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Autore: Umpa_lumpa    22/10/2013    1 recensioni
Perché Minho ha sempre infranto le regole e Jinki ha sempre finto di rispettarle.
[Piccola e modesta AU, senza pretese. Avvertimenti: slash; pairing: OnHo. Buona lettura!^^]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Minho, Onew
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Premessa: Salve a tutti! :3
So che a nessuno piace doversi sorbire una premessa chilometrica più lunga della storia, ma cercate di essere pazienti perché ci sono un paio di cosine di cui vorrei informarvi^^;
La prima è che questa fanfic è stata scritta più di un mese fa, ma mi sono decisa soltanto adesso a pubblicarla qui su EFP (sotto brutale minaccia accorata incitazione di MiZUUMi ovvero la povera santa che sopporta le mie innumerevoli fisime)
Il secondo dettaglio di cui volevo mettervi a conoscenza (giusto per prepararvi psicologicamente agli orrori che seguono) questa è la mia prima (e chissà, forse ultima) OnHo. Non ho molta familiarità con questa coppia, quindi non oso nemmeno immaginare come sia riuscita a rovinarla xD
Ma beh…spero che questa flash-fic vi possa comunque piacere^^
Prendetela come un piccolo esperimento, senza pretese.
E siccome c’ho una tale fantasia che non sto nemmeno a dirvi, ignorate pure l’originalità del titolo.
O e anche l’iper accantivante introduzione, eh!
Buona lettura! :3














Il modesto orologio appeso sulla parete dell’ufficio ticchettò frettoloso fino ad indicare le sette di sera. Sembrò quasi fare una piccola pausa di sollievo, prima di ricominciare la sua frenetica corsa contro il tempo.



Lee Jinki non ci avrebbe nemmeno fatto caso, se solo non avesse sollevato un poco il viso dalle carte a cui stava lavorando per stropicciarsi gli occhi stanchi.

Trattenersi oltre l’orario di lavoro era per lui una malsana abitudine a cui sembrava non riuscire a rinunciare, sebbene il pensiero di tornarsene a casa e collassare sul letto fosse quanto mai allettante.


Gettò l’ennesima occhiata al gruppo di scartoffie che affollava la sua scrivania, prima di riaggiustarsi gli spessi occhiali che si era sfilato poco prima. Infine, prese di nuovo a fissare l’orologio.



Già le sette e cinque. Il tempo vola, eh?



Quando le lancette scoccarono ancora un altro minuto, sentì quella strana e abituale sensazione d’ansia farsi strada nel suo petto, sotto i soffi affannati del suo respiro.

Sarebbe stato ancora in tempo per andarsene, ma quella era una battaglia con se stesso che aveva perso ormai da tempo.


Invece rimase immobile ad osservare un giovane ragazzo fare capolino dalla porta in mogano dell’ufficio.



-Ancora qui eh, Minho-ah?



L’interpellato sorrise divertito, prima di avvicinarsi alla grande scrivania e depositare svariati fascicoli sopra la già ingombrante pila.



-Queste pratiche non si portano da sole, giusto?



Il volto del più grande si contrasse in un sorriso derisorio, così differente da quello cordiale che riservava ad ogni collega.



-Sei un impiegato fin troppo solerte, Minho-ah. Il tuo orario di lavoro è finito da un pezzo – la sua voce sembrò disperdersi nell’aria e nel semi del silenzio che seguì poco dopo, uno carico di un’invisibile delusione.



-Se è così che vuoi, domani non mi tratterrò.



Forse fu l’indifferenza con cui parlò il più giovane a ferire Jinki a quel modo, ad addolcire il tono della sua voce e a far colare una goccia di sudore giù dalla fronte già imperlata.

Seppur non disse nulla, il suo pomo d’adamo che oscillava lungo la sua gola, sembrava quasi chiedere scusa per quelle parole non pensate.


Minho vi lesse anche l’agitazione che gli scuoteva i muscoli e il rimpianto –forse per aver deciso di restare.



-E’ che non dovremmo – non aveva bisogno di spiegare per bene a cosa si riferisse – non siamo più ragazzini.



Se Jinki si aspettava che il compagno imboccasse la porta e sparisse, rimase sorpreso nel vedere invece un sorriso germogliare sul suo volto.



-Non siamo mai stati tipi da rispettare le regole, io e te – osservò questi con un palese orgoglio.



