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Autore: NanaBianca    20/10/2013    5 recensioni
Da grande appassionata del telefilm Buffy, voglio provare a mischiare un po' le carte per vedere cosa ne esce fuori. [NO Cross-over] [Spoiler Terza Stagione] [Damon/Nuovo Personaggio]
Klaus è partito portando Stefan con sé. Tra Elena e Damon l'intesa e l'attrazione fisica diventano sempre più potenti. Ma qualcosa sta per succedere a Mystic Falls. Summer Reed, l' attuale cacciatrice, si reca in questa piccola cittadina alla ricerca di un pugnale: l'unica arma in grado di sconfiggere Klaus.
Genere: Commedia, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Klaus, Nuovo personaggio
Note: Lemon, Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Buonsalve. Questo è solo metà del capitolo “rivelatore” che avevo promesso. Non so se riuscirò a portarlo a termine. Onestamente ne dubito, ma mi dispiaceva tenere questo poveretto sul pc, separato dagli altri qui su efp. ^^ Ergo: ignoratemi! xD
Un saluto dalla vostra latitante NanaBianca.




*** 28 Dicembre ***
Parte 4^




Facendosi distrarre della sua missione, dal suo ruolo di cacciatrice e in particolare dalla voglia di uccidere Klaus con la meritata crudeltà, Summer era riuscita a versare meno lacrime di quante ne richiedesse la situazione. Guardarsi allo specchio e ripetersi di essere la prescelta, di avere obbiettivi che andavano al di là della propria persona, l'aveva sempre aiutata a spegnere ogni emozione ritenuta sgradita. L'immagine riflessa sullo specchio sembrava quella della sua sagoma inanimata; e ciò significava che Summer, magari con uno sforzo maggiore rispetto al passato, riusciva ancora ad annientare, o almeno zittire, la parte fragile di se stessa, che adesso era più loquace e vibrante che mai.
Aveva versato lacrime tanto silenziose e discrete da darle un senso di soffocamento, aveva indossato il jeans e il maglione bordeaux presi a casaccio dall'armadio senza il minimo sostegno da parte dei muscoli, e adesso, nonostante tutto, era pronta ad uscire dal bagno e affrontare Lily, facendo finta che nulla fosse successo.
Si sforzò anche di fare un debole sorriso alla specchiera, come da preparazione a una scenetta teatrale, ma questo la fece sentire soltanto più patetica.
«Ehi...», esordì con un sibilo stanco ma allegro, chiudendosi la porta alle spalle. «Allora? Com'è andata la meditazione? Sei riuscita a capirci qualcosa?» Si sedette sul letto, alla destra della strega, per infilare gli stivali di pelle.
Lily, che rigirava tra le mani quella boccetta che, a dispetto dell'ordine di Damon, non aveva ancora messo al suo posto, piano si voltò verso di lei, dicendo: «Non molto, a dire il vero. O meglio...». Si alzò per fare qualche passo atto a chiarirle i pensieri e poi continuò: «Che il pugnale abbia un doppio utilizzo non mi sorprende; anzi, a pensarci è anche abbastanza logico. Sono stata una stupida a non intuirlo prima. Insomma... la cenere, la segatura... avevo tutte le informazioni per arrivarci. Per il resto invece...». Posò la boccetta sul comodino con una movenza estremamente lenta e delicata, come se quel surplus di tempo potesse portarla alla verità, poi puntò i suoi occhi nocciola sull'amica e, con un volto traboccante di serietà, disse: «Summer, dubito che sia stato il sangue di Klaus a salvarti...»
La cacciatrice fu scossa dal brivido gelido di uno spavento a posteriori, inutile quanto inevitabile. Non era stato il sangue di Klaus a guarirla... Quindi... se Damon non si fosse fermato dal bere il suo sangue... E fu come se tutta l'audacia e la sicurezza provate col vampiro si fossero sciolte in quel preciso istante, quando la vita ormai era un fattore assicurato quanto la tristezza consolidata che portava dentro.
Si alzò per smaltire quelle emozioni e si avvicinò alla grande specchiera che si erigeva dalla cassettiera più imponente della stanza. «Ma... è l'unica spiegazione che abbia un minimo di senso! Sai meglio di me che il sangue dei comuni vampiri non ha effetto sulle cacciatrici, e sei stata tu stessa ad ipotizzare che il sangue di Klaus potesse avere un effetto diverso. Perché adesso dici una cosa del genere?»
«Semplicemente... dubito che possa agire per via indiretta. Tutto qui. Stenterei a crederlo anche se Damon ne avesse bevuto una bottiglia intera.» La strega tornò a sedere sul letto, sostenendosi pesantemente sui palmi. «Dev'esserci dell'altro... qualcosa che non riesco a capire, ma che ha sicuramente a che fare con Damon e il pugnale.»
Summer, il volto pallido e lucido, stava legando i suoi capelli in una disordinata treccia, più per tenersi occupata che per una reale esigenza estetica. E se Lily avesse ragione?, pensava, sentendo il sangue pulsarle nelle tempie. Aveva rischiato di morire e non riusciva a crederci. Il fatto che Damon non l'amasse abbastanza da volerla trasformare in un vampiro le aveva salvato la vita, e questo creava emozioni difficili da elaborare. Un dio ironico e bastardo le imponeva di sentirsi felice e sollevata per quella vita che le scorreva ancora nelle vene, ma, allo stesso tempo e con una crudeltà sottile, l'aveva privata dell'amore che ne avrebbe acceso quel senso che mancava da sempre.
«Che vuoi dire?», chiese, cercando tuttavia di apparire calma. Confessare all'amica ciò che vi era stato poco prima tra lei e Damon, era l'ultima cosa che le andava di fare!
«Ho provato una strana sensazione quando ho toccato il pugnale: uno strano senso di morte e di rinascita. Mi risulta difficile spiegarlo a parole, ma...» Lily fu colta da un breve istante d'incertezza, prima di continuare il suo discorso: «Summer, credo che Damon ci stia nascondendo qualcosa...»
«Andiamo... perché dovrebbe farlo?», rispose lei, quasi di getto, mentre adesso rovistava nel beautycase in cerca di qualcosa che potesse compiere un miracolo sulle sue occhiaie. Da quante ore non dormiva? Perché ogni cosa si stava concentrando nel lasso di quelle giornate che scorrevano via troppo rapide?
