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Autore: ryuzaki eru    22/10/2013    10 recensioni
(Nel cap. 1 scheda in stile "Death Note 13 How to read")
Un lento crescere di strani ed apparentemente trascurabili eventi. Una ragazza comune, preda di una situazione incomprensibile. L’apparente iniziale assenza di tutto ciò che riguarda il mondo di Death Note, così come voi lo conoscete. Ma tutto quell’incredibile mondo c’è! Kira, Tokyo, il quaderno. Ed Elle arriverà… Perché volevo continuare a vederlo parlare, muoversi, ragionare.
Elle era in piedi sul marciapiede e con gli occhi spenti la osservava, mentre strusciava svogliatamente il dorso del piede su un polpaccio...
«Ciao, Ryuzaki…» tentennò Emma «Allora…sai dove vivo… Ed io non te l’ho mai detto! Quindi…»
«Quindi?» le chiese lui vagamente irriverente.
«Quindi immagino tu sappia altro... Il punto è da quanto tempo sai!»
Elle smise di grattarsi il polpaccio e portò il piede a terra «No. Il punto è che da ora la smetterai di giocare da sola a questa partita.» la gelò.
La voce le arrivò dritta alla testa, come una tagliola affilata.
Il suo sguardo impassibile e freddo la trapassò.
Genere: Introspettivo, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Another world'
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Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 
 46. Il solito Elle…
 
L’armonia dell’organo continuava ad aleggiare nell’aria.
Emma non aveva mai seriamente pensato a cosa dovesse significare occuparsi di bambini che non avevano i genitori, né si era mai chiesta quali potessero essere le loro difficoltà e i loro diversi caratteri, eccetto che per Ryuzaki. Ma stranamente ciò che le aveva appena detto Watari suggeriva che, riguardo a Near, il suo essere orfano non fosse la sola causa della sua complessa e triste condizione…
«Comunque Ryuzaki è in biblioteca, se è lui che stava cercando.» le disse poi affabilmente Wammy, tornando ad un tono di voce normale.
«No, sono qui.» arrivò la voce di Elle, che era fermo sulla soglia della sala, nella penombra, con le mani nelle tasche e i piedi nudi.
Near sollevò il capo solo allora.
Ma Elle lo ignorò.
Emma si chiese da quanto tempo Ryuzaki fosse lì, se avesse assistito alla scena del disegno o ascoltato la breve conversazione successiva, che probabilmente era udibile anche dalla vicina soglia, nonostante la musica e il tono basso che Watari aveva tenuto per evitare a Near di sentire.
«Deduco che tu sia giunta a qualche conclusione.» disse Elle, buttando una rapida occhiata asettica alla sua felpa azzurra con la S di Superman.
«No.» rispose Emma secca «Ho solo impedito al mio cervello di andare in tilt del tutto. Quindi ho intenzione di ricominciare da capo.»
«Mhm… Mi sembra accettabile.» si portò il dito sulle labbra e si guardò intorno «Ma io voglio dei biscotti.» si voltò con tranquillità e strascicando l’orlo dei suoi larghi e lunghi jeans sul pavimento andò a prendere un contenitore sferico di vetro pieno di frollini e poi si diresse verso il divano, mentre la musica continuava a imperversare nell’aria.
Watari osservò Emma, poi raccolse il suo libro e lasciò la stanza.
Emma seguì con lo sguardo Elle, senza dire una parola.
Poi gli disse «Voglio tutte le risposte, senza mezze verità o repliche vaghe.»
Elle commentò placidamente «Non ho motivo di non risponderti. Sei qui apposta. Sapevo comunque che saresti arrivata, prima o poi. Sapevo che avresti voluto sapere. E in particolare sapevo che stavi arrivando oggi. Ti avevo lasciato il cellulare proprio per poter seguire i tuoi spostamenti.»
Emma non replicò subito, ma lo osservò rannicchiarsi con noncuranza nell’angolo del divano. Near non gli aveva tolto gli occhi di dosso un istante, ma Elle continuava a ignorarlo.
Una volta seduto, Ryuzaki proseguì «E comunque non ho altro da fare adesso, ho parecchio tempo a disposizione. Dopo il caso Kira ce ne vorrà prima di potermi imbattere in un’indagine altrettanto stuzzicante…» e infilò le dita nel contenitore di biscotti che teneva sulle ginocchia «Ad ogni modo, alla felpa di Superman preferivo la t-shirt con la L.» aggiunse ingenuamente.
Emma si posizionò sul divano affianco a lui, a gambe incrociate, e lo guardò in silenzio senza replicare per alcuni istanti.
Gli aveva detto “niente mezze risposte”, ma non “niente uscite assurde”.
Ma dopotutto non erano quelle il problema… Quelle erano sempre fantastiche, anche se il più delle volte avevano la funzione di spiazzare e quindi di smorzare i toni. Il trucco era saperlo, rendersene conto, accettare di stemperare la tensione e quindi continuare a parlare. A pensarci bene, quelle uscite erano utili… Sì, utili per chi non era in grado come lui di mantenere la calma o la lucidità. Bisognava sfruttarle, punto.
E infatti Emma lo fece, sorrise appena e, determinata ma assolutamente tranquilla, pose comunque la domanda che avrebbe posto, anche se forse l’avrebbe fatto con un tono più severo se lui non l’avesse ammorbidita con quella frase ingenua sulla sua felpa «Mi hai lasciato il telefono apposta?».
Near abbassò allora lo sguardo e tornò alla sua torre di fiammiferi. Da lì non poteva ascoltare la conversazione e comunque essa non doveva interessargli affatto. Ciò che aveva interessato la sua mente di ghiaccio, con tutta probabilità, era solo ed unicamente Elle…
Ryuzaki si leccò le dita «Certo. Se ti risultava diversamente, sappi che Watari, qualunque cosa ti abbia detto a proposito del cellulare, ha deciso di lasciartelo di testa sua, perché io non gli avevo prescritto di fare nulla a riguardo, proprio perché lo conosco. Perché sapevo che te lo avrebbe lasciato comunque, per una sua visione del mondo, della vita e della libertà delle persone.» e sollevò lo sguardo dai biscotti per tornare a fissare Emma negli occhi «E comunque era funzionante solo il GPS. I microfoni erano stati disattivati, quindi non mi sono sorbito tutta la tua vita da luglio fino ad ora, stai tranquilla.»
