Fanfic su attori > Jamie Campbell Bower
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Autore: Patosangel32    19/10/2013    2 recensioni
La voce di Jamie è sempre un'ispirazione. Il suo sorriso è un'ispirazione. Le sue parole, le canzoni, la risata, le playlist, le foto.
Ho cercato di calarmi nelle parti di una possibile coinquilina. Com'è vivere insieme a Jamie Campbell Bower? Ammetto che a me l'idea non dispiace affatto!!
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jamie Campbell Bower
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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For the records, my hair is naturally blonde.

-“Sono a casa” urlò Johanna entrando nel suo appartamento. Non contava in una risposta, se non altro perché la musica risuonava a tutto volume dal piano di sopra. Avrebbe potuto annunciare il suo ingresso con il proverbiale rullo di tamburi e nessuno al piano di sopra l’avrebbe sentita.
Buttò la borsa sul divano bianco alla sinistra, dimenticandosi che Baya il cane del suo coinquilino vi fosse comodamente sdraiata sopra. Si alzò con un moto di stizza e guardò Johanna letteralmente in cagnesco.
-“Ciao Baya, io non sapevo che fossi qui” Johanna assunse un’espressione perplessa. Era assurdo scusarsi con un cane, sebbene quella fosse piuttosto intelligente. La cagnolina, comunque, iniziò a scodinzolare e poi iniziò a strofinarsi ai piedi della ragazza. Johanna, allora , si inginocchiò e accarezzò il suo morbido pelo fulvo in mezzo alle orecchie. All’inizio era stata contraria, ma quando Jamie aveva portato a casa quell’adorabile ammasso di pelo, Johanna si era sciolta e da quel giorno aveva iniziato ad accudirla, specialmente quando Jamie era lontano per lavoro.
Johanna andò in cucina e si versò la solita goccia di tè. Non che ne avesse davvero bisogno, ma aveva assunto quell’abitudine da quando era piccola e continuava a perseverare anche a distanza di vent’anni. Era abbastanza Inglese da sentirsi male senza il tè delle cinque, e abbastanza americana da ridere di quell’abitudine. Sì, vivere con Jamie negli ultimi tre anni le aveva cambiato il modo di pensare. Anche Jamie era inglese, ma lui certe abitudine le aveva abbandonate per mancanza di tempo. Ecco vedete, il più delle volte quel pazzo del suo coinquilino perdeva un sacco di tempo nel fare cose assurde, ma che per lo meno gli riuscivano alla grande. Scriveva canzoni, cantava e ascoltava musica (che era, da quello che diceva lui, la sua vita), disegnava qualunque cosa ritenendo di essere un artista. E poi improvvisava pezzi di film di qualunque genere. Non importava se vi avesse recitato o se fosse l’ultimo film girato prima della Rivoluzione Americana, se a lui piaceva, metteva in pausa e ripeteva le esatte parole con il suo adorabile accento inglese che, giusto per rimanere in tema, era migliore di quello di Johanna.
“Va beh, ma lui ha tenuto corsi di dizione, così non vale..”, pensava Johanna ogni volta che lo sentiva parlare.
Salì le scale con la tazza in mano, rischiando di scottarsi più volte la lingua. Fece un sacco di baccano con gli stivaletti sul parquet chiaro, ma nessuno la rimproverò di fare piano. Al collegio studentesco aveva un sacco di regole da seguire come non tornare a casa tardi la sera, non lasciare in disordine la stanza, spegnere le luci ad un certo orario, studiare, studiare e ancora studiare. Il bello di vivere con Jamie era che non aveva alcuna regola da seguire e poi era una persona di grande compagnia. Quando Jamie si metteva a chiacchierare e ridere, Johanna non poteva far altro che pensare di avere avuto una grande fortuna ad incontrarlo. Non perché era relativamente famoso e un bellissimo ragazzo, ma era un ottimo amico anche se a volte preferiva perdersi completamente nel suo mondo, infilava le sue cuffie enormi che rendevano il suo viso ancora più sottile, afferrava il suo skateboard nero e spariva per ore. Johanna non si era mai lamentata dei suoi momenti di fuga, anche lei a volte si rifugiava nella sua camera a fissare il soffitto. Che dire? Jamie aveva più fantasia in tutto ciò che faceva, ma Johanna si limitava ad addormentarsi per ore così al suo risveglio le sue ansie si sarebbero quanto meno alleviate.
Attraversò, trascinandosi quasi, il corridoio. Era una di quelle giornate da coma profondo, della serie che si sarebbe tuffata nel suo letto per addormentarsi e svegliarsi dieci anni dopo, se fosse stato davvero possibile.
-“Ogni tanto ci incontriamo” disse Jamie abbassando d’un tratto il volume delle casse. Si spostò con un gesto piuttosto lento le cuffie, così poté infilarsi una mano tra quegli straordinari capelli biondi. Lo faceva ogni trenta secondi, aveva pensato Johanna per i primi tempi. Poi il gesto era diventato naturale e a volte anche lei si ritrovava a scompigliarsi i capelli lisci con la disinvoltura di Jamie. Al ragazzo veniva una tantino meglio.
-“Ehi Biondo” disse lei affiancandosi alla porta. Soffiò profondamente sulla tazzina, gesto che parve più un lungo e rumoroso sospiro. Jamie alzò i piedi sulla scrivania grigia davanti a lui e si portò le mani affusolate dietro la testa. Sì, a volte poteva sembrare un po’ strafottente, specialmente quando, come in quel caso, alzava un solo sopracciglio. Se non avesse una tazza di tè bollente in mano, Johanna sarebbe corsa ad abbracciarlo perché le bastava vederlo per cambiare umore. Aggiungetelo alla lista delle spiegazioni per cui Johanna e Jamie Campbell Bower vivono nella stessa casa da tre anni.
