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Autore: Momoko The Butterfly    21/10/2013    1 recensioni
Sono ormai passati cento anni dalla quasi distruzione del genere umano. Dopo un'estenuante battaglia tra bene e male, il mondo è caduto infine preda di tenebre fatte di solitudine e sofferenza; il Conte del Millennio regna baldanzoso su una terra devastata dalla fame e dalla morte, tartassata fin nel profondo dell'animo da eserciti di Akuma voraci e famelici. Ma l'umanità non demorde, per questo si nasconde dalla loro vista, fiduciosa di poter riassemblare i tasselli di una vita in frantumi. Leda e Alan, fratelli inseparabili, hanno perso ogni cosa. Eppure sembra che la sede Nord America possa davvero diventare la loro nuova casa, grazie a benevole persone che hanno saputo ridonare speranza ai loro cuori avviziti dal dolore.
Ma nulla andrà per il verso giusto. Quando la sede verrà messa sotto assedio, sarà tempo per loro di cominciare un viaggio fatto di rischi e incertezze alla ricerca di risposte. Ad accompagnarli, i paladini dell'Innocence, gli Esorcisti, e un sempre più enigmatico Tyki Mikk...
Genere: Angst, Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bookman, Nuovo personaggio, Rabi/Lavi, Tyki Mikk, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo 11: La Lady della Guerra  
 
 
 

I corridoi dell'Ordine erano un vero labirinto. Chi non li avesse conosciuti alla perfezione, memorizzando ogni scorciatoia, ogni centimetro di pietra di cui erano formati, si sarebbe sicuramente perso senza possibilità di ritrovare la via giusta da percorrere. Essendo nuova del posto, quelle vie semi buie illuminate appena dalla luce rosata del sole erano per Leda ancora un mistero irrisolvibile. Difatti, non le fu difficile smarrirsi alla prima biforcazione, mentre tentava di recuperare il Supervisore, il quale sembrava essere fuggito troppo in fretta per poter essere raggiunto.
Si era bloccata, guardandosi attorno, maledicendosi perché non c'era nemmeno qualcuno cui chiedere indicazioni. E dire che quella mattina era partita con l'intenzione di chiarirsi ogni dubbio. Si chiese come mai, ogni volta che si trovasse ad un passo da un'importante verità, un imprevisto le impedisse di appropriarsene. Komui era riuscito a spiazzarla, accusando Tyki dell'omicidio di quei sei Esorcisti. Al sol ricordare quelle foto raccapriccianti le saliva la nausea. Però ne era convinta: nonostante avesse rivelato di essere un Noah, lei non credeva nella sua colpevolezza. A farglielo capire, in modo tanto diretto, era stata quella frase, detta poco prima che Claire comparisse per rovinare tutto. A sentir le sue parole, lui non faceva parte della cricca del Conte. A convincerla della veridicità di quell'affermazione era stato il suo sguardo: freddo, gelido; infastidito, per giunta. Era impossibile che fosse stato lui ad assassinare quelle persone. Non era in grado.
Svoltò a destra. Non che avesse improvvisamente ricordato la strada da fare, solo, decise di affidarsi al suo istinto. Percorse il corridoio silenzioso a passo di marcia, sicura di sé. Lei e il senso dell'orientamento non erano mai andati a braccetto, e qualche volta era pure successo che si perdesse in strade da lei considerate semplicissime da memorizzare. Bastava una distrazione, un pensiero mal riposto che la sua flebile memoria fotografica si distorcesse, a favore di un percorso totalmente sbagliato e che si accorgeva di aver percorso troppo tardi per poter tornare indietro. A quel punto, solo il destino avrebbe saputo guidarla verso la salvezza. In tutti i sensi. Ma lei, testarda, impavida e conscia del pericolo, si buttava in decisioni sconclusionate perché non riusciva ad ammettere di poter sbagliare. Anche l'orgoglio le giocava brutti scherzi.
Si fermò. Strada sbagliata.
Fece per tornare indietro, quando all'improvviso un eco soffuso attirò la sua attenzione qualche metro più avanti. Aguzzò la vista, e vide comparire il ciuffo di capelli rossi sparati in aria attaccati alla capoccia di Lavi. Chiacchierava e sorrideva con un signore anziano, giusto poco più basso di lui, dai capelli bianchi come la neve. In un primo momento Leda fu sollevata di rivederlo, quasi non si trattenne dal corrergli incontro. Dopotutto, era l'unica persona non incarcerata che potesse davvero dargli una mano e che era certa di conoscere. Ricordò però l'episodio avvenuto sulla nave, e indietreggiò di un passo, titubante. Non aveva voglia di parlarci, non dopo le cose che gli aveva detto.
Purtroppo, non fece in tempo a fuggire, perché il rosso la adocchiò sollevando il suo unico occhio verde, e provvedette a salutarla agitando il braccio come un ossesso. A quel punto era troppo tardi per tornare indietro. Leda ricambiò il gesto con meno esuberanza, giusto quanto bastava affinché lui, da quella distanza, potesse notarla. Senza volerlo, si vide camminare nella sua direzione, come mossa da una volontà invisibile. Lo raggiunse e... Strabuzzò gli occhi. Il vecchio... Non era un vecchio. Certo, i capelli bianchi da lontano potevano ingannare, ma... Dall'aspetto non doveva avere che qualche anno in meno di lei. Troppo stupita per reagire in qualche modo, non si accorse di essere stata salutata. Velocemente, biascicò un timido "Salve" davvero poco sentito.

