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Autore: WhiteLight Girl    20/10/2013    4 recensioni
Ruki scrollò le spalle, stese una gamba ed allungò le braccia. «Credi che andrà bene?» domandò, decidendo di cambiare argomento, indicando con un cenno le luci lontane del giardino e della sala da ballo. «Takato e Juri, intendo»
«Spero proprio di sì» sorrise Ryou. «Ora sembrano davvero perfetti insieme, credo che potrebbe durare»
«Ma sono così giovani…»
«Stanno insieme praticamente da una vita» affermò Ryou divertito. Gli sembrava assurdo che Ruki stesse pensando a quel modo degli amici. D'altronde li conoscevano bene, sapevano entrambi quanto avessero fatto affidamento l’uno sull’altra. Il contratto di matrimonio era solo una firma, per loro, che erano stati dati per marito e moglie fin da quando avevano compiuto quindici anni.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rika Nonaka, Ryo Akiyama
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CONFESSIONI SOTTO UN CIELO DI STELLE


Ruki abbandonò la sala da ballo in punta di piedi, quasi spaventata che qualcuno potesse notarla e costringerla ad un altro giro. Ryou, per fortuna, era svanito nel nulla quando gli aveva negato l’ennesimo ballo, asserendo di avere mal di testa e di non sentire più i talloni, prima di trovare un angolino buio in cui nascondersi.
Al centro della pista lo sposo e la sposa volteggiavano sprizzando gioia da tutti i pori. Ruki si chiedeva come facesse Juri a muoversi in quella gonna tutta veli e balze, come facesse a sopportare i guanti impreziositi da diamanti e quell’assurdo velo che le scendeva lungo le spalle.
Se c’era qualcosa di cui era fermamente certa era che non avrebbe mai indossato nulla di così ingombrante. Mai, e per nessuna ragione al mondo.
Distolse lo sguardo dai due amici, nascondendo un lieve sorriso, ed imboccò la porta che dava sull’esterno per raggiungere il giardino. Attraversò i corridoi tra i tavoli semivuoti quasi arrancando; erano quasi tutti sulla pista, lontani dall’aria gelida della notte, concentrati in un ammasso di corpi caldi che avevano reso l’aria della stanza quasi afosa.
Era ben felice di esserne uscita, entusiasta di poter respirare aria fresca, ma un po’ meno riusciva a gioire per il freddo che la penetrava fino alle ossa attraverso lo smanicato tubino blu.
Strofinò le mani sulle braccia, in cerca di calore, poi scese i pochi scalini in marmo fino al vialetto di pietre che conduceva al prato. Una delle cose che avevano apprezzato di più Hirokazu e Kenta, della location del matrimonio, era l’ampio campo da golf che circondava l’edificio. Prima della cena, prima che il sole tramontasse e la festa cominciasse sul serio, avevano improvvisato un paio di partite con alcune ragazze che erano sembrate interessate. Ora, invece, il prato era buio, e decisamente deserto.
Al primo passo sull’erba il tacco sprofondò nella terra umida, facendo perdere l’equilibrio alla ragazza e quasi ruzzolare all’indietro. Non si era resa conto di quanto instabile fosse la sua andatura, si era dimenticata di quanto poco adatta fosse la sua decolleté rossa a camminare su un terreno non solido. Il ginocchio le si piegò, il busto ricadde all’indietro, poi Ruki batté il sedere per terra e gemette, mentre un piede le scivolava via dalla scarpa e l’altro si piegava leggermente causandole una storta.
«Ahu!» si lamentò. Sentì l’umidità della pietra che aveva sotto il sedere attraversare la stoffa del vestito, fino a raggiungere la pelle. Una lieve risata alle sue spalle la fece voltare di colpo. Arrossì, temendo che qualcuno avrebbe potuto raccontare in giro della sua caduta e riderne per anni.
Sospirò, quando vide che si trattava solo di Ryou, e tornò a concentrarsi sulla caviglia che doleva leggermente.