-“Pessima giornata, eh?” disse quello fissando i suoi occhi azzurri in quelli di lei. Non per una questione romantica (Johanna non era innamorata di Jamie), ma quando Jamie la guardava in quel modo la ragazza si sentiva completamente nuda. Come quella volta che aveva lasciato il suo ragazzo perché era diventato opprimente e lui come regalo le aveva lasciato un bel livido sul labbro. Jamie si era talmente infuriato che le aveva proibito di uscire di casa per tutto il fine settimana, come se la colpa fosse stata sua. Intanto lui se ne era andato a dire “quattro parole” a quel tizio. Era tornato a casa tutto sorridente con una torta tra le mani. Le aveva detto che alla fine non lo aveva trovato, ma che per strada si era “sentito chiamare” da quella torta al cioccolato.
Johanna non si era sentita meglio, ma aveva apprezzato il gesto. Jamie però si era pappato mezza torta, ritenendo giusto lasciare l’altra metà a lei qualora il dolore allo stomaco, che lui riconduceva a spiacevoli disturbi ormonali, fosse passato, Johanna avrebbe sentito il bisogno di un po’ si serotonina. E, ahinoi, quella volta Jamie aveva avuto ragione.
Annuì scrollando le spalle. Guardò il ragazzo con la camicia a quadri rossa e nera davanti a lei, da sopra la tazza verde. Jamie allora serrò le labbra in una lunga linea sottile, come se cercasse una soluzione. Solo che quell’espressione seria sul suo viso non c’entrava niente. Johanna scoppiò a ridere.
-“Perché ridi?” chiese Jamie spingendosi nel centro della stanza sulla sedia girevole dotata di rotelle. Johanna posò la tazza sulla scrivania facendo attenzione a non sporcare i fogli tutti scritti in grafia disordinata di Jamie. Poi si buttò sul letto di Jamie, stranamente familiare, forse perché uguale al suo.
-“Non puoi sembrare serio, sai? Quell’espressione pensierosa e concentrata non ti rappresenta per niente” disse lei iniziando a guardare il soffitto. Non si spiegò perché, ma Johanna aveva sempre pensato che fissando il soffitto di Jamie, avrebbe osservato le stelle. Era così che interpretava la spontaneità e la spensieratezza di quel ragazzo. Osservava costantemente le stelle, ci viveva lassù.
-“Già, sono proprio un cattivo ragazzo” rispose Jamie ridendo. La sua risata era contagiosa e molto sonora, non aveva niente a che vedere con risolini e sorrisi tutti finti. Quando Jamie rideva si divertiva davvero. E ciò accadeva spesso.
Stettero in silenzio per qualche minuto. Poi Johanna sospirò. Forse avrebbe dovuto alzarsi e andare ad addormentarsi nell’altra stanza, così Jamie avrebbe potuto alzare di nuovo il volume della musica e continuare nel suo lavoro per un altro po’. Prima o poi si sarebbe stancato e sarebbe uscito per andare a fare qualsiasi altra cosa lo compiacesse e lo rendesse felice.
-“ I feel you, Johanna, I feel you. I’ll steal you, Johanna”
Se avesse continuato con quel canto, Johanna avrebbe perso completamente la cognizione del tempo e l’avrebbe accompagnata nel sonno. Jamie era così intonato e aveva una voce soave! Johanna non avrebbe voluto piangere, ma quando lo ascoltava cantare prima dei suoi soliti sonnellini pomeridiani spesso le capitava. Quel pomeriggio sperò che Jamie non la vedesse. Cercò qualsiasi cosa di banale da aggiungere, ma non le venne in mente niente.
-“Grazie, Bower” sussurrò Johanna portandosi le mani sulla faccia. Jamie a volte, la chiamava ‘my depressed girl’, ignorando quanto Johanna lo fosse davvero. Non aveva realmente un problema. La famiglia le voleva bene. I buoni amici c’erano. La salute pure. Johanna era alla ricerca di un lavoro, ma quello sarebbe arrivato prima o poi. Per il momento si accontentava di dare ripetizioni di fisica , da qui la scarsa fantasia, ad adolescenti per lo più accidiosi nel capire.
-“Per la ninna nanna dici?” chiese Jamie facendo scricchiolare le ossa della schiena. Aveva delle gambe incredibilmente lunghe, notava Johanna. E poi era magro anche se mangiava frequentemente. Il suo reparto nel frigo era pieno di Red Bull e porcherie varie, mentre Johanna… Beh Johanna, non aveva un reparto frigo.
-“Anche. Ma preferisco quando fai le tue solite imitazioni sai.. quelle fanno più ridere” disse Johanna, alzandosi sui gomiti. Jamie era in piedi e stava per infilarsi gli occhiali da sole. Come Johanna aveva preannunciato, sarebbe uscito a breve.
-“Tipo?” chiese Jamie infilandosi una Marlboro in bocca che gli conferiva l’aria da cattivo ragazzo. Però Johanna sapeva di non avere amico migliore di lui.
-“Sono Jamie Campbell Bower e questi non sono i miei veri capelli” disse Johanna imitando in malo modo la sua voce. Jamie rise come al solito rumorosamente, mentre con la mano sinistra prendeva al volo la sigaretta ancora spenta che gli stava per cadere di bocca.
-“Si ma…”
-“Per la cronaca, i miei capelli sono biondi naturali” lo anticipò Johanna. Jamie la guardò scuotendo la testa e sorridendo tutto denti. Si avvicinò le diede un bacio tra i capelli e uscì facendo il gestaccio che tanto gli piaceva.
Senza rendersene conto, poco dopo Johanna si addormentò sul suo cuscino.
   
 
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