Quella congettura non aveva sfiorato Summer neanche con la sua ombra e, nonostante il tentativo, la strega non aveva avuto dubbi sul fatto che l'amica non avrebbe condiviso i suoi sospetti; così smise di osservarla, per riprendere il filo dei suoi pensieri, espressi poi a voce come per liberarsene: «Se solo avessi avuto più tempo... Avrei potuto contattare la strega che l'ha creato e farmi dire ogni cosa, soprattutto se è possibile per una cacciatrice diventare un vampiro». Lo sguardo s'indirizzò sul comodino e sulla boccetta che vi era posata sopra. «Damon ha persino il sangue di Klaus... Non posso credere di aver avuto il pugnale tra le mani e di non aver avuto la possibilità di farlo! Mi sarebbero bastate un paio d'ore per mettermi in contatto con lei!»
E il dubbio intorno al quale orbitava quel discorso, l'incertezza di Lily nell'affermare che una cacciatrice potesse diventare o meno un vampiro, continuò a mettere a dura prova la pressione sanguigna della diretta interessata, che subì l'ennesimo e brusco calo. Come aveva potuto essere così impulsiva? Perché, in quel momento, tra le braccia di Damon, ogni cosa le era sembrata dannatamente giusta? E cosa sarebbe successo se lui non si fosse fermato? Sarebbe realmente morta? Ancora stentava a credere alle parole della strega. Ma, adesso, con il palese rifiuto di Damon, per Summer l'eventualità di trasformarsi in un vampiro si chiudeva per sempre. Così, interrompendo quel discorso che l'amica non aveva ancora terminato, disse: «Sai, Lily... ci ho riflettuto...», nell'ultima ora più che in tutta la sua vita, «tanto...». Si sedette nuovamente accanto alla strega, sfoderando un'aria tranquilla e addirittura serena. «E, credimi, va bene così. Non devi preoccuparti di questo; anzi, in verità ho già un piano d'azione: quando sarò vecchia farò la punta al mio bastone, così sarà una temibile arma ammazza-vampiri di notte e un validissimo sostegno per la schiena di giorno! Ti piace come idea?», chiese, sorridendo e cercando di vaporizzare i toni seri di quel discorso; ma il volto della strega si rabbuiò di colpo, provocandole una sensazione di solitudine e di gelo. Lily si alzò per avvicinarsi alla sua valigia posta ai piedi del letto; s'inginocchiò e vi rovistò dentro. «Certo», mormorò, «dovremmo richiedere il brevetto...», ma il suo tono era privo di entusiasmo e quasi apatico.
«E ora?», domandò Summer, reclinando giocosamente il capo per osservarla meglio. «Mi dici che ti è preso?»
Ma Lily continuava  a frugare nel suo borsone, gettando le mani quasi a casaccio: non aveva la minima idea di cosa cercare, voleva solo distrarsi da tutto ciò che aveva da dire. «Niente», rispose quindi, cacciando un maglione rosa per analizzarlo come non aveva  fatto neanche nel momento dell'acquisto.
«No. Non dire “niente”. Non è vero! Cos'hai?», insistette Summer, prima di scoprirlo da sola, esclamando: «Sei arrabbiata con me!», con un'aria quasi incredula. Neanche sforzandosi, riusciva a ricordare l'ultima volta in cui aveva visto l'amica così contrariata da qualcosa.
«Certo che no!», ma, mentendo più a se stessa che a Summer, Lily continuava a distrarsi volutamente, torturando quella lana intrecciata come se la scelta del suo abbigliamento fosse una questione di vita o di morte.
«Non mentire, lo riconosco quando sei arrabbiata. Ti si fa la fronte rugosa», e Summer lo disse perché la sua faccia era davvero diventata in quel modo: le si erano formate delle piccole rughe tra le sopracciglia, ed altre più lunghe e orizzontali sulla fronte, che sembravano tagliarla in tre parti uguali. «E lasciatelo dire: sembri davvero una strega cattiva quando diventi così!», concluse, ma con una voce dolce, atta a sdrammatizzare.
Ma Lily, la cui unica ossessione si riduceva proprio alle rughe – tanto che in molti correlavano il suo carattere mite al bisogno di non stressare la pelle –, si avvicinò rapida alla specchiera per verificare la veridicità di quell'informazione che però smentì a priori, ovvero ancor prima di ispezionare ogni centimetro della propria fronte con lo sguardo attento di un falco: «Non ho nessuna ruga!» E, una volta rilassato il volto e sistemato una delle tante pinzette a forma di farfalla, si riavvicinò alla sua valigia con una calma visibilmente costruita.
«E invece ci sono! Allora? Cos'ho fatto? Quanto sei arrabbiata?», fece la cacciatrice, vogliosa di sapere quale fosse il problema, ma anche lievemente divertita. «Umh? Da uno a dieci?»
«Non sono arrabbiata», replicò la strega, nuovamente intenta a cercare il nulla.
«Cinque? Sei?»
«Ti dico che non sono arrabbiata!», ma una nota alta tradì il suo proposito di sorvolare la questione.
«Sei e mezzo? Sei e tre quarti?», continuò Summer, come se stesse gettando le basi di un'asta.
«Ok, forse sei», esclamò la strega di getto, per poi valutare quella scelta con più attenzione, in ciò che sembrò un crescendo di consapevolezza: «Anzi, sette. Otto. Otto e mezzo!».
«Sì, otto e mezzo!», decretò poi, alla fine di quella rapida ma profonda analisi di coscienza.
«Wow», sussurrò Summer, investita e sorpresa da quella risposta. «Otto e mezzo. Sono davvero nei guai...», e capì che la situazione, nonostante le apparenze, era estremamente seria. «Allora? Cos'ho fatto?» E dopo svariati secondi di silenzio, in cui la strega guardava tutto fuorché lei, Summer continuò con un: «Mi rispondi?», che subito venne seguito da un'espressione sospettosa. «Non mi dirai che... Non sarà mica perché non mi dispero all'idea di rimanere una cacciatrice per sempre? Vero?», chiese, rendendo quell'ultima parola una sorta di accusa alla sua pedanteria sull'argomento.
«Certo che non ti disperi, Summer. Tu non desideravi altro!», borbottò la strega, continuando a non guardarla.
«Cosa?!», e il tono acuto della cacciatrice manifestò il suo grado di sorpresa e contrarietà. «E quest'assurdità da dove uscirebbe?!»
«Sai bene che è la verità!», sbottò la strega, seppur con un tono di voce controllato e basso, alzandosi e guardandola finalmente negli occhi.
«No!», fu la risposta repentina, prolungata e acuta dell'altra, seguita da un più incerto e sospeso: «Non...».