Il ragazzo le porse la mano, lei la afferrò e si issò in piedi, lasciandosi poi ricadere pesantemente sulla panchina di pietra che avevano affianco. Batté due dita sulla pietra, osservandosi il piede nudo, mentre Ryou le porgeva un bicchiere ed una pastiglia.
Ruki sollevò le sopracciglia, e non servì domandare, per avere da Ryou una risposta. «Per il tuo mal di testa» le disse porgendole il tutto.
La ragazza annuì, mandò giù e gli restituì il bicchiere.
«Qualcuno potrebbe pensare che sei già al dopo sbornia» la prese in giro lui. Era risaputo quanto male Ruki reggesse l’alcol; infatti aveva bevuto appena due bicchieri e già sentiva i sensi intorpiditi.
Si piegò in avanti, sbuffando sonoramente al commento, ed iniziò a massaggiarsi la caviglia indolenzita. Ryou raccolse la scarpa che era rimasta sull’erba, poi si sedette affianco a lei.
«Bella serata, comunque» commentò con un sorriso sbirciando in direzione dell’edificio. Dalle porte e dalle finestre chiuse proveniva l’eco della musica, distorto, attutito, ma per niente scomparso. E poi c’era il chiassoso ciarlare della gente, dall’altra parte del viale, vicino ad una fontana che zampillava acqua cristallina tra i putti; piccoli angioletti in pietra grigia dai riccioli scintillanti di umidità.
Era un bel posto, non c’era alcun dubbio, ma Ruki avrebbe preferito decisamente che fosse meno affollato. Non avrebbe mai immaginato che Juri e Takato conoscessero tanta gente.
«Ti va un altro ballo?» le propose Ryou ammiccando, distogliendola dai suoi pensieri.
Ruki spalancò la bocca, voltandosi a guardarlo, cercando le parole per mandarlo al diavolo con classe. Poi rinunciò e biascicò un semplice «no» convinto.
«Volevo fare un giro lontano dalla musica, lontano dai ragazzi che mi sbirciano nella scollatura e lontano da chiunque potesse rivolgermi la parola o costringermi ad alzarmi prima di aver recuperato l’uso dei piedi» spiegò.
Ryou rise. Appoggiò la scarpa tra loro. Scosse la testa, poi le parole affondarono in lui e il sorriso si spense, mentre si voltava a guardarla con un’occhiata cupa. «Chi ti ha sbirciato nella scollatura?»
Ruki scrollò le spalle, come se non le importasse.
Ryou sapeva bene che, se c’era una cosa che la ragazza detestava, era essere considerata un oggetto in mostra o qualunque cosa di simile. Si chiedeva in che modo, colui che aveva commesso il crimine, fosse scampato alla morte. E si chiedeva come avesse fatto lui a non notarlo ed a non cogliere l’occasione di marcare il proprio territorio. Non che a Ruki piacesse neanche essere considerata territorio di qualcuno.
«Lascia stare» asserì la ragazza, abbandonandosi annoiata contro la spalla di Ryou. Gli occhi socchiusi rivolti verso al cielo. Sapeva quanto Ryou potesse essere geloso, ed era certa che ora non sarebbe più scomparso nel nulla lasciandola sola. In parte era quello che voleva. Se Ryou fosse rimasto al suo fianco nessuno le avrebbe più proposto di ballare, e tenendolo d’occhio sarebbe stata molto più tranquilla anche riguardo ad alcune oche che aveva notato adocchiarlo alcune ore prima. Era strano; fino ad alcuni anni prima non avrebbe mai immaginato che sarebbe diventata così possessiva nei confronti del ragazzo.
Sospirò, scrutando il cielo alla ricerca di stelle. Lo sguardo venne catturato da un movimento rapido nella volta blu scuro. «Quella è una stella cadente?» domandò curiosa indicando il punto.
Ryou seguì il suo sguardo. Non gli ci volle molto per trovare il puntino luminoso che lampeggiava. «No. È un aereo» disse serio, torcendo la mano per accarezzare i capelli di Ruki, come per consolarla.
Lei, per tutta risposta, scrollò le spalle, borbottando qualcosa contro l’inquinamento luminoso e quello acustico.
