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Autore: Flower of Eternity    11/04/2008    4 recensioni
In una squallida, sporca strada di periferia, Neera, nostra giovane ed ingenua protagonista, incontra una creatura oscura, abbandonata. Un essere in fuga.
E lo aiuta.
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO OTTAVO

«Oh. Siete già qui?»
Compitamente, Neera riabbassò la tazza da tè che teneva tra le bianche, sottili e delicate mani. Rivolse poi un sorriso dolce e sincero ai due nuovi arrivati, restando educatamente seduta al tavolino in plastica bianca su cui l’uomo accomodato dirimpetto alla sua ospite aveva imbastito un elegante tè delle cinque.
Sembrava in perfetta salute: i capelli, solito velo nero e morbido, ricadevano sulla sua schiena, e gli abiti non presentavano alcun segno di maltrattamento. Sorrideva tranquillamente, gli occhi blu brillanti come al solito e… stava bevendo del tè mentre consumava pasticcini dall’aria invitante.
La mascella di Robert quasi decise di sganciarsi dal resto dello scheletro, e di andare allegramente a rotolare sull’asettico pavimento di quello strano ed inquietante laboratorio.
Vi erano entrati senza particolari difficoltà, dal momento che la guardia millantata da Adam era misteriosamente risultata assente, lasciando non poco perplesso il giovane dal volto sfigurato. Ma Robert aveva deciso di vedere in quella stranezza un dono del cielo, e se l’era trascinato all’interno di quel piccolo appartamento che Adam gli aveva infine indicato come la porta del suo Creatore. Quindi, baldanzosi e gonfi d’adrenalina come due guerrieri pronti alla battaglia finale, i gloriosi salvatori di Neera avevano attraversato le poche stanze di quel laboratorio bianco e spettrale, ritrovandosi poi innanzi a quella scena a dir poco destabilizzante.
«Ma…» agonizzò il povero Boe, indicando la sua migliore amica con l’arguzia di un contadino che, di ritorno dai campi, si ritrova coinvolto in un Incontro Ravvicinato del Terzo Tipo.
Neera piegò il capo di lato, studiando con i grandi occhi blu i suoi due amici appena arrivati. Ovviamente, il suo sguardo non poté evitare di soffermarsi su un particolare decisamente stonato «Perché Adam ha una gonna rosa?» domandò infatti, perplessa.
Adam arrossì. «L’ho presa in prestito in casa tua. E’ bella.» spiegò, lievemente impacciato. Sembrava assai a disagio in quel luogo, tanto che teneva le braccia incrociate all’altezza del ventre, come se piegato dal dolore; o dalla paura.
La – poca – logica di Robert decise di ribellarsi alla situazione. «Ma tu…» tentò ancora, indicando dapprima la sua migliore amica, poi il tavolino imbandito, e poi l’uomo grassoccio che sedeva innanzi a lei. «Stai… prendendo il tè…»
Adam sospirò. «Lo sapevo che sarebbe finita così…» commentò con aria da martire fatto e finito, attirandosi addosso uno sguardo scandalizzato da parte del suo baldo compagno di salvataggio.
«Sai che farlo sapere anche a me» starnazzò il moro, con una voce ora decisamente degna di una signora quarantenne isterica. «Non avrebbe fatto tanto schifo?!»
«Farti sapere cosa?» s’incuriosì l’altro. Teneva il capo basso, i biondi ciuffi della sua disordinata chioma che gli ricadevano innanzi al viso, celandolo quasi del tutto alla vista dell’uomo grassoccio. Una vista apparentemente miope e distratta, ma in realtà attentamente concentrata su di lui, simile a quella di un vecchio gatto che, seppur ormai non più agile come una volta, non manca di osservare ogni minimo movimento del povero topolino davanti al suo naso.
«Che lui non le avrebbe fatto niente!» rispose Robert, con il tono di chi sta enunciando cose a dir poco ovvie, come che l’acqua sia calda o il cielo blu.
