Crossover
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Autore: Siirist    20/10/2013    3 recensioni
Siirist Ryfon è un giovane ragazzo della città di Skingrad, figlio di benestanti agricoltori che sogna di entrare nella Gilda dei Guerrieri per ricevere onore e gloria. Ma non è una persona comune, discende da un'antica casata elfica, della quale fece parte millenni prima un Cavaliere dei draghi leggendario. Un giorno la sua vita cambierà drasticamente e verrà catapultato in un mondo di magia, tecnologia, intrighi politici, forze demoniache e angeliche, per poi affrontare la più grande crisi della storia di Tamriel. Questa fanfic è una crossover tra tre mondi fantasy che amo: Final Fantasy (di cui troviamo le ambientazioni, come Spira, Lindblum), "Il ciclo dell'eredità" di Paolini (di cui sono presenti molti dati, quale i draghi con i Cavalieri e il sistema della magia, ma l'ispirazione è molto libera) e The Elder Scrolls IV: Oblivion (di cui sono presenti le città). Oltre a questo ci saranno anche alcune citazioni di One Piece e di Star Wars. I personaggi principali sono tutti originali. Ci saranno alcune comparse da vari manga (Bleach, ad esempio) e in alcuni casi i nomi saranno riadattati (Byakuya), in altri saranno quelli originali (Kenpachi).
NB: il rating è arancione in quanto è adatto alla maggior parte della storia, ma in alcuni capitoli dove compaiono i demoni (non il primo che si incontra all'inizio, quello è ridicolo) gli scontri possono essere anche molto cruenti.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anime/Manga
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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GELIDA FURIA

Sobbalzava. Sentiva le forti correnti sbattere contro la sua armatura e urtarla di conseguenza. Ahia. Aveva sempre pensato che il Flusso fosse un luogo calmo, eppure avvertiva dolore anche lì…
No. Era perché non si trovava nel Flusso, bensì ancora nell’Emean.Aprì gli occhi e debolmente riuscì a vedere l’oscurità del mare illuminata da una forte aura brillante. Che cos’era? Notò di essere assicurata alla sella di un drago azzurro e accanto a lei, seduto, si trovava un Cavaliere dall’armatura in tinta con il drago. Saphira e Tidus? Notò che la dragonessa reggeva il corpo esanime di Eiliis nelle zampe anteriori, una barriera di ghiaccio attorno alla sua testa per permetterle di respirare. Sì, ce la aveva anche lei. Si mosse leggermente, ma era troppo debole.
Ben svegliata.› sentì la voce del vice-capitano nella sua testa.
Dove siamo? Che è successo?
Stiamo tornando a Vroengard. Siamo stati tutti colpiti dagli infrasuoni dei Valendiani ma sono riuscito a proteggere me e Saphira con una barriera di ghiaccio prima di precipitare in mare. Purtroppo sono riuscito a trovare solo voi due…
Alea si morse il labbro per la rabbia e il dolore, gli occhi che incominciarono ad inumidirsi: era colpa sua se anche i dieci al comando di Tidus erano stati abbattuti, colpa sua che aveva attratto l’attenzione dei nemici con quel suo inutile e impulsivo gesto.
Non è questo il momento di abbatterti. Fatti forza, abbiamo ancora un’invasione da respingere, potrai metterti a piangere quando sarà tutto finito. In verità, c’è poco che io possa fare, a confronto tuo, non sono così arrogante da credere di poterti proteggere. E se ti succedesse qualcosa, Siirist mi farebbe a pezzi, non trovi?› sorrise.
All’interno della valle mentale dell’elfa, l’uomo le tese la mano e la aiutò a rialzarsi.
Grazie.› disse sorridendo anch’ella.
Saphira emerse dal mare e si accasciò sulla sabbia di un’isoletta a est di Vroengard, sulla spiaggia che Alea conosceva bene perché era lì che aveva donato a Siirist la sua Collana del Giuramento. La dragonessa azzurra era stremata, nuotare per tutto quel tragitto dopo essere stata colpita dagli ultrasuoni non doveva essere stato qualcosa da poco, specie se considerava che Eiliis era ancora priva di sensi.
«No…!» mormorò Tidus a denti stretti, portando la destra alla sua spada e la sinistra allo scudo.
Alea guardò su dalla sua compagna mentale e impallidì nel vedere sette persone equipaggiate con armature d’oro raffiguranti diversi animali e un uomo alto dagli abiti inusuali, di fibra d’argento e rosso sangue, con i lunghi capelli, anche essi argentati, tenuti in una coda di cavallo; al fianco sinistro reggeva due spade dalla fattura inconfondibile, due katana demoniache, e nella destra impugnava una grande falce nera dall’aspetto infausto.
Con la coda dell’occhio notò un uomo su una piccola barchetta di legno che si allontanava dall’isoletta.
«Ma che fortuna, due Cavalieri con i loro draghi! Posso ucciderli? Posso, posso?!» chiese con fervore sempre maggiore l’ariete, dalla voce un elfo oscuro.
«Fai come ti pare.» rispose il demone con un accento molto marcato, prima di girarsi verso Vroengard e incamminarsi.