Guardando di lato, la cacciatrice si diede giusto pochi secondi di pausa, ma che a livello introspettivo bastarono a far luce sulla verità: «Ok. E se anche lo volessi, umh? Cosa ci sarebbe di male? Forse non mi dispero perché sono fatta così...» E mentre il suo tono diveniva più enfatico, quella consapevolezza acquisiva una forma sempre più delineata e chiara. «Amo essere la prescelta, Lily! Amo essere l'unica e sola cacciatrice, e voglio esserlo fino alla fine dei miei giorni! Hai ragione! Sei contenta, ora? Sai cosa farei se non fossi più la cacciatrice?»
Ma la strega non si scompose e, col suo modo pacato, lo sguardo attento e la postura corretta, le replicò: «Sì, Summer. Lo so perfettamente. Ti sentiresti in colpa e soprattutto responsabile verso la nuova, spaesata quindicenne costretta a portare questo fardello al posto tuo. La metteresti sotto una campana di vetro e ti comporteresti come se fossi ancora tu la cacciatrice in carica. Probabilmente la nuova cacciatrice non saprebbe neanche che forma ha un paletto...»
E Summer si rese conto che lei stessa non avrebbe saputo trovare parole più precise e veritiere di quelle pronunciate dalla sua amica. Ma questo non fece altro che confonderla maggiormente. Se la conosceva così bene, se sapeva che le cose sarebbero andate in quel modo, perché s'incaponiva tanto?
«Allora... vedi? Per me essere o non essere la cacciatrice ufficiale non fa alcuna differenza.»
«La fa, la fa eccome. Come fai a non capire?», le domandò, con una lieve nota di rimprovero, sedendosi accanto a lei e guardandola con un'apprensione materna. «Il Consiglio ti ha condannata a morte, Summer. Per quanto tu sia forte... e combattiva... hai comunque un limite: non puoi continuare a fare questo per tutta la vita. A venticinque anni il corpo inizia ad invecchiare. Per un essere umano significa svegliarsi una mattina e ritrovarsi con un capello bianco; per una cacciatrice significa raggiungere il massimo delle proprie forze, della propria sopportazione mentale e fisica, e non riuscire ad andare oltre. È per questo che la natura ha stabilito un subentro. È la forza della giovinezza a doversi opporre all'antichità dei vampiri. Perché la maggior parte delle volte la natura è fatta di equilibri... ma in altre è fatta di contrapposizioni. E il Consiglio lo sa bene, proprio come sa che una volta superato il termine avresti i minuti contati...
Ma anche se non fosse questo il problema, anche se tu riuscissi a tenere duro per tutti gli anni a venire... la libertà è la differenza. Il tuo potere, come quello di ogni cacciatrice, è strettamente legato a Klaus. Al tuo compito di ucciderlo. E fin quando non riusciremo a sbarazzarci di lui, il Consiglio potrà continuare a darti ordini a cui non potrai disubbidire. Adesso ti ha tolto il limite della carica solo per esserti rifiutata di uccidere una ragazza innocente. Cosa vorrà la prossima volta? E come ti punirà se ti rifiuterai?» Cercò gli occhi della cacciatrice, sperando di trasmetterle quell'ansia che non riusciva a scalfirla. Ma Summer si alzò, dirigendosi verso il mobile a specchiera. I suoi pensieri erano rivolti principalmente a quella consapevolezza che stava prendendo forma nel suo cuore. Non aveva mai desiderato liberarsi del suo ruolo di cacciatrice; anzi, la punizione del Consiglio non l'aveva mai turbata più di tanto, proprio perché in verità non aveva mai desiderato altro. Le cose stavano davvero così? Oppure si stava facendo suggestionare da delle parole dette più per apparire forte che per altro?
«Capisco che tu sia preoccupata», le disse, «ma non devi. Me la caverò lo stesso. E per quanto riguarda il Consiglio...» Si guardò allo specchio ed ebbe la sensazione di vedere un'immagine in cui non si riconosceva, come se quella discussione interiore si stesse riflettendo anche a livello somatico. «Beh... può inventarsi quello che vuole, non ho paura di lei; anzi, fammi la cortesia di usare i tuoi poteri per fulminarmi, il giorno in cui avrò paura di un essere con le fattezze di una winx!», cercò di ironizzare come al suo solito, ma la vista del bracciale regalatole da Damon, che in quel momento era riposto su quella cassettiera lucida, incrinò la sua voce con una chiara nota di tormento. «Non ho paura di niente...», sibilò, afferrandolo per indossarlo. La sua unica e più grande paura, quella di un amore non ricambiato, si era avverata solo qualche minuto prima, e in tutto ciò che vi era in quelle parole, lei vi credeva davvero. Ora sentiva di poter affrontare qualsiasi altra cosa le riservasse il destino: niente l'avrebbe fatta star male nel modo in cui ci era riuscito Damon. E se ripensava anche alla sofferenza che aveva provato nel momento in cui l'aveva creduto morto, si sentiva a dir poco invincibile. Sentiva che neanche la più dura delle prove a cui poteva sottoporla il Consiglio, poteva avere come esito tutto il dolore che aveva provato nelle ultime ore. Neanche se quest'ultima avesse lavorato di crudele e sadica fantasia!
Ma, a quell'affermazione, il tono di Lily non poté fare altro che inasprirsi, seppur nei limiti della sua diplomazia e delicatezza: «È molto più spaventosa e potente di quanto immagini. Se avessi un minimo di buon senso, se ti importasse realmente qualcosa della tua vita, la temeresti, proprio come hanno fatto centinaia di cacciatrici prima di te. E sopratutto non dire che non hai paura di niente». Eppure, arrivata a quel punto, i suoi occhi si velarono di tristezza e dolcezza e, sebbene preferisse tenere certi pensieri per sé, le fu inevitabile dirle ciò che aveva sempre pensato: «Ce l'hai eccome, Summer. Solo che hai paura delle cose sbagliate... Ed essere la cacciatrice... è solo la scusa che utilizzi puntualmente per non affrontarle. Ed è per questo motivo che non vuoi liberarti di questo ruolo».
Summer emise un lievissimo gemito d'aria atto a svuotare i suoi polmoni, quasi quell'ossigeno rappresentasse l'affermazione di Lily e quella reazione fisica il palese rigetto di essa. «E dimmi...», esordì con un fare sapiente, sicura di non essersi mai tirata indietro di fronte alle sfide. «Quando non avrei affrontato qualcosa?»
