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Autore: Jo_The Ripper    18/10/2013    2 recensioni
“Lui sta arrivando.” Mi dicono sempre parlando all’unisono.
“Chi sta arrivando?” chiedo, mentre agitazione ed inquietudine si fanno strada nel mio animo.
“L’uomo dal corpo nero e le corna di animale. Arriva, Will Graham. Arriva Moloch coperto di sangue di innocenti. Devi svegliarti.”

Un piccolo missing moment che ho immaginato per il finale della prima stagione.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hannibal Lecter, Jack Crawford, Will Graham
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
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REQUIEM IN RE MINORE


Un pazzo! È qualcosa che fa orrore, e tu cosa sei, tu, lettore? In quale categoria ti schieri? In quella degli sciocchi o in quella dei pazzi?

Gustave Flaubert

All’inizio c’è il buio. Un buio denso e fitto che si appiccica sulla pelle come lo zucchero sciolto di una caramella dimenticata al sole.
Ho freddo, ma nonostante tutto cammino e piano l’oscurità comincia a diradarsi.
Realizzo di trovarmi in un bosco, ed i rami degli alberi ormai spogli formano un’ intricata cupola che lascia penetrare deboli raggi lunari. L’aria fredda mi penetra nei polmoni ed il respiro caldo si condensa in un debole soffio di fumo. Mi guardo attorno circospetto, con la sensazione assillante di essere osservato, una percezione che diventa sempre più insistente man mano che continuo a camminare. Stringo gli occhi e cerco di mettere meglio a fuoco il luogo per potermi orientare, ma non è un posto a me conosciuto.
Come ci sono arrivato qui? Sono di nuovo in fuga dissociativa dalla realtà?
No, le sensazioni che avverto sono troppo vere per essere frutto di una mente turbata, ma d’altra parte quando le allucinazioni mi colpiscono sembra sempre tutto reale.
Mi passo una mano sul viso e la scopro madida di sudore. Improvvisamente avverto un fruscio tra le foglie, e poi un rumore di rami secchi spezzati. Mi volto di scatto, ma non trovo nessuno. Il cuore comincia a battere sempre più forte, tanto che credo stia per fuoriuscirmi dal petto. Quando mi giro di nuovo per proseguire il cammino, scorgo tra gli alberi un bagliore luminoso. Mi avvicino e noto che, sul tronco di uno di essi, è attaccato uno specchio. Chiudo gli occhi e mi umetto le labbra per cercare di ritrovare il controllo, ma quando li spalanco di nuovo, nello specchio è riflessa l’immagine agghiacciante di lui, l’assassino e padre di Abigail.
Nello specchio c’è Garrett Jacob Hobbs.

Indietreggio spaventato e di colpo lo specchio esplode, riversando al suolo un mucchio di cocci acuminati. Cado a terra e mi copro il viso con il braccio, mi rialzo e incespicando inizio a correre, ma il bosco sembra stringersi attorno a me e su ogni pianta vedo un frammento di specchio con riflesso all’interno una parte di Garrett Jacob Hobbs.
Continuo a correre fino a quando i muscoli delle gambe non iniziano a dolermi, ed il fianco sinistro è attraversato da una fitta di dolore simile ad una pugnalata. Mi fermo e mi accascio sulle ginocchia per riprendere fiato. Provo ad inspirare dal naso ed espirare con la bocca, ma sono ancora troppo scosso. Solo allora mi accorgo di essere finito sul ciglio di un crepaccio tra due montagne.
E davanti a questo c’è di nuovo lui, Garrett Jacob Hobbs, che se ne sta lì, fermo, aspetta quieto che io finisca nell’abisso insieme a lui.
Il respiro mi si mozza in gola, il cuore batte convulsamente in tonfi sordi ed irregolari, sono completamente irrigidito. Il volto di Garrett è pallido e spettrale sotto i raggi della luna, le labbra bluastre ed esangui tirate in una smorfia inespressiva, gli occhi coperti da una patina lattiginosa che lascia intravedere l’iride azzurra ormai spenta e vuota. I vestiti sono sdruciti e sul petto si allarga una macchia che la luce notturna rende nera, ma che in origine era scarlatta. Il punto dove gli ho sparato.
“Cosa vuoi da me?” domando ancora ansimante, e lui replica con le mie stesse parole.
“Ti ho chiesto cosa vuoi da me!” lo incalzo, ma continua a ripetere.
“Tu sei morto.” Affermo in un sussurro, conscio che tutto questo sta accadendo nella mia testa.
“Tu sei morto.” Ricalca lui.
“Tu sei Garrett Jacob Hobbs. Io ti ho ucciso, non sei vivo, non sei reale.”
Il suo sorriso si allarga e quando apre la bocca per parlare mi arriva una pesante zaffata di decomposizione.
“Tu sei Garrett Jacob Hobbs.” Continua atono.
“No, ti sbagli, io sono Will Graham.” Ripeto convinto.
“Hai visto il riflesso allo specchio. Tu sei Garrett Jacob Hobbs. Tu sei un assassino.”
“No! Io ti ho ucciso, ma non ho mai torto un capello a nessun altro!” esplodo e sento la rabbia invadermi.
“Tu hai ucciso Georgia ed Abigail. Loro sono morte, ed è colpa tua.” I suoi occhi vacui mi trafiggono come dardi ghiacciati.
Cado all’indietro e mi porto le mani alla testa.
Georgia ed Abigail sono morte davvero per causa mia.
Sono morti tutti per causa mia.
Un singhiozzo mi annoda la gola e le lacrime cominciano a scendere, disegnando arroventate scie sulle mie guance.
“Io le ho uccise, io sono Garrett Jacob Hobbs.” Esalo tra un singhiozzo e l’altro.
“Tu sei Garrett Jacob Hobbs.”
Mi sollevo di nuovo in piedi e mi fisso le mani.
Sono lorde di sangue che provo a pulire con furia sulla maglia, ma questo resta sempre lì e non va’ via.
Non andrà mai via.
Fisso il precipizio e poi Garrett Jacob Hobbs. Stende il braccio e mi indica il burrone. Annuisco. Questa è l’unica cosa da fare, assicurare un assassino alla giustizia. Corro e salto nel vuoto.
Ed è di nuovo il buio.