L’elfo oscuro dall’elmo d’ariete si mise a ridere felice, una risata che Alea aveva già sentito e che le diede i brividi, e concentrò nelle mani una forte luce celeste spettrale.
«Maledizione, sono troppo stanco per muovermi…» mormorò Tidus, che si accasciò sulla sella di Saphira e spinse via Ilyrana con il movimento del suo busto.
Lo Scorpione diede forma ad una grande lama che tagliò in due Tidus e Saphira, il cui sangue esplose e colpì Alea, che guardò la scena orripilata, incapace di fare alcunché.
«NOOO!» urlò furiosa, prima di rivolgere la sua attenzione verso gli Scorpioni.
Ne erano rimasti solo tre, l’ariete e due dalle armature di toro e tigre. Questi si avvicinò all’uccisore di Tidus e Saphira e gli mise una mano sulla spalla, richiamando la sua attenzione e poi indicandogli Eiliis.
«Una dragonessa bianca? No… Tu non sarai mica Alea, vero?» disse l’ariete con voce maniacale sempre più forte.
Alea non rispose, la sua furia che si manifestava con sempre più violenza, incominciando a ghiacciare la sabbia attorno a lei.
Alea…?› mormorò Eiliis, che si stava riprendendo.
«Sì, questo potere, questo elemento… Sei Alea, non ci sono dubbi, sei la donna del Cavaliere d’Inferno, la donna che ha ucciso il mio adorabile fratellone! Me la pagherai, me la pagherai! Ti farò soffrire, bambolina.» disse, la voce che aveva assunto un tono di sadico divertimento e la fanciulla avrebbe potuto giurare che, sotto la copertura dell’elmo, l’elfo oscuro stesse ridendo maniacalmente.
Nel sentire l’ultima parola, l’ira della Cavaliere esplose definitivamente sotto forma di un tremendo uragano a 360° che ghiacciò tutto ciò che toccò ad eccezione di Eiliis e i corpi martoriati di Tidus e Saphira. I tre nemici si erano protetti rispettivamente con una barriera di luce, terra e fulmine e avevano messo mano alle armi: il toro sguainò due pugnali dai foderi che reggeva sulle cosce, la tigre afferrò un lungo tridente che aveva fino a quel momento tenuto in una fondina legata alla schiena e l’ariete estrasse degli artigli dai guanti d’arme e si mise in guardia.
In un istante, il vento di Bufera di Alea si placò ed ella, con un atteggiamento quasi privo di emozioni, portò la mano all’impugnatura di Raama tel’ arvandorea e la sguainò lentamente, già avvolgendone la lama nel suo potere, mentre invocava anche lo scudo più piccolo sul braccio sinistro.
Scusami, non posso aiutarti per il momento, mi devo ancora riprendere. Ce la farai da sola?› disse Eiliis.
Non significa che non ti attaccheranno. Ce la fai a difenderti, almeno?› rispose con tono quasi indifferente.
… Forse… Sì, credo di sì…› rispose, ancora non abituata a questo modo di fare di Alea quando si concentrava appieno.
«Grande massiccio.» esclamò, avvolgendo la dragonessa in una spessa barriera di ghiaccio di Bufera.
… Grazie.
L’ariete non perse tempo e si slanciò in avanti, il braccio sinistro indietro e pronto a colpire con un diretto. Con un passo indietro, Alea evitò gli artigli per pochi millimetri, ma essi vennero avvolti dalla luce dell’elfo oscuro e si ingrandirono, costringendola a spostarsi di lato, ma non prima di venire colpita sul lato sinistro dell’elmo. L’Adamantite e gli incantamenti resistettero, ma la fanciulla aveva percepito forte e chiaro il cozzare mistico e sapeva che, insistendo, il nemico avrebbe anche potuto superare le sue difese. Se ne sbarazzò con una folata di Bufera che, oltre a scaraventarlo verso gli alberi, lo incominciò inesorabilmente a congelare a partire dal petto, dove era stato colpito, e fece per richiamare i suoi cigni, ma non fece in tempo perché venne attaccata dagli altri due. Trasformò la sua spada in lancia e la lunga asta di legno, usata per bloccare, non fu nemmeno scalfita dai pugnali del toro. Roteò la sua arma, colpendolo in testa con il fondo del bastone e poi abbattendo la lama sulla tigre, che però si difese con il suo tridente avvolto in intense scariche vermiglie. Questi liberò un forte fulmine, anche esso un incantesimo perforante, che colpì violentemente Alea, lanciandola indietro, ma non riuscì a penetrarle l’armatura. Ella non aspettava altro.
«Danza dei cigni.» pronunciò con tono impassibile.
Tutta l’isoletta e la superficie del mare nel raggio di un chilometro si congelarono e attorno a lei sorsero i sei aspetti del suo secondo famiglio.
«Armatura piumata.»
Ma i cigni non si unirono subito a lei perché bloccati dai tre Scorpioni, piuttosto combatterono grazie al loro potere di Bufera ed attesero il momento più propizio per assistere la loro maga. Il momento in cui ella calciò via il toro con un calcio sinistro laterale rafforzato dal fuoco freddo, due cigni si andarono a combinare a Raama tel’ arvandorea, appena in tempo perché la Cavaliere potesse menare un colpo sul capo dell’ariete. Ma a bloccarlo fu la tigre.
