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Autore: EvgeniaPsyche Rox    22/10/2013    9 recensioni
[Una piccola raccolta horror che spero possa farvi compagnia durante il periodo di Halloween e oltre.
Insomma, se non sapete quali storie raccontare ai vostri amici, beh... Ci sono io!]

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Attenzione: il primo e l'ultimo capitolo della storia non sono esattamente ciò che si definisce horror , anzi, potrebbero addirittura strappare un sorriso e risultare dolci. Ho deciso di aprire e concludere la raccolta in questo modo perché... Perché sì, mi andava
Al contrario, i capitoli centrali potranno essere più inquietanti e giungere addirittura a qualcosa di più ''forte''.
Capitolo 1: Le caramelle rubate.
Capitolo 2: Altrove.
Capitolo 3: Dietro la tenda.
Genere: Generale, Horror, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Axel, Roxas, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Nessun gioco
Capitoli:
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Piccolo avvertimento per gli imbecilli coloro che non si fossero soffermati a leggere l'introduzione.
Ripeto, questa è una raccolta, ovvero una storia formata da capitoli a sé.
In particolare il primo e l'ultimo capitolo non sono propriamente ''horror''; potrebbero addirittura strappare un sorriso e risultare un poco dolci.
Ho deciso di iniziare e concludere la storia così perché... Perché mi andava, ecco.
I capitoli centrali invece saranno di un genere più forte, che potrà andare da una lieve inquietudine ad racconto horror a tutti gli effetti, dipenderà dal mio umore.


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''Gloomy'' è la giusta parola.