*

Quando mi sveglio un senso di stordimento mi pervade. Provo a sollevare il busto, ma un capogiro violento mi costringe ancora a terra. Non appena realizzo di sentirmi un po’ meglio, riprovo ad alzarmi e ci riesco. Sono all’interno di una caverna, o meglio, una caverna sotterranea. Alzo gli occhi ed intravedo un’ uscita più in alto. Non perdo nemmeno tempo a chiedermi come sono arrivato qui, cosciente di vivere in un incubo che non si è ancora concluso. Devo solo sperare di riuscire a svegliarmi presto. Studio le pareti della grotta e, al tatto, le trovo molto umide e scivolose; fortunatamente vi sono delle forti radici di alberi alle quali posso aggrapparmi per risalire. Abbasso lo sguardo e mi accorgo di avere i piedi nudi e coperti di fango, le mani presentano le unghie spezzate e le nocche scorticate.
Non me ne curo più di tanto e comincio la risalita.
Quando riemergo la nebbia bassa avvolge la terra morbida e coperta di foglie di una foresta di alberi malati, grigi e dalle cortecce cadenti. Non è più buio, ma non credo sia nemmeno giorno, è molto difficile dirlo. Questo è un luogo che sembra essere sospeso in una dimensione al di là dello spazio e del tempo.
Dominano solo il bianco del cielo e della neve che ricopre la terra. I miei piedi la calpestano e la sento scrocchiare, però non avverto il freddo. Mi accorgo di aver totalmente perso la sensibilità in quella zona. Continuo a camminare immerso in una quiete ed un silenzio innaturali ed opprimenti. Tra la massa degli alberi ne distinguo due che sono bianchi, ma di un bianco strano, artificiale, come se tutto il fusto fosse stato verniciato.
D’un tratto il legno inizia a spaccarsi e da questi due alberi fuoriescono le figure di Georgia Madchen e di Abigail Hobbs. Sono entrambe vestite con una lunga tunica bianca quasi quanto il colore della loro pelle.
“Tu sei colui che vede. Colui che vendicherà le vergini maledette nate per il male, messe al mondo e buttate nella sventura.” Esordiscono in coro.
“Io non…” provo a parlare ma le parole si bloccano in gola.
“Per inganno morimmo proprio come uccidemmo.”
“Sono stato ingannato anche io e mi…mi dispiace. Non avrei voluto che finisse così.” Ammetto, con lo sguardo basso e i pugni stretti.
“Tu sei colpevole della nostra morte, Will Graham. Non perché ci hai ucciso, ma perché siamo state uccise a causa tua.” Continuano loro.
“Che significa a causa mia?” domando con sospetto.
“Non l’hai ancora capito? L’hai dimenticato? Noi siamo le vittime di un piano più grande, creato su misura per te.”
Dimenticato…no, io non l’ho dimenticato affatto. I pezzi sono riuscito a rimetterli insieme, nonostante la mia mente provata.
“Io sono riuscito a vederlo.” Affermo, e il ricordo mi procura una fitta di odio che mi costringe a serrare la mandibola.
“L’uomo senza volto.” Dice Georgia.
“L’uomo con indosso l’ingannevole maschera della virtù.” Prosegue Abigail.
Ed in quel momento le loro ferite si aprono. La gola candida di Abigail comincia a squarciarsi con un taglio che zampilla sangue che le macchia la tunica immacolata. Lei si tocca l’orecchio ma trova solo un foro grondante anch’esso liquido cremisi. I capelli le si appiccicano sulla ferita, ma lei non dice niente, resta ferma mentre continua a dissanguarsi. Il corpo di Georgia invece inizia a carbonizzarsi a causa delle neonate fiamme che lo avvolgono. La pelle si stacca e l’aria viene pervasa dall’odore della carne bruciata mista al sangue di Abigail.
“Lui sta arrivando.” Mi dicono sempre parlando all’unisono.
“Chi sta arrivando?” chiedo, mentre agitazione ed inquietudine si fanno strada nel mio animo.
“L’uomo dal corpo nero e le corna di animale. Arriva, Will Graham. Arriva Moloch coperto di sangue di innocenti. Devi svegliarti.”
A quel comando apro gli occhi e mi ritrovo nella mia cella.
Sulle labbra aleggia ancora l’ombra ributtante di un nome che, sono certo, pronuncerò di nuovo molto presto.