In solo quei due scontri, aveva capito come l’elfo oscuro che controllava il fulmine fosse particolarmente capace nell’erigere barriere. Il suo elemento non era visibile all’occhio nudo, ma Ilyrana ne percepì il leggero potere magico attorno a tutta la sua armatura: era sicura che si sarebbe attivato automaticamente se lo avesse attaccato. Aveva bisogno di magie di perforazione capaci di superare con facilità il fulmine. Sorrise nel pensare a quanto fosse stato sfortunato lo Scorpione dall’elmo di tigre a finire contro una maestra del vento come lei.
Sostenuta dal suo elemento affine, ella volò via per evitare di venire colpita da una raffica di pietre comandate dal toro.
«Grande massiccio.» disse alzando il braccio sinistro e concentrando la magia nello scudo.
Unito agli incantamenti, l’incantesimo diede forma ad uno scudo circolare dal diametro di novanta centimetri, il ghiaccio resistente quanto l’Adamantio. Era fortunata a non essersi trovata contro nemici che controllavano il fuoco, perché per quanto la sua Bufera fosse in grado di congelare pressoché qualunque fiamma, non era detta che non ci fosse nessuno in possesso di un fuoco caldo quanto quello d’Inferno di Siirist.
Mentre veniva bersagliata dalle rocce e si difendeva con lo scudo, l’avambraccio sinistro sorretto anche dal dorso della mano destra, altri due cigni riuscirono a raggiungerla, unendosi alle gambe.
«Ali della fenice.»
Dalle caviglie si distesero le ali dorate di Aulauthar ed ella saettò verso l’alto, raggiunta dagli ultimi due cigni che completarono il suo rafforzamento dell’armatura. Rimandò lo scudo a Oblivion e invocò il suo arco, che dal punto in cui era finito nel mare ritornò nella dimensione parallela prima di apparire nella sua mano sinistra. Con Raama tel’ arvandorea che levitava accanto a lei, mise mano a due frecce della faretra invocata dietro la schiena e le incoccò. Ricavato dagli alberi del Boschetto Bianco, una delle zone più antiche della Yaara Taure al confine con la regione altmer, il legno delle frecce era stato addirittura rivestito da Cristallo incantato e ciò era risultato resistente abbastanza da riuscire a sopportare l’impatto dovuto alla forza dell’arco fantasma. Con la punta di Adamantio, incantato per essere ancora più penetrante, i dardi erano riusciti anche a perforare uno scudo di Adamantio non incantato: la Rocca era stata invasa da draghi terrestri, Alea non avrebbe avuto problemi a sbarazzarsene, ma prima doveva pensare ai nemici che aveva di fronte.
Tese l’arco e liberò le frecce che raggiunsero l’ariete, ma egli eresse una barriera di luce che si fuse al fulmine della tigre, generando un elemento di fusione dal colore violaceo. Le frecce non se ne curarono e lo colpirono al cuore, abbattendolo. Immediatamente Alea incoccò un’altra freccia e prese la mira, questa volta avvolgendola con la Bufera che si concentrò attorno alla punta, trasformandola e dandole l’aspetto di una stella a cinque punte, ognuna zigrinata, le due più vicine all’asta uncinate; il peso del ghiaccio era zero, perciò non avrebbe sbilanciato il dardo. Aprì la mano destra ed esso saettò verso il toro che erse una parete di roccia di fronte a sé. Certo, generalmente la terra sarebbe stata efficace contro il vento, ma quella non era la pietraferro di Adamar e la Bufera di Alea era un elemento dalla potenza difficilmente pareggiabile, perciò lo trapassò e prese lo spettro in piena fronte, superando l’armatura di Cristallo come fosse burro.
Afferrata due frecce dalla faretra invocata sul fianco destro anziché da quella della schiena, tese per la terza volta l’arco, cuore e fronte della tigre presi di mira, quando avvertì qualcosa che non andava con la sua barriera mentale. Dopo la caduta dei due Scorpioni, l’attacco mentale perpetrato dai nemici era naturalmente diminuito di potenza e il bosco della fanciulla si era potuto infittire per bloccare l’avversario rimanente. Invece, all’improvviso, aveva percepito qualcosa, come se ci fossero nuovi invasori nel suo mondo interiore che, anziché tentare di invaderlo con la forza, lo stessero penetrando di soppiatto.
«Volo di rondine: Scontro di rondine.» pronunciò, spostando la freccia in direzione dell’ariete.
Scoccò nel momento in cui i due aspetti del primo famiglio si formarono, che istantaneamente si diressero verso la freccia, rafforzandola, avvolgendola in un vortice d’acqua pressurizzata dalla punta acuminata. L’elfo oscuro, avvolto in un’aura lucente, scivolò sul terreno con una magia di levitazione, fuggendo al dardo della Cavaliere, lanciato a 610 metri al secondo, grazie alla sua velocità di luce. Si mosse in maniera imprevedibile, curvando continuamente, ma le rondini di Alea lo continuarono ad inseguire imperterrite.