Non che fosse mai stata un’ecologista convinta, ma spesso si ritrovava a lamentarsi di parecchie cose ed ogni scusa era buona, quindi inquinamento ed immondizia potevano benissimo essere presi a cuore, almeno temporaneamente.
La città non era distante; le sue luci scintillavano, abbastanza intense per attutire quelle degli astri che splendevano in cielo. Non c’erano altri ostacoli, per guardarle, a parte alcune sporadiche nuvolette qua e là, non abbastanza fitte per oscurare la luna o coprirla interamente.
Un'altra cosa non si poteva lamentare a Takato e Juri, era quindi la scelta della data. Era una serata freddina ma, tutto sommato limpida. All’inizio della festa qualcuno aveva commentato qualcosa riguardo ad una probabile fortuna spacciata, ma a Ruki non andava affatto di rimuginare su chi fosse stato.
Rimasero in silenzio per alcuni minuti, con a disturbarli solo il chiacchiericcio della gente e la musica ovattata. Poi Ryou pizzicò lievemente il fianco della ragazza, che sobbalzò, e le domandò: «Come sta il piede?»
Ruki allungò la gamba, agitò il piede e fece roteare la caviglia. «Meglio» mormorò.
Ryou sorrise. Era felice che non fosse nulla di grave. Conosceva bene quell’hotel, essendoci stato già altre volte, e ci teneva a fare alcune cose con Ruki prima della fine della serata. Guardò l’orologio, constatando che era solo l’una e mezza, ed iniziò ad immaginare in che modo sarebbe potuta migliorare ulteriormente la sua serata se Ruki avesse deciso di seguirlo.
«Ti va di fare un giro?» domandò alla ragazza porgendole la scarpa.
«Dove?» gli domandò lei. Ma invece di afferrare la scarpa che lui le porgeva si sfilò anche l’altra e la sventolò davanti a lui, quasi costringendolo ad afferrarla prima che la lasciasse cadere a terra.
Ryou le sorrise. «Andiamo dove i tuoi piedi possono trovare sollievo?» propose indicando il prato curato, con l’erba umida. Si alzò, pronto a fare strada. Lanciò una lunga occhiata a Ruki, che alla luce della luna ed in quel vestito gli pareva semplicemente divina. Vide i capelli che le ondeggiavano attorno al viso per via del vento freddo, poi gli occhi gli caddero sulle braccia nude e pallide, ricoperte da un consistente strato di pelle d’oca.
Poggiò le scarpe sulla panchina, sfilò la giacca scura e la poggiò sulle spalle gelide di Ruki. Lei arrossì lievemente; era sempre stata particolarmente contraria a certi scambi affettivi, almeno in pubblico. Ma era grata del calore e dell’odore di Ryou di cui la giacca era ancora intrisa.
Si alzò, fece per prendere le scarpe, ma Ryou la precedette, porgendole poi un braccio per accompagnarla come un signore.
Ruki fece un primo passo sul prato, rabbrividendo per il contatto con l’erbetta umida. Si aggrappò alla camicia nera del ragazzo, per poi lasciarla andare e precederlo di alcuni passi.
Lui affrettò il passo, deciso. «Vuoi che ti porti in braccio?» propose, notando la velocità con cui spostava il peso da un piede all’altro infastidita dal freddo.
Come se Ruki potesse accettare una proposta simile. Gli regalò un’occhiata eloquente, poi tornò a precederlo su per il pendio, a passo svelto, costringendolo ad alzare il passo per non restare indietro.
Ad un certo punto, dopo essersi voltata per assicurarsi di essere in una zona d’ombra e che nessuno potesse vederla, Ruki incominciò a correre. Reggeva con una mano la giacca di Ryou, per evitare che le sfuggisse.
Ryou sbuffò, poi le corse dietro, ben deciso a non lasciarla scappare. Dopo aver passato mesi ad inseguirla, in vari luoghi, modi e situazioni, sapeva bene quanto fosse decisamente più facile impedirle di allontanarsi di quanto non lo fosse riportarla a sé dopo un litigio.