«Sai cosa me ne sarebbe importato se anche tu avessi ascoltato la mia vita, ho trascorso mesi ad essere “spiata” e, per altre eventuali “rivelazioni piccanti”, tanto avevi capito i miei sentimenti da molto prima che io me ne potessi rendere conto. Comunque, per inciso, io condivido pienamente la visione della vita e della libertà che ha Watari. E anche tu la condividi. Sei cresciuto con lui e con le sue parole, quindi non parlarne come se fosse una cosa che non ti appartiene, perché con me non attacca più questa storia.» e gli sorrise placida.
Colpito.
Come al solito, il loro stare insieme era fatto di momenti molto diversi, che si alternavano nel giro di un battere di ciglia.
Dopo la conversazione di fuoco della mattina, sembravano tornati alle loro consuete dinamiche. E anche se Emma era stata invasa da un fiume in piena di pensieri contrastanti, le rimaneva la consapevolezza di ciò che aveva pensato di lui quando era rimasta sola e distrutta dalla notizia della sua morte: Elle non era un alieno. Ed era anche grazie a questa considerazione che adesso riusciva ad affrontarlo di nuovo, ad affondare meglio e a tenere a bada i suoi ancora mille dubbi. Perché, per quanto potesse farle paura scoprire un Ryuzaki in carne ed ossa diverso da quello di carta, di certo quella considerazione aveva già contribuito a rendere Elle, per lei, una persona “vera” più di quanto non lo fosse mai stata nei lunghi mesi delle indagini. Emma conosceva di lui un piccolo pezzetto in più, che certo non poteva svelare la complessa persona Elle, né lei poteva aggrapparvisi per sciogliere la matassa di insicurezze che l’avevano attanagliata la mattina, ma era comunque più di chiunque altro a quel mondo avesse mai conosciuto, eccetto Watari naturalmente.
Sì, decisamente dormire era stata la soluzione migliore…
«Ma la questione è un’altra.» proseguì Emma senza dargli il tempo di replicare «Hai architettato tutto in modo perfetto. Partendo dall’inizio, dando però per assodati i discorsi fatti stamattina: mi hai usata e “salutata” nel peggiore dei modi. E anche se sapevo benissimo che era assolutamente consono alla tua persona trattarmi così e non potrei quasi biasimarti, perché sono io che me la sono cercata e tu non puoi certo essere diverso da ciò che sei, era ovvio che sarei stata infuriata con te. Ma…» fece una pausa «… Ma il punto non è nemmeno questo. Perché hai detto al mondo di essere morto? Perché lo hai fatto credere anche a me, se poi ti aspettavi che sarei venuta qui?» a quest’ultima domanda Watari aveva dato una risposta importante, parlando di “ignoranza”, ma Emma aveva detto di voler ricominciare da capo e, soprattutto, si era imposta di fare le domande così come le sarebbero venute alla mente, senza ragionarci troppo sopra. Quindi, senza farsi problemi, proseguì «Hai architettato tutto così perfettamente che io, adesso, mi ritrovo a non riuscire nemmeno ad essere veramente arrabbiata come dovrei. Tu prima mi hai visto esasperata e infuriata, ma in realtà potrebbe essere molto peggio di così. Ryuzaki, tu mi hai fatto credere di essere morto! Io mi sono annientata per la tua falsa morte e non esiste uno stratagemma migliore di questo per indorare e addolcire l’amara pillola di essere stati trattati in modo indecente. E infatti mi sono ritrovata praticamente a perdonarti, mi sono ritrovata a rimpiangere con tutta me stessa il bastardo che sei, solo perché credevo che non ti avrei mai più rivisto.»
Elle si grattò la nuca pensieroso «Non l’avevo osservata sotto questo punto di vista… Però in effetti sembra essere stata una strategia ottimale anche su questo aspetto.»
«E certo che non l’avevi previsto, questo! Figurati se quando hai architettato tutto hai pensato a me! Ma guarda caso ti è andata liscia, perché se un ragionamento è vincente, incredibilmente esso risulta spesso vincente su più fronti, anche su quelli che non si erano preventivati, ancora di più se si tratta di te.»
«Mhm…» mugugnò Elle masticando un biscotto  «Sì, è corretto, in linee generali. Però ti stai dimenticando del fatto che ti ho lasciato il telefono e che sapevo che saresti venuta qui. Che anzi me lo aspettavo. Dovresti ragionarci un po’ meglio su questa cosa, con la tua testolina che macina piuttosto rapidamente, ma che tuttavia finge di non pensare a cose “sterili” e che le allontana, un po’ per natura, un po’ perché teme che io possa giudicarla una stupida per averle pensate.»
Emma rimase spiazzata un secondo.
Ancora una volta Elle stava leggendo dentro di lei.
Era vero…
Una domanda alla volta, un pensiero alla volta, così come la mente o l’istinto mi suggeriscono.
Già. Solo che, esattamente come le aveva appena detto Elle, erano proprio la mente e l’istinto che la spingevano ad allontanare quei cosiddetti pensieri sterili, perché la spaventavano, ma anche perché sapeva bene come lui li considerasse di scarsa importanza, se non inutili… E non c’era dubbio che lei stesse continuando a tenere la conversazione lontana dal punto cui si era fermata la mattina. Sembrava non volerla portare su quel piano che l’aveva destabilizzata.
Perché Emma non sapeva ancora cosa doveva fare. Perché non sapeva ancora cosa era disposta ad accettare. Non sapeva ancora cosa voleva.
Però, del resto, era verissimo anche che lui le aveva lasciato il telefono, scientemente, avendo ragionato sulla questione e quindi sul fatto che Watari stesso avrebbe scelto di lasciarglielo, di sua volontà…
Quindi, in qualche modo, si riponeva un’altra questione cui lei, inconsciamente, sembrava non voler pensare, ma cui lui continuava a ritornare: Emma era stata compresa nei calcoli di Elle? Nei suoi ragionamenti complessi, tra le sue mosse, era rientrata anche una qualche previsione futura che riguardava lei, proprio lei, indipendentemente dai motivi?
Al di là del dubbio se queste considerazioni fossero vere, il punto era che Emma non sapeva ancora come prenderle, cosa chiedere in proposito.