1. Le caramelle rubate


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«Io non ci voglio andare!»
«Ma perché? Ti divertirai tanto!»
«No, no! Voglio restare a casa!»
«Ci saranno tutti i tuoi amichetti! Ti piacerà, vedrai!»
«No, perché succede ogni anno!»
«Succede cosa?»
Di fronte alla ruga di preoccupazione che si andò a formare sulla fronte della donna, Roxas storse le labbra e si strinse nel costume cucito da sua nonna.
«Niente.», mormorò poi piano, lanciando una fugace occhiata al corridoio; la madre nel frattempo lo squadrò con aria poco convinta e sospirò, dando mentalmente la colpa alla stranezza di suo figlio. Dunque prese la piccola zucca vuota e la porse al bambino. «Avanti, va' a divertirti. Resta solo d'intorni, mi raccomando.»
Roxas guardò la zucca con fare un po' titubante prima di decidersi ad afferrarla; dopodiché annuì ripetutamente. «Sì, mamma.»
«A più tardi.»
Il bambino udì anche il saluto di suo padre provenire dal soggiorno; successivamente si avviò verso la porta, la spalancò ed uscì in mezzo al vento autunnale di Ottobre.
Quel quartiere era formato esclusivamente da ville di piccole dimensioni; chi non poteva permettersi una casa del genere poteva comunque decidere di affittarne metà e convivere quindi con un'altra famiglia che aveva la medesima situazione.
Roxas lo sapeva perché, nonostante lui abitasse esclusivamente con i suoi genitori e sua nonna, il suo migliore amico, Hayner, viveva insieme alla famiglia di Olette, una ragazzina che si era trasferita nel suo quartiere da qualche mese.
Quasi tutte le villette possedevano un giardino invidiabile; era forse ciò che più contava per gli abitanti di quel quartiere, dal momento che era consuetudine svolgere gare assurde tra chi manteneva il prato più lucente, chi piantava i fiori più incantevoli e chi addobbava l'ingresso con le decorazioni più originali.
Non per nulla quella sera il quartiere Puertomoon traboccava di lanterne a forma di zucca, candele e bastoni conficcati a terra coperti da un lenzuolo bianco che formavano degli strambi fantasmi.
Roxas lanciò un'occhiata attenta attorno a sé; il suo giardino di originale non aveva proprio nulla, poiché i suoi genitori si erano limitati a mettere in due file una decina di lanterne a forma di zucca. Poco male, aveva sentito dire da suo padre, abbiamo in serbo qualcosa di strabiliante per Natale.
Hayner Howard viveva nel secondo piano della villa di fronte a quella di Roxas; proprio in quel momento, infatti, riuscì a scorgere la sua figura ad una decina di metri di distanza dal suo giardino.
Roxas allora alzò il braccio e, quando ebbe avuto la certezza di essere stato visto, si voltò verso l'abitazione del suo migliore amico, curioso di vedere quali addobbi aveva messo il padre.
Certamente più originale della sua famiglia, anche se nulla di straordinario. I signori Howard avevano avuto la fortuna sfacciata di essere stati gli unici ad aver utilizzato un Babbo Natale in versione zombie; per questa ragione poteva apparire come un'idea bizzarra, nonostante, durante gli anni precedenti, fosse già stato visto e rivisto.
Comunque a Roxas non piaceva proprio per nulla. Trovava assai inquietante e triste che quella figura così allegra e natalizia si fosse trasformata in un omaccione dal cappotto rosso strappato, la bava alla bocca, gli occhi bianchi privi di iride e le mani tese in avanti, pronte ad afferrare qualche testa per divorarne il cervello.
Già gli avevano rovinato la festa di Halloween, adesso doveva detestare anche il Natale?
Per un attimo pensò di chiedere ad Hayner di togliere quell'addobbo così raccapricciante, ma poi si accorse che, in fondo, non era colpa sua, senza contare il fatto che i suoi genitori si sarebbero arrabbiati moltissimo.
Dunque spostò gli occhi e notò che Hayner era già di fronte al suo cancello bianco e stava squadrando le sue lanterne a forma di zucca; probabilmente pensò a quanto fossero poco originali e anch'egli fu sul punto di farlo notare, quando decise di mordersi la lingua e di comportarsi da bambino educato, poiché erano davvero rare le volte in cui si dimostrava tale. Così sorrise e fece cenno all'amico di avvicinarsi. «Sei uscito tardi quest'anno!»
Roxas si affrettò a raggiungerlo con passi veloci; aprì il cancello che emise un fastidioso scricchiolio e lo richiuse dietro di sé prima di dedicarsi esclusivamente al compagno. «Sì, lo so, è che non volevo venire.»
Si erano conosciuti alla scuola materna, nonostante la loro amicizia non fosse sbocciata nel migliore dei modi, dal momento che Hayner aveva passato ben due anni a fargli scherzi di cattivo gusto, come nasconderlgi i pastelli o scoppiargli i palloncini alla sua festa di compleanno.
Adesso aveva sei anni, proprio come lui, anche se era leggermente più alto, dettaglio di cui risentiva molto; infatti quando c'era da prendere una decisione facevano sempre ciò che desiderava Hayner dato che si autoproclamava ''il più grande perché i righelli che servono per misurare i miei piedi-testa sono di più di quelli che servono per misurare i tuoi piedi-testa.''
Hayner aveva gli occhi marroni come la nutella che mangiava a colazione e i tronchi degli alberi da cui tirava fuori la resina (Così aveva detto, quando le maestre gli avevano chiesto come si sarebbe descritto) e i suoi capelli, caratterizzati da un biondo tendente al beige scuro, erano tirati quotidianamente all'indietro da sua madre, la quale teneva molto a vedere il suo bambino curato, almeno fisicamente.