Percorsero alcune decine di metri, da soli, sotto il cielo nero stellato, sul prato umido, fino a raggiungere il laghetto scintillante. Ruki si fermò all’improvviso, incantata dallo scintillio della luna sull’acqua. Spostò il peso da un piede all’altro, strofinando poi le dita intirizzite contro la gamba. Lo sguardo si perse nella vastità della distesa d’erba; non si era immaginata fosse tanto grande.
«Accidenti, wow» si disse voltandosi a cercare Ryou con lo sguardo. Lo vide. Era più vicino di quanto si aspettasse. La raggiunse di corsa e, in pochi istanti, l’aveva afferrata. Ruki gridò, lasciando cadere la giacca e perdendo l’equilibrio.
Ruzzolarono insieme, rotolando sull’erba, avvinghiati. Ryou rideva, lei pareva aver apprezzato un po’ meno.
Soffiò via una ciocca di capelli che le era ricaduta sugli occhi e, mentre la schiena le si inumidiva per il contatto con l’erba, esibì uno dei suoi bronci migliori mentre Ryou, sopra di lei, rideva.
«Non lo fare mai più» ordinò decisa. Lo fissava truce, ma lui era troppo divertito per farci caso o preoccuparsene. E poi trovava Ruki terribilmente attraente, con il broncio.
Si alzò, permettendole di sollevarsi a sua volta, ed andò a recuperare la giacca che era rimasta alcuni metri più in là.
«Allora, che te ne pare?» domandò facendo un cenno in direzione del panorama. Le gettò la giacca addosso, poi scivolò seduto al suo fianco e lasciò ricadere la schiena per terra, incrociando le braccia sotto la testa.
Ruki, questa volta, la infilò per bene. «Non male» concesse.
Incrociò le gambe, trovandosi in una posizione non troppo femminile, ma Ryou non ci fece caso, conoscendola già abbastanza bene.
Il ragazzo piegò una gamba, sollevando il ginocchio. Osservava il celo a tratti, per non far notare alla sua accompagnatrice quanto preferisse invece la vista del suo viso.
«Se senti freddo possiamo rientrare» propose. Ma dov’erano ora la musica appariva davvero lontana, mentre il brusio delle chiacchiere quasi inesistente. Ryou sapeva che Ruki non avrebbe voluto muoversi tanto presto. Erano solo loro, da soli, di notte, seduti su un prato che non sarebbe stato visitato da altri tanto presto. La cosa lo faceva decisamente fremere d’eccitazione.
«Ti ho già detto che saresti da divorare, oggi?» la prese in giro lui.
Ruki rise. La divertivano sempre i modi che usava con lei per strapparle un sorriso. Con il tempo, Ryou, era diventato abbastanza pratico in queste cose, riuscendo benissimo ad evitare che lei si infuriasse con lui per ogni minima cosa.
«Anche tu sembri abbastanza commestibile» lo prese in giro lei, colpendogli una spalla con le nocche.
Ryou le afferrò il polso, impedendole di tirarsi indietro, e le baciò le dita una ad una. «Davvero, sei uno schianto»
«Questa è la scusa che avrebbe potuto usare chi guarda troppo nella mia scollatura» lo schernì Ruki.
«Ehi! Io ho il permesso ed il diritto di sbirciare nella tua scollatura» fece una pausa, rendendosi conto di quanto assurdo fosse il discorso, poi aggiunse: «E anche sotto la gonna. Ma ora dimmi chi ha osato tanto, cosicché possa far fare un giro di trecentosessanta gradi alla sua testa»
Ruki fece roteare gli occhi. Il modo in cui Ryou si era autoproclamato suo cavaliere dall’armatura scintillante a volte la seccava. Altre volte, invece, non poteva che lusingarla particolarmente. Era bello, qualche volta, poter contare su qualcuno che avrebbe provato a spostare le montagne, se solo glielo avesse chiesto. Eppure, ogni tanto, Ruki temeva che la fiducia che aveva riposto in Ryou avrebbe potuto rivoltarsi contro di lei. Non era successo raramente, d'altronde, che fosse stata tradita da qualcuno di cui credeva di potersi fidare.