«Ah» comprese allora il giovane sfigurato, rialzando appena lo sguardo sul moro, e preoccupandosi non poco per la sua salute quando ne notò il viso paonazzo, tipico di chi sta per avere un bruttissimo infarto giovanile. «Ma tu non me l’hai chiesto…» fece allora notare, strizzando poi le palpebre ed alzando disperato le mani al volto quando vide che Boe era nuovamente pronto a riempirlo di pugni.
«Robert!» esclamò scandalizzata Neera. «Non picchiarlo, poverino!»
«Poverino?! Che accidenti ti hanno infilato in quel tè?!»
«Mentre vi aspettavamo, abbiamo deciso di fare merenda» prese parola l’uomo grassoccio, parlando in quel momento per la prima volta, forse per calmare i bollenti spiriti del nuovo arrivato. La sua voce era paciosa, solare, e Robert si ritrovò a ponderare che, nei rari momenti in cui aveva pensato al Creatore, certamente non se lo era immaginato così.
«Avete fatto merenda» ripeté solo il ragazzo, mentre la sua povera mente, con disperazione, tentava di riattaccare per mezzo di una colla superforte i frammenti della realtà. «Neera, accidenti a te… non hai pensato che avrebbe potuto avvelenarti?»
«Oh, no, nemmeno per un secondo!» ammise la giovane, sbattendo un paio di volte le palpebre, con innaturale calma. Sembrava quasi offesa per l’insinuazione di lui. «Ha una pistola, quindi credo che avrebbe fatto molto prima con quella, se avesse voluto uccidermi, no?»
Boe la guardò come se, improvvisamente ed inspiegabilmente, avesse desiderato prendere a pugni anche lei. Ed Adam ritenne quel cambiamento di rotta una cosa positiva, almeno per se stesso.
«Santo Cielo» commentò a quel punto Neera, studiando meglio il viso del suo biondo amico. «Cosa ti è successo al naso?!»
Il giovane dal volto ora più sfigurato che mai puntò un indice accusatore sul ragazzo moro in piedi accanto a lui e pigolò semplicemente: «Boe mi ha picchiato.»
«Cosa? Robert!» esclamò allora la poverina, scandalizzata per la seconda volta.
«Ehi! Fermi tutti!» il moro abbaiò quel comando con la voce instabile di chi pondera che prendere a pugni ogni cretino presente nella stanza sarebbe solo un’inutile perdita di tempo, e che dare fuoco all’edificio tutto potrebbe rivelarsi una pratica tanto energicamente economica quanto liberatoria. «Non osare dire Robert con quel tono da mamma scandalizzata, tu! Ti hanno rapito davanti al cancello della scuola, ed io sono venuto qui a salvarti! Ho picchiato questo cretino perché non aveva la minima intenzione di muovere un passo per aiutarmi!»
Improvvisamente, Neera arrossì. Le sue guance si colorarono di una meravigliosa tonalità purpurea, facendola somigliare non poco ad una bambolina in porcellana dalle gote perfettamente dipinte. «Lo hai picchiato… per me?» ripeté in un bisbiglio sorpreso, gli occhi ora lucidi e colmi di una strana emozione.
Adam aveva già visto quell’espressione. Pink Princess l’aveva nella meravigliosa puntata in cui il suo Grande Amore, Blue Prince, si era avventurato nel terribile Mondo degli Incubi per salvarla e riportarla al castello, ove si erano poi sposati nel nome dell’Amore Eterno.
Per un attimo, gli occhi azzurro ghiaccio del ragazzo si ersero da quell’atteggiamento di penitente remissione, spiando dapprima Neera, e poi Robert. Lei, così emozionata. E lui, capace di distruggere interi palazzi pur di recuperarla. C’era qualcosa di proibito e segreto, tra loro, che Adam non comprese; ma, inspiegabilmente, lo invidiò.
«Certo che l’ho picchiato!» rispose semplicemente Boe, ficcandosi le mani nella tasche dei suoi jeans sformati. «E se adesso qualcuno non mi spiega qualcosa» proseguì nella sua fiera protesta. «Io giuro che picchierò anche te. Sono stato chiaro?!»
«Assolutamente» annuì l’uomo grassoccio, serio. «Vuoi del tè?»
«NO!»