- Mi chiamo Allen, molto piacere signorina - e subito l'albino le aveva rivolto un placido sorriso amichevole, accompagnato da un invito a stringersi la mano, il quale parve quasi strozzare il cuore della ragazza. Non era normale che qualcuno lì dentro le si rivolgesse con così tanta gentilezza, soprattutto un Esorcista. Perché anche lui lo era: la divisa scura e pesante che indossava era fin troppo palese. Leda sentì una stretta allo stomaco allucinante; una parte di coscienza stava già cominciando a marciare controcorrente, avvertendola di cambiare atteggiamento all'istante. Perché quel ragazzino la faceva sentire tanto in colpa?

- Leda - istinto, incoscienza. Aveva detto il suo nome come se fosse stata costretta, ma con il tono docile di una ragazza per bene. Che a stregarla fosse stato l'aspetto bizzarro del ragazzo?

- E' lei la ragazza di cui ti parlavo prima - s'intromise lavi indicandola come fosse stato un antico reperto che lui stesso aveva riportato alla luce. E a quel punto Allen spalancò gli occhi, incredulo. La fissò con aria stranita, per poi rapidamente assumere un atteggiamento assai dispiaciuto.

- Davvero? Mi dispiace molto per quello che è successo alla sede Nord America...

Leda fece un passo indietro, inorridita. Come aveva potuto quel beota sproloquiare su di lei?! E per giunta, ora pareva pure soddisfatto. Cos'era, lei, un trofeo? Un premio, che lui aveva ripescato dallo schifo della fogne per mostrarlo a tutti?!

- Perché glielo hai detto?! - insorse ignorando totalmente l'altro ragazzo, agitando i pugni collerica. Era inammissibile che qualcuno come lui avesse spettegolato su di lei e Alan, su fatti che erano ancora orribilmente impressi nella sua memoria, impossibili da cancellare. Si avvicinò pericolosamente al viso del Bookman, guardandolo con gli occhi di una bestia feroce: accesi di mille scintille furenti, non aspettavano altro che detronizzarlo.

Lavi però parve non farci minimamente caso, ignorando le occhiate omicide e annuendo alla domanda di Allen al posto suo.

- E' anche una compatibile, sai? - aggiunse con una punta di fierezza e... Superiorità.

A quella rivelazione, l'albino sorrise ampiamente, prendendo le mani della ragazza e stringendole tra le sue. Benché si sentisse assai affranto per tutte le pene che aveva dovuto passare - e delle quali aveva sentito parlare da Lavi - decise di evitare argomenti difficili e cercare di trasmette almeno un po' di calore e senso di benvenuto alla nuova collega.

Tuttavia, non conosceva Leda. Infatti, non appena sentì menzionare la parola 'compatibile', la vide sbiancare e ritirare le mani con uno scatto rabbioso. Troppi affronti stavano susseguendosi senza una ragione specifica perché lei potesse passarvi sopra ignorandoli. Troppi ingarbugliamenti per una trama sempre più complessa; una matassa di fili brigosa, difficile - e forse impossibile - da sciogliere . Di certo però non poteva lasciare che Lavi infangasse così il buon nome delle persone che l'avevano aiutata nel momento del bisogno, che liquidasse con un sorriso idiota ogni cosa. Era troppo aperto, troppo allegro perché potesse risultare simpatico. Le dava sui nervi.
E poi, come diamine faceva a sapere che lei era una compatibile dell'Innocence, quando nemmeno lei ne era sicura?!

- Come diamine hai fatto a venirne a conoscenza? - gli domandò in cagnesco, tenendosi a debita distanza per evitare contatti indesiderati anche da parte dell'altro ragazzo accanto a lui.

Il giovane Bookman smise di sorridere per qualche secondo, come accorgendosi di un qualcosa di particolare. Certamente, si trattava della perspicacia della ragazza. Persino nel suo recitare a volte capitava che sbagliasse le battute. E dire che lui a quelle cose prestava sempre molta attenzione. Ma che Leda era un'Esorcista lo aveva già saputo e non aveva avuto bisogno di nessuno per arrivarci. Be', nessuno a parte Tyki.
Sulla nave di cose da fare non ce n'erano state molte. A parte gironzolare sul ponte in preda a una terrificante apatia, o a giocare col piccolo Alan parlando del più e del meno, solo il suo vecchio aveva svolto davvero il proprio compito appieno. La ricerca di informazioni che da sempre contraddistingueva la loro stirpe fino ad allora non aveva trovato freno. E non sarebbero di certo bastati tre viaggiatori sperduti a imporle dei paletti affinché i segreti che si portavano appresso rimanessero tali. Loro avevano occhio. Si erano accorti dell'assurdità della situazione non appena avevano tratto in salvo Leda dal canale fognario, sottraendola dalle grinfie di un pericoloso nemico. Perché dopo aver estratto con cura il proiettile dal suo corpo, avevano fatto una terrificante scoperta. Il bossolo era fatto totalmente di Dark Matter, la materia dalla quale venivano originati gli Akuma e che per l'uomo era pressoché mortale. Non era perciò possibile che una ragazzina tanto esile fosse sopravvissuta. E di soluzione non ce ne era che una: Innocence. Leda era stata salvata dall'Innocence perché ne era una compatibile. Constatare ciò si rivelò l'impresa più semplice del mondo. Bastò mettere alle strette Tyki, l'unica persona già a conoscenza della verità, per avere una visione più chiara delle cose.