«Quando il signor Harris è morto, per esempio. Non hai versato neanche una lacrima, non hai mostrato nessuna emozione, ti sei comportata da perfetto automa, da perfetta cacciatrice. Quella sera stessa sei addirittura andata a caccia, come se non ti fosse stato concesso neanche un giorno di riposo. Ma in realtà sei stata tu a non volerlo. A non volere neanche un giorno per pensare ad un uomo che ti aveva amata come una figlia ... per affrontare un dolore a cui avevi pienamente diritto. E usi questo schema con tutto, dalle cose più serie a quelle più ordinarie, come il collage. Hai gettato la spugna anche prima di frequentare la prima lezione, quando invece avevi promesso ad Harris che avresti almeno tentato. E tutto con la solita giustificazione: che la tua vita non te lo permetteva. Sono certa che non ti è mai passato per la mente che forse avevi solo paura di fallire, come ogni normalissimo studente. E tutti gli uomini che sono entrati nella tua vita dopo J.D?! Non hai dato loro neanche il tempo di farsi conoscere, che li hai cacciati dal tuo letto come se ti avessero fatto chissà quale torto imperdonabile a mostrare interesse per te, a volerti donare il loro affetto, a voler avere cura di te...»
E come se quelle parole avessero avuto un peso materiale, Summer si sentì completamente schiacciata, priva di ogni granello di forza. Sentire Lily pronunciare il nome di Harris aveva lacerato il tempo. Le aveva inumidito gli occhi e stretto la gola in una morsa spietata. Aveva pensato a tutto, meno che a questo. La morte del suo osservatore era stata una sfida che non aveva affrontato? La risposta era sì, e Lily aveva dannatamente ragione su tutto, o quasi...
«Io... non sono più così», sibilò Summer, sedendosi nuovamente accanto all'amica, gli occhi spalancati, timorosi di chiudersi per non dare vita alle lacrime. Si voltò verso di lei e aggiunse: «E vorrei tornare ad esserlo... Credimi, in questo momento, lo vorrei con tutte le mie forze. Ma dubito che ci riuscirei...» E Summer avrebbe davvero voluto ritornare ad essere quella ragazza che non si misurava mai con i suoi sentimenti, che non si innamorava e che non metabolizzava la perdita delle persone che amava, ma ormai non era più così. E il ricordo della morte di Kendra venne ad avvalorare quella consapevolezza. In quell'occasione aveva addirittura disertato i suoi doveri di cacciatrice per  rifugiarsi tra le braccia di Damon; e aveva desiserato con tutta se stessa che da quelle braccia non vi fosse via d'uscita. Aveva permesso a quel vampiro di portare almeno un po' del dolore che la stava schiacciando. E lo aveva fatto entrare dentro di sé, nel buio torbido della sua anima, come non aveva mai concesso a nessuno.
Lily posò con delicatezza la mano sulla sua e con la solita voce dolce, che quasi evocava immagini di ruscelli immersi nel verde, le disse: «Lo so, scusami, sono stata brusca e ho tirato fuori cose passate che non avevo mai avuto il coraggio di dirti. Mi dispiace. Lo so... So che sei cambiata... So chi ti ha cambiata... ma... credo solo che non sia abbastanza. In fondo, sei innamorata, giusto? Allora perché non riesci a desiderare la libertà neanche adesso? Vorrei solo che tu capissi che non ti verrebbe tolto nulla. Niente di ciò che sei. E, se lo vorrai, potrai continuare a combattere, ma con la differenza che sarà Summer Reed a volerlo fare come valore aggiunto alla sua vita, e non la vita stabilita da altri e che usa come alibi per non mettersi in gioco in nient'altro. Ho solo paura che continuando ad essere la cacciatrice, avrai sempre qualcosa dietro cui nasconderti. E, non fraintendermi, alla fine lo facciamo tutti e non c'è niente di male... È solo che... in tutti questi anni ti ho vista eludere più emozioni di quante ne hai vissute». Fece una pausa e poi aggiunse: «Ma potrei anche sbagliare. I capelli rossi mi renderanno una strega stereotipata, ma almeno non possiedo nessuna sfera di cristallo. Perciò, ho solo una domanda, ma la risposta devi darla solo a te stessa, non a me. Quando è stata l'ultima volta in cui essere la cacciatrice ha agito da freno in qualcosa che volevi o che avresti dovuto fare?».
A Summer, in un primo momento, quella domanda suonò strana, come se ad essa non avrebbe mai potuto dare una vera risposta, ma poi rivide se stessa, prima che tutto accadesse: le sue mani sul volto di Damon, dopo che questi aveva bevuto il sangue di Klaus; l'occasione di dirgli che lo amava persa in una convinzione che adesso le appariva vuota: lei era la cacciatrice e non poteva permetterselo in un momento in cui da lei dipendevano le sorti di una missione troppo importante. Paura. Nient'altro che paura. Aveva eluso anche e soprattutto questo. Ed ora, ancora come se fosse tornata indietro nel tempo, rivedeva Damon accovacciato di fronte a lei, dopo aver bevuto il suo sangue, che con dolcezza teneva le sue mani tra le proprie e le spiegava il motivo per cui non l'aveva trasformata, i suoi occhi azzurri traboccanti della dolcezza più pura: “Tu non vuoi diventare un vampiro, perché significherebbe lasciare il posto di cacciatrice ad un'altra... e non vuoi. Il solo pensiero di non essere più la cacciatrice, di non avere più una missione, un ruolo prestabilito, un'identità di riferimento... ti spaventa. Sai che dopo ti ritroveresti a dover ridefinire te stessa, a fare i conti con tutto ciò che sei adesso, tutto ciò che eri prima di diventarlo e tutto ciò che invece dovrai essere. E questo perché sei piena di stupide insicurezze... che io trovo adorabili, ma che prima o poi dovrai affrontare. E io... voglio solo che tu lo faccia quando ti sentirai pronta a farlo. Non potrei mai trasformarti in un vampiro, sapendo che non è ciò che realmente vuoi, sapendo che lo fai solo... per quello che provi per me.”
Tutte quelle parole che prima erano scivolate sulla sua corazza, adesso le entravano dentro con la potenza di un tifone.  Lily e Damon avevano capito quelle verità prima di lei. E Damon non l'aveva trasformata perché sapeva che dopo la sua identità si sarebbe frantumata, rendendola inevitabilmente infelice. Aveva capito che lo stava facendo solo ed esclusivamente per lui ed era riuscito a fermarsi in tempo. E Summer sentì nel petto l'esplosione di calore e gioia che si prova quando ci si innamora nuovamente di una persona che non si ha mai smesso di amare: quel livello successivo, messo sempre in discussione dall'erronea consapevolezza di non poter provare un amore che vada oltre quello che già si prova. Adesso lo sentiva dentro di sé come una fonte di luce accecante, e moriva dalla voglia di stringere Damon contro il suo petto, con tutto l'amore che poteva trasmettergli. E sorrise, ripensando a lui che le diceva: “Se tu avessi capito ciò che volevo dire... mi avresti spogliato, mi avresti sbattuto sul letto e avresti abusato di me senza remore!”. Sì. Era esattamente tutto ciò che desiderava! Il vampiro era stato profetico anche su questo!