***

«Perché l’hai fatto entrare lì dentro?» Boe lo domandò con voce cupa. Si era da poco accomodato accanto a Neera, e le aveva passato un braccio attorno alle spalle; tenendola stretta a sé, incurante del suo ormai diffuso rossore, aveva continuato a fissare l’uomo grassoccio mentre egli costringeva gentilmente Adam ad entrare in una specie di capsula gigante.
Al momento, il biondo giaceva all’interno di essa, i tratti ridisegnati dalla luce bluastra che regnava in quella specie di bara trasparente, gli occhi chiusi e l’aria di chi sta godendosi una sacrosanta dormita. Sembrava rilassato, sperduto in un mondo magico e fatato; eppure, nonostante ciò, la sua espressione non aveva perduto quella solita ombra di tristezza.
«Solo così posso ricaricargli le batterie» spiegò l’uomo grassoccio, donando una pacca quasi affettuosa alla superficie trasparente della grande capsula, e tornando poi ad accomodarsi innanzi ai suoi due ospiti. «Sono davvero dispiaciuto di averti spaventato, ragazzo. A mia discolpa, posso solo dire che ieri mi sono spaventato tanto quanto voi, quando ho scoperto che Adam era sparito.»
«Più che sparito, direi scappato» ammise Robert, e le sue dita si strinsero maggiormente attorno alla spalla di Neera, peggiorando di non poco la situazione cromatica del suo viso. «E, se proprio vuoi saperlo, era terrorizzato al solo pensiero di venire nuovamente acciuffato da te, dal suo Creatore. Ci ha impedito di rivolgerci alla polizia. Ha voluto essere nascosto.»
«Non fatico a crederci» ammise egli, dispiaciuto. «Ma posso giurarvi su tutto ciò che ho di più caro che mai, in tutta la mia vita, ho fatto del male ad Adam. Mai.»
«Davvero?» ironizzò ancora il moro, mentre la ragazza seduta accanto a lui, persa com’era nelle sensazioni del braccio di Robert attorno alle sue spalle, e del calore di lui premuto contro il suo corpo, si limitava ad ascoltare passivamente quello scambio. «Quando abbiamo visto com’è ridotta la sua faccia o le placche di metallo su tutto il corpo, chissà perché ci siamo fatti un’idea diversa. Non sono un esperto di etica, o di legislazione legata al mondo della medicina, ma posso ritenermi abbastanza certo del fatto che quello che hai combinato sul corpo di Adam non è legale. Né, tanto meno, umanamente accettabile»
«No. Ti sbagli» protestò egli, tacitato da un nervoso gesto della mano di Robert.
«Ma questo ora non ha importanza. Tu hai il suo Esperimento alla Frankenstein, io ho ritrovato la mia amica. Siamo pari, dimentichiamoci l’uno degli altri e non rivediamoci mai più.» stabilì in modo perentorio, liberando Neera dalla sua presa ed afferrandole un polso mentre tentava di rialzarsi.
«Frankenstein» ripeté l’uomo grassoccio con un mormorio quasi disperato. «Ho idea che… non avresti potuto operare una scelta migliore nel paragone.»
«Già, in quanto a pazzia credo che tu e Victor (*) ve la battiate bene.» commentò Robert, come sempre poetico e diplomatico. «Con permesso» aggiunse, cercando ancora d’indurre la sua migliore amica a rialzarsi.
«Aspetta» protestò però lei, dispiaciuta. Anche se colui che la stava traendo in salvo era il ragazzo sei suoi sogni, Neera comprese che nemmeno quello l’avrebbe potuta indurre a lasciare Adam solo. «E’ vero, mi ha rapita ma… è stato gentile con me. Voglio dire, quando ha abbassato la pistola. E… mi ha promesso che quando voi foste arrivati, mi avrebbe raccontato tutta la verità. Io voglio saperla, Boe! Cos’è successo a quel povero ragazzo?» domandò allora, rivolta all’uomo grassoccio.
Egli sospirò con dispiacere, rivolgendo un’occhiata al ragazzo ora placidamente addormentato nella grande capsula trasparente, una creatura immersa in una luce azzurrina quasi eterea. «Vi ha detto… come si chiama?» domandò.
«Sì» rispose gentilmente Neera, ed anche i suoi occhi così innocenti e gentili corsero al corpo del povero biondo rinchiuso in quella prigione. «Adam Rick Jack»
«E’ da lì che ho intuito quanto lei sia sadico» ritenne opportuno intervenire Boe, che forse era rimasto serio già per troppo tempo.
«Adam Rick Jack» ripeté l’uomo, abbassando gli occhi. Erano neri e piccoli, uno sguardo spento ed affaticato, chiaro segno di una difficile lotta interiore. «Adam… Rick… Jack. I nomi di coloro cui lui deve la vita.»
«Perché non ho voglia di sapere cosa intende dire?» commentò Robert, con voce quasi lamentosa.
«I nomi» proseguì lo scienziato, portandosi le mani all’altezza del grembo, e stropicciandole incerto. «Dei… cadaveri… che ho usato per creare lui
Il silenzio divenne padrone incontrastato dell’ambiente. Gli occhi verdi di Boe guizzarono in direzione dello scienziato, colmi di un sentimento scandalizzato. Neera, invece perse improvvisamente colore, tanto che dovette appoggiarsi contro lo schienale del piccolo divanetto per non perdere i sensi. E lo scienziato, quasi con disperazione, non osò guardare nessuno di loro.
«Lei è pazzo» mormorò infine Robert, con voce bassa, quasi degna di un luogo sacro. «E’ uno stramaledetto pazzo…»







* Viktor Frankenstein, appunto il dottore che diede vita al mostro tanto amato dal cinema.






Oggi mi prendo un piccolo spazio personale, per ringraziare coloro che ancora seguono e recensiscono questa storia. Ovviamente, è un racconto senza troppe pretese, ma non sapete quando piacere mi faccia leggere le vostre opinioni, cosa vi piace dei personaggi e cosa non vi piace. E’ come condividere qualcosa di prezioso con degli amici speciali, quindi vi ringrazio davvero dal profondo del cuore.
Nel prossimo capitolo, ahimé, non avremo modo di ghignare tanto con le uscite di Boe o con le pazzie di Adam, ma… diciamo che finalmente la verità verrà svelata. Almeno in parte.
Augurandomi di non annoiarvi troppo da costringervi a lasciare questa storia, vi auguro una buona giornata.
Un bacio,
Flower of Eternity
  
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