Lavi tornò così a sorridere, evidenziando quanto fosse contento che la ragazza di fosse accorta di quella discrepanza nel suo discorso. Lo invogliò ancora di più ad aumentare il livello di difficoltà con il quale misurava le parole, rendendole frasi altamente sofisticate, comprensibili nella loro interezza solo da chi ne era veramente capace. Ma non ne ebbe il tempo.
Leda ebbe un improvviso mancamento e fece per cadere a terra come un sacco di patate. Prontamente la sorresse chiamandola più e più volte, capendo all'istante che la cosa migliore da fare in quel momento era portarla in infermeria. Aiutato da un Allen sempre più allarmato, se la caricò in spalla portandola via il più in fretta possibile affinché ricevesse le dovute cure.
Percorsero rapidi il corridoio, seguendo senza esitare neanche un secondo una strada ben fissa nella loro mente. Il che, sebbene dal punto di vista di Allen potesse sembrare normale, per Lavi assumeva tutt'altro aspetto. Com'era possibile che avesse imparato già a memoria la mappa di quel luogo?

Arrivati a destinazione, ed oltrepassata la fatidica entrata riconoscibile grazie ad una elegante targhetta scolpita, li aveva accolti un opprimente odore di disinfettante.
Subito la Capo Infermiera si era parata di fronte a loro, squadrandoli dalla testa ai piedi con quel cipiglio diabolico che solo lei poteva avere. Volto magro e asciutto, sguardo severo e intransigente. Eppure dalla sua figura trasparivano anche una profonda dedizione e un affetto profondo per i propri pazienti. Infatti, non ci mise che poche frazioni di secondo ad afferrare Leda e buttarla sul primo letto libero che trovò, esaminando immediatamente battito cardiaco, pressione sanguigna e molte altre cose.

- Perché non l'avete portata subito da me?? - ringhiò collerica constatando una marea di problemi, tra i quali l'alimentazione insufficiente, l'affaticamento ma soprattutto la ferita al fianco, non ancora guarita del tutto. Probabilmente le doleva ancora. Ma contando tutti gli eventi di quegli ultimi giorni, non doveva averci neanche fatto caso.
Allen e Lavi rimasero ad osservarla lavorare in silenzio, sciogliendo con frettolosa precisione le bende e pulendole la ferita commentandone in modo acido il trattamento. Di certo non era una che ammetteva errori, o lavori svolti tanto per.
E quando ebbe terminato di medicarla nuovamente, la infilò sotto le coperte ancora priva di sensi, ormai nel mondo dei sogni senza possibilità di ritorno. Sembrava... Serena. Come se dormendo dimenticasse per un attimo tutte le angosce. Trasmetteva un tale senso di tranquillità, che persino Allen sentì la morsa del sonno avanzare. Di certo anche lui avrebbe avuto bisogno di una dormita.

- Lasciatela riposare, ha bisogno di riprendersi dopo l'inferno che ha passato - asserì la Capo Infermiera rivolgendo occhiate di fuoco super severe ai due Esorcisti, i quali si sentirono parecchio in soggezione e s'allontanarono dal letto per paura di commettere fatali errori.

- La conoscete? - domandò poi l'albino, notando come la donna avesse evitato di chiedere come si chiamasse o di fare domande in genere.

- No, ma ho conosciuto suo padre - si sentì rispondere, con tono appena più dolce. A quelle parole si sentì divorare di curiosità.

- Suo padre? Era un Esorcista anche lui?

Ovviamente, essendo nell'Ordine da molto meno tempo degli altri, lui non aveva avuto modo di conoscere tutti gli Apostoli. E contando le innumerevoli perdite subite, temeva di rivolgere domande troppo azzardate. La Capo Infermiera però reagì in maniera inaspettata. Si sedette sul bordo del letto e sospirò appena, prendendosi le mani come per rassegnarsi all'idea di dover raccontare.

- No. Faceva parte della Sezione Scientifica alle dipendenze del Supervisore Komui due anni fa, prima di essere trasferito altrove dal Quartier Generale Centrale. Era tra i favoriti per costruire aggeggi davvero strambi, ma la cosa che amava fare, più di tutte, erano i carillon.

- Carillon? Sono quegli strumenti dal suono metallico e dolce?

- Prima di entrare nell'Ordine faceva il giocattolaio, e finché la guerra glielo ha permesso ha posseduto una bottega. Successivamente, ha deciso di trasferirsi con moglie e figli in un luogo più isolato, lontano da tutti. Fu lì che divenne uno scienziato, e venne a lavorare qui.

Lavi s'intromise placido e serio nel discorso.

- E voi come sapete tutte queste cose?