Il problema era che Emma non aveva ancora chiarito veramente l’elemento fondamentale.
Quindi rimase un attimo in silenzio, mentre lui la osservava, conscio che la sua testolina, per l’appunto, stesse rimuginando. Ma lei non replicò, col volto appena incupito.
Ryuzaki la guardò in silenzio per qualche istante ancora e poi le disse «…Ne vuoi uno?» e le porse candidamente un frollino, come niente fosse «So che detesti i dolci, ma so anche che questi li mangi. Sono butter cookies, e un po’ di zucchero potrebbe ritirarti su il morale…».
Come si poteva dirgli di no?
Come accidenti si faceva a dirgli di no?
Così Emma allungò la mano e prese quel biscotto, che al palato risultò così burroso da sembrare quasi salato. Forse era questo l’unico motivo per cui le piacevano solo quelli, di biscotti.
Quindi Elle, soddisfatto, riprese a parlare «Comunque, visto che non devo dare mezze risposte, credo che la prima delle tue domande fosse sapere il motivo per cui ho finto di morire. Be’, io dovevo sparire, Emma. Tutti coloro che mi avevano conosciuto, che avevano visto il mio volto e sentito la mia voce dovevano sapere che io e Watari eravamo morti. In questa indagine sono stato costretto a mostrarmi, ma tutto doveva ritornare come era prima. Nessuno, ancora una volta, deve conoscere il volto e l’identità Elle.»
Elle, dopo essere entrato “socialmente” nel mondo, aveva fatto in modo di uscirne di nuovo. L’aveva fatto per la salvaguardia della propria incolumità e di tutti gli esseri umani minacciati dai criminali, perché lui doveva continuare ad essere Elle, doveva poter proseguire ad indagare in nome della Giustizia.
Ed in nome di essa aveva abbandonato il mondo ancora una volta.
Ecco perché aveva inscenato la sua morte. Tutto era stato calcolato anche in funzione di quell’obiettivo, in modo del tutto verosimile.
E quindi, per tutti, Ryuzaki era morto.
Per tutti tranne che per la Wammy’s House naturalmente.
Tranne che per la Wammy’s House e per Emma.
Emma, ancora una volta, non parlò, ma continuò a guardarlo negli occhi, sgomenta e concentrata… Ma adesso io so che tu sei vivo… Lo so perché tu hai voluto che io lo sapessi… Soltanto io…
Ryuzaki sorrise sornione, leggendo le espressioni di Emma.
Ce la stava portando di nuovo, lentamente, ma ora lo stava facendo nell’unico modo che conosceva bene: attraverso i ragionamenti. E ce la stava portando senza dirglielo esplicitamente. Perché la logica non mente mai. La logica può essere controllata e prevista. Perché in questo modo Ryuzaki poteva immaginare e dunque controllare ciò che lei stava pensando.
Emma sospirò e chiuse gli occhi.
Non poteva credere ai ragionamenti che la sua mente le stava proponendo.
Non poteva ancora affrontare quello che lui la stava palesemente inducendo a pensare, con i suoi input apparentemente asettici.
Le veniva spontaneo bloccare di nuovo il fiume in piena e comportarsi senza cedere all’emotività. Si era prefissa di fare proprio quello che le veniva istintivo fare, in modo di non perdere il controllo e di capire. Ma ciò che l’istinto le stava proponendo in quel momento era dettato dalla paura e da una certa barriera che si era innalzata dentro di lei.
Fece quindi un altro sospiro e riaprì gli occhi «D’accordo… E allora, visto che le cose stanno così, visto che sono qui e che, a quanto pare, sono privilegiata nell’esserlo, adesso voglio conoscere ogni dettaglio del caso Kira.» e deviò la conversazione su qualcosa che la riportava con i piedi per terra, che ce l’aveva sempre riportata, su qualcosa che avrebbe reso Elle sempre il solito.
La mente umana è bizzarra…
Emma proseguì «Per ora mi è chiara soltanto la balla dell’ “Organizzazione Elle”, che hai architettato per giustificare un successore e per avvalorare la tesi che qualcuno potesse aver deciso di divulgare la notizia della tua falsa morte, che ti serviva di diffondere. E poi, così, in molti rinunceranno a scoprire la tua identità, perché si aspetteranno di trovarsi davanti un muro di persone che ti proteggono e soprattutto una schiera di individui pronta a prendere il tuo posto: così diventerà piuttosto inutile fare fuori il singolo “Elle” al comando. Perciò voglio il resto».
«Mhm…» mugugnò lui «A quanto pare cerchi sicurezza nel lato che più ti piace di me, quello che “conosci” meglio. E del resto devo ammettere che l’idea di raccontarti tutto mi ha sempre stuzzicato oltre misura. In effetti credo di averci pensato anche un attimo prima di svenire, nel dubbio se mi sarei mai risvegliato oppure no.» portò lo sguardo verso l’alto, pensieroso «Ma immagino di dover partire da molto prima perché tu possa capire.»
E quindi Elle le raccontò tutto, ogni passaggio di quel piano minuzioso, perfetto e rischioso che l’aveva portato a vincere, su tutta la linea.
Ed Emma, dopo aver ascoltato in silenzio e con attenzione e dopo aver ricomposto tutti i pezzi di quel complesso puzzle, disse «Nessun destino… Ukita e Naomi Misora sono morti ugualmente e nello stesso giorno per puro caso…»
Ryuzaki ribatté «E direi che questo in fondo poteva essere prevedibile, al di là del fatto che non credo nel destino.»
«Be’, mi farebbe piacere sapere perché era prevedibile, visto che per me, ovviamente, non lo era affatto.» commentò Emma.
«Mhm… Be’, innanzi tutto qualcuno non è morto così come tu sapevi, ad esempio i poliziotti fuori dalla Sakura TV nel giorno in cui Ukita è stato ucciso. Ma questo potrebbe non avere grande valore, visto che i poliziotti in questione non avevano un  nome né alcun rilievo nella trama del manga che tu hai letto. Quindi, a parte questo, c’è una cosa fondamentale che va presa in considerazione…» sbocconcellò un biscotto «Emma, chi è il protagonista del manga Death Note, nel tuo mondo?»
