«Adverse
Happiness»
«Adverse Happiness»
Ti
odio.
Come potrei
non odiare uno come te?
Un essere
infame, odioso, crudele…
Piove.
E’ strano come ogni volta che accade qualcosa di spiacevole o
si è tristi,
piova.
Spesso
si parla delle “lacrime di Dio”, forse è
realmente così:
Lacrime
perlacee che saturano il cielo, tanto da spingerlo a ricacciarle;
lacrime
che lambiscono ogni cosa con fare quasi rasserenante…
Ma
non per lui.
Anzi.
Quelle
gocce del cielo, incontrano sul loro cammino “sorelle
infanti” con cui compiere
il viaggio…
Ma
quelle non sgorgano dal cielo. Fluiscono dai suoi occhi.
Occhi
che avevano visto centinaia e
centinaia
di pianti,
Occhi
che avevano subito centinaia e centinaia di dolori,
Ma
non erano mai stati pronti a questo…non a piangere per
qualcuno…per l’Amore di
qualcuno…
“Ragazzi!
Siete lenti!”
“Scusa
capo!”
Urla.
Il campo di
Quiddich è sempre pervaso da grida mescolate talvolta a
lacrime, talvolta a
sangue.
Pochi
capiscono il perché della passione per questo sport.
Ed io ero
tra questi, e forse lo sono ancora.
Perché io
odio il Quiddich, non capisco come si possa passare il tempo su delle
scope
alle intemperie…però amo te…e tu ami
quest’insulso sport…
C’è un po’
di confusione vero?
Ma
credetemi, è qualcosa di molto difficile da
comprendere…
Lui
è…difficile. Troppo, troppo complicato.
Rappresenta
un ipnotico intreccio di contraddizioni.
“Abbiamo
vinto ancora!” Un ragazzo dai capelli neri e la divisa
rosso-oro, scaglia un
pugno in aria con aria eccitata. Avevano vinto ancora. Come ogni
settimana, i
Grifondoro si affaccendavano in una partita amichevole per allenamento;
e come ogni volta avevano vinto
loro.
Se qualcuno
glielo avesse chiesto, avrebbe negato fino alla morte. Lui non guardava
partite
di Quiddich, e soprattutto lui non guardava le partite dei Grifondoro!
Ma
questa non era altro che un’insulsa maschera, una delle
tante…un velo dietro
cui celarsi per paura di essere ferito, di essere abbandonato dai suoi
amici…o
meglio…da quegli insulsi esseri troppo occupati a
preoccuparsi della la purezza
cristallina del proprio sangue per interessarsi a chiunque fosse solo
leggermente al di là del proprio naso… detto da
lui, sembrava poco più di una
battuta. Lui, Lucius Malfoy ,un
novello
mangiamorte, ricco, nobile, ubbidiente agli insegnamenti della
famiglia…Da
sempre riusciva a costringere chiunque ad abbassare lo sguardo al suo
passaggio; sapeva di non avere amici, ma semplici conoscenti troppo
timorosi e
ansiosi di dividersi la sua “preziosa” amicizia. E
questa era precisamente la
pietanza principale, preziosa e ricca amicizia, la sua…
Eppure
si
guardava ora…costretto a nascondersi, strisciando sotto il
legno ammuffito
delle tribune, per vederlo. Non poteva parlargli entrambi sapevano che
non
avrebbe di certo giovato alla loro vita ad Hogwarts, che era
praticamente la
loro casa. Tuttavia…faceva tutto ciò che era in
suo potere per poterlo
osservare semplicemente per mezz’ora: inventava ogni sorta di
scusa con gli
altri Serpeverde, non studiava…mascherando tutti gli specchi
che gli avrebbero
permesso di guardarsi. Di guardare quanto era cambiato. Se da un lato
la sua
anima nera andava rischiarandosi poco a poco, pervasa da un nuovo,
vorace
sentimento; dall’altra sprofondava sempre più
nell’odio verso se stesso.
Odiava non
avere più certezze.
Odiava
doversi nascondere sotto le tribune per poterlo ammirare e fare il tifo
per
lui, in silenzio.
Odiava
sentirsi cedere il terreno sotto i piedi, quando lo vedeva scherzare
con i suoi
amici.
Odiava
morire di dolore, ogni qualvolta lo vedeva sparire con qualche stupida
ragazza
caduta nelle sue grinfie.
Si, lui
odiava Sirius Black.