L’attacco mentale di tigre e toro si rafforzò, mentre quello dell’ariete perse potenza, impegnato com’era a non venire trapassato dalla freccia. Mentre la tigre andava a combattere con Ilyrana, il toro si occupò di assistere il compagno; Alea lo intercettò con una raffica di frecce che liberarono un’esplosione di fuoco freddo. Raama tel’ arvandorea, controllata dai due cigni che le si erano uniti, si occupò di tenere a bada la tigre mentre la maga concentrava la sua magia per richiamare il terzo famiglio.
«Ululato di lupo.» disse, tendendo l’arco.
La freccia raggiunse il toro con tutta la potenza di un uragano, circondata da un’aura di Bufera a forma di lupo famelico. Lo Scorpione evitò il dardo ma il famiglio si liberò da esso ed attaccò il nemico, dilaniandone la gamba destra dopo aver perforato l’armatura d’oro con le zanne.
Rimandato l’arco fantasma a Oblivion, Alea mise mano alla sua arma primaria e terminò l’azione intrapresa dai cigni, uno sgualembro diretto dato con la lama secondaria subito seguito dalla primaria. Dopo una serie di scambi, la fanciulla scese di quota, incitando il nemico ad inseguirla, e si avvicinò alla superficie dell’acqua congelata. La tigre attaccò con il tridente, bloccato da un pilone di ghiaccio eretto dal mare e subito seguito da altri tre ai lati e alle spalle dell’elfo oscuro. Egli generò un’esplosione di fulmini così potente da sciogliere il ghiaccio della altmer, indispettendola non poco, tant’è che corrugò la fronte anche nel suo stato di concentrazione assoluta.
«Cascata di stelle.» esclamò.
La lancia puntata in avanti e impugnata con entrambe le mani, liberò una raffica di proiettili di luce avvolti da acqua che roteava su se stessa ad altissima velocità, il che la rendeva capace di perforare anche la pietraferro più resistente di Adamar. La tigre innalzò una barriera e al contempo schivò verso la propria destra, ma affaticato come era per essersi protetto dall’attacco precedente dell’elfa, fu comunque colpito da uno dei proiettili della Cavaliere sul fianco sinistro: non riportò danni grazie alla sua armatura, ma accusò il colpo fisico.
Senza perdere tempo, Alea lasciò la presa della lancia e invocò nuovamente l’arco fantasma, una freccia già nella destra.
«Fiume di stelle.» mormorò nel tendere la corda.
Anche questa volta la magia perforante non riuscì a superare le difese nemiche (doveva essere incantato contro acqua e luce), ma essendo più concentrata dell’incantesimo precedente, intaccò leggermente l’armatura dorata, crepandola all’altezza del cuore.
Due frecce estratte dalla faretra sulla schiena e incoccate, Alea aveva già concentrato nuovamente la sua energia magica.
«Lancia del destino.»
La magia di Bufera utilizzò entrambi i dardi come catalizzatori e diede forma ad una lunga ed acuminata scheggia di ghiaccio, avente, nella parte più spessa, una circonferenza di quattordici centimetri. Aprì la mano destra ed essa saettò verso il nemico, trapassandolo da parte a parte nonostante avesse eretto una potente barriera.
Dall’altra parte dell’isola, la freccia guidata dalle rondini fu definitivamente fermata dalla carica di un grosso cinghiale di luce, probabilmente il famiglio dell’elfo oscuro, che riuscì a dissipare la magia delle Rondini di pioggia. Grazie al legame alla faretra, la freccia ritornò nella faretra alla vita con una dislocazione.
«Lancia del destino.» disse nuovamente, altre tre frecce incoccate.
Colpita, della testa della tigre rimasero solo sangue, cervella e qualche frammento d’osso, e lo Scorpione, che aveva incominciato a rigenerarsi il buco nel petto, morì. Finalmente ne aveva eliminato uno.
Rimandò arco e faretre a Oblivion e, scudo piccolo imbracciato e lancia nella destra, si occupò dell’altro elfo oscuro che la aveva raggiunta. Si scambiarono colpi su colpi a pochi centimetri dal suolo e dopo essere stato investito da una folata di vento, l’ariete capitolò sullo strato di ghiaccio che aveva ricoperto il mare. Anche Alea tornò a dietro, pattinando rapidamente sul ghiaccio, e concentrò la magia per il suo primo famiglio all’interno del mare sotto di loro.
«Volo di rondine: Drago marino.»
Sfruttando l’acqua marina, i due aspetti del famiglio si ersero dall’oceano sotto forma di drago marino, rompendo il ghiaccio e attaccando voracemente il nemico. Questi si difese con una barriera di luce che riuscì a bloccare il famiglio, così Alea trasformò la composizione della sua creatura magica da semplice acqua marina ad acqua acida. Il drago sfondò lo scudo avversario e lo azzannò al busto, creando nuovi buchi nella corazza; dalle fessure nell’elmo uscì un rivolo di sangue, sputato dall’elfo oscuro.
Con uno degli occhi mentali che stavano seguendo l’azione dello spettro toro contro il famiglio lupo, Ilyrana vide lo Scorpione generare una gigantesca tarantola dal terreno che riuscì a lanciare via la creatura di Bufera, dando tempo al suo padrone di allontanarsi e giungere in soccorso del compagno. Alea alzò la mano destra e dalla superficie di ghiaccio partì una raffica di stalattiti che lo abbatterono, facendolo capitolare al suolo.