Emma arretrò col capo, confusa dalla domanda inaspettata e apparentemente non pertinente. Poi rispose «Be’…Direi Light, tu, Near, Mello e anche Misa naturalmente…»
Elle sollevò le sopracciglia con sufficienza «E io direi che ti sbagli. Io non ho letto il manga, per ovvi motivi. Ma ho letto la trama che hai scritto tu. E sono assolutamente certo del fatto che ti sbagli.»
 
Eh eh eh…
Non avevo dubbi che lo avrebbe capito.
Non avevo proprio alcun dubbio sul fatto che lui avrebbe preso in pieno il nocciolo di questa questione.
Eh eh eh…
 

Emma assottigliò lo sguardo, non riuscendo a capire dove Ryuzaki volesse arrivare, e lo osservò in modo interrogativo, senza ribattere, ma attendendo semplicemente che lui continuasse a parlare. Sapeva bene che Elle lanciava sempre affermazioni lapidarie e da principio poco chiare, solo per poterle spiegare poi, dopo essersi goduto la reazione sorpresa del suo interlocutore.
E così il grande detective proseguì «I soli e unici protagonisti di Death Note sono il quaderno della morte e Light Yagami, Emma.»
Ryuzaki iniziò a leccarsi la punta delle dita per carpire le briciole di biscotti e lo zucchero vanigliato che vi erano rimasti appiccicati sopra «Il titolo la dice lunga in proposito e scommetto che la copertina del primo volume ha una bel disegno a colori di Light. Mi scoccia ammetterlo, ma è così, senza ombra di dubbio. E tutto ciò ha a che fare con quello che tu chiami destino, ma che io chiamerei in un altro modo. Nella vicenda del manga che tu hai letto, il mio personaggio muore perché era deciso che dovesse morire, perché era “scritto”. Ma non c’entra nulla il destino: si tratta della semplice volontà dell’autore che ha ideato la trama. Questo autore ha costruito una vicenda interessante, molto intricata ed avvincente, ha inventato dei personaggi e li ha fatti muovere sulla carta. Ma ciascuno di questi personaggi, più o meno importanti, ruotava intorno all’unico protagonista: Kira, che in quanto tale rappresenta sia il death note che Light Yagami. Io, in quella storia, sono stato un mero co-protagonista, una spalla, uno strumento.»
Emma lo guardava incredula «Una spalla?! Tu, una spalla?! Ma se metà dei lettori ti ha adorato, l’altra metà ti ha comunque rimpianto e una certa parte non ha nemmeno proseguito a leggere, perché tanto tu non ci saresti più stato! È vero che indubbiamente la tua morte è stata funzionale ad aumentare l’odio nei confronti di Light, che da quel momento in poi perde ogni speranza di redenzione agli occhi di molti lettori, ma tu sei un protagonista assoluto! Ma quale spalla?! Il personaggio “letterariamente” meglio riuscito di tutto il manga sei tu, senza dubbio, al di là dei gusti o delle inclinazioni personali pro-Kira o pro-Elle!»
Ryuzaki fece un vago e sicuro sorrisetto di soddisfazione «Lasciando da parte il fatto che tu sei un po’ troppo di parte, temo che tu abbia perfettamente ragione. Ed è proprio questo il punto della questione: alla resa dei conti sono risultato essere il personaggio riuscito meglio, da un punto di vista “letterario”, come hai detto tu, ma sono comunque rimasto un co-protagonista. E non è che la cosa mi entusiasmi, ma è un dato di fatto. Ed è questo il motivo che ha scatenato confusione.»
Era fastidioso accettare questa affermazione.
Era fastidioso perché Emma stessa sapeva che purtroppo era giustissima e verissima. E l’aveva sempre saputo, a modo suo. Come forse l’aveva tacitamente saputo ogni fan di Elle, aggrappandosi a tutto pur di non ammetterla.
Ed Emma finalmente capì dove Ryuzaki voleva andare a parare… E le piacque molto ciò che intuì, anche se era assurdo. Sebbene fosse un pensiero presuntuoso, ad Emma piacque da morire lo stesso, forse proprio perché era così. Solo Elle avrebbe potuto pensare una cosa del genere.
E così Emma sorrise con una punta di divertita furbizia «Mi stai dicendo che chi ha ideato la trama ha commesso un errore?»
«Più o meno. Sto dicendo che il mio personaggio, così ben articolato e tratteggiato, è sfuggito di mano all’autore stesso. Sto dicendo che dopo avermi creato e costruito in modo così perfetto, dopo avermi attribuito un’intelligenza fuori dal comune ed una capacità di ragionamento superiore, l’autore si è perso dietro alle esigenze della trama, ha dato priorità a quelle, volendo naturalmente esaltare le capacità di Light, che era il vero protagonista. Non succede forse così anche con tutti gli altri personaggi? Non è forse questa la funzione di Naomi Misora che, sebbene molto intelligente, nella storia a china si ritrova assurdamente e stupidamente a spifferare il suo vero nome a un ragazzino come Light, in modo decisamente poco credibile per un esperto e guardingo agente dell’FBI? La sua vicenda non è forse solo l’ennesimo modo dell’autore di dimostrare le capacità e l’eloquenza subdola di Light, dell’unico vero protagonista? Ma in fondo la Misora non ha grande rilievo, è appena tratteggiata come personaggio e offre il fianco ad essere mortificata senza problemi, senza che nessuno ci ragioni troppo sopra. E così, nelle battute finali l’autore ha trasformato anche me in una marionetta e non si è reso conto che l’ “Elle” che lui stesso aveva costruito con tanta cura non avrebbe mai potuto commettere l’errore così stupido che lui gli ha fatto invece compiere. Quindi sì, ha commesso un errore, ma non nel senso che quell’ “Elle” non sarebbe dovuto morire. Non è questo il punto: l’autore ha semplicemente commesso l’errore di non aver rispettato la coerenza caratteriale del personaggio che lui stesso aveva creato. E credo che questo possa accadere con una certa facilità, viste le pressioni di lavoro cui sono costretti i mangaka e vista la complessità della trama architettata intorno a Light. Ma questo non cambia la questione: io non avrei mai fatto le scelte che compie quell’ “Elle”, ergo, l’autore ha sbagliato.»
Come contraddirlo nella sua presunzione e soprattutto nel suo essere?