La donna lo fissò con occhi di ghiaccio, prima si sospirare.

- Me le ha dette lui. Albert parlava spesso - troppo - della sua famiglia.

Allen guardò Leda sonnecchiare sotto le coperte, mostrando un'espressione davvero dispiaciuta. Quella ragazza... Aveva vissuto tanti orribili momenti, però riusciva ancora a trovare il coraggio per affrontare la vita a viso aperto. Provò molta stima nei suoi confronti. Perché lui, sebbene sorridesse sempre con convinzione, ancora faticava ad accettare il proprio passato, e a vivere il presente con quella sicurezza che avrebbe sempre desiderato possedere.

- Ora andatevene - biascicò stizzita la Capo Infermiera, con un improvviso cambio di maniere - I miei pazienti hanno bisogno di riposo. Sciò, sciò!

E con modi assai 'gentili' li spinse fuori dalla stanza.

Immersa nel proprio mondo, Leda fece un sogno diverso dai soliti. Non si trattò dell'orripilante visione dell'angelo che si rivelava un demone assassino, no. Sognò casa sua. E sua madre, assieme ad Alan e...

- Pa... pà... - sussurrò sofferta, agitandosi appena sotto le coperte. Una lacrima le bagnò la guancia ferita, fondendosi nel cerotto bianco appiccicato su di essa. E da lì, molte altre gocce salate solcarono il suo viso, rimpiangendo un passato ormai cancellato, impossibile da recuperare. Fu proprio questo a plasmare nella sua mente le immagini della sua casa, della sua famiglia, in una giornata qualunque. Una di quelle talmente vecchie da stupirsi ancora nel ricordarla. Ma come ben si sa, niente si dimentica davvero. Rimane tutto dentro di noi, ad arricchire la nostra flebile essenza.
L'ambiente era sfocato, ingiallito come in una vecchia foto. Frammenti di ricordi pregni di dolcezza e malinconia si susseguivano veloci, leggeri come l'aria; passeggeri, come a ricordare l'inevitabilità del fato, l'attimo in cui tutto finisce e si consuma.
Sentì il cigolio della porta che lentamente si schiudeva, quasi come lo scrigno di un tesoro. Lentamente, affinché si potesse apprezzare nel modo migliore la sorpresa che portava con sé. Sorrise, già sapendo di chi si trattava; chi cercava ogni volta di entrare senza far rumore, ben sapendo che i cardini erano rotti e da aggiustare. E che ogni volta se ne dimenticava.
Si vide correre incontro a suo padre. Ma non lei stessa; osservava la scena da un angolo del corridoio, in penombra, quasi fosse estranea ad ogni cosa. Ciò che scorse fu una Leda bambina, di quanti anni non lo sapeva nemmeno lei.
Quella situazione così ordinaria si era ripetuta talmente tante volte, durante la sua infanzia, che non riusciva più a dire a quale singolo giorno appartenesse.
Con voce piena di gioia la bimba saltò al collo di un uomo sulla quarantina: spalle larghe, capelli corti, scuri e brizzolati; un paio di occhiali sul viso, inesistente, come cancellato dall'innaturale nebbiolina dorata che sembrava avvolgere le loro figure evanescenti.
Leda sentì uno strano calore al petto, mentre osservava sé stessa abbracciare suo padre di ritorno da una giornata di lavoro come tante. Le lacrime di fecero ancora più copiose, bagnando il cuscino. Un peso: ecco quello che avvertì, assieme a una fastidiosa immobilità. Tentò di alzare un braccio, di chiamare quelle fugaci visioni che si susseguivano ignorandola. Voleva avvertirle, avere la loro attenzione. Perché non sopportava di dover unicamente guardare qualcosa che ormai non avrebbe più potuto avere; che la sua stessa mente la estraniasse da quei momenti perduti solo perché non ne faceva più parte. Pareva quasi un insulto, una presa in giro per lei, che ora simili emozioni non le avrebbe più provate.

- Papà... - mugugnò tra le lacrime, agitandosi appena di più nel letto; istintivamente, il braccio si mosse come cercando di afferrare qualcosa nell'aria - Sono... Qui...

Ma nessuno si accorse di lei.

- So... no... Qui... - ripeté, aumentando inconsapevolmente il tono di voce, incrinato dalla sempre più esosa quantità di lacrime che scendevano sul viso pallido - Guar... dami...

Il suo volto si piegò in un'espressione addolorata, mentre stringeva convulsamente le coperte. E fu lì che l'immagine che aveva di fronte iniziò a sparire, dissolvendosi lentamente nella nebbia; inghiottita dalla luce, tornò lentamente a far parte di quelle memorie che lei non avrebbe mai più riavuto, se non in sogno e per breve tempo.

- No... As... petta... - pregò con voce disperata, tendendo una mano di fronte a lei e allungando le dita il più possibile per poter riuscire a riportarle indietro. Ma suo padre scomparve, e la lei bambina con lui.

- No! - gridò all'improvviso, scalciando appena; le coperte bianche si sollevarono con uno sbuffo - Non andare!!