Suo padre era solo il primo e più rilevante esempio. Un macigno che a volte pesava sul suo cuore in modo inimmaginabile. Ruki strinse le ginocchia al petto, avvolgendole con le braccia, perdendosi in pensieri che credeva di aver accantonato da tempo.
Ora sapeva quanto fosse stato stupido, ma più volte, in passato, si era chiesta cos’avesse che non andava; per quale ragione il padre non le avesse voluto abbastanza bene da restare con lei. Erano domande che continuava a porsi, a volte, sebbene sapesse che non avessero assolutamente senso.
Sentì le labbra morbide di Ryou contro la propria guancia. Il ragazzo lo faceva spesso, quando lei si perdeva nei propri pensieri. Era il suo modo per riportarla dolcemente alla realtà, specialmente quando leggeva negli occhi vacui della ragazza l’ombra di pensieri cupi.
«Cosa?» gli domandò lei, intuendo l’interrogativo nell’espressione di lui.
Ryou scrollò le spalle. «Cosa? dovrei chiederlo io a te» le fece notare. Non era sua abitudine costringerla a parlare di cose che preferiva tenere per sé, ma ci teneva sempre a chiarire che, in caso di bisogno, l’avrebbe ascoltata ignorando il resto del mondo.
Ruki gli sorrise. In quei momenti, quando il ragazzo dimostrava di averla a cuore e comprendere il suoi stati d’animo solo con uno sguardo, riusciva a tornare a pensare – anche solo per un poco – che, si, Ryou era abbastanza giusto per lei.
E sperava di non doversi mai ricredere.
Scrollò le spalle, stese una gamba ed allungò le braccia. «Credi che andrà bene?» domandò, decidendo di cambiare argomento, indicando con un cenno le luci lontane del giardino e della sala da ballo. «Takato e Juri, intendo»
«Spero proprio di sì» sorrise Ryou. «Ora sembrano davvero perfetti insieme, credo che potrebbe durare»
«Ma sono così giovani…»
«Stanno insieme praticamente da una vita» affermò Ryou divertito. Gli sembrava assurdo che Ruki stesse pensando a quel modo degli amici. D'altronde li conoscevano bene, sapevano entrambi quanto avessero fatto affidamento l’uno sull’altra. Il contratto di matrimonio era solo una firma, per loro, che erano stati dati per marito e moglie fin da quando avevano compiuto quindici anni.
A volte Ruki li aveva invidiati. La loro felicità, la sintonia, il loro modo di comprendersi senza bisogno di parole. La sua storia con Ryou, invece, era stato un vero e proprio campo di guerra, soprattutto all’inizio. Per i primi mesi era stato un tira e molla continuo, poi erano arrivati quasi a picchiarsi, prima di trovare quella sintonia che aveva stupito entrambi e che pareva andare consolidandosi con il tempo.
E Ruki si chiedeva spesso quanto ancora sarebbe durata, quanto ci sarebbe voluto perché uno dei due mettesse un piede in fallo, per quanto tempo ancora avrebbe sentito il cuore fermarsi per i baci che il ragazzo le dava. Ogni giorno si rendeva conto di quanto questo la preoccupasse, e la cosa la infastidiva.
«Ti sembra così innaturale che due persone decidano di passare il resto della vita insieme?» domandò Ryou corrucciato, gettando un’occhiata all’orologio e sorridendo. Tornò a guardare la ragazza, che rifletteva sulla risposta da dare.
«Sai com’è, i miei genitori non hanno avuto tanta fortuna»
Ryou sbuffò, contrariato. «Non prendertela, ma evidentemente non era destino»
Ruki gli regalò un’occhiataccia. «E quando lo capisci che è destino?» domandò. Una sfida muta a trovarle una risposta ragionevolmente sensata. Quasi le sarebbe piaciuto che lui ne trovasse una immediatamente, anche a costo di dover fare marcia indietro. Ma Ryou sollevò lo sguardo pensieroso e restò in silenzio per alcuni secondi.
