. “Non dovremmo perdercelo.

Hermione girò la testa a guardare dall'uno all'altro dei suoi migliori amici. Amore e politica, ricordò a sé stessa, sono una forte combinazione. Sporgendosi in avanti con entrambe le braccia appese un braccio sulle spalle di Harry e l'altro intorno a Ron, strizzandoli contro di lei in un abbraccio goffo. Lei e Ron erano cruciali per il successo di Harry, lo sapeva questo: aveva visto la matematica. Finché restavano insieme c'era molta speranza. E lei, Hermione Granger, aveva un lavoro da fare. Doveva mantenere Harry vivo.

Guardando verso il lago, Hermione si lasciò andare a pensare dove fosse Snape e cosa stesse facendo. Si aggrappò al ricordo che le stava a cuore della sua promessa di aiutarla a modificare la memoria dei suoi genitori. Sarebbe venuto, lo sapeva, non importa quanto difficile per lui sarebbe stato partire: Severus Snape era un uomo di parola.

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NdT: Siamo arrivati alla fine! A me sembra ancora incredibile aver completato una traduzione :). Il seguito, Phoenix Tears, or Hermione Granger and the DH arriverà fra due settimane, ovvero venerdì 1 novembre (siate buone, abbiamo bisogno di portarci avanti con la traduzione e non ritrovarci all'ultimo momento con i capitoli da correggere).

Ci rileggiamo fra due settimane ^___^


Vanny_Winchester: ora è davvero finita, ma abbiamo altri due capitoli in arrivo :))

Eva7: Severus che piange in privato perlomeno è accettabile, si fosse messo a piangere davanti ad Hermione sarebbe stato molto più strano. Festeggiamo per l'addio a Lily, alziamo i calici!!

xX__Eli_Sev__Xx: Benvenuta e grazie per i complimenti! :).

EmaSnape: Grazie, io e silviabella cerchiamo di non lasciare orrori in giro per i capitoli (che ad una prima traduzione saltano fuori) ;))

Anne

  
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