Chi meglio di lui poteva commentare le stupide scelte del suo stesso personaggio?
E in effetti non faceva una piega…
Ecco perché l’Elle del manga era morto stupidamente.
Era accaduto perché l’autore non si era soffermato a sufficienza sull’assunto di rispettare coerentemente le caratteristiche di un personaggio che nella sua visione generale della storia era e rimaneva solo un co-protagonista, anche se di tutto rispetto.
Insomma, Elle era un personaggio ben riuscito e il pubblico lo aveva adorato. Quindi la sua morte avrebbe smosso gli animi dei lettori ed avrebbe ottenuto ciò che l’autore voleva: odio puro e nessuna possibilità di scuse per Light Yagami, quindi voglia di divorare il resto per leggere l’epilogo con una sperata vendetta oppure, a seconda dei casi, voglia di vedere come Light se la sarebbe cavata una volta morto il suo più acerrimo nemico.
E fin qui nulla da ridire.
Il problema era che, secondo il “vero” Ryuzaki, quel castello non era costruito ad arte: Elle, nel contesto della sua morte, semplicemente non era stato Elle. Non era sembrato lui. Tutto qui.
Questo ruotava nella testa di Emma a tutta velocità.
Solo il vero Elle avrebbe potuto tirare fuori una considerazione così semplice e al contempo così presuntuosa. Solo l’Elle in carne ed ossa avrebbe potuto dire che di certo quello che era morto ammazzato per mano di Rem e per via delle sue stupidissime mosse non era lui.
E quell’ Elle in carne ed ossa proseguì «Come ti ho già detto, io non avrei mai fatto le scelte che tu hai descritto nella tua trama dettagliata. Non nego che qui, nella mia realtà e con il mio piano, ho rischiato di morire e ho viaggiato sul filo del rasoio, ma è indubbio che l’Elle che muore nel tuo manga non sono io, o perlomeno non lo sono fino alla fine. Inizialmente, quando mi hai raccontato della mia morte, avevo avuto dei dubbi perché la cosa mi stonava, così come la faccenda dell’orologio che, nella storia a china, non avevo preso a Light, il quale entra in cella senza essere stato perquisito e senza che i suoi effetti personali gli siano stati confiscati. Ho però iniziato a capire quando mi hai detto il titolo del manga, che mi ha instradato sul protagonista della vicenda. Ma ho compreso veramente tutto solo dopo aver letto la trama integralmente, quando cioè ho avuto la visione d’insieme dei fatti e ho appurato che effettivamente il protagonista non era io. A dire il vero, alla prima lettura, ci sono rimasto un po’ male...» si grattò la nuca ingenuamente «Da ciò che mi avevi raccontato tu, a voce, avevo percepito di essere anche io un vero protagonista della storia e di certo non avevo immaginato di essere stato mortificato e così stravolto nelle mie capacità e indole. Ma del resto tu hai una visione tutta tua della vicenda quindi, nel raccontare a voce senza tutti gli avvenimenti in fila, mi avevi comunicato qualcos’altro. Immagino che tu abbia fatto parte di quella categoria di lettori che non ha accettato la mia morte, proprio perché mi vedeva come protagonista. Quindi, a differenza della trama che hai scritto, dove necessariamente era riportato ogni singolo evento al di là del tuo modo di vederlo, il racconto frammentario che mi avevi fatto a parole è stato invece falsato dalla tua indole, dai tuoi gusti, da ciò che tu avevi percepito e volevi comunicarmi. È sempre così. Una stessa storia può risultare diversa a seconda di chi la racconta, così come una stessa storia risulta diversa a seconda di chi la legge e di cosa ci vuole vedere.» si fermò un attimo, come per rimuginare, poi si portò il pollice alle labbra e la guardò con quella maledetta aria infantile, sgranando gli occhi «Emma, eri innamorata anche del mio personaggio disegnato a china, vero?»
Non sarebbe mai cambiato. Per fortuna, in quel mondo, Elle non sarebbe mai cambiato, avrebbe continuato a uscirsene in quei modi diretti e incredibilmente ingenui, semplici e senza veli.
Emma tentennò un istante «Ehm…» poi però ci pensò su, anche piuttosto seriamente, e proseguì «“Innamorata”… be’… Non so se sia il termine adatto in effetti… Ma qualunque sia quello corretto, l’ho condiviso con tante di quelle ragazze che tu non hai nemmeno idea…»
Elle protese il collo verso di lei, continuando a mordicchiarsi il pollice «Davvero?» chiese innocentemente, un po’ incredulo.
Lei inclinò il capo, per rimirarselo bene, e annuì con un sorriso delicato «Sì, davvero. Imparandoti lentamente a conoscere, la fauna femminile del mondo dove ho vissuto fino all’anno scorso ti ha letteralmente adorato. Per tutte loro, anzi, per tutte noi, tu sei diventato incredibilmente affascinante. E direi anche molto sensuale… Anche Misao stravedeva per te.»
«Misao?» ripeté Ryuzaki con ingenuità e con gli occhi grandi spalancati.
«Uhm, uhm» annuì Emma, sempre con quel sorriso.
Elle si grattò di nuovo la nuca.
«E stai certo che se lei si fosse trovata nell’assurda condizione in cui mi sono ritrovata io, be’, stai certo che anche lei avrebbe tentato di salvarti, come lo avrebbe fatto qualunque altra ragazza avesse letto Death Note…» concluse Emma scivolando su queste ultime parole, mentre il sorriso lentamente le moriva sul volto asciutto…
Ryuzaki assunse di nuovo un’espressione enigmatica e tuttavia curiosa «E credi che Misao, o chi per lei, sarebbe riuscita nell’impresa?»
Questa era di nuovo una domanda della quale lui conosceva la risposta…
Emma sospirò «…Suppongo di sì… Basta non essere degli analfabeti per leggersi un manga e ricordarselo. E calcola che di Death Note è stato realizzato anche l’anime… E poi non ci vuole molto a prendersi una cotta per te.» e fece un sorriso un po’ amaro.
Sembrava una bambina anche lei in quel momento. Si erano scambiati i ruoli.