Aveva deciso di vestisi da scheletro; indossava dei pantaloni ed una felpa nera su cui vi erano disposte in maniera ordinata le numerose ossa del corpo umano e perfino il volto era truccato a tema.
«Non volevi venire? E perché?», chiese a gran voce Hayner, iniziando a camminare lungo il marciapiede.
«Tanto non assaggeremo neanche una caramella!», fece notare l'altro bambino, stringendo con forza la propria zucca. «Lo sai, succede sempre, sempre 'sta cosa, ogni anno!»
«Ma no, questa volta sarà diverso! Guarda, guarda qui, eh Roxas, ho già preso diec... No, no, dodici, dodici caramelle alla menta! Gliele diamo e poi ne prendiamo altre e le mangiamo.»
Roxas scosse la testa e si fermò di fronte alla villa dei signori Puckett. «Non possiamo mica suonare ancora da tutti e chiedere un'altra volta le caramelle! Ci sgrideranno!»
A quell'osservazione Hayner serrò le labbra per qualche secondo, offeso dal fatto di non aver preso in considerazione quel dettaglio; aprì il cancello ed entrò nel giardino addobbato da ragni e corvi.
I due bambini attraversarono dunque il prato e salirono le tre scale dell'ingresso.
«Non è per niente giusto.», brontolò improvvisamente Hayner, guardando il portone di fronte a sé su cui vi era appeso un cartello dalla scritta ''Happy Halloween''.
Roxas si voltò verso l'amico prima di abbassare gli occhi. «Lo so, non è giusto, però non possiamo dirlo ai nostri genitori. Lui non vuole mica.»
«Lo so.»
«Sì, lo so pure io.», ripeté Roxas e allungò la mano verso il tasto del campanello; lo sfiorò appena con l'indice della mano sinistra, quando da un punto indefinito dell'alto cadde un ragno di plastica di medie dimensioni sulla testa del bambino che lanciò immediatamente un urlo prima di lasciar cadere la propria zucca.
«Vai via! Vai via, HAYNER DIGLI DI ANDARE VIA!», strillò ripetutamente Roxas, non ottenendo però l'aiuto desiderato, dal momento che l'altro presente era scoppiato a ridere e si era addirittura piegato sulle ginocchia.
«Mi vuole mangiare i capelli! I MIEI CAPELLI SONO MIEI E LUI LI VUOLE MANGIARE!»
«E' solo un giocattolo, Roxas!»
«NO, NO, NO!», trillò il disgraziato dopo aver afferrato il ragno; lo lanciò istantaneamente sui gradini e rimase per qualche secondo ad osservare quell'oggetto inanimato, morto sin dalla nascita, e fu sul punto di piangere sia perché il suo migliore amico non lo aveva aiutato, sia perché si era spaventato davvero molto.
Fece per spiegare tutto ciò ad Hayner, quando il portone si spalancò, facendo apparire un uomo sulla quarantina dall'aria perplessa e al tempo stesso infastidita. «Si può sapere che diavolo sta succedendo?»
I due bambini si voltarono di scatto verso la figura adulta; chi ancora tremante e con il battito cardiaco a mille, chi invece divertito.
«Roxas se la stava per fare sotto!»
«Non è vero, sei un bugiardo! E' il ragno che mi voleva mangiare i capelli!»
A quelle esposizioni poco comprensibili il signor Puckett spostò lo sguardo verso l'oggetto in plastica sui gradini; lo squadrò per una manciata di secondi prima di chiamare a gran voce: «Riku, vieni immediatamente qui!»
Roxas nel frattempo si asciugò gli occhi e cercò di trattenersi ónde evitare una figuraccia; si toccò i capelli, sollevato dal fatto che non fossero stati risuchiati dalla bocca di quell'essere malefico, e si concentrò sul bambino dai capelli argentati che era appena apparso sulla soglia della porta.
Si sarebbe dovuto immaginare che lui c'entrava qualcosa, dato che era uno dei bambini più antipatici del quartiere.
«Allora, che cosa ti avevo detto?! Non dovevi farlo! E tu non mi hai ascoltato, come sempre! Per questo potrei anche non farti uscire, lo sai?!». A quel rimprovero il bambino rimase impassibile e non si mosse di un solo centimetro, il che scaturì l'immediata furia del padre. «Chiedi subito scusa!»
«Io non ho fatto niente.»
«RIKU!»
«Okay, okay», borbottò il figlio, voltando appena gli occhi verso Roxas che lo stava guardando male. «Scusa.»
«Fa niente», mormorò il diretto interessato, anche se era una menzogna, dal momento che niente non lo era affatto; si era spaventato a morte!
Riku allora fece un cenno con il capo e tornò in casa con la medesima espressione; il padre ringhiò qualcosa a denti stretti prima di mutare i lineamenti del volto in un attimo, sforzandosi di mostrarsi disponibile e gentile con i due bambini. «Bene, allora per farmi perdonare vi darò più dolcetti del solito, d'accordo?»
A quell'affermazione le iridi di Hayner si illuminarono immediatamente; le sue labbra si aprirono in un sorriso a trentadue denti e disse, con una certa sfacciataggine: «Così la perdoneremo di sicuro, signor Puckett! Grazie mille!»
L'uomo allora sollevò istintivamente il soppraciglio sinistro, incerto sul da farsi; decise comunque di lasciar perdere e accennò una sottile risata prima di rientrare dentro a prendere una manciata di dolcetti.
«Allora lo scherzo di Riku è servito, hai visto? Adesso avremo tante caramelle, magari qualcuna riusciremo a tenercela!»
Roxas non rispose e abbassò le iridi verso la propria zucca vuota.
Non era esattamente sicuro che spaventarsi così tanto per un po' di caramelle ne valesse la pena.