Probabilmente
non si era poi così allontanato dagli insignificanti dogmi
inculcategli a forza
nel tempo: Sirius era un purosangue, probabilmente molto più
di lui; era ricco,
potente, molto intelligente…ma, lo sapeva, erano semplici
scuse che usava
meccanicamente con se stesso, per non vedere. Per non aprire gli occhi.
Non era
della sua ricchezza che era rapito, né tanto meno era per il
suo potere che lo
desiderava.
Era per il
nodo in gola che gli si formava ogni volta lo incontrava, era per le
parole
taglienti che gli si scioglievano ogni volta che cercava di
scagliargliele
addosso, era per la rabbia cieca che lo investiva sempre, quando
scherzava con
Lupin o Potter. Era perché era lui.
Non era mai
stato sdolcinato, né tanto meno perdonava le ingiustizie
facilmente, anche se
si trattava di qualcuno di importante.
E
ora era
lì per questo.
Il
biondo alzò lo sguardo verso l’alto: aveva finito
di piovere, ma il cielo ne
conservava ancora qualche goccia, come vetro frantumato. Le nuvole, le
quali
erano tinte di una leggera tonalità cinerea, si spostavano
in larghi branchi
con lentezza quasi frustrante, cullate da un freddo vento ancora
odorante di
pioggia; il cielo sembrava uscire rinvigorito da tutta
quell’acqua: aveva
assunto un vivace colorito azzurrognolo e il sole già faceva
capolino dietro un
vasto nembo. Tutto sembrava essere tornato alla
normalità…
Perchè
non
accadeva anche a lui?
Non
era uno
sciocco. Sapeva benissimo che il tempo avrebbe cancellato ogni cosa,
così come
il vento aveva fatto con quelle nuvole.
Tra qualche
tempo, avrebbe persino dimenticato il suo nome, e così
avrebbe fatto anche lui.
Ma si rese conto con orrore, che la sua paura non derivava dal tempo
che
sarebbe trascorso…al contrario…lui non voleva
dimenticare…
Né la
giornata ad Hosgemade dove tutto era iniziato;
Né la
vergogna bruciante di aver lasciato scoprire il proprio segreto proprio
a lui;
Né la
gioia, mal celata, di capire che anche Sirius si trovava nella medesima
condizione.
Non voleva
dimenticare Lui.
Si, lui
amava Sirius Black, ma a causa sua avrebbe dovuto rinnegare
ciò per cui aveva
vissuto.
Quella
sera…la sera durante la quale si erano
scontrati…aveva dovuto prendere una
decisione…
Quella
sera, Sirius Black aveva scoperto il suo essere Mangiamorte;
Quella
sera, Sirius Black gli aveva assicurato di aiutarlo e proteggerlo
contro la sua
stessa famiglia, se fosse stato necessario;
Quella
sera, Sirius Black si era confessato e lo aveva amato…
Eppure…
quella stessa sera quell’essere mascherato da uomo lo aveva
tradito, umiliato,
minacciato.
Con le sue
stesse orecchie aveva udito uscire dalla bocca che aveva tanto amato,
parole
taglienti come lame, che al solo sfiorare lo avevano ucciso;
così quella stessa
sera l’anima scura dei Black, nondimeno di quella dei Malfoy,
si era mostrata e
lo aveva spaventato.
Ma
nonostante tutto…nonostante lo avesse definito un assassino,
un bastardo
traditore dei suoi stessi ideali, un semplice ragazzetto impaurito che
lo aveva
usato per combattere suo padre; lo amava. Ed era proprio per questo che
doveva
lasciarlo, che doveva tagliare i ponti.
Quello
sarebbe stato il suo ultimo anno, mentre Sirius ne doveva affrontare
ancora
due…avrebbe avuto la possibilità di riprendersi,
sicuramente. Lui sarebbe
diventato un mangiamorte effettivo tra qualche mese e non vi erano
soluzioni.
Non voleva che si ferisse, o peggio, si uccidesse, seguendolo o
cercando di
salvarlo, non poteva.