Ma si poteva essere così stupidi da non capire niente di se stessi? Da aspettare che fossero gli altri a portare luce sulla propria natura?, si rimproverò, sentendosi una sorta di giocattolo con un difetto di fabbrica.
Lily teneva la mano sulla sua, e Summer sentiva di provare per lei un affetto che non avrebbe mai saputo esprimere a parole. Qualcosa che sembrava esistere a prescindere da loro due, dal loro incontro, dalla loro amicizia. Qualcosa segnato nell'universo, inoppugnabile come una delle leggi che lo governano e dall'origine altrettanto misteriosa.
Sentiva una voglia irrefrenabile di correre da Damon, eppure non riusciva a porre fine a quel contatto. E quando la strega fece cadere la schiena sul materasso per osservare il soffitto come se lì vi fossero scritti i suoi pensieri, lei fece lo stesso, convinta di avere tutto il tempo del mondo per abbracciare Damon e solo quell'istante per tenere la mano di Lily; così rivolse il palmo verso l'alto e le loro dita s'intrecciarono, come unica conclusione possibile al loro battibecco.
Tra di loro vi fu un lungo silenzio. Lily sapeva bene che Summer stava assimilando tutto ciò che le aveva detto, proprio come sapeva che su quell'argomento non aveva bisogno di aggiungere altro, così decise di dirottare la conversazione su nuovi e più leggeri temi: «Ma ci pensi!? Sei entrata nella storia! Le future generazioni di membri della Triade ti ricorderanno come l'abile cacciatrice che ha ucciso il lato mannaro di Klaus e che ha debellato ogni rischio di una futura invasione di Ibridi!», e la sua voce suonò come quella enfatica e teatrale che fa da narratore ad un trailer.
«No, ti sbagli. Ricorderanno te come l'abile strega che ha intuito dove si trovava il Grimorio di Lucrezia e che è riuscita a ricomporre il famigerato pugnale»,  cercò di imitare il suo tono cinematografico, ma poi il senso di sconfitta e la tristezza guastarono la sua voce, sfumandola di fiacchezza: «Io sarò solo la cacciatrice che ha bruciato l'occasione del secolo, ma che dico, del millennio! Che si è fatta sottrarre il pugnale costato anni di ricerca... e che ha rischiato di perdere l'uomo che ama...», e quell'ultima frase fu solo un bisbiglio, troppo imbarazzata al pensiero che Damon potesse sentirla e ancora tramortita dal ricordo di ciò che aveva passato.
«Sei sempre la solita! Stai sempre a svalutare tutto quello che fai e a vedere il bicchiere mezzo vuoto!», la redarguì dolcemente la strega, ma per nulla sorpresa dal pessimismo sinceramente autodenigrante della sua amica.
«Sarà...», Summer alzò la schiena, rimettendosi a sedere. «Ma l'unico bicchiere pieno che voglio vedere adesso è un calice di vino! E lo riempirò fino all'orlo, solo ed esclusivamente per la tua gioia! Contenta?»
«Dipende! È un principio di ottimismo?», chiese Lily, mettendosi anche lei a sedere.
«No», fece l'altra, alquanto categorica. «Ma dopo il quarto bicchiere lo sarà sicuramente!» E si sorrisero con una ritrovata complicità, spostando poi l'attenzione su quelle dita ancora intrecciate, che Summer sciolse con una lieve punta d'imbarazzo.
Ma poi la strega sussurrò: «La tua mano...», e l'aria si fece nuovamente densa di serietà.
«La mia mano, cosa?», chiese Summer, osservando con attenzione le sue dita.
«Come ho fatto a non pensarci prima!? Tu hai toccato il pugnale, Summer. Ricordi quando ti ho parlato dell'energia che s'imprime nelle cacciatrici quando lo toccano? È per questo che ci siamo sempre servite delle ossa di Esmaél per ritrovare gli elementi!»
«Ok. Il vino può aspettare», Summer afferrò il concetto e le offrì entrambe le mani. «Sono tutte tue.» Ma poi le ritirò, fingendosi timorosa: «Sempre che le mie ossa vadano bene intere. Perché se volessi farmi a pezzettini, muoverei qualche piccola obiezione a riguardo. Sappilo!».
«Puoi stare tranquilla», rispose la strega, ristabilendo quel contatto che adesso Summer le offriva con un sorriso... che però non fu ricambiato. «Anche se...»
«Anche se?» La cacciatrice inclinò lievemente il capo, cercando di comprendere il repentino cambio d'umore dell'amica, che poco dopo le disse: «Non riesco a sentire niente...»
«Lily...», Summer la guardò con occhi carichi di apprensione. «Sei sicura di stare bene?»
«Te lo assicuro.» E la strega lasciò con delicatezza le sue mani, aggiungendo: «Se avvertissi qualcosa di strano, te lo direi». Poi le sorrise per rassicurarla, perché – in cuor suo – era certa di ciò che diceva. Non sentiva nulla di strano rispetto al solito, e la sua amarezza derivava solo dal non capire cosa stesse succedendo. Perché in Summer non riusciva ad avvertire neanche un minimo cenno di quella radiazione magica che si stabilisce tra una cacciatrice e il pugnale?
Summer annuì credendo alle sue parole, ma poi un rumore fragoroso destò entrambe, facendo girare i loro volti in direzione della porta.
«Cos'è stato?», domandò la strega, intenta ad alzarsi.
Ma Summer bloccò sul nascere quel tentativo, dicendo: «Lascia stare, proveniva dal salotto. Damon deve aver fatto cadere qualcosa». Ma quell'affermazione suonò una nota irreale. Il vampiro che faceva cadere qualcosa... Con i suoi riflessi sovrannaturali non era molto credibile, e Summer si convinse di aver pronunciato quella frase solo per dissuadere l'amica dal seguirla. Il solo nominarlo aveva riacceso in lei tutta la voglia di stare con lui, di gettargli le braccia al collo e baciarlo, e sentiva che non avrebbe potuto attendere un secondo di più.
«Tu perché non cerchi di riposare?», propose, nuovamente concentrata su Lily. «Forse sei solo stanca...»
Aspettò che l'amica le annuisse per sorriderle ed avviarsi verso la rampa di scale, col cuore che le batteva così forte da farla sentire stordita e con l'emozione che le stringeva il petto fino a soffocarla.