«Cannone di neve.» esclamò, puntano in avanti la lancia.
Dalla lama di Raama tel’ arvandorea partì un concentrato di Bufera allo stato solido che investì il grande ragno con la forza di una valanga e lo intrappolò in una prigione di ghiaccio, che in breve lo estinse. Il lupo, ringhiando feroce, raggiunse lo spettro sotto forma di vento e si ricompose nel momento in cui lo azzannò alla gola, penetrandone l’armatura.
Con la preveggenza della sua Ambizione, Alea vide l’ariete lanciare un ultimo disperato attacco che la prese alla schiena, così evitò il raggio di luce che, invece, colpì il toro. Ma quello fu un colossale errore da parte della Cavaliere. Le bastò percepire il residuo magico dell’incantesimo per capire che non si era trattato di qualcosa di offensivo e in meno di un secondo, il toro si riprese completamente e lanciò via il lupo con un pugno, tutte le ferite risanate.
Calma e glaciale come la sua Bufera, Alea corrugò la fronte e strinse forte la sua doppia lancia con entrambe le mani. Attaccò senza sosta il nemico, cercando di eliminarlo prima che anche l’elfo oscuro si riprendesse; fisicamente la altmer era inferiore allo spettro, perciò ogni colpo della doppia lancia era amplificato dalle verdi fiamme di Althidon (per quanto le sue fossero viola) e lo Scorpione, lontano dalla terra, non era capace di lanciare attacchi a sorpresa. Non era il caso di Ilyrana, che ergeva stalagmiti acuminate ad ogni passo del nemico, arrivando a bloccarne ogni movimento.
Con un’ampia figura ad otto, Alea pattinò sul ghiaccio evitando gli attacchi di luce dell’ariete, ora ritornato in gioco. Approfittando del momento in cui la Cavaliere non lo cercava di crivellare, il toro fuggì verso la terra ferma. Notandolo grazie ai suoi svariati occhi mentali, l’elfa alzò una lama di ghiaccio dopo l’altra, ma il toro riuscì ad evitare ognuno degli attacchi.
«Danza del drago dei cieli.» disse, lanciando in alto la sua lancia.
Attorno a lei si formò un turbine d’aria che diede forma al suo primo incantesimo vivente, le cui ali avevano al centro le due di cigno che costituivano la lancia, ora divisa in due, ed esso volò verso l’ariete. Giratasi verso lo spettro, Alea invocò ancora una volta arco e faretre e questa volta estrasse una freccia da quella che reggeva sul fianco sinistro. La scoccò il momento in cui il toro mise il piede sul terreno ghiacciato; egli la schivò ed essa andò a conficcarsi in un albero. Altre due frecce incoccate, le liberò mirando alla gamba destra del nemico: una lo prese nel polpaccio, l’altra si piantò nel terreno.
Il toro, dovendo aver ritenuto di essersi allontanato a sufficienza (come se il ritrovarsi nella lunga distanza contro Alea fosse più vantaggioso che affrontarla da vicino), si voltò verso la sua nemica e alzò le braccia, ma non fece in tempo a richiamare il suo misticismo che l’albero colpito dalla prima freccia si animò: ingranditosi e liberatosi dal ghiaccio, sollevò le radici come fossero piedi e allungò i rami come fossero braccia, nel tentativo di afferrarlo. Allora balzò via, ma dal punto in cui ritornò a terra si erse una gigantesca pianta carnivora. Volò via e, alto nel cielo, concentrò la sua energia, ma nel farlo attivò i semi presenti nella freccia che aveva nella gamba e da dentro il suo corpo si risvegliò il mietitore rosso, una pianta parassita capace di prendere il controllo di corpi organici e ucciderli sul posto, trasformandoli in un obbrobrio sanguinante. Il toro, morto, cadde a terra dove mise radici.
«Aaahhhh!» urlò l’ariete.
Impassibile, Alea si voltò verso di lui e lo osservò fuggire via, avvolto nel suo elemento.
Non lo insegui?› domandò Eiliis, finalmente pronta a muoversi e a combattere.
Pensavo potessimo farlo insieme.› sorrise, uscendo dal suo stato di concentrazione assoluta.
Bentornata.
Scusa, so che non ti piaccio molto quando mi concentro in quel modo. Ma con i loro continui attacchi mentali, non potevo permettermi di andarci piano.
Non sembra hai avuto particolari problemi.› rispose, lanciando un Ruggito che sciolse la barriera di Bufera, permettendole di uscirne.
È prevalentemente grazie alle armi di Hans. Per favore, prendi con te l’elfo oscuro dall’armatura di tigre, vorrei farne esaminare gli incantamenti per capire come abbia fatto a resistere alla mia acqua stellare.› disse con tono più stizzito di quanto avesse voluto.
La dragonessa annuì e si diresse al cadavere dello Scorpione. Lo afferrò con la zampa anteriore destra e, alzatasi sulle posteriori, calciò da terra, librandosi in volo. Alea la raggiunse e si sedette sulla sella, Raama tel’ arvandorea nella sua forma di doppia lancia legata alla sella.