***

Jack Crawford parcheggiò l’auto nell’ampio spazio coperto di ghiaia antistante la casa, e si avviò poi a passo deciso verso l’ingresso. Si strinse nel cappotto pesante e calò bene il cappello a tesa larga- che gli dava l’aria di un consumato detective dei film degli anni ’30- sulle orecchie. Bussò alla porta ed attese che fosse aperta.
Dopo pochi minuti comparve sulla soglia il dottor Lecter, armato della sua solita espressione di calma freddezza, anche se a Jack parve di scorgere qualcos’altro, un’emozione che non riuscì ad identificare, poiché durò il tempo di un battito di ciglia.
“Jack, un’insolita ora per farmi visita.” Esordì il medico.
“Mi scusi dottor Lecter, è che…” l’agente non riuscì a trovare le parole adatte. Hannibal gli diede un’occhiata fugace e comprese i suoi pensieri.
Jack era lì perché aveva bisogno di parlare di Will.
“Non c’è bisogno di spiegazioni, capisco perfettamente. Prego, entri.”

La casa di Hannibal era un luogo caldo ed accogliente, a Jack piaceva perché trasudava eleganza e raffinata cultura da ogni piccolo anfratto e rispecchiava totalmente il carattere serafico del proprietario.
Si accorse in quel momento del crescendo di note che proveniva da un giradischi posto su un tavolino d’ebano.
“Mi scusi, lo spengo subito.” Disse Hannibal, che intanto si era recato verso un mobile bar da quale aveva preso una bottiglia da offrire al suo inaspettato ospite. “No, non mi infastidisce. È il Confutatis Maledictis di Mozart, vero?”
Il dottore annuì.
“Una strana scelta. Non è un’opera propriamente rilassante.” Osservò Jack accennando un sorrisetto.
Confutatis maledictis, flammis acribus addictis, voca me cum benedictis. Condannati i maledetti, gettati nelle vive fiamme, chiama me tra i benedetti.” Tradusse lo psichiatra pacato.
“È per Abigail, o per Will?” domandò Jack, che nel frattempo aveva preso posto su una delle sedie accostate al tavolo.
Hannibal rifletté un attimo, poi si avvicinò e gli porse un bicchierino colmo di un pregiato liquore. Si sedette e si lisciò il pantalone del completo sartoriale che aveva ancora indosso dopo la cena con la dottoressa  Du Maurier.
“Per entrambi. La Messa di Requiem in Re minore K 626 mi è sembrata la scelta più adatta; ci sono slancio, dolore, turbamento, oscurità e sconfitta.”
“Sconfitta…” ripeté Jack bagnandosi le labbra con la bevanda offertagli dal dottore. “È proprio così che mi sento. Dopo aver assistito al crollo di Will, dopo aver visto ciò che è diventato…ciò che stava per fare anche a lei, io…non credevo possibile che fosse capace di compiere atti tanto brutali e folli.”
Hannibal osservò il capo dell’unità di analisi comportamentale: il suo viso appariva tirato e stanco, ed era scritta a chiare lettere la sofferenza che provava nell’essere stato colui che aveva arrestato un uomo che considerava suo amico. Ed era altrettanto palese il senso di colpa che provava per averlo spinto al limite, trattandolo alla stregua di un’auto da corsa in un crash test.
“La follia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla.” Dichiarò Hannibal con una nota di irritazione nella voce.
“Non l’avevo mai sentita parlare quasi con disprezzo del suo lavoro, dottore.” Commentò Jack sorpreso.
“Lei non disprezza mai il suo?”
Jack sollevò debolmente l’angolo delle labbra.
“Sì, mi capita di odiare ciò che faccio. Ma poi penso che con il mio lavoro ho la possibilità di assicurare assassini alla giustizia. Penso che valga il rischio, non crede? Specie se questa follia è la causa di tante morti premature.”
“Certo, comprendo bene. Sa, la sanità mentale necessita della follia per la propria stessa sopravvivenza e in condizioni normali chi è sano di mente cerca di conseguenza di procurarsi forme temporanee delle sue più piacevoli manifestazioni: dalla leggera euforia che procurano cose semplici come cerimonie in pompa magna, promozioni, feste e balli, agli stati non altrettanto salutari indotti dall'alcool, dalle droghe e da altre sostanze che alterano la coscienza. Will non ha mai avuto bisogno di cercare queste cose al di fuori, poteva trovarle benissimo dentro di sé, grazie alla sua empatia prima, e allo sviluppo dell’encefalite dopo.”
“Ma lui non godeva delle sensazioni che provava.” Obiettò l’agente. “Per lui tutto questo è stato un dono ed una maledizione. Anzi, direi solo la seconda.” Concluse dando un altro sorso al drink.