Mentre scendeva giù per i gradini che la separavano dal salotto, sentiva che sarebbe semplicemente morta se non avesse fatto l'amore con lui. E se nella sua mente balenava un lampo di ricordo di ciò che le aveva detto solo poco prima, del modo in cui l'aveva sfiorata e baciata, della passione rovente con cui si era nutrito del suo sangue, lo stomaco le si chiudeva e il desiderio diventava così forte da farla stare quasi male.
«Damon», esclamò una volta arrivata in salotto, cercandolo con lo sguardo, ma scrutando solo una stanza vuota, illuminata dalla poca legna che ardeva nel caminetto.
«Damon?» Si guardò rapidamente intorno e poi si accorse dei frammenti di una bottiglia infranta sul suolo; la macchia scura del bourbon che impregnava il tappeto, l'odore pungente dell'alcol e nessuna traccia del vampiro.
Lo cercò nella sua stanza, ma senza trovarlo. Così, mossa dall'istinto, si diresse in cucina, e ad una prima occhiata tutto le parve in ordine; ma poi la vista si focalizzò sul lavandino, notando qualcosa di strano. I bordi erano sporchi di sangue e, man mano che si avvicinava, quella chiazza diveniva sempre più estesa, fino a ricoprire interamente il fondo di uno dei due lavabi.
Ma Summer non ebbe neanche il tempo di formulare un veloce pensiero a riguardo. A terra, con la schiena poggiata su un'anta del mobile, gli occhi aperti ma totalmente assenti e la pelle nivea e lucida come quella di una candela, Damon sembrava una marionetta a cui avevano tagliato i fili.
Il cuore di Summer mancò tutti i battiti che la separavano fisicamente da lui, e solo quando gli si inginocchiò accanto questo riprese a batterle regolarmente, seppur nella maniera più dolorosa possibile.
«Damon! Damon, cos'hai?!» domandò, con la voce corrotta dall'agitazione e dalla paura. Accarezzò il suo volto, sperando di ottenere almeno un cenno di risposta. Mento, gola e petto ricoperti di sangue, e il cuore di Summer che precipitava fino a creare una voragine.
«Damon, rispondimi. Ti prego!»
E questa volta gli occhi del vampiro si mossero verso di lei, ma continuando a sembrare vuoti e senza permettere a Summer di capire se fosse nuovamente cosciente. Gli accarezzò la fronte, tanto bollente da peggiorare il suo stato di agitazione, e finalmente il vampiro diede un segno di vita più concreto: un movimento del volto verso la spalla della ragazza, lo sguardo stanco e smarrito.
Damon ricordava l'attimo in cui aveva vomitato nel lavandino, poi una sensazione di gelo e la forza nelle gambe che si era affievolita rapidamente, fino a farlo scivolare a terra.
Adesso che aveva ripreso un minimo di conoscenza, qualcosa era nettamente peggiorato. Alla sensazione di gelo si erano sostituite delle vampate di calore insopportabili; ma erano i polmoni gli organi che lo tormentavano di più: adesso riusciva a percepire con chiarezza ogni boccata d'aria, perché queste bruciavano nel suo petto come se in quei polmoni vi fosse qualcosa che infiammasse l'ossigeno. Il sudore algido si trasformò presto in un mare di goccioline calde che gli attaccavano gli abiti alla pelle, e la testa gli doleva così tanto da da lasciargli immaginare che vi fossero milioni di spilli elettrificati conficcati nelle profondità del suo cranio.
Voleva dirle qualcosa, ma non ce la faceva. L'unico gesto che gli riuscì fu quello di poggiare la fronte sulla sua spalla, lentamente e con la speranza di trovarvi riposo. Lei lo accarezzò con un fare materno, per poi imporsi di spezzare quell'attimo di dolcezza e angoscia e reagire; così fece passare il braccio del vampiro intorno alle sue spalle e si alzò, trascinandolo con sé. Damon si muoveva, ma solo con una forza di riflesso e passiva. Il suo corpo era pesante quasi quanto quello di un cadavere.
«Andiamo di sopra...», mormorò lei, avanzando verso la rampa di scale con Damon che camminava a fatica. Il vampiro le sembrava ritornato in sé, ma ancora privo delle forze necessarie a mostrarle un minimo cenno di lucidità.
Arrivati in cima alle scale, Summer urlò il nome della strega, per far sì che la raggiungesse. E lei lo fece subito dopo, nell'esatto momento in cui la cacciatrice lo stava aiutando a stendersi sul letto. Sembrava che ogni respiro esalato dal vampiro gli bruciasse il petto e Summer faceva di tutto per non piangere. In quel momento non sarebbe servito a nulla, si ripeteva, cercando di farsi forza.
«Cosa gli è successo?», domandò Lily.
«Non ne ho idea.» Summer si avviò verso il bagno per prendere un asciugamano e qualcosa che potesse fungere da catino. «Sono andata in cucina e... l'ho trovato a terra in questo stato...», le parole le uscivano ansiose e soffocate, mentre riponeva il tutto sul comodino, con le mani che le tremavano vistosamente.
«Damon, ti prego, dimmi qualcosa...», rivolgendosi a lui, la sua voce acquisì una marcata nota di dolcezza, mentre con una mano gli accarezzava i capelli sulla fronte e con l'altra gli puliva il mento e il collo, con un panno inumidito.
Ma il vampiro boccheggiò scuotendo il capo, come a voler esprimere l'impossibilità di esaudire quella richiesta. Non poteva parlare con ogni molecola di ossigeno che bruciava nel suo petto e nella sua gola.
Intanto Lily gli si era avvicinata, ed ora lo guardava quasi immobilizzata da un mix di pensieri che le attraversavano la mente come fulmini. Poi, con uno scatto deciso, cercò di afferrare la sua mano. Una visione le avrebbe chiarito le idee, ma Damon, nonostante il dolore, sembrò percepire quell'intenzione, come se l'avesse sentita aleggiare intorno a lei, e rapidamente portò la mano all'addome per non fargliela afferrare. Ma, come da risposta, il volto di Lily – sempre morbido e addolcito da un'aura di letargia – s'indurì della stessa serietà scrupolosa di un medico, e il successivo movimento con cui afferrò la mano di Damon fu uno scatto felino che non ammetteva fughe di alcun genere. E il vampiro, visibilmente provato dal suo corpo che bruciava, dalla testa che esplodeva e dallo stomaco che si contorceva, non poté fare nulla per impedirlo. Lily venne pervasa dalla stessa visione che l'aveva colpita quando aveva toccato il pugnale per la prima volta. Una sensazione che sapeva di morte, un buio fitto e poi una luce accecante, ma nient'altro. Poi, qualcosa di più fisico, un rimbombo familiare, le invase i canali uditivi, fino a sentirlo martellare dentro di sé. Gli occhi chiusi si spalancarono lentamente e con stupore, mentre leggeva una chiara supplica in quelli azzurri sfiniti di Damon. Il suo cuore batteva, e  lo sguardo che lui le dedicò prontamente – un misto di senso di colpa e disagio, di paura, disgusto e smarrimento – conteneva la tacita preghiera di non rivelare quello che, a quanto pareva, era il suo segreto: il motivo per cui era stato così riluttante a collaborare con lei.