«A chi tocca quest'anno?»
«Non a me, io l'ho già fatto l'anno scorso!»
Kairi lanciò un'occhiata storta ad Hayner e appoggiò la propria zucca traboccante di caramelle sul marciapiede. «Non c'entra, dobbiamo fare la conta!»
«Eh, così non è giusto!», replicò per l'ennesima volta l'altro, incrociando le braccia. «Uscirò io, di sicuro, come sempre!»
«Sempre? Ci sei andato solo una volta!»
«E vabbeh!»
«Vabbeh cosa?!»
Riku nel frattempo stava mimando qualcosa di incomprensibile con le labbra, indicando di volta in volta un bambino diverso; fece il giro un paio di volte e si fermò su Roxas. «Tocca a te.»
A quell'affermazione i due litiganti interruppero la propria discussione e si voltarono verso il diretto interessato. «A chi?»
«A Roxas.»
«Perché io?»
«Sei uscito tu.»
«Nessuno ha sentito la tua conta! Magari hai barato!»
«Non ho barato.», ribatté apaticamente il fanciullo dai capelli argentati, porgendo poi la propria zucca a Roxas che indietreggiò, scuotendo la testa. «Io non ci vado!»
«Dai, non fare il fifone!», lo ammonì il suo migliore amico, allungando il proprio braccio per porgere anch'egli il suo bottino. «Io sono ancora vivo! Devi portare questa roba e via.»
Roxas squadrò le diverse zucche piene di caramelle e deglutì rumorosamente; non gli andava di fare la figura del codardo, ma proprio per niente, soprattutto di fronte alle bambine. In fondo i suoi amati eroi dei cartoni animati riuscivano sempre a sconfiggere il male, quindi ci sarebbe riuscito anche lui.
Senza spada, né scudo, né poteri magici, ovvio.
Rialzò le iridi e afferrò le zucche di tutti i suoi compagni; di Hayner, di Riku, di Xion, di Kairi, di Naminè, di Olette e di Pence.
«Buona fortuna.», gli augurò Olette con un grazioso sorriso che però non aiutò per nulla Roxas, dal momento che udiva già il proprio battito cardiaco accelerare precipitosamente; salutò in un mormorio incomprensibile gli altri e si voltò, avviandosi verso il marciapiede.
Da circa tre anni un bambino dell'altro quartiere, quello delle persone strane che non curavano il proprio giardino, si divertiva a rubare tutti i loro dolcetti. Ad ogni Halloween un ragazzo delle vie Puertomoon era costretto a recarsi nell'altro quartiere per consegnare di persona le leccornie raccolte di casa in casa.
Nessuno aveva mai avuto il coraggio di rivelare la situazione agli adulti a causa di un estremo terrore; Roxas non sapeva esattamente che cosa sarebbe successo se non avessero consegnato le caramelle o se avessero osato dire tutto a mamma e a papà, però gli avevano detto che quel bambino faceva degli scherzi brutti, molto brutti.
Hayner gli aveva spiegato che in realtà Seifer non si era trasferito l'anno scorso, bensì era stato divorato dal cane a due teste del bambino-ruba-caramelle.