Qualsiasi cosa Hannibal stesse provando, non lo diede a vedere. Rimase stoicamente fisso nella sua imperturbabilità. Dopo aver bevuto anche lui, parlò di nuovo.
“Anni di scienza hanno permesso di comprendere che il cervello riconosce e condivide gli stati emotivi tramite un meccanismo a specchio in cui le stesse aree cerebrali si attivano sia nel caso dell’osservazione di un’emozione, sia nel caso della sua effettiva esperienza. Tale meccanismo coinvolgerebbe quelli che vengono chiamati neuroni specchio. È stato proposto che i neuroni specchio agiscano da generatori di rappresentazioni interne che conducono al riconoscimento e alla comprensione del significato degli atti altrui. Se applicato alla sfera delle emozioni, il meccanismo a specchio renderebbe immediatamente disponibile nel cervello la riproduzione dello stato emotivo osservato, consentendo così di comprendere in modo diretto le emozioni degli altri. Questa situazione, portata all’estremo ha fatto smarrire la vera coscienza di sé e dei propri atti a Will, che si è perso negli altri sé che ha dovuto esplorare. Immagini come deve essere stato, per lui, condividere la mente con quella dei molti assassini sui quali ha indagato. Ed io sono arrivato troppo tardi per aiutarlo.” Hannibal guardò attraverso la finestra, stavolta mostrandosi vinto ed abbattuto dagli eventi di quegli ultimi giorni.
Il dottore provava rimorso per Abigail, ma sapeva che lei non era nient’altro che un pedone da sacrificare per preservare un pezzo molto più importante. Si era fatta docilmente guidare verso il suo destino, e l’aveva aiutato a realizzare un progetto più grande con protagonista Will.
E alla fine aveva vinto, eccome se l’aveva fatto; aveva tessuto un piano elaborato così meticolosamente che nessuno sarebbe mai potuto risalire a lui.
Tutti quelli che sapevano qualcosa erano ormai stati omaggiati.
Ogni parte di loro aveva ricevuto i giusti onori, trasformandosi in una delicata pietanza dal sofisticato nome, accompagnata da un vino dal bouquet ricco e profumato. Erano diventati arte attraverso il cibo, gioia per tutti i tipi di palato, da quelli più volgari, fino ai gourmet.
La loro miserabile vita aveva trovato uno scopo più alto.
E la mente di Will…con lui si era divertito a giocare al gatto col topo. All’inizio lo aveva incuriosito, una mente così simile alla sua, in grado di poter competere con qualsiasi criminale, era troppo bella per essere distrutta, almeno non senza analizzarla. Così aveva trovato il modo per continuare a studiarlo nel proprio elemento, ossia diventando il suo psichiatra e consulente per i delitti. Ed infine era riuscito ad espugnarla, accartocciarla, plagiarla e piegarla alla sua volontà.
Ma inaspettatamente Will aveva reagito, aveva scoperto il piano.
Adesso che aveva consegnato nelle mani della giustizia il “vero” Squartatore di Chesapeake, cosa avrebbe dovuto fare? Non c’era assolutamente alcuna possibilità che lui venisse scoperto, di questo era assolutamente sicuro.