«Mhm.» mugugnò Elle «…Sì, forse molte ci avrebbero provato.» andò alla ricerca degli ultimi pezzetti di biscotti sbriciolati che erano sul fondo del contenitore di vetro trasparente, tirandone fuori una manciatina raggruppata tra le dita, la osservò e poi se la lasciò scivolare in bocca, sollevando il mento «…Ma quante mi avrebbero manipolato nel modo in cui hai fatto tu e ci sarebbero riuscite?»
Emma rimase spiazzata e non ribatté in nessun modo.
Masticando e guardandosi le dita piene di briciole, Elle proseguì placidamente «A primo impatto la cosa mi ha profondamente irritato. E tuttora mi lascia un po’ di fastidio. Ma ti sei resa conto del fatto che io ho dovuto compiere esattamente ciò che tu avevi preventivato fin dall’inizio?» disse continuando a rimirarsi le dita unticce del burro dei biscotti «Ti basterebbe dare una riletta al tuo piano per renderti conto che tutto è andato esattamente come avevi stabilito.»
Emma non aveva avuto ancora il tempo né tanto meno la testa di ragionarci su, perché fino a poche ore prima per lei Elle era morto…
Ryuzaki riportò lo sguardo su di lei, continuando a tenere davanti alle labbra le dita sospese, in attesa di essere leccate, e continuò come niente fosse «Emma, non è forse vero che io sono vivo e che ho vinto la partita grazie a te?»
Aveva appena detto che la cosa lo aveva irritato e che tuttora gli dava “fastidio”, ma dalle sue parole asettiche e tranquille quel fastidio non trapelava affatto… Era sempre lo stesso solido blocco di granito oppure, più semplicemente, non gli interessava di dire liberamente ad Emma ciò che gli passava per la testa, come del resto era sempre accaduto.
Lei continuò a non rispondere, mentre nella sua mente montavano assurdamente pensieri poco felici.
Elle proseguì serio «Con tutta la logica e l’intelligenza, non posso non essere cosciente del fatto che non sarei mai potuto venire a conoscenza di certe cose se tu non me le avessi fatte sapere. Senza il contributo “sovrannaturale”, chiamiamolo così, che tu mi hai dato, Elle non avrebbe mai potuto vincere. E infatti nel tuo manga è morto da perdente, a detta di Near. Questo era il volere dell’autore di Death Note: egli ha fornito a Light una marcia in più che io non avrei mai dovuto avere, e per questo era comunque “scritto” che io non fossi il vincitore. A proposito…»
Elle ruotò il capo e sembrò considerare solo in quel momento che Near era accovacciato a terra nell’angolo lontano del salone, solo e disinteressato a loro.
All’esterno il sole freddo di dicembre iniziava a calare, mentre le grida vivaci dei ragazzini continuavano imperterrite. La musica aveva smesso di aleggiare, il cd era finito, e ora nella stanza c’era solo il crepitio della legna che ardeva nel caminetto
Ryuzaki si alzò in piedi sul divano e curvo camminò agilmente sui cuscini, scavalcò le gambe incrociate di Emma che gli era seduta affianco e poi oltrepassò leggero il bracciolo, approdando coi piedi nudi sul pavimento, nella direzione del ragazzino che era nell’angolo. Lo raggiunse placidamente e quando gli fu davanti, sovrastandolo, a mento chino iniziò a osservarlo dall’alto con un’espressione curiosa e buffa al contempo, mentre teneva “appesa” al polso e accuratamente lontana dal corpo la mano con le dita unticce e sporche di briciole e portava il pollice dell’altra alle labbra.
Near aveva mollato la torre di fiammiferi e adesso si stava dedicando ad inserire le ultime tessere di un puzzle completamente bianco.
Elle si accovacciò al suo fianco, tolse il pollice dal labbro e allungò la mano pulita per raccogliere da terra una delle tessere che non erano ancora state posizionate. Solo allora Near alzò il capo e lo guardò, smettendo di giocare. Ma Ryuzaki non lo fece, non lo guardò negli occhi, continuò invece a fissare le tessere rimaste e il rettangolo bianco cui mancavano ancora pochi pezzi. Con calma proseguì a inserire tasselli, mentre Near continuava ad osservarlo. Poi Elle fece aderire l’ultima tessera rimasta e chiuse la sagoma della piccola L nera, che era l’unica immagine in quel quadretto candido ormai completo.
«Finito.» sentenziò con tranquillità il detective, sempre con la mano unticcia rigorosamente tenuta lontana  da sé e appesa «Ho vinto.» e solo allora alzò lo sguardo sul ragazzino albino.
Near ribatté apatico «Il puzzle era praticamente già finito. Dubito che a vincere sia stato tu.»
Elle inclinò il capo ingenuamente «Ma è il risultato finale che conta. Il vincitore è colui che chiude il cerchio, gli altri sono solo perdine, sono perdenti.»
Il ragazzino rimase con la stessa espressione gelida e impassibile «Ritengo sia molto più difficile iniziare e poi tracciare in modo corretto il 90% dell’orbita del cerchio, piuttosto chiuderne la percentuale rimanente, che a quel punto diventa un semplicissimo esercizio di stile.»
Ryuzaki sollevò il capo verso l’alto, come osservando il soffitto pensieroso, e poi disse «È un ragionamento interessante… Quindi io avrei solo ben sfruttato ciò che tu avevi già fatto e, in fondo, il vincente rimani sempre tu, anche se non hai inserito l’ultima tessera.»
«Sì.» rispose lapidario il ragazzino, senza alcuna enfasi e con gli occhi spenti.
«E il mio ruolo quindi quale sarebbe stato, nello specifico?» chiese ingenuamente il detective.
«Quello della pedina. Della pedina capace, in grado di comprendere il sistema complesso innescato e proseguirlo senza difficoltà.» ribatté Near.
«Uhm…» mugugnò Elle pensieroso «Un punto di vista interessante, che potrei anche condividere… Perciò le pedine contano, giusto?»
«Solo se viene meno la mente o magari per aiutarla. Ma le pedine non sono in grado di lavorare da sole e di ottenere il massimo risultato individualmente. Non sarebbero pedine altrimenti.»
«Già, in effetti le “pedine” sono tante, anche in termini…» commentò buffamente Elle e poi si alzò con calma e si allontanò da Near.