Roxas non aveva dormito per una settimana a quel racconto.
Una caramella alla fragola scivolò da una delle zucche e cadde per terra; Roxas la osservò per qualche secondo, indeciso sul da farsi. In fondo era solo una caramella. Magari avrebbe potuto mangiarsela.
O avrebbe potuto lasciarla per terra, sarebbe andato bene lo stesso.
Poi pensò al cane a due teste e scosse la nuca; si chinò, appoggio tutte le zucche, afferrò la caramella, la sistemò al proprio posto e riprese il cammino.
Più andava avanti, più i volti familiari diminuivano e gli pareva quasi che la luce delle lanterne fosse via via sempre più fioca e tremante, come se perfino esse non fossero in grado di illuminare l'altro quartiere.
Alzò la testa in alto e notò la presenza di numerose stelle che riuscirono in qualche modo a rasserenarlo, anche se solo un po'. Forza, coraggio, ce la puoi fare, le sentiva urlare, facevano il tifo per lui.

Non gli sarebbe accaduto nulla. Hayner l'anno scorso aveva consegnato le caramelle ed era tornato sano e salvo. Doveva soltanto porgere le zucche e via. Doveva soltanto salutare i dolcetti e basta. Doveva soltanto arrendersi un'altra volta, dire addio a tutto quello zucchero.
Quel pensiero parve infastidire particolarmente Roxas, poiché corrugò improvvisamente la fronte: non era giusto, non era affatto giusto che ogni anno dovesse rinunciare a quelle delizie soltanto per colpa del bambino cattivo.
Poteva procurarsele da solo, le caramelle. Poteva suonare nelle ville del suo quartiere e avere tutti i dolcetti che desiderava.
Perché rubarle agli altri?
Forse nel suo quartiere era vietato suonare il campanello delle altre abitazioni?
Roxas svoltò l'angolo e si ritrovò in una strada deserta, almeno a confronto del proprio quartiere; al massimo vi erano due o tre lanterne qua e là, nient'altro. Qualche volta sgommava una moto nell'oscurità per poi svanire nuovamente nel nulla.
Gli parve di essere finito in un'altra dimensione e temette addirittura di essersi perso, nonostante l'unica cosa che aveva fatto era stata seguire la scia del marciapiede. 
Era possibile perdersi non molto lontano dalla propria casa?
Era possibile perdersi in luoghi sconosciuti che si trovavano accanto a quelli conosciuti?
Forse.
In fondo ci si perdeva seguendo proprio una strada familiare che però, chissà come, portava verso posti ignoti.
Udì un cane abbaiare e rischiò di far cadere un'altra volta le proprie zucche traboccanti di zucchero; fortunatamente riuscì a mantenere l'equilibrio e si voltò, notando che il verso proveniva da un'animale rinchiuso in un cancello.
Nessun cane a due teste.
Roxas continuò a camminare, ascoltando in sottofondo il proprio battito cardiaco mescolato alle lontane risate dei bambini del quartiere Puertomoon e agli altri rumori della notte.
Dove doveva andare?
Non ne aveva la più pallida idea. Nessuno gli aveva dato un'indicazione ben precisa, tanto meno Hayner. Quando l'anno scorso gli aveva domandato dove vivesse il bambino cattivo, gli aveva risposto con una scrollata di spalle, dicendo che era una cosa che sapevi e basta.
Una volta giunto a metà della strada, si voltò e si sentì in qualche modo in bilico, sospeso su ponte invisibile che collegava il suo quartiere, il senso di familiarità, di competizione tra le famiglie, e il quartiere delle persone strane, una fitta nebbia che avvolgeva l'ignoto, la stessa nebbia che accompagnava i mostri sotto il letto e dentro l'armadio.
Roxas fu indeciso sul da farsi. Non voleva allontanarsi troppo, altrimenti avrebbe rischiato di perdersi veramente, anche perché non era affatto vero che sapeva dove abitava quel bambino cattivo. Non era una cosa che sapevi e basta. Non lo era proprio.
Avrebbe potuto appoggiare tutte le zucche sul marciapiede e scappare via. O magari avrebbe potuto tenersi per sé le caramelle con la scusa che non aveva trovato il bambino cattivo, che poi non era neanche una bugia. Però i suoi compagni avrebbero potuto sgridarlo e magari loro stessi lo avrebbero dato in pasto al cane a due teste.
Roxas si chinò lentamente e appoggiò le sette zucche sull'asfalto in modo da formare un cerchio; dopodiché rimase immobile ad osservare la propria zucca nella mano sinistra. La riconosceva, sapeva che era lei perché era stata sua nonna a tagliare la bocca e gli occhi, quindi le forme erano piuttosto irregolari. Lo sapeva anche perché riconosceva i suoi dolcetti; al cioccolato, alla fragola e alla menta.
Non era giusto.
Lui voleva festeggiare Halloween, Natale, Carnevale e Pasqua come i bambini normali. Lui voleva ricevere regali a Natale, vestirsi a Carnevale, mangiare cioccolata a Pasqua e dolcetti ad Halloween.
Le sue caramelle gli spettavano di diritto. Nessuno se ne sarebbe accorto. Le avrebbe mangiate tornando indietro e avrebbe nascosto la zucca in qualche cespuglio. Non gli interessava del mal di stomaco e delle carie. Voleva che la sua lingua baciasse una volta per tutte quelle caramelle così colorate ed invitanti. Voleva masticare così forte da sentire bruciare le mascelle.
Si alzò, stringendo con forza la propria zucca, e fece per voltarsi, quando una voce gli congelò il sangue nelle vene: «Tu, sottospecie di lenzuolo ambulante, che stai facendo?!»
Roxas desiderò scappare con tutto se stesso, ma non riuscì a muoversi di un solo centimetro. Udì solo il martellare incessante del suo cuore; il suo cuore, sì, l'organo che ora sembrava aver piantato le proprie radici fino ai suoi piedi per poi unirli all'asfalto, impedendogli così qualsiasi movimento.