Ed a quel punto si svegliò, tirandosi a sedere sul letto come spinta da una forza invisibile. Non ricordava affatto di essere svenuta, solo di essersi addormentata e di aver fatto uno strano sogno. Si toccò la guancia umida. Aveva pianto?

- Ben svegliata - una voce accanto a lei, del cui proprietario non si era accorta minimamente, la sorprese invitandola d'istinto a voltarsi nella sua direzione. Per poco non scese dal letto per picchiarlo.

- Tu... ! - sibilò iraconda, destandosi completamente e dimenticando all'istante la tristezza e la malinconia che svegliandosi si era sentita addosso. Vaghe sensazioni, ora semplici brandelli di memorie consumate.
Komui saltò appena sulla sedia, ricordandosi però all'istante di avere il coltello dalla parte del manico e di non dover temere nulla dalla ragazza. Di fatti, accanto a lui sedeva Alan che, placido come sempre, ammonì in modo buffo la sorella costringendola a calmarsi.
Leda lo guardò a lungo, sentendosi tradita e presa in giro, per aver lasciato che il Supervisore sfruttasse il suo unico punto debole per piegarla alla sua volontà. Sapeva che questa volta suo fratello non le avrebbe permesso scenate, a giudicare dall'espressione vagamente contrariata e severa. Dovette prendere un profondo respiro e cercare di placare quanto più possibile gli istinti omicidi nei confronti dell'uomo.

- Che cosa vuole? - domandò, sebbene sapesse già quale fosse la sua proposta - Non diventerò mai un'Esorcista, se è questo che vuole.

Per un attimo Komui esibì una perfetta espressione crucciata e addolorata, facendo sporgere in maniera ridicola il labbro inferiore e fingendo di asciugarsi lacrime inesistenti. Sospirò, guardando il pavimento con aria sconsolata, per poi rivolgere un sorriso rasserenante nei confronti della ragazza, la quale si sentì a tal punto spiazzata dall'improvviso ribaltamento di facce che non poté evitare di sentirsi parecchio interdetta.

- Be'?! - esclamò all'improvviso, agitando i pugni minacciosa - Credete di potermi convincere così?! Ma lo sapete cosa abbiamo passato io e Alan per colpa vostra?!

Ancora una volta il Supervisore non proferì parola, ostentando una snervante convinzione. Sembrava infatti che sapesse alla perfezione ogni reazione che Leda avrebbe avuto; e che forse grazie a quei soli silenzi avrebbe potuto spingerla nella direzione da lui voluta...

- Abbiamo perso ogni cosa, vi rendete conto?! - continuò Leda, riuscendo a malapena a controllare il proprio tono di voce, tremante di rabbia - Per colpa di voi Esorcisti, che nel momento del bisogno siete scomparsi!

- Sorellona! - la ammonì Alan, dando un leggero colpetto al materasso, nel tentativo di richiamare la sua attenzione - Non sono spariti per codardia!

Qualsiasi cosa Leda stesse per dire, si fermò. Le parole rimasero mozzate a metà, senza uscire dalle sue labbra. Fissò il fratello come se ciò che aveva appena detto fosse qualcosa di inaspettato, insperato. Ed in effetti, lo era eccome.
Lo sfarzo di quel luogo e gli atteggiamenti che le erano stati riservati appena arrivata all'inizio non avevano fatto altro che avvalorare un immagine negativa, errata di quelle persone. Di quei difensori della pace, caduti nel dimenticatoio; dissolti nell'ombra, persi a metà tra leggenda e realtà.
Sentirsi fare all'improvviso simili rivelazioni non era normale, da programma. Non avrebbe dovuto dire così.
Perché era impossibile che esistessero altre motivazioni all'infuori della vigliaccheria per giustificare un atto di tradimento tanto grave da parte loro. Insomma: erano spariti nel bel mezzo della guerra, regalando l'umanità a un destino fatto di fame e violenza. Si erano arresi, senza combattere; appena vista la potenza del loro nemico i loro cuori vacillanti non avevano retto. Erano fuggiti, per salvarsi la pellaccia.
E Leda, che per quei quattro anni non aveva fatto altro che vivere di stenti, su di una terra ormai morta e desolata, trovò che sentirsi dire simili sciocchezze fosse davvero molto poco divertente.

- Che significa? - domandò con tono serio, eppure dolce. Si trattava pur sempre di Alan, e lei mai gli si sarebbe rivoltata contro. Eppure, nemmeno le sue parole potevano convincerla appieno. Dopotutto, la sua era una convinzione di ferro, mutata dalle aspre pianure ingrigite del Nord America e dai cuori attorniati di tenebre degli esseri umani, come lei. Non poteva dimenticare le tragedie passate delle persone che aveva amato, come quella della signora Richman, che aveva perso la figlia piccola a causa di una malattia causata dal gas velenoso prodotto dagli Akuma; Anais, che si era vista portare via i genitori a causa della guerra. E Ted, che prima di tirare su la propria locanda con fatica e sudore, aveva perso il figlio, il quale causa della morte della moglie aveva donato la propria anima al Costruttore.
Le loro disgrazie erano accadute tutte per un unica ragione. La stessa per la quale Leda e Alan ora non potevano più contare sull'abbraccio di una madre. Per questo non li avrebbe mai perdonati.

Mai.