“Siamo arrivati tutti troppo tardi per lui, dottore.” Disse Jack interrompendo il filo dei suoi pensieri. “Accade che talvolta ciò che è pauroso sia un bene e debba restare, assiso, a vigilare sulle menti degli uomini, recita il coro nel finale delle Eumenidi, l’ultimo dell’Orestea, la trilogia di Eschilo.” Citò l’agente, e posò il bicchiere sul tavolo.
“Questo motto la consola, Jack?” chiese Hannibal con curiosità.
“No, ma mi da speranza.” Confessò l’altro.
Si guardarono ancora un minuto, la musica era ormai arrivata al movimento finale Lux aeterna del Communio.
“Splenda ad essi la luce perpetua, Signore, con i tuoi santi in eterno, poiché tu sei Pietoso. L'eterno riposo dona loro, Signore, e splenda ad essi la luce perpetua.” Dopo aver pronunciato queste parole, Jack si alzò e si avviò verso la porta, seguito dal dottore.
“Amen.” Rispose Hannibal aprendogliela. “Jack, domani verrò alla prigione, spero non sia un problema.” Annunciò lo psichiatra.
“Non credo sia una buona idea…” provò a protestare, ma Hannibal lo interruppe prontamente.
“Devo dire addio a Will.” Gli confidò in un tono che non ammetteva un rifiuto.
“Capisco.” Continuò l’agente senza più opporsi. “Allora ci vediamo lì. Arrivederci, dottor Lecter.”
“Arrivederci, Jack.”

***

Il suono stridulo della sirena della porta metallica annunciò l’arrivo di un visitatore. Il dottor Hannibal Lecter varcò la soglia del corridoio dell’Ospedale psichiatrico criminale di Baltimora e chiuse gli occhi. Inspirò l’aria attorno a sé, carica di follia omicida, medicinali, sudore, sangue e delirio. Riconobbe subito quel particolare profumo che era sempre stato di Will. Un odore che aveva sempre oscillato tra consapevolezza e irrazionalità, tra voglia di combattere i suoi demoni e di lasciarsi fagocitare dal loro mondo oscuro, tra il sentirsi cadere ed il voler rimanere appigliato ad un qualsiasi stralcio di realtà.
Will era così…unico.
Così spezzato, così incompleto.
Fece pochi passi e lo vide seduto sulla sua branda, a capo chino, con le mani intrecciate dinanzi a sé.
“Salve Will.” Esordì.
L’uomo si alzò e con gesti lenti si avvicinò alle sbarre della cella.
Si fissarono per un momento, e nei suoi occhi Hannibal lesse un determinato e feroce desiderio di vendetta e di giustizia.
“Salve, dottor Lecter.” Rispose fermo.
Hannibal non poté fare a meno di sorridere.
La partita era ancora aperta.

Lacrimosa dies illa,
qua resurget ex favilla
judicandus homo reus.
Huic ergo parce, Deus.

Giorno di lacrime, quel giorno,
quando risorgerà dal fuoco
l'uomo reo per essere giudicato.
Ma tu risparmialo, o Dio.

***

Fanfiction ispirata da questa immagine Il rimorso di Oreste di William-Adolphe Bouguereau, e scritta sotto la pesante influenza del Requiem in Re minore di Wolfgang Amadeus Mozart. Le parti in latino sono, appunto, tradotte dal Requiem. Moloch è sia il nome di un dio, sia il nome di un particolare tipo di sacrificio storicamente associato al fuoco. Moloch è stato storicamente associato con culture di tutto il Medio Oriente, tra cui gli Ebrei, gli Egizi, i Cananei, i Fenici e culture correlate nell'Africa settentrionale e nel Vicino Oriente. Oggi il termine "Moloch" viene usato in senso figurato per designare un'organizzazione o una persona che domanda o richiede un sacrificio assai costoso. Le citazioni propriamente mediche, sono invece tratte dei miei libri di studio.
Ovviamente questi personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà di Thomas Harris e del network NBC. Questa storia è scritta senza scopo di lucro.
Niente di che, ieri è stato il mio primo giovedì senza Hannibal, e la tristezza ha prodotto una sorta di missing moment/ reinterpretazione del finale della prima stagione.
Spero abbiate apprezzato :)
Buon proseguimento e a presto!
  
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