Ma di certo
non poteva neanche mentire a se stesso: non era un semplice atto di
bontà il
suo, non era generoso, né realmente romantico…non
poteva amare Sirius Black,
perché avrebbe abbandonato ogni cosa; avrebbe finito per
lasciare i
Mnagiamorte, trovarsi un lavoro rispettabile e vivere con
lui…tutte cose poco
auspicabili tanto per usare un eufemismo. E così facendo
avrebbe segnato
entrambi, lui sarebbe stato ucciso e avrebbe trascinato con
sé chiunque gli
fosse vicino, compreso lui. E più importante di tutto
ciò, anzi, più
maledettamente schifoso di tutto ciò…era un
vigliacco. Aveva paura. Odiava
ammettere persino a se stesso che avrebbe preferito cento volte, mille
volte
continuare a fingere, a segnare il proprio volto da numerose altre
lacrime,
rimanendo solo; che provare a cambiare
vita…chissà forse ne valeva la pena
dopotutto…di provare a vivere
realmente…
Lucius
Malfoy uscì lentamente, cercando di non farsi vedere, dallo
spazio al di sotto
delle tribune della squadra rosso-oro e guardò dritto di
fronte a sé, con lo
sguardo ridotto a due deboli vetrine pronte ad infrangersi sotto il
peso delle
lacrime; si asciugò con circospezione gli occhi con la
manica del maglione
scuro e aspettò. Dopo qualche secondo si avvicinarono verso
di lui, quattro
ragazzi con indosso la divisa del Grifondoro, stanchi, deboli, affamati
ma
felici per aver vinto una nuova partita, anche se solo per allenamento.
Uno di
questi era Potter, aveva sempre invidiato quel ragazzo…per
ciò che significava
per Lui…
Poi,
eccolo: camminava lentamente, distaccato dagli altri quattro che invece
si
muovevano abbracciati, come un sol uomo. Sembrava assorto completamente
dalla
lettura di un depliant trovato sicuramente da qualche parte sul
terreno. Lucius
sorrise, lo conosceva da secoli e sapeva che non aveva mai letto
alcunché, si
fosse trattato anche di un cartello stradale; era immerso nei suoi
pensieri. La
sua mente vagava chissà per quali lande e per un attimo
desiderò avere la
stessa abilità di Severus di leggere nel pensiero.
Distrattamente
il bruno scattò, con un movimento della mano libera, a
spostarsi i lunghi
capelli corvini dagli attenti occhi grigi, anche quello era un
movimento
risaputo…troppo familiare…
Il
sorriso gli scivolò dalla faccia assieme alla
felicità dirompente di vederlo:
stava per dirgli addio.
Sarebbe
riuscito a farlo? Il suo orgoglio gli avrebbe impedito anche
quell’ultimo, e
unico, atteggiamento d’amore nei suoi confronti?
Era
arrabbiato per ciò che Lucius faceva, era arrabbiato per la
sua
vigliaccheria…Ma era furioso anche per la sua
impotenza…
Cercò
di
imitare il suo stesso, identico, glaciale modo di porsi; ma non
riuscì del
tutto…ciò che avrebbe voluto evitare era di
lasciarlo con tanta rabbia in
corpo…avrebbe voluto almeno lasciargli un bel ricordo, un
VERO ricordo…
Sapeva di
dover andare avanti…
Non c’è
nessuno…solamente io e te…Dannazione! Possibile
che neanche ora che ti sto
perdendo
Il
biondo fa un profondo sospiro e tutto sembra capovolgersi…
Dio!
Perché
dev’essere così difficile?
Lucius
sorrise: “E perché mai, Black?”
Parole
insulse, ma che hanno sapore dell’addio. So quanto sei
orgoglioso Lucius, non
mi hai mai confessato nulla dei tuoi sentimenti, sebbene io sia
abbastanza
perspicace;
non mi hai
mai rivolto uno sguardo diverso da quello che dedichi ai tuo servi,
né mi hai
mai mostrato un segno di gelosia. Nonostante tutto, so cosa provi, so
quanto è
difficile per te…
Ti amo,
Lucius, e tu ami me. Questo è ciò che conta.
Sei un
mangiamorte, diventerai un assassino, tuo malgrado. Io non posso
salvarti, e
questo rimorso mi distruggerà l’anima fino ad
annientarmi; alimenterà il mio
odio e disprezzerò me stesso, come te.
Sono sicuro
che quando ci incontreremo, saremo di nuovo tu ed io, l’uno
contro l’altro, su
un campo di battaglia. Magari ci uccideremo a vicenda.
Eppure non
posso affermare di aver disdegnato i mesi passati insieme, sebbene
siano stati
brevi;
non posso
definirti una macchia insignificante sulla mia anima,
né un volto
irrilevante nella moltitudine di altri visi che hanno segnato la mia
vita…
Sei stato
importante, Lucius, e sto sperando con tutte el mie forze che tu sia
vivo per lottare..
L’orrore
più grande è vedere lasciarti andare come un
relitto alla
deriva…probabilmente ci sarà qualcuno che
riuscirà a farti scoprire la bellezza
di questa vita, perché io non ci sono
riuscito…Ormai questa non è più una
mia
faccenda, o forse non lo è mai stata.