Il suo cuore era dalla parte del bambino cattivo.
Perché?
«Allora? Che stai facendo?». Roxas voltò lentamente la testa e notò la presenza di un bambino più grande di lui a pochi metri di distanza.
Dalla fioca luce di un lampione riuscì ad intravedere una capigliatura rossa; gli occhi verdi dalla forma felina e un'espressione severa dipinta sul volto.
Era il bambino cattivo e non era vestito da nulla perché lui già sapeva come spaventare gli altri ad Halloween.
Era semplicemente il bambino cattivo. Al massimo gli altri si sarebbero potuto vestire come lui.
«E' toccato a te quest'anno portarmi i dolci?»
Roxas mantenne gli occhi puntati sul bambino cattivo, nonostante avesse voluto spostare lo sguardo altrove. Eppure la paura lo teneva inchiodato lì, con le iridi piantate verso quella figura che gli aveva rovinato la festa di Halloween, così come il cuore lo costringeva a non fuggire.
Erano tutti contro di lui.
«Non chiamare Tobia, per favore», disse poi automaticamente, e le sue parole parvero una cascata che desiderava solo cadere una volta per tutte.
Il cane a due teste si chiamava Tobia, Roxas se lo sentiva.
«Tobia?»
«Sì, Tobia.»
«Non so chi sia.»
«Io ti ho portato le caramelle». Il bambino cattivo si voltò e notò la presenza delle zucche sull'asfalto; allora annuì e tornò nuovamente a guardare l'altro presente, riducendo gli occhi a due fessure. «Non sono mica tutte.»
Roxas strinse con forza la propria zucca e il suo cuore prese a battere più velocemente. «Sono mie queste.»
«E allora?»
«Le voglio io.»
Il bambino cattivo sembrò stupirsi per qualche secondo di fronte al coraggio dell'altro; dopodiché scosse la nuca e gli si avvicinò con aria minacciosa, afferrando con entrambe le mani la zucca. «Devi darmi i dolcetti come tutti.»
«Ma io non voglio!», tuonò improvvisamente Roxas, scostando con rabbia il proprio braccio per allontanare il contenitore di caramelle, rovesciandone così alcune lungo l'asfalto. «Noi siamo stanchi di te! Non vogliamo più il bambino cattivo!»
Quest'ultimo si stupì nuovamente, ma ciò durò soltanto una manciata di secondi dato che successivamente si lanciò in avanti, con le mani ben tese; afferrò i lembi del vestito bianco del bambino e glieli strappò via con forza, lasciando così Roxas con indosso un paio di jeans e una maglietta blu non particolarmente pesante.
«Che hai fatto!», strillò Roxas, e fece per riafferrare il proprio vestito da fantasma accuratamente cucito da sua nonna, quando Axel appoggiò lo stivale sopra di esso, impedendogli di riaverlo. «No.»
«Sei veramente cattivo!»
«Mi chiamo Axel, non bambino cattivo.»
«Non mi importa!». Roxas gonfiò le guance e strinse a sé la propria zucca, accorgendosi che ormai era l'unico oggetto ancora dalla sua parte. E di fronte agli occhi smeraldini del bambino cattivo si sentì in qualche modo spoglio, poiché la veste bianca non gli copriva più parte del volto.
Si sentì nudo, con le gote arrossate a causa del freddo, gli occhi blu cobalto, i capelli biondo cenere sempre disordinati e fuori posto.
Il bambino cattivo, o meglio, Axel, rimase immobile per una decina di secondi, intento a risucchiare il fanciullo di fronte a sé. Successivamente sussultò e riprese le parola: «Guarda che se scappi Tobia ti inseguirà.»
Quella minaccia parve funzionare, dal momento che Roxas assunse immediatamente un'espressione atterrita: si pierificò nuovamente e incastrò la testa tra le spalle. «No!»
«E invece sì. Dammi i tuoi dolcetti.»
Il bambino abbassò leggermente gli occhi verso la propria zucca e titubò per qualche secondo; successivamente allungò un poco le braccia, non ottenendo però la reazione prevista dall'altro presente, poiché quest'ultimo sollevò un soppraciglio. «Non vuoi darmeli, vero?»
Roxas scosse piano la nuca, indeciso se essere sincero o meno.
«Io ho già molte caramelle.»
«Lo so, le hai rubate.»
Di fronte a quell'osservazione Axel corrugò la fronte e parve offendersi, o forse addirittura arrabbiarsi, difficile dirlo, dato che un attimo dopo mutò espressione e accennò un sorriso sinistro. «Sì, lo so.»