Aveva reso il colpo. Aveva reso il colpo che in effetti non aveva mai ricevuto direttamente né veramente, perlomeno in quel mondo. Aveva reso in modo infantile un colpo di cui aveva solo sentito parlare, ma che evidentemente doveva avergli bruciato ricevere, specialmente perché quel colpo era stato sferrato senza che nessuno potesse renderlo. Perché quando Near aveva affondato, non c’era stato nessun Elle a replicare.
«È probabile che tu già la pensassi così, esattamente come me.» la voce asettica di Near, che ancora osservava le spalle curve di Elle allontanarsi da lui, risuonò ancora una volta nella stanza lasciando ben intendere di aver capito il fine delle domande di Elle.
Ryuzaki non si voltò, ma con voce calma e annoiata rispose «Probabile. O magari sei tu che, soltanto adesso e a partire da questo momento, hai iniziato a pensarla come me. Non saprei.»
Near abbassò il capo e lentamente iniziò a disfare il puzzle…
Già. Elle aveva voluto rendere il colpo. E aveva vinto, per l’ennesima volta, mostrando la sua superiorità. E, vincendo, aveva forse voluto insegnare qualcosa a quel ragazzino geniale e presuntuoso.
Sì, geniale e presuntuoso, ma mai quanto il suo mentore.
Mai.
E a quel punto, Near si alzò e, tenendo per mano e strascicato lungo il fianco un robottino di plastica, si dileguò verso l’uscita.
Emma lo seguì con lo sguardo e poi ritornò con gli occhi su Elle, che ormai l’aveva raggiunta e la guardava dall’alto in basso, in piedi di fronte a lei.
«Se la meritava tutta.» esordì Emma commentando secca quanto appena avvenuto.
«E tu, a quanto pare, te la sei goduta.» replicò lui tranquillo.
«Non avrei potuto fare diversamente da brava fan pro-Elle quale sono sempre stata.»
«Naturalmente.» ammise lui «Comunque…Tornando al discorso interrotto e al fatto che, per forza di cose, agli occhi della maggior parte delle persone sono risultato perdente per la mia morte e tralasciando il fatto che in realtà lo sono effettivamente stato solo per una stupidità che mi è stata erroneamente appioppata dall’autore del manga e non certo per il fatto di non essere stato io a chiudere il cerchio, a questo punto diventa ovvio quanto ti avevo detto tempo fa, a proposito di He e delle tue domande a riguardo, che allora giudicai sterili essendo all’oscuro di tutto: questa dimensione non è la tua, naturalmente, ma non è nemmeno quella originaria del manga o dell’anime, dove a quest’ora io sarei morto per via di esigenze di una trama ferrea e legata alle decisioni di un essere umano. Questa è una terza dimensione ancora, dove non esiste destino, dove gli eventi si susseguono con reazioni di causa ed effetto, dove ogni variabile determina conseguenze imprevedibili, seguendo una teoria che scientificamente viene detta “teoria del caos”, ovvero a variazioni infinitesime delle condizioni di contorno corrispondono variazioni finite in uscita: il fumo di più fiammiferi accesi in condizioni macroscopicamente molto simili, quali ad esempio la stessa pressione, temperatura o corrente d'aria, segue traiettorie di volta in volta molto diverse, per via di differenze minime e impercettibili. E da ciò scaturisce l’imprevedibilità del sistema, di cui non si può indovinare in anticipo l’andamento su tempi lunghi. Una farfalla sbatte le ali in una qualche parte del pianeta e causa, magari nell’altro emisfero, la pioggia invece del sole. Con la tua presenza la variabile è stata decisamente più sostanziosa del battito d’ali di un qualunque insetto e quindi, qui e adesso, è bastato aggiungere l’elemento “sovrannaturale” anche a me. È bastato concedere anche a me un asso nella manica, come quello di Light. E questo, tu lo hai saputo fin dal primo istante. E soprattutto, con il tuo piano tu hai previsto le conseguenze delle tue azioni e della mia intelligenza: io ho fatto ciò che volevi e grazie alle mie capacità, su cui tu facevi affidamento e sulle quali era anche basato il tuo piano, le cose sono andate come volevi tu.» e iniziò a grattarsi il polpaccio strofinandovi il piede sopra e rimanendo perciò in bilico su una gamba sola, sempre davanti a lei.
Emma sussurrò «… Variabile “sovrannaturale”…Ryuzaki…» e poi partì «Come? Com’è possibile che io sia finita in questo mondo? Come può essere accaduto? Da quando sono qui avevo smesso di sognare, ma ora ho ricominciato a farlo… Cosa vuol dire tutto questo? Rischio di sparire da questa dimensione in modo altrettanto inspiegabile? Rischio di svegliarmi un giorno e ritrovarmi con i volumi di Death Note in bella vista sugli scaffali di casa mia?» concluse con uno sguardo terrorizzato.