Eiliis andò nella direzione in cui era volato l’elfo oscuro e a qualche centinaio di metri di distanza, sentirono entrambe l’inconfondibile energia sprigionata dal Ruggito della terra di marmo nero di Gilia.
Sta facendo sul serio.› osservò la dragonessa.
Se si fosse trovato ad affrontare gli altri quattro corrotti dalle armature dorate, non mi sorprenderebbe. E c’era anche quel demone.
Eiliis accelerò e Alea già preparò il suo arco. Vide da lontano le quattro tigri cardinali divorare l’elfo oscuro dall’elmo di ariete ma un secondo Scorpione, dalle fattezze di aquila, riuscì a scampare ai famigli del Cavaliere d’Incubo. Tre frecce estratte dalla faretra sulla schiena, Alea le incoccò e le scagliò dopo averle avvolte nel potere della Bufera. Esse raggiunsero il nemico in meno di un secondo e lo presero al centro esatto della fronte e al cuore. In un istante egli si congelò e andò in frantumi.
Sbattendo forte le ali per decelerare, la dragonessa bianca atterrò ad una ventina di metri da Gilia. Questi indossava la sua armatura bianca e si girò, la visiera aperta, mostrando un’espressione di sollievo come non gliene aveva mai viste.
«Mi avete fatto prendere un colpo, lo sapete?»
«Scusa. Ce la siamo vista brutta, in effetti, e non intendo contro questi Scorpioni dalle armature d’oro.»
«Suppongo ne abbia affrontati tre: gli utilizzatori di luce, fulmine e terra?» domandò l’uomo.
Alea annuì. Gilia rimandò la sua armatura a Oblivion e si stese a terra, sfinito.
«Non dirmi che ti hanno fatto faticare così tanto.» esclamò incredula.
«No, loro no. Erano fastidiosi, non lo nego, ma niente di impossibile, soprattutto grazie agli equipaggiamenti di Hans. Ma manipolare il marmo nero è un’impresa a sé.» sbuffò.
Alea aprì la sua visiera e si accovacciò accanto all’amico.
«C’era anche un demone con loro. Che fine ha fatto?»
«Non lo so, ci ha combattuto Adeo. È da un po’ che non ne percepisco più l’energia, deve essere morto.» rispose ad occhi chiusi.
«Adeo? Da solo?! Quel demone era indubbiamente un classe X!»
«Sì, era un vampiro millenario.»
«Che cosa?! Non può essere in grado di affrontarlo!»
«Fidati, ho visto fare ad Adeo cose che non credevo nemmeno possibili. Non avrà problemi. Anzi, come ti ho detto, non sento più l’energia demoniaca del vampiro, dunque direi che Adeo ce l’ha già fatta.»
Alea corrugò la fronte, incerta. Come poteva Adeo, quell’Adeo, essere in grado di sconfiggere un vampiro millenario da solo? Ma se Gilia era così rilassato da riposarsi e quasi farsi un sonnellino, si sarebbe fidata.
«D’accordo, Adeo starà bene da solo, ma ti ricordo che è in corso un’invasione della Rocca e che ci sono ancora molti nemici da eliminare!»
«E io ti ricordo che sono sfinito. Dammi cinque minuti e un trattamento completo e allora potrò rimettermi in piedi. Se andassi ora, sarei solo un peso morto per Asthar. E considera che se ne è anche andato dalla piazza principale perché bastava Bial a massacrare tutti gli Scorpioni. Ora è nel settore della quinta divisione.»
Alea annuì mentre gli toccava il braccio, toccandone il Flusso con il proprio per iniziare a rigenerare tutti i muscoli indolenziti del moro. Per la stanchezza mentale c’era poco che potesse fare, ma tanto il Cavaliere d’Incubo aveva con sé delle pozioni che gli aveva preparato appositamente Adeo.
Gilia sorrise beato nel rimettersi a sedere, muovendo spalle e collo, e si mise in piedi mentre prendeva una pozione da una saccoccia invocata. La bevve tutta d’un fiato e in pochi secondi il suo sguardo si fece nuovamente deciso.
«Vado da Asthar. Ci vediamo quando sarà tutto finito.» disse senza alcun dubbio nella sua voce.
Alea sorrise a sua volta e guardò l’amico volare via avvolto nella luce bianca e nera del portale di Oblivion da cui uscì la sua armatura della tigre.
Possiamo anche lasciare il quinto settore a Gilia e Asthar. Il nono mi sembra quello più in difficoltà, andiamo lì?› domandò Eiliis.
Sì, fra un minuto. Aspettami qui.
Slegò la doppia lancia dalla sella e pattinò verso il punto in cui aveva visto Adeo con un occhio mentale, il terreno che si ghiacciava automaticamente grazie all’azione della Bufera che le circondava gli stivali d’armatura. Abbandonò il sentiero, ormai devastato, che conduceva alla Rocca e entrò nella foresta. In uno spiazzo trovò Adeo che dormiva beatamente accanto ad una statua d’argento, dall’aspetto senza dubbio il demone che Alea aveva visto sulla spiaggia. Come si fu avvicinata di un paio di metri dall’uomo, questi aprì gli occhi e la fissò con il suo solito sorrisino enigmatico.