-Io le ho sempre rispettate



-No, tu hai sempre fatto finta di rispettarle, hyung.



Quei suoi occhioni si illuminarono di rinvigorita protervia quando vide il suo superiore annuire distrattamente.



-Ricordi quando mi tenevi i pacchetti di sigarette? Ero io a fumare, certo, ma tu non eri molto meglio di me. Non è forse così?



Jinki non trovò necessario rispondere, ma si concesse di ridacchiare al pensiero e di increspare le labbra in un modesto ma raggiante sorriso.



Era strano parlare del loro passato in quel modo.

I momenti che avevano trascorso insieme erano sempre stati un silenzioso sottofondo alle parole che si scambiavano tutti i giorni, per questo sembrava quasi irreale rivangarli così apertamente.


Scatenò in Jinki delle emozioni che non avrebbe voluto provare, tinse i rintocchi dell’orologio di una malinconica fretta, quella del tempo che fugge senza che lo si possa fermare.



-Non abbiamo più diciassette anni, però. Tu hai smesso di fumare anni fa e io ho un’azienda di famiglia da portare avanti .



Era una dolorosa sveglia, quella. Un grido, un battito di mani a pochi centimetri dal viso nella speranza che Minho si ridestasse, la smettesse di vivere in quel mondo tutto suo dove loro non erano mai cresciuti e non si erano mai scontrati con la verità della vita.



Eppure questi non lasciò la stanza come Jinki si sarebbe aspettato, né un filo di rancore attraversò anche solo per un istante il suo sguardo.

Al contrario gli sorrise – ed era un sorriso caloroso, ma forse amaro, come tenesse a stento racchiusi segreti che lui non avrebbe mai potuto svelare.


-E invece non è proprio cambiato nulla, sai? Io ti amo ancora e tu ami ancora me. Io odio ancora tua moglie e tu anche– osservò tranquillo, mentre infilava una mano nella tasca – io trasgredisco ancora le regole e tu fai ancora finta di rispettarle, hyung.



-Non è forse così? – aggiunse poco dopo, gettando un’occhiata eloquente all’orologio.



Il tempo teneva il conto di tutti i loro incontri, di tutte le volte che si erano trattenuti oltre la chiusura per svolgere del lavoro che avrebbero benissimo potuto fare il giorno dopo.



Jinki attese qualche attimo, prima di sorridere – gli occhi assottigliati in due lunette perché d’un tratto la gioia era troppa e no, non aveva senso, ma poco importava.



-Un giorno mi stancherò anche di fare finta – mormorò sereno, osservando Minho tirare finalmente fuori il pacchetto di sigarette che teneva nella tasca.

Non aspettò nemmeno che gliela offrisse, bastò uno sguardo complice per sigillare il significato di quelle parole.


Per Minho non era un problema, non lo era mai stato.



Nell’attesa-una che durava da dieci anni- accese la sigaretta del suo amante , mentre l’orologio scoccava ormai la mezzanotte.









Note finali: Eccoci qui al termine!
Come vi avevo detto, non una gran storia xD E già che ci sono, vi chiedo anche scusa per eventuali orrori grammaticali e ripetizioni^^;
Spero che questa flash-fic non fosse troppo...piatta :/ Ho la netta impressione che sia una di quelle storie che non trasmettono assolutamente nulla. Voi cosa ne pensate?
Se aveste voglia di lasciarmi un commentino e farmi sapere, ve ne sarei immensamente grata! Anche nel caso non vi fosse piaciuta, non fatevi scrupoli a comunicarmelo e dirmi perché! Un po' di critica costruttiva è sempre la benvenuta! (anche se lo so che spesso è una scocciatura recensire)
Detto questo, da brava buzzurra quale sono, ne approfitto per farmi un po' di vergonosa autopromozione: ultimamente è raro che pubblichi niente su efp, siccome non mi sento abbastanza soddisfatta dalle mie storie da intasarvi il fandom con le schifezze che tiro fuori xD Ma, se doveste annoiarvi e voleste leggere qualcosa di mio (lo ammetto, io ci spero), potete trovare tutte le mie fic sul mio wordpress e sul mio journal.
Dateci un'occhiata! :P
Bene, adesso la smetto di ammorbarvi xD Vi ringrazio infinitamente per esservi fermati a leggere!
Alla prossima! :3
   
 
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