- Il Signor Komui mi ha raccontato - asserì Alan, abbassando lo sguardo, come se in qualche modo trovasse difficoltà nel parlare - Dopo la loro apparente vittoria nella guerra avvenuta ormai mille anni fa, il Conte...

Si fermò, tremolando appena.
Leda si chinò su di lui, lanciando uno sguardo assassino al Supervisore. Che razza di cose gli aveva raccontato da agitarlo così?!

- ... Lui ha ucciso tutti gli Esorcisti - terminò in un soffio il bambino, lasciando che una lacrima gli bagnasse la guancia - Per questo... Non sono arrivati, Leda.

Cominciò a singhiozzare, cercando tuttavia di contenersi. Non era da lui lasciarsi andare a quel modo, ma al sol sentire la verità il suo cuore si era spezzato a metà. Loro avevano sempre dato ragione a una storia sbagliata, se ne rendeva conto solo adesso. E per questo, si sentiva un mostro. Un mostro egoista e vigliacco.
Leda abbracciò d'impeto il fratello, stringendolo a sé e resistendo in maniera assurda al pianto. Doveva essere forte per lui, certo, ma la notizia che gli aveva rivelato era stata sconvolgente. Il Conte aveva... Davvero sterminato tutti gli Esorcisti?
Uno strano calore le salì fino al petto, bruciando. La gola cominciò a dolerle, nel trattenere le lacrime; l'orgoglio iniziò a divorarla, pezzo per pezzo, dall'interno.

Vergogna.

Provava una profonda vergogna per tutta quella situazione senza senso. E sebbene non riuscisse a cancellare nemmeno dopo una simile verità l'odio, sentì di dover come minimo far sapere che sì, aveva compreso. Era stata... Davvero... Una stupida.

- Io... - balbettò, ancora impegnata nell'abbraccio, verso Komui - Non so... Cosa...

Ma l'uomo si alzò dalla sedia. Le sorrise. Aveva capito.
E fu allora che le lacrime le scesero senza controllo sulle guance pallide. Affondando il viso nell'incavo della spalla del fratello, nascondendolo mentre lo sentiva diventare bollente, pronunciò spontaneamente parole che mai, se non in una simile circostanza, avrebbe rivolto ad una persona del suo stampo.

- Mi... Dispiace...

Sentì qualcosa bloccarle la gola, mentre diventava sempre più rossa per l'imbarazzo. Ma per quanto il suo spirito bruciasse a causa dell'orgoglio ignorato, mai e poi mai si sarebbe perdonata quei quattro anni di rabbia ingiustificata.

- Mi dispiace... - ripeté, come per rendere ancora più palese il dispiacere dato dal proprio errore.

Komui non disse nulla. Si limitò a posare candido una mano sulla sua spalla, e chinandosi su di lei sussurrò:

- E' tutto a posto.

In un attimo Leda e Alan si aggrapparono a lui piangendo, come per implorare nuove scuse; come se quella semplice frase non potesse espiare i peccati da loro commessi, ma al contrario aggravasse la loro colpa. Era... Frustrante. E orribile. E gentile.

Una cosa però i due fratelli l'avevano capita eccome: che quelle parole, così pure, così leggere, avevano aperto le porte a nuovi orizzonti; e che con la loro spontaneità e premura, avevano trasformato il luogo più infernale del mondo in un piccolo paradiso fatto di nuove speranze.

 



-Allora?! Cosa dovrei fare ora?

Komui sbiancò appena sotto i toni minacciosi della neo Esorcista. Certamente, la sua immagine afflitta dai sensi di colpa avuta qualche ora prima adesso era solo un lontano ricordo. La figura che aveva davanti non le somigliava proprio per niente, così autoritaria, esigente.. Spaventosa.
I fogli che stringeva in mano tremolarono appena, mentre glieli porgeva titubante.

- Devi solo scrivere i tuoi dati qui - balbettò incerto con un sorrisetto ridicolo in volto. Se stava tentando di nascondere la paura, lo faceva in maniera davvero pessima.

Leda strappò di mano le carte dal Supervisore e le guardò come se fossero state una stele antica da decifrare. Afferrò dubbiosa una penna dalla scrivania completamente in disordine ed iniziò a compilare i vari spazi vuoti.

Nome: Leda.
Cognome: Fringe.
Età: 19.
Tipo di Innocence: ...


- Be'? - Komui cercò di sbirciare truffaldino le note della ragazza. Di rimando questa attirò a sé i fogli con stizza. Diede loro poi una veloce occhiata e, una volta preso un profondo respiro, ammise:

- Non so che tipo di Innocence abbia - e lo disse tutto d'un fiato, perché se c'era una cosa che proprio non sopportava, era di dover rendere conto a quell'uomo. Difatti arrossì, voltando lo sguardo altrove.