«Ma che dolce, ti preoccupi per me.» disse con il broncio, come a imitare il viso carino di un bambino.
L’elfa ridacchiò e lo aiutò ad alzarsi. Girò la testa verso la statua d’argento.
«E lui?»
«Ti piace? Sto pensando di tenerlo: la sua espressione sofferente mi ricorda un vecchio “amico” durante le nostre prime volte…»
Alea lo guardò con espressione allibita e un mezzo sorriso, divertita al pensiero della reazione di Siirist se avesse sentito le parole del Cavaliere dal mantello multicolore.
«Come hai fatto a sconfiggere un vampiro millenario?» domandò, andando oltre la digressione dell’amico.
«Un po’ di illusioni, un po’ di alchimia per trasformarlo in argento… Il solito.» disse con noncuranza.
Illusioni? Contro un vampiro millenario? D’accordo che Adeo era rinomato nel campo della mente, ma tenere testa alla tipologia di demone più potente sotto quell’aspetto non era qualcosa di tutti i giorni. D’altronde l’aveva detto Gilia: gli aveva visto fare cose altrimenti ritenute impossibili.
«Complimenti.»
«No, mia cara, devo fare io i complimenti a te. Hai sviluppato da sola, e in molto meno tempo, la mia stessa tecnica della calma assoluta. Non è proprio ai livelli miei, ma ci sei quasi. Finita questa battaglia ti voglio regalare la mia parte di grimorio riguardante la mente: sono certo che, studiandolo, saresti anche più potente di me.»
Alea lo fissò sbigottita.
«Oh, avanti, ho dato a Siirist il mio grimorio completo, perché non dovrei darlo anche a te, anche se solo una parte, che sei molto più meritevole di quell’incompetente? Gli ci sono voluti due anni solo per padroneggiare il livello base delle mie tecniche di concentrazione, sono sicuro che in metà del tempo tu riusciresti a produrre illusioni reali al mio livello se non ancora più potenti. Ma ora basta chiacchiere. Io rimango qui, sono troppo stanco, oltre la soglia per la quale basta qualche pozione, ma tu sei fresca come una rosa, come sempre, d’altronde, perciò vai a riunirti alla battaglia, ci sono molti Cavalieri e draghi a cui farebbe comodo il sostegno tuo e di Eiliis. E mi dispiace.» disse, andandosi a sedere contro un albero, abbassando il tono di voce nel dire l’ultima frase.
Per un momento, Alea uscì dalla sua impostazione marziale e permise alle sue emozioni di invaderle la mente, sentendo una fitta al cuore per la perdita di Tidus. Ma subito scosse la testa e accennò un sorriso, lo sguardo deciso.
«Sì. A dopo.» rispose semplicemente.
Nel suo tragitto di ritorno alla dragonessa, le due compagne mentali specularono su cosa potessero essere le illusioni reali menzionate dall’altro Cavaliere e, Raama tel’ arvandorea nuovamente assicurata alla sella, Eiliis prese il volo.
L’arco fantasma stretto nella sinistra, mentre la dragonessa volava verso il settore degli alloggi della nona brigata, l’elfa liberò frecce su frecce contro gli Scorpioni più potenti che vedeva a terra. Ma giunte a destinazione, sentirono una forte pressione di magia gravitazionale e furono schiacciate a terra.
«Torre del sigillo.» mormorò con difficoltà.
Attorno al corpo della dragonessa si creò un cerchio di vento che si innalzò in pochi secondi, creando una torre di ghiaccio di sessanta metri. Quella particolare modifica elementale dell’elfa, il gelo vampirico, consisteva nell’assorbire ogni forma di energia, che fosse magica o demoniaca, di fatto negando determinati tipi di attacco. Cancellò l’incantesimo gravitazionale per poi dissolversi e, freccia alla mano, la fanciulla la incoccò immediatamente e la liberò in direzione di un umano vestito con una lunga tunica verde scuro, i bordi e il colletto rosso acceso, un grande mantello giallo spento con un cappuccio che gli copriva il viso e stivali di un verde ancora più scuro della tunica; alla vita reggeva una cinta dello stesso colore che reggeva un pugnale ingemmato. Ovunque sugli abiti erano legati amuleti e in mano impugnava una lunga asta di legno inciso, indubbiamente ricavato dagli alberi della Yaara Taure.
«Grande massiccio.» disse, proteggendone il cadavere all’interno della barriera, così da evitare che altri si impossessassero di tutti quegli scettri che l’elfa voleva prendere per sé.
Come se ne avessi bisogno, con il tuo legame con il Flusso e gli incantamenti di Hans.› osservò la dragonessa.
Lo so, ma qualcuno di quegli scettri può risultare interessante. E se non per me, per qualche altro Cavaliere. Almeno così siamo sicuro che gli altri Scorpioni non se ne impossessino.
«Ven Gaar Nos!» Ruggì la dragonessa mentre, mentalmente, concordava con il ragionamento della Cavaliere.