E a Lily servì meno di un secondo per decidere che lei non lo avrebbe fatto. Pur non capendone il motivo, non sarebbe stata lei a dirlo a Summer, se quello non era il volere del diretto interessato.
E poi vi erano questioni molto più importanti. Il cuore di Damon che batteva era solo la punta dell'iceberg di ciò che adesso percepiva. Vi era un'energia ribollente e crescente, dentro di lui. Era della stessa materia di cui erano fatte le scintille di vita, ma era densa e unificata, e si forgiava nel suo corpo in un crescendo irrefrenabile. Lily ne percepiva la luminosità e la purezza. Era una forza smisurata, vibrante di vita e splendente di fuoco; una forza mai avvertita prima, in nessun essere vivente, che quasi la spaventava. Quasi temeva che Damon potesse esplodere, portando l'universo con sé.
E fu proprio la potenza di quell'energia a far balenare nella mente della strega una soluzione che avrebbe potuto portare risposte alle sue domande.
Summer guardava la scena, sentendosi impotente. Le lacrime le pungevano gli occhi e il naso, e la gola era così stretta da accentuare ogni deglutizione. Gli occhi saettavano da Lily a Damon, sperando che la strega vedesse qualcosa d'importante o che lui fosse in grado di parlare, ma alla fine fu lei stessa a infrangere la tensione sacrale di quel momento, chiedendo alla strega: «Hai visto qualcosa?».
«No. Nulla di rilevante.» Lily posò la mano di Damon sul materasso, e lui quasi la ringraziò con lo sguardo per quella risposta studiatamente vaga. Poi la strega si voltò verso Summer, dicendo: «Ma ho un'idea. Vado a prendere le cose che mi servono...»
E la cacciatrice ebbe soltanto la forza di annuire, mentre la vedeva lasciare la stanza. Si sedette accanto a Damon, accarezzandogli con la punta delle dita il dorso di quella mano che lui aveva riposato nuovamente sul proprio addome. Damon cambiava continuamente la posizione del capo, come in cerca di una boccata d'aria che non fosse incendiaria, e Summer lo guardava con il petto pressato dall'angoscia. Voleva dirgli qualcosa, chiedergli cosa gli fosse successo, cosa l'avesse fatto stare male, ma quasi temeva di parlargli per paura che si sforzasse troppo nel tentativo di darle una risposta.
Ma poi fu il vampiro stesso a rompere quella catena di gemiti di sofferenza, mormorando: «Mi dispiace... mi dispiace...», affannato e lacerato in ogni dove dal dolore. «Non volevo farti soffrire.»
«Sshh...» Summer, gli occhi ora bagnati dalla sua tenerezza, gli passò il panno umido sulle tempie per eliminare le goccioline di sudore e rinfrescarlo. «Va tutto bene; anzi, mi hai salvato la vita, Damon. Lily pensa che non sia stato il sangue di Klaus a salvarmi; dice che non può averlo fatto per via indiretta. Quindi... non avrebbe funzionato. Se non ti fossi fermato in tempo, non mi sarei trasformata in un vampiro. Sarei morta. Mi hai salvata, Damon. Due volte. E adesso è il mio turno. Perciò, se ce la fai a dirmi qualcosa... ti prego, fammi capire cosa ti è successo,  cosa ti ha fatto stare male...» Un pensiero doloroso le soffocò la voce: «È stato il mio sangue? Sono stata io?».
Damon si affrettò a sibilare un veloce «No...», perché non voleva che si sentisse in colpa neanche per un secondo; poi una fitta all'addome lo costrinse a urlare e a contorcersi su se stesso, e la mano strinse con forza quella di Summer senza averlo meditato. «È stato il pugnale»,  confessò, con la voce stritolata dal tormento. «Avrei dovuto dirtelo, ma...»
«Sshh...» Le mani di Summer rastrellarono i suoi capelli con delicatezza, trasmettendogli tutto l'amore che le riempiva il cuore, con un riverbero fatto di calma e sicurezza. «Lo so. avrei fatto lo stesso.» E lei capì che, se si fosse trovata nella sua stessa situazione, avrebbe agito allo stesso modo, perciò non vi era necessità di spiegazioni di alcun genere. Loro erano troppo simili per non comprendersi e perdonarsi.
E stava per pronunciare che avrebbe fatto l'impossibile, pur di farlo stare bene, ma quell'intento fu bloccato dall'entrata nella stanza di Lily, che reggeva il suo Grimorio e una ciotola colma di erbe.
«Cosa vuoi fare?», chiese Summer, preoccupandosi anche per lei. L'amica era da poco uscita dal coma ed era come se i suoi poteri si fossero prosciugati, o almeno questo era ciò che lei percepiva; ma Lily sapeva bene che le sue forze erano inalterate e che tutti i suoi fallimenti dipendevano da altri fattori. E questa sicurezza gliela si poteva leggere sul volto determinato ma disteso, preoccupato ma straordinariamente fiducioso.
«Un incantesimo che mi ricondurrà alla causa del suo male.» Lily aveva sistemato il Grimorio a terra, di fronte al comodino, ed ora stava posizionando la ciotola al lato del letto, all'altezza dell'addome del vampiro, per mescolarne il contenuto con le mani: petali di Iris e Radice del Diavolo.
«Vedresti solo Klaus che dà una pugnalata al suo cuore, Lily. Non è il caso che ti affatichi per qualcosa che sappiamo già», replicò Summer, cercando di farle cambiare idea.