Al Supervisore brillarono gli occhi, di una luce sinistra e inquietante. Improvvisamente l'atmosfera si fece opprimente, come se una creatura maligna ora ne facesse parte. Un sogghigno mostruoso riempì l'aria, satura di silenzi e sguardi nei quali era possibile individuare quella punta d'imbarazzo e incapacità nel gestire semplici situazioni burocratiche da parte di Leda. E quando la neo Esorcista si fu voltata verso Komui, rabbrividì dal terrore nel vedere la sua figura talmente sporta verso di lei da apparire come circondata da una sorta di aura maligna. Fu un sorriso di circostanza quello che si allargò sulle sue labbra, mentre cercava di domandare balbettando cosa diamine fosse preso al suo cervello degenero. In men che non si dica però si sentì arrivare sulla nuca un potente colpo. Cascò a terra come un sacco di patate, ormai priva di sensi.

Tutto avvenne troppo in fretta e lei non fu capace di evitarlo. La situazione si era fatta tanto strampalata da impedirle qualunque ragionamento concreto e nel momento in cui aveva chiuso gli occhi ogni pensiero che avesse potuto formulare si dissolse completamente. Perché lei, abituata a dare una logica a qualunque avvenimento le capitasse con incrollabile razionalità, di certo non si sarebbe mai aspettata un'azione simile da parte del Supervisore. Uomo a tratti freddo, a tratti... Premuroso, a tratti ancora completamente pazzo. Doveva farci ancora l'abitudine, certo, ma nulla autorizzava quella gente a trattarla come una ragazzetta qualunque solo perché sorpresa in un momento di debolezza! Gliel'avrebbe fatta pagare, a quel maniaco col berretto, poco ma sicuro...

Quando riprese i sensi, scoprì con disappunto di trovarsi letteralmente avvinghiata ad una sedia, i polsi e le caviglie legate attorno alle gambe e ai braccioli. Inutili furono i tentativi di liberarsi, dato che oltre a trovarsi in una stanza chiusa e semi buia pareva essere stata assicurata abbastanza accuratamente onde evitare fughe. D'improvviso una luce sopra di lei si accese, rivelando un pavimento bianco a piastrelle insulso, e vari mobili e strumenti medici sparsi qui e là. Iniziò ad agitarsi ancora di più. Dove si trovava? Che posto era quello?!

- Lasciatemi andare, maledetti!! - ringhiò sforzando ogni muscolo del corpo per liberarsi, mentre i suoi occhi si adattavano lentamente all'illuminazione del nuovo ambiente. E quando ebbe messo completamente a fuoco, poco mancò che svenisse ancora. Komui era di fronte a lei. In mano stringeva un trapano esageratamente grosso, accompagnato da un ghigno sadico e maligno oltre misura.
Leda sbiancò, letteralmente. Il suo cuore si fermò all'istante, mentre con rinnovata energia tentava di slacciare i polsi. Ed a ogni secondo perduto a tentare di slegarli, il Supervisore si avvicinava sempre di più, sogghignando perfido.

- Fermo, fermo! - lo supplicò con voce tremula. Non voleva mica torturarla con quell'arnese assurdo?!

Per tutta risposta il trapano iniziò a vorticare, con un rumore lacerante e metallico.

- FERMOOOO!!!

Ciò che Alan, seduto fuori dalla stanza, sentì in seguito, furono una moltitudine di grida indecenti e spaventosamente acute, accompagnate dal trivellare del diabolico strumento del Supervisore. E se sulle prime ne fu quasi impressionato, avvertendo su di sé lo stesso terrore che sicuramente la sorella stava provando in quel momento, poi chinò il capo e si lasciò scappare colpevole un risolino. Certo non era felice della condizione della ragazza, bensì si sentì, per la prima volta da quando la sede Nord America era stata distrutta, felice.
Qualcosa gli invase il petto, arrivando fino a fargli pizzicare gli occhi. Un calore buono, famigliare; sereno. Finalmente, pensò, avevano trovato una nuova casa, con persone altruiste e disponibili.
E ne era certo, anche Leda lo pensava nel suo profondo perché, se davvero quegli Esorcisti fossero state persone malvagie, li avrebbero già rinchiusi in una qualche cella e torturati; o peggio, uccisi. Invece avevano dato loro un letto, un pasto caldo, tanti sorrisi e abbracci. In più, comprendevano appieno la loro condizione in quanto la condividevano perciò il bambino non poté che sentirsi rincuorato.
Un pensiero volò anche a Ted e a tutti gli altri della locanda. Chissà se erano riusciti a mettersi in salvo?
Con questa piccola speranza ancora a pervadere il suo piccolo cuoricino, attese paziente che la visita medica della sorella terminasse.

Si fece sera, e dopo una serie di estenuanti esami, analisi, prelievi e momenti di terrore puro, Leda uscì finalmente dalla stanza, accompagnata da un Komui soddisfatto e sbarazzino. Il volto pallido era la raffigurazione della paura. Arrancando instabile fino ad Alan, si lasciò guidare come uno zombie privo di coscienza fino ad una stanza ampia e buia. Ad illuminarla - ed abitarla -, un essere che non aveva mai visto. Alto, etereo, completamente deforme e privo di occhi. Una scia sinuosa di capelli molto simili a tentacoli lo ricopriva da capo a piedi, avvolgendolo come un abito elegante. Senza un minimo di reazione - l'ispezione del Supervisore era stata abbastanza traumatica - si lasciò afferrare e sollevare in aria. Subito avvertì una strana sensazione di benessere, come se fosse stata immersa in una vasca d'acqua calda e rilassante. Le numerose braccia della creatura l'avvolsero riscaldandola, e nonostante sentisse i commenti preoccupati di Alan sotto di lei, capì immediatamente che di pericoloso quell'essere non aveva nulla. Chiuse gli occhi, abbandonandosi a quel piccolo momento di tranquillità.