«Mah…» iniziò Elle sollevando le spalle «Onestamente credo sia impossibile capirlo, oltre che controproducente. Ammesso che sia scientificamente valida la teoria di buchi o varchi che deformano le dimensioni spazio-temporali e ammesso che filosoficamente comunque ogni essere umano è in grado individualmente di viaggiare con la mente e dunque di spostarsi, in qualche modo, in forza della propria immaginazione o quant’altro, credo che in questo caso siamo ancora lontani dal poter arrivare a comprendere il “come”. Credo che dovrò accettare la cosa così come ho accettato l’esistenza degli Shinigami e di un loro mondo… Tutto ciò che riguarda le dimensioni parallele è alquanto dubbio. C’è chi ne sostiene l’esistenza in modo perentorio, chi ne parla a livello teorico, citando magari i sogni come dimensioni reali. Del resto, anche la lettura trascina chi legge in altri mondi, senza bisogno di risalire a spiegazioni fantascientifiche. E comunque, a proposito dei sogni che hai ripreso a fare, credo sia tutto connesso al fatto che ormai fai pienamente parte di questa dimensione, che ti piaccia o meno. E onestamente non ho alcun dubbio sul fatto che ti possa inavvertitamente capitare di tornare nell’altro, cioè, in quello che era il tuo: a mio avviso è assolutamente impossibile che questo accada. Ormai questa dimensione è reale, è forgiata e tu ne fai parte. Potresti sparirne solo morendo. L’idea di un tuo ritorno nel tuo mondo è molto intrigante, ma la vedo molto da serie televisiva di secondo ordine o da film di fantascienza anni ‘80… Alle domande più complesse, del tipo: sono nato prima io o il personaggio del manga che parla di me? Be’, a questo è piuttosto difficile rispondere, a meno da non lanciarsi in discussioni pseudo-filosofiche, dove ogni teoria è valida quanto la sua opposta. Ed io non sono attratto da queste tematiche. So soltanto che esisto e che sono vivo. Come so che esistono gli Shinigami, da qualche parte. Quante volte, durante la tua quotidianità, ti chiedi il perché della tua esistenza? Quante altre ti chiedi cosa significhi morire? Non credo che tu lo faccia in ogni momento. Né tanto meno credo che la tua vita trascorra nel continuo tormento per la mancata risposta. Quindi, io direi che adesso hai solo un’altra domanda  per la quale non sembra esserci una soluzione certa e univoca, una domanda che col tempo diventerà come le altre, una a cui pensare solo ogni tanto. Però…» si soffermò un attimo «… Però, non so perché non riesco a smettere di pensare che quello che ti è capitato abbia tutta l’aria di un’interferenza… di un gioco di qualcuno che si annoiava. Qualcuno che non è di questo mondo e che non conosceremo mai. Qualcuno che in fondo non ho alcuna voglia di conoscere, almeno per un po’…»
 
L’intuito degli uomini… è favoloso…
Eh eh eh…
Elle, ma tu mi conosci. Mi conosci dal preciso istante in cui hai imparato a leggere,  solo che non hai ancora capito e mai potrai farlo. Però sei perdonato, perché “tu” non hai avuto tutti gli elementi che io invece ho fornito a “loro” e, nonostante questo, hai intuito molto più di quanto avrebbe potuto fare chiunque altro…
Chi sono “loro”? Ma siete “voi”, naturalmente, voi che state leggendo. Se il vostro Elle avesse letto questa storia, avrebbe già capito tutto.
Ma non sentitevi umiliati: io so benissimo che voi non potete essere Lui e quindi vi osservo semplicemente per ciò che siete.
Eh eh eh…

 
 
 
 
Eccomi qui. Scusate, ma anche se avevo finito di dare una forma più completa al capitolo già domenica sera (ehm…diciamo domenica notte…), non avevo la lucidità per rileggerlo e correggerlo, col rischio che ci sarebbero state sviste clamorose (molte più di quante non ce sono ora). La mia giornata di ieri è stata un massacro, ma ora mi sono ricavata un’oretta in cui la lucidità sembrava ancora assistermi e così sono riuscita a evitare di pubblicare nel prossimo fine settimana…
Tutto capitolo sembra apparente distante dal precedente, ma segue un’evoluzione dei fatti e nulla di quanto detto nel precedente è stato da me dimenticato. Come sapete, col tempo cerco sempre di chiudere il cerchio, sperando di riuscirci decentemente (anche se non mi sento affatto vincente nel farlo, a differenza di qualcun altro ^_-).
Dato che non riesco nemmeno a respirare, devo correre ai ripari e quindi, in attesa di rendere il sacrosanto peso a tutte le vostre meravigliose parole di commento attraverso una mia risposta adeguata e sentita, ho preso la decisione di ringraziare intanto tutti i lettori che non hanno ancora ricevuto risposta, ma che continuano a farmi sapere cosa pensano nonostante i miei ritardi, nonostante in alcuni casi ci siano in sospeso anche due recensioni…
Grazie a Ace86, al suo supporto costante e alla sua amicizia (mi ha fatto tanto tanto piacere il tuo messaggio e saprò risponderti degnamente).
Grazie a Kaname97, che riesce ad avere una forza ed una determinazione non comuni e grazie a queste sue qualità mi ha dato tanto, essendoci sempre, ma veramente sempre!
Grazie a Lulosky, che sarà convinta io sia una delle solite autrici con la puzza sotto al naso, che non si prende la briga di rispondere alle parole meravigliose e fondamentali che lei le ha lasciato… Mi dispiace tanto, perché non sono cosììììììììì!!! Ma rimedierò!
Grazie a Midna87, che imperterrita e seria continua a farmi sapere ciò che pensa, sempre con molto acume e profondità.
Grazie a MikuSama, che incredibilmente mi segue ancora, senza dubbi e con il consueto e fantastico rimuginare su tutto!
A Newdark che mi travolge col suo entusiasmo da sempre, da ormai due anni!
E grazie a Rama, perché riesce a farmi sentire che lei c’è e che è in grado di comprendere molto più di quanto io riesca ad esprimere, in ogni circostanza…
E naturalmente grazie a Saretta, senza la quale questa storia non sarebbe mai stata pubblicata…
A Shane_92, che mi ha dimostrato la sua stima e comprensione in svariati modi!
A Shinkai96, con le sue esclamazioni e i suoi commenti critici e ponderati!
Grazie a Zakurio con la sua testolina piena di ragionamenti fantastici e portatrice di un flusso di coscienza che io leggo sempre con un sorriso ebete sulle labbra…
E grazie anche per il favoloso messaggio privato di una lettrice di cui non farò il nome, per rispettare la sua privacy: nulla di ciò che mi hai detto potrà mai essere un disturbo…
E naturalmente, grazie alla mia KiaraNana (per me rimarrai sempre KiaraNana), cui non ho bisogno di dire nulla!
 
E naturalmente grazie anche a tutti coloro che hanno sempre recensito e che non cito qui solo perchè con loro non ho recensioni in sospeso ;) Con un grazie anche a tutti coloro che continuano a seguirmi e preferirmi, vi saluto con tanto affetto.
Qualcuno mi aveva chiesto di comunicarvi quando sarebbe arrivato l’ultimo capitolo: be’, il prossimo sarà l’ultimo…
Adesso torno a lavorare e lascio tristemente (e con un po’ di fretta e ansia) la schermata di EFP… :(
 
Grazie di tutto e ci vediamo qui fra quindici giorni ^_^
 
Eru
 
PS La scenetta “intermezzo” L-Near? Scusate, ma dovevo prendermi le mie soddisfazioni! E in questo caso posso dire che le parole di Emma siano proprio le mie, lì lei sparisce e parla Eru. Scusate se mi sono intromessa in quel piccolo dialogo tra loro :D

 
   
 
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