La ragazza sospirò, distogliendo lo sguardo colpevole. Non voleva abbattersi al matrimonio dei suoi migliori amici, e soprattutto non voleva che lui si abbattesse e capisse quanto incerta fosse sulla vaga possibilità di un futuro insieme a lui.
Poi Ryou parlò, spiazzandola: «Sai quanto è immenso Digiworld?» le domandò serio. «Sai che sicuramente non è l’unico universo parallelo a questo mondo?»
Ruki annuì, tentando di capire dove volesse andare a parare.
«Il giorno del torneo, quando ti ho battuta, avrebbe potuto essere l’unica volta in cui ti avessi vista. Invece, tra tanti universi e tante migliaia di persone che ci sono a questo mondo proprio tu sei diventata Digimon Tamer, e sempre tu sei stata la prima ragazza che ho incontrato dopo il mio esilio nel mondo digitale. Sul serio, quante possibilità c’erano di finire nello stesso settore nello stesso momento? Se questo non è destino!»
Ruki arrossì, il cuore le batteva a mille. Non aveva mai pensato che il ragazzo potesse dirle qualcosa di simile. Poi il significato di quelle parole prese forma nella sua testa; Ryou considerava il loro incontro deciso dal destino, Ryou pensava alla possibilità di restare con lei per più che qualche mese o anno. Sorrise tra se, con le gote rosse ed un calore rassicurante che si irradiava per tutto il corpo, riuscendo quasi a cancellare la sensazione del vento freddo sulle gambe. Guardò nella direzione opposta, per evitare che lui notasse lo scintillio commosso nei suoi occhi. Lui fraintese il suo gesto.
«Cosa? Non sei convinta, eh?» scrollò le spalle. «Ok. Hai ragione. Parlavamo di Juri e Takato, ma non ho trovato un esempio migliore» si giustificò afferrando le caviglie della ragazza e trascinandosele in grembo.
Ruki fu costretta a voltarsi verso di lui, a poggiare le mani dietro di sé per non ricadere all’indietro. Rimase ad osservare, mentre Ryou le riscaldava con le mani le dita umide dei piedi e le ginocchia fredde.
«Lo pensi davvero?» gli domandò Ruki, sperando che non leggesse nelle sue parole la speranza di cui erano intrise.
Ryou si limitò a scrollare le spalle. «Mettiamola così, ora come ora non mi viene in mente nessun altro, a parte te, che mi venga in mente di poter sopportare per il resto della vita»
Ruki lo colpì forte, dritto in faccia. Ryou gemette, si massaggiò la mascella indolenzita e sbuffò. «Che diamine, mi rovini sempre le dichiarazioni romantiche»
«Se quello doveva essere romantico» lo schernì lei. Lo afferrò per la cravatta e lo costrinse ad avvicinarsi, per poter poggiare le labbra sulle sue.
Il bacio non fu più che uno sfiorarsi di labbra, Ruki sorrise sulla pelle di lui, riconoscendo la sensazione sul fondo dello stomaco, mentre il mondo attorno a loro scompariva.
«Allora, devo dedurre di averti convinta» sorrise Ryou vittorioso.
Ruki batté le ciglia inconsciamente. «Sei sulla buona strada» disse. Poi poggiò una guancia sul braccio di lui e chiuse gli occhi. Il gracidare delle rane nel laghetto, il rumore dei grilli nell’erba ed il verso dei gufi in lontananza, per un po’, furono gli unici suoni che riuscissero a superare quello della musica che sfumava in sala da ballo. Esistevano solo loro due, in quel momento, e ad entrambi piaceva così.
«Dovremmo tornare dentro almeno per il lanciò del bouquet. Juri potrebbe restarci male se non trovasse la sua damigella d’onore» asserì Ryou rimpiangendo già la tranquillità della notte. Ma non era davvero quello che lo preoccupava, da quando aveva guardato l’orologio l’ultima volta.