- Hevlaska, com'è? - Komui si fece avanti e con un sorriso chiese delucidazioni.

Dopo qualche attimo di silenzio, le calde braccia della custode dell'Innocence liberarono Leda e la riportarono a terra. Le labbra carnose si piegarono in un accenno di sorriso. La ragazza ricambiò placida, dovendo a malincuore separarsi da quel tiepido abbraccio.

- Ha un buon... Tasso di... Sincronizzazione... - vociò gentile la creatura, suadente e calma - Circa... Settantotto... Per cento...

- Cos'è il tasso di sincronizzazione? - domandò Leda andando incontro ad Alan, per fargli capire che non doveva aver paura di nulla.

komui annotò perplesso il dato su un documento che aveva tra le mani e si rivolse a lei con aria... Professionale.

- E' un valore che indica quanto in sintonia sei con la tua Innocence - spiegò con un piccolo sorriso e un occhiolino - E devo dire che la tua è parecchio particolare.

- In che senso? - si sentì domandare di rimando. Ma ritenne che la maniera migliore per risponderle fosse la buona e vecchia pratica.

Si avvicinò a lei e dopo averle preso una mano, la chiuse a pugno evidenziando maggiormente le nocche e le articolazioni del polso. Con una punta di orgoglio nella voce sentenziò:

- Si trova qui. E comprende l'interno sistema scheletrico.

Leda fissò l'ossatura sporgente delle dita e si sentì all'improvviso più strana del solito. Come se ad animarla avesse fatto la sua comparsa una nuova, forte convinzione. Eppure, nonostante in un primo momento la confusione fosse enorme, tanto da soffocare qualunque pensiero, successivamente si vide piegare le labbra in un flebile sorriso, mentre come assorta ripassava i contorni della mano, con delicatezza. E per un qualche strano motivo, non provò affatto rabbia, o paura o rigetto per quel potere antico e misterioso che dimorava in lei. Ne fu come... Attratta.
Non lo vide più come una maledizione, similmente a quella stessa mattina. Vi vide invece un mezzo, un tramite grazie al quale fare giustizia.
Era quello che aveva sempre desiderato, in fondo: ottenere un potere superiore, uno talmente potente da far cessare la guerra. Ed ora... Lo possedeva. Era suo, completamente suo. E lo aveva sempre avuto, senza tuttavia rendersene conto.
Ora poteva davvero dirlo. Poteva affermare di essere in possesso della stessa forza di quei temporali che tanto ammirava. Una forza in grado di piegare con grazia ed eleganza gli steli d'erba, ma capace di abbattere un albero con severo giudizio. Era così che si era sempre vista: una ballerina che, tra dolci note meccaniche, saettava fluente e impetuosa a cavallo della tempesta.
Strinse decisa il pugno, con un sorriso di sfida ad animare il suo animo. Non capiva proprio perché avesse pensato di essere maledetta. Con l'Innocence... Lei sarebbe diventata la lady agguerrita che avrebbe posto fine al travaglio dell'umanità.
Nulla avrebbe potuto fermarla, ora.

- Va bene - asserì, sollevando il braccio al cielo - Diventerò un Esorcista.

 
Angolo di Momoko ¬

  Salve ragassuoli!
Prima di dire qualsiasi cosa, sappiate che vi ho risparmiato un altro capitolo-mattone xD Ultimamente scrivo tanto - troppo - quindi devo dividere tutto a metà. E' che non pensavo venisse così lungo. Le informazioni si sono sommate e alla fine ho optato per la ghigliottina. Zak! Diviso a metà xD
Allora, che dire a questo punto? Le vicende si evolvono, Leda ha preso coscienza della propria condizione e anche se ancora non riesce a dimenticare l'odio per gli Esorcisti, diventerà una di loro. Dal prossimo capitolo, ve lo dico subito per anticiparvelo, andrà in missione, e non sarà sola. Già qui si comincia a parlare del suo paparino. E' un personaggio a cui darò molta importanza in futuro, per cui aspettate e vedrete!^^
Ah, avrete notato che da qualche giorno la storia ha subito un cambio di rating. Mi sono resa conto che è diventata un calderone di angst e dramma assurdo. Anche Into the Madness ha dovuto seguire lo stesso destino. Spero di non deludervi^^
Come sempre, ringrazio infinitamente tutti quelli che hanno letto, messo tra le seguite/preferite/ricordate questa storia; e ovviamente, anche chi l'ha recensita <3 A tal proposito, mi scuso profondamente con La Strega di Ilse. Arrriverò a commentarti il tuo capitolo di Maschere Infrante, cara çwç Quanto odio la scuola >3>
Desidero scusarmi anche con KH4, della quale devo ancora recensire la one shot. Pazientate, vi supplico çwç Ora mi dileguo, per domande, commenti, minacce e/o insulti sono qua :)
A prestooo,

Momoko <3

 
   
 
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