La sincerità così nuda e cruda del bambino cattivo turbò in qualche modo Roxas, il quale continuò a mantenere gli occhi bassi, come se avesse voluto cercare consolazione nella terra e in tutto ciò che nascondeva.
«Le vuoi tenere, sì?»
Il biondo annuì e alzò finalmente la testa verso l'altro presente. «Voglio tenere le mie caramelle.»
«Va bene, se vuoi te le lascio.»
«Ma Tobia non mi inseguirà?»
«No.»
«Nemmeno quando mi volterò e tornerò indietro?»
«Forse». A quella risposta il volto del più piccolo si trasformò presto in una maschera del terrore; tornò ad immaginarsi quell'enorme cane a due teste che ora possedeva anche denti aguzzi taglienti come lame, e ripensò a tutte le storie che gli aveva raccontato Hayner sui bambini scomparsi.
«Facciamo così», riprese a parlare il rosso, senza smettere di sorridere. «ti faccio tenere le  tue caramelle ad una condizione.»
«Ma... Ma... Tobia?»
«Se rispetterai la promessa non ti inseguirà.»
Roxas allora assunse un colorito più naturale e annuì, tenendo le orecchie ben aperte alla spiegazione dell'altro che non tardò ad arrivare: «Mi devi baciare.»
«S-Scusa?», balbettò il biondo, spaesato e smarrito. I bacini li aveva dati solo alla mamma e alla nonna, lui!
«Qui.», disse Axel, e indicò la propria bocca rosea.
Roxas abbassò un poco le iridi e si voltò indietro, lanciando una fugace occhiata alla strada: forse Tobia era nascosto tra i cespugli, silenzioso, pronto al segnale del bambino cattivo che gli avrebbe permesso di saltar fuori per sbranarlo una volta per tutte.
Sarebbe diventato cibo per cani. Forse le scatolette dove vi erano disegnati i volti dei cani erano in realtà i resti dei bambini destinati a quella fine tragica.
Quel pensiero mandò nella disperazione più totale Roxas che si affrettò a parlare: «Io... Io non voglio vedere Tobia!»
«Allora mi devi baciare». Più Axel lo ripeteva, più sembrava aver senso. In fondo nei cartoni animati che aveva visto tutto si risolveva grazie al bacio del grande amore. Ma lui non era innamorato, né conosceva bene Axel. E avrebbe dovuto trovarsi davanti ad una fanciulla in pericolo, non ad un bambino cattivo.
«Grrr», interruppe nuovamente il silenzio Axel, tirando fuori i propri denti. «Fa così Tobia, lo sai? Fa grrr, grrr!»
«No!»
«E invece sì, lo conosco io, mica tu.»
Roxas si guardò nuovamente indietro prima di tornare a concentrarsi sul bambino cattivo; deglutì un paio di volte e si alzò in punta di piedi per poter raggiungere l'altezza dell'altro. Dopodiché chiuse gli occhi perché lo aveva visto fare in molti cartoni, si avicinò e premette le proprie labbra tremanti a causa del freddo (e della paura) su quelle di Axel.
Erano calde, screpolate e sapevano di cioccolato: cioccolato fondente, per l'esattezza.
Roxas pensò che forse Axel era il bambino cattivo anche di altri quartieri.
Però non glielo chiese; contò mentalmente fino a sei, dato che poi non sapeva più andare avanti, e si allontanò, senza lasciare la propria zucca. «Ho mantenuto la parola.»
Il rosso sorrise, con le gote più rosee rispetto a qualche secondo prima. «Ho visto. Sei stato bravo e carino.»
Roxas avrebbe voluto domandargli in che senso ''carino'', ma si accorse che ormai era tardi e che gli altri si stavano certamente preoccupando per lui. Così si strinse le spalle e mormorò: «Devo andare via.»
Il bambino cattivo annuì e nel frattempo si toccò un poco le labbra. «Puoi tenerti le caramelle anche l'anno prossimo, se tornerai qui.»
«Io voglio tenere le mie caramelle.»
«E allora torna.»
«Sì.», annuì il biondo, senza però dar troppo peso alle proprie parole; dunque si voltò e corse via verso la strada buia, sperando di non perdersi e di poter attraversare quel mondo che gli era parso come un'altra dimensione.
A metà strada rallentò per poter mangiare in tutta tranquillità i propri dolcetti. Non voleva che i suoi amici gli facessero troppe domande.
Nascose la zucca in un cespuglio, stando ben attento a non trovarvi Tobia, e seguì le risate dei bambini per tornare a casa.
Pensò che invece dare via il primo bacio ne valeva la pena per avere più caramelle con cui riempirsi lo stomaco e cariarsi i denti.