«Quest'incantesimo è molto più potente di ciò che pensi. Non si limiterà a mostrarmi il colpo di Klaus, ma andrà più indietro. Mi mostrerà il principio: in pratica come si è arrivati a tutto questo. È forse l'incantesimo più potente che conosco», disse, con l'eccitazione febbrile che la pervadeva quando doveva cimentarsi in qualcosa di apparentemente più grande di lei. «Più la causa è remota e più richiede energia e concentrazione. Stabilirò un contatto fisico con Damon, gli terrò la mano, e tu dovrai accertarti che io non la lasci per nessuna ragione al mondo. Interrompere la connessione potrebbe costarmi la vita.» E la semplicità con cui lo spiegò aveva dell'incredibile, soprattutto per le orecchie di Summer, la cui emotività era già messa a dura prova da ogni sorta di stress che poteva colpirla. «E tu sei davvero convinta che ti lascerò fare una cosa del genere?! Ti ricordo che sei appena uscita dal coma, non hai ancora riacquistato le forze e l'origine del pugnale risale a più di mille anni fa! Quindi: scordatelo!», l'angoscia dava alla sua voce una nota finale di affanno, e concluse mormorando un «non posso lasciartelo fare...» carico di tutta la preoccupazione che le schiacciava il petto.
Ma la strega, al contrario di lei, appariva inverosimilmente tranquilla. E le rispose: «Summer, non nego che sia rischioso. Ma se l'ho proposto è perché sento di poterlo fare. E poi non devi preoccuparti per la lontananza temporale. In altre condizioni non l'avrei mai fatto, non avrei avuto le forze necessarie per intraprendere un viaggio mentale così lungo nel tempo, ma adesso ho a disposizione una fonte di energia che potrà permettermelo...»
Nei suoi occhi appariva una luce di furbizia, e quel modo astuto con cui si teneva sul vago non preannunciava nulla di buono. Così Summer abbozzò una mezza domanda: «E sareb... », che poi smorzò, dandosi da sola quella risposta che reputava inconcepibile. «Damon! Sei impazzita!? Lui non sta bene! Non puoi usare le sue energie! È la cosa più assurda che potessi concepire!», ribadì con un nervosismo elettrico.
«Summer, calmati. Damon sta letteralmente ribollendo di energia! Non ne risentirà in nessun modo», le posò le mani sulle spalle per tranquillizzarla. «Ascolta, posso farcela io e può sopportarlo lui. Devi solo avere fiducia in me!»
«Ho fiducia in te, ma... andiamo! Quello che hai in mente è assurdo!» la sua voce assunse una cadenza veloce e quasi isterica, mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime bollenti: «Lily, tra te e me, la pazza che ha idee sconsiderate sono io! Non tu! Il tuo buon senso non può venire a mancare proprio adesso! Io non posso farcela! Mi sento impotente... e spaventata... e l'ultima volta che mi sono sentita così...» Harris era su di un letto d'ospedale, troppo anziano e troppo amante dei Cubani per un trapianto di cuore che potesse andare a buon fine, e il nodo che le strinse la gola riportò a galla ogni emozione vissuta e annientata in quei terribili giorni.
«Lo so...», Lily capì subito a cosa si stava riferendo, e quella presa sulle sue spalle si trasformò nell'esordio di piccole carezze colme d'affetto. «Ma non hai nulla da temere. Andrà tutto bene. E quando sarò ritornata al mio stato di coscienza... beh... non posso assicurarti che avrò una soluzione, o una cura, ma almeno avremo un punto di partenza. Questo te lo prometto...»
Summer mosse il capo ancora titubante e incerta e con gli occhi lucidi di lacrime, ma poi sentì la voce di Damon che la chiamava, mentre con fatica si sollevava sui gomiti.
Le annuì come per dirle che lui ne era in grado. E tutta la tenerezza che provava per quelle crisi di nervi dal retrogusto di dolcezza, brillava nei suoi occhi azzurri con una luce radiosa quanto libera. Il vampiro ripensò alla donna algida e violenta che aveva conosciuto e portato a letto per compiacere il proprio ego, rapportandola alla donna fragile ed emotiva, piena di amore e di paure, che adesso aveva di fronte e che amava con tutto se stesso e, nonostante il dolore, gli fu inevitabile sorriderle. Così, quella decisione divenuta unanime, sembrò aleggiare intorno a loro, con tutta la pesante gravità che richiedeva.
«Dammi il tempo di cambiare l'acqua...», mormorò Summer, con lo sguardo basso del disappunto e della sconfitta, portando quella bacinella di sorta in bagno, perché ormai sporca del sangue che aveva tolto dal petto di Damon.
Lily aspettò che risistemasse il tutto sul comodino e poi le disse: «Devi solo accertarti che il contatto non si interrompa e tutto andrà per il meglio». E, nonostante la sua sicurezza, anche lei, in quel momento, avvertì la pericolosità di ciò che stava per fare. Soprattutto ciò che avrebbe comportato per la sua vita, se avesse fallito. Ma di quel timore ucciso sul nascere, lei non volle mostrare neanche il debole fantasma.
Summer annuì e poi andò a sistemare altri cuscini sotto la schiena di Damon, e in quei movimenti vi furono carezze fugaci e latenti, che il vampiro non poté fare a meno di notare ed apprezzare.
Lily si inginocchiò al lato del letto e con un fiammifero diede fuoco alle erbe che aveva sistemato nella ciotola. Un fumo delicato per l'Iris ed uno più aromatico per la Radice del Diavolo le invasero le narici.
Ma prima che tutto avesse inizio, Summer mormorò un «grazie», che la strega, pur ricambiando con un sorriso, non sentì pienamente meritato: la sua sete di conoscenza aveva influito su quella scelta in maniera considerevole, e sentiva la sincera riconoscenza di Summer come una ricompensa troppo preziosa per qualcosa di macchiato dall'egoismo.
Ma tenne quei pensieri per sé ed inalò quell'esalazione con un respiro profondo e sonoro: quelle piante avrebbero accentuato le sue doti percettive e divinatorie, aiutandola nel percorso mentale più lungo che avesse mai dovuto intraprendere. Con voce bassa, intonò una nenia incomprensibile agli altri due e afferrò la mano di Damon, accostandola alla fronte. L'aria si fece densa e pesante, vibrante di magia e carica di preoccupazioni, e piano gli occhi nocciola della strega vennero inghiottiti dalle tenebre, diventando completamente neri. Le ciocche rosse che sfuggivano alle pinzette fluttuavano verso l'alto, e Damon iniziava ad avvertire una sorta di pesantezza nel braccio, che diveniva sempre più intorpidito e formicolante, e il tutto si univa a quei dolori che non smettevano di tormentarlo, ma che adesso, per necessità e per orgoglio, avrebbe combattuto con tutte le sue forze. Pochi secondi dopo, Lily era già entrata nello stato di trance che l'avrebbe condotta in un viaggio mentale lungo mille anni, e il contatto tra lei e Damon non doveva interrompersi per nessuna ragione al mondo.











  
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