Ruki non si mosse, limitandosi a mormorare controvoglia: «Juri sopravvivrà»
«Oh» la stuzzicò lui pizzicandole una guancia. «Non dirmi che non fremi dalla voglia di afferrare quel bouquet»
La ragazza scosse la testa, convinta. «Non c’è cosa che mi importi meno, al momento, di una stupida tradizione europea senza capo né coda»
Ryou si guardò attorno. «Come preferisci» disse, cercando con lo sguardo il punto in cui aveva lanciato le scarpe della ragazza quando l’aveva atterrata. Le vide vicino al laghetto. Pochi centimetri ancora ed avrebbero rischiato di scivolare nell’acqua. Ruki gli avrebbe fatto una bella lavata di capo, se fosse successo.
Si alzò, sbilanciando Ruki e costringendola a rimettersi diritta. Lei emise un lieve lamento seccato, ma si riprese subito dedicandogli uno dei suoi sguardi acidi.
Ryou si diresse verso le scarpe, le raccolse, sbirciò l’orologio per l’ennesima volta e sorrise ancora. «Lo sai che ti amo, vero?»
Ruki gli sorrise, solo per un istante, notando solo in un secondo momento il tono esageratamente seducente che lui aveva usato. Ed era fin troppo divertito.
Si alzò, pronta a chiedergli cosa lo divertisse tanto, si preparò a cavargli le parole di bocca. Ma prima che potesse fare un solo passo un getto d’acqua la colpì al fianco, poi un altro la prese alle spalle. Lei strillò e si lanciò in avanti, scivolando e finendo tra le braccia di Ryou.
Lui la afferrò, impedendole di finire dritta nel lago, e la strinse a sé ridendo sguaiatamente.
«Che bastardo! Tu lo sapevi!» gli gridò lei nell’orecchio guardando con odio la moltitudine di irrigatori che ora annaffiavano il prato.
Finalmente le era chiara la ragione per cui continuava a guardare l’ora, la ragione per cui si era allontanato. Per un istante si disse che lo odiava. Poi lo vide sorridere come un ragazzino, chinare il volto verso di lei ed affondare il naso tra i suoi capelli umidi inspirando forte.
«Mi dispiace, è stata una tentazione troppo forte. Ci sono finito in mezzo anche io la prima volta che sono stato qui» le disse sottovoce, controllando con una mano quanto la giacca si fosse inumidita. Fermi dov’erano ora arrivava solo una sporadica pioggerellina, ma bastava per increspare i capelli, inumidire i vestiti e far rabbrividire entrambi.
Ruki afferrò Ryou per il colletto, sporgendosi verso di lui, come se volesse baciarlo. Lui si chinò, pronto a ricambiare entusiasta. Ma all’ultimo momento la ragazza lo spinse via, spostando con decisione un piede dietro di lui. Ryou tentò di riprendere l’equilibrio ed indietreggiò annaspando per tornare in piedi. Non vi riuscì, finendo sull’erba proprio nel momento in cui gli spruzzi di due irrigatori convergevano sopra di lui.
«E che diamine!» gemette, ritrovandosi da un momento all’altro più bagnato che asciutto. Scosse la testa con violenza, per liberarsi dell’acqua che l’aveva investito ma non si mosse e, mentre gli irrigatori continuavano a girare, fece cenno a Ruki di raggiungerlo. Lei scosse la testa convinta, ridendo, poi strizzò sull’erba i capelli non più perfetti.
«Sei un vero demonio» la prese in giro Ryou. Non che avrebbe mai preferito una Ruki più santarellina, anzi, era convinto che non l’avrebbe proprio sopportata, diversamente.
Lei gli mostrò la lingua. «Sei tu che hai cominciato» si giustificò.
Ryou sorrise. Erano poche le persone con un Ruki riusciva a lasciarsi andare con stupidaggini simili, si contavano sul palmo di una sola mano, ma lui era davvero felice di essere tra quei pochi eletti. «Vieni, non dirmi che di spaventa un po’ d’acqua» la stuzzicò.