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*Note di Ev'*
Salve a tutti, mi sembra di non pubblicare da una vita, anche se poi è circa un mese, uh-uh.
Anzittutto, mi scuso per non aver più aggiornato le mie long (E non mi riferisco ad ''Insidie Interiori''; per quella storia la voglia ce l'ho, non dovrei metterci molto a pubblicare il capitolo successivo), in particolare ''La Realtà Attraverso Gli Occhi Dell'Immaginazione'' e ''Paradise's Cemetery''. Ci metterò ancora un bel po' ad aggiornarle, sarò sincera, ma speriamo bene, suvvia.
Proprio a causa di tutte queste long in sospeso, pubblicarne un'altra è stata una stronzata di dimensioni bibliche mossa un po' azzardata, ma è un'idea che avevo da un po'. Quest'anno ho proprio voglia di atmosfera stile Halloween, giuro. Non ho mai festeggiato in maniera decente questa festa; sia perché qui non c'è mai un cazzo, o meglio, ci sono solo giochi per bambini, sia perché... Boh.
Ma quest'anno mi impegnerò al massimo, blbl. Nonostante io sia alquanto fifona :c

Anyway, niente, avevo tanta voglia di pubblicare questa long, e in realtà volevo farlo già alla prima settimana di Ottobre, ma non ce l'ho fatta. Per colpa di questa merda di scuola, e per colpa di forze superiori (?). Speravo infatti di pubblicare l'ultimo capitolo per i giorni di Halloween, aggiornando, ad esempio, una volta alla settimana, ma credo che questa raccolta si trascinerà fino a Novembre.
Dunque... I capitoli non credo che saranno tutti così lunghi, anzi, in genere volevo puntare su qualcosa di più corto, ma si vedrà. Questo era appunto il capitolo di apertura che, come quello di chiusura, sarà decisamente più leggero.
Tra gli avvertimenti non ho ancora messo nulla proprio perché non ho ancora scritto niente; non so se verrà fuori un miscuglio di sangue o budella, bbboh. Comunque se ci sarà qualcosa di forte aggiungerò sicuramente l'avvertimento.
Passiamo all'analisi.




Well, il protagonista è il piccolo Roxas, un allegro (?) bambino vestito da fantasma che abita nel quartiere Puertomoon (Non commentate il nome, perché ne vado fierissima. Stavo bevendo il succo scrivendo questa storia, e la ditta di quest'ultimo prodotto si chiama Puertosol, fate un po' voi il conto :c).
E' consuetudine festeggiare le varie celebrazioni in maniera alquanto eccentrica a causa di questa particolare competività che vi è tra le varie famiglie; tutto ciò però non interessa più di tanto i bambini, soprattutto ad Halloween, dal momento che ben altro ha deciso di rovinare (?) le loro tranquille esistenze.
Il bambino cattivo, ovvero quello scassaminchia di Axel. E chi se no? Anche da bambino doveva asfaltare le ovaie.
E niente, a quest'anno è toccato al povero Roxas consegnare tutte le caramelle; dopo le sue solite seghe mentali causate da quel sadico dolce fanciullo di Hayner, incontra finalmente Axel.

In un primo momento Roxas ha paura; successivamente però viene preso da un'improvvisa folata di coraggio causata dalla sua voglia di festeggiare in maniera normale la festa di Halloween e decide di ribellarsi una volta per tutte.
Axel si infuria, scosta il vestito da fantasma del bambino e si innamora perdutamente rimane in qualche modo ammagliato di fronte al suo volto. Quindi approfitta della sua fervida immaginazione e lo minaccia, chiedendogli in cambio un bacio.
Dunque il biondo accetta e se ne torna a casa con la pancia piena.
Conclusione: Roxas è un povero sfigato circondato da sadici.




Oh, e volevo anche parlare un attimo del titolo della storia.
Ehm, ecco, diciamo che ero assai indecisa. Poi ho pensato alla parola ''tetro'' e l'ho cercata in inglese, quindi ho scoperto l'equivalente Gloomy, che significa anche malinconico.
Mi sono innamorata di questa parola, giuro. Il fatto è che ha un suono molto... Come dire, dolce, coccoloso (?), in confronto al reale significato che ha, quindi ho deciso di utilizzarla per il titolo, anche perché il primo e l'ultimo capitolo hanno appunto un po' di tenerezza.
Bom, detto ciò possiamo passare alle cazzate che costellano la mia esistenza.
Devo ammettere che non è un gran periodo. Siamo solo ad Ottobre e lo Scientifico mi sta già massacrando.
Sono già stressata, insomma, il che mi rattrista non poco. E anche il fatto di avere così poco tempo per me stessa, per scrivere, per vivere la mia fottutissima vita, mi fa stare pure peggio. Penso anche di essere abbastanza masochista, dal momento che sono stata nuovamente eletta come rappresentante di classe, il che equivale al dover mantenere a bada ancora una volta una banda di schizzati :c (Nah, scherzo, suvvia, mi fa piacere-)
Poi leggere di tutta 'sta gente che andrà a Lucca, quando la sottoscritta non ci ha mai messo piede, pffh. Io ci andrei solo per comprare tantissimi gadgets, eh
Vabbeh, chiudo qui perché credo di aver già detto abbastanza. Spero di poter aggiornare presto-prestissimo.

E se avete letto questa storia, MI RACCOMANDO, commentate. Insomma, teniamoci compagnia durante questo tetro periodo, uh-uh.
Alla prossima!
E.P.R.

 

   
 
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