La magia draconica generò un ciclone che colpì un gruppo di Scorpioni, scagliandoli in alto nel cielo. Una decina di secondi dopo, si schiantarono tutti a terra, morendo sul colpo.
La terra iniziò a tremare, così Eiliis, per non correre rischi di venire colpita da attacchi di terra, prese il volo. Invece dalla roccia uscirono scheletri su scheletri e pure il mistico all’interno della sua barriera di ghiaccio si rianimò ed iniziò a cercare di sfondarla.
Magnifico, ci mancavano i negromanti…
Messe tre frecce al suo arco, lo tese e le liberò dopo averle infuse dell’energia del gelo vampirico e intrappolò tre corpi resuscitati in blocchi di ghiaccio; assorbita la magia che li aveva riportati in pseudo vita, essi smisero di muoversi nelle loro prigioni.
Una freccia le arrivò alle spalle, ma Ilyrana la anticipò grazie al colore dell’osservazione e la schivò con facilità con una torsione del busto, per poi rivolgere il suo arco all’arciere nemico. Lo prese in testa, abbattendolo.
Giunsero numerosi Scorpioni, assistiti anche da Cavalieri rianimati, che incominciarono a dirigere un’infinità di incantesimi perforanti contro fanciulla e dragonessa. Eiliis non avrebbe mai potuto evitarli tutti, perciò la altmer rimandò arco e faretre a Oblivion e impugnò la doppia lancia con entrambe le mani. Molti degli incantamenti su guanti, spada e corazza si illuminarono.
«Gemma lucente.» esclamò, erigendo la sua più potente barriera di luce a otto strati.
Con quella protezione, nessuno degli attacchi nemici riuscì a raggiungerle, ma ciò che la fanciulla non aveva calcolato era una granata vibrante che le arrivò addosso emettendo forti ultrasuoni e che, esplodendo, cancellò la barriera.
No!› pensò furiosa.
E proprio come quando era precipitata in mare, Eiliis, priva di sensi, si schiantò al suolo. L’urto fu così devastante che Alea si lussò la spalla destra. Emise un verso di dolore e, ansimante, si riuscì a girare e slacciarsi dalla sella, per poi strisciare a terra e mettersi in ginocchio. Con tutte le sue barriere magiche e gli incantesimi che si era applicata per resistere meglio a danni vari e al dolore spariti, a stento era in grado di tenere gli occhi aperti. Ma anche con le sue sole forze, sarebbe dovuta essere in grado di resistere ad una mera spalla lussata – per Soho, aveva passato di peggio! Allora cos’era? Possibile che la bomba inibitrice di prima non fosse solo quello, ma fosse un congegno diverso che indebolisse anche i bersagli?
La sua linea di pensiero fu interrotta da un elfo oscuro che le apparve davanti con la spada puntata per un affondo; il braccio scattò e la lama la colpì al petto, proprio sopra al cuore, ma l’Adamantio non fu nemmeno scalfito da quel semplice Cristallo incantato. La forza dell’impatto fu comunque sufficiente a farla cadere indietro, sulla schiena, ancora più alla mercé del suo aggressore, e a provocarle un acuto dolore nel punto in cui era stata colpita.
Tentò di richiamare il Flusso, ma sentiva che la sua energia interna era ancora in subbuglio a causa della granata, perciò non poté far altro che aspettare che si ristabilisse e sperare che lo Scorpione non disponesse di incantesimi di perforazione sufficientemente potenti per superare la sua armatura.
Come se le avesse letto nel pensiero (cosa impossibile, poiché la sua difesa mentale non era stata superata), l’elfo oscuro sollevò la spada per un fendente mentre la avvolgeva in un elemento di fusione di alto livello, un misto di luce dal colore verde scuro, brillante ma al contempo cupo, e oscurità nera come la notte. La magia assunse la forma di una grande falce e, nel vedersela arrivare contro, Alea, impotente, chiuse gli occhi.
Siirist…!› pensò, una lacrima che le rigava la guancia.
Cosa l’avesse spinta a riaprire gli occhi, Alea non avrebbe saputo spiegarlo nemmeno dopo mille anni. Fatto sta che sapeva di doverlo fare, sapeva di dover vedere. Quell’improvvisa, leggera ma potente onda di energia demoniaca mista ad una ben nota energia magica le arrivò addosso come una brezza primaverile.
Fra lei e lo Scorpione era apparso Siirist, il busto girato verso sinistra nel caricare un diretto, il corpo avvolto da fumi tenebrosi che si stavano dissipando sempre più se non attorno all’avambraccio sinistro, dove si stavano concentrando. Con il pugno prese in pieno la falce nemica, dissipando l’incantesimo, che si spezzò con il rumore di vetri rotti, infrangendo la spada per poi andare ad afferrare il volto dell’elfo oscuro.

 

 

~


 

Mi scuso per questo ritardo ma domenica scorsa sono stato impegnato e poi, da lunedì, sono stato senza internet fino a ieri.

Il prossimo capitolo si intitola IL CAVALIERE DELLA LEGGENDA e sarà pubblicato lunedì11 novembre. Il Cavaliere d’Inferno è tornato e dimostrerà di meritarsi appieno il suo titolo.

  
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