«Tu hai pantaloni e maniche lunghe, io sono praticamente mezza nuda» gli ricordò lei indicando con un gesto plateale l’abito blu che non le arrivava oltre metà coscia.
Lui la guardò divertito. «Come se una volta bagnata ci fossero differenze»
«Mi prenderò una polmonite prima di arrivare a casa» tentò Ruki ancora.
Intanto il getto degli irrigatori aveva fatto un giro completo, tornando addosso a Ryou schiaffeggiandogli una guancia per pochi istanti.
Ruki rise, poi il ragazzo sputò dell’acqua per terra e propose, indicando l’albergo: «Prendiamo una stanza, restiamo qui per questa notte»
Ruki aprì la bocca per ribattere, scosse la testa. Ma poi il ragazzo aggiunse: «Pago io, ho la carta di credito ed ho sentito che le camere hanno la vasca idromassaggio»
Ruki sollevò le sopracciglia, intrigata. Le vasche idromassaggio la divertivano. A volte immaginava fossero un calderone di streghe con una pozione ribollente. Era inquietante pensare a come lei potesse immaginare di diventare uno degli ingredienti principali. Certo, se anche Ryou era nella vasca poi i pensieri viravano verso argomenti molto meno innocenti. Ruki provò ad immaginare la situazione.
Dopo qualche secondo decise che avere Ryou ed una vasca con le bollicine per una notte intera valesse decisamente il rischio di una polmonite.
Lasciò scivolare la giacca del ragazzo per terra, speranzosa di trovarvi ancora un accenno di protezione una volta che Ryou avesse deciso di smettere di giocare, e si diresse rassegnata verso di lui.
«Tu sei fuori di testa» gli disse, allungando un braccio per stringere la mano che lui le porgeva.
Lui le baciò le nocche. «Yup» le disse divertito, facendole fare un casquè.
Ruki gemette spaventata, avvinghiò le braccia attorno al collo di lui, per non cadere, e si ritrovò con la faccia proprio nella traiettoria di un irrigatore. L’ondata d’acqua la investì in pieno e non ebbe alcun dubbio che Ryou l’avesse fatto apposta.
«Dai!» gemette contrariata. Ryou la tirò su, stringendole le mani attorno alla vita e facendola roteare in aria. Lei si strinse alle sue braccia, infilando le unghie nei suoi polsi e agitando le gambe nella speranza che lui la depositasse a terra. Quando lo fece non fu un atterraggio morbido e rischiò di finire a faccia in giù sull’erba.
Sbuffò, colpendo con foga il petto di Ryou. Oramai i vestiti stavano appiccicati addosso ad entrambi come una seconda pelle ed erano divenuti quasi trasparenti. Grondavano di copiose gocce d’acqua fredda, che scivolavano come rivoli giù per le gambe pallide di Ruki fino ai piedi. Le scarpe di Ryou, probabilmente, sarebbero risultate inutilizzabili il giorno seguente, ma lui preferiva decisamente non pensarci, com’era sua abitudine. Non era ancora il momento di pensare al domani.
Per una volta i pensieri di Ruki si trovarono sulla stessa lunghezza d’onda di quelli del ragazzo. Poggiò la fronte sul suo petto, sorrise lievemente. Lui la strinse a sé dolcemente. E non importava che fossero fradici, che avrebbero potuto ammalarsi, che li avrebbero presi per matti. Erano insieme, non c’era nulla a dividere i loro corpi caldi stretti in quell’abbraccio. Non c’era nessuno che avrebbe potuto parlargli del loro futuro e rassicurarli su come sarebbe andata a finire, ma forse era il momento di mettere da parte le domande e concentrarsi su ciò che avevano attorno adesso, vivere alla giornata anche la loro storia come avevano fatto sempre con tutto il resto. Gli irrigatori ed il resto del mondo giravano, ma loro erano fermi, insieme.





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Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace.
Sono imperdonabile fanfiction pronta da mesi e il giorno che dovrei postarla me la dimentico. Come faccio a farmi perdonare?
Intanto posto questa, dunque. Gli auguri te li ho